giovedì 3 dicembre 2009

Pensieri 118

Molti pensano che sia sufficiente credere alla morale di Cristo per essere cristiano. Non la morale di Cristo, né l’insegnamento di Cristo salveranno il mondo, ma precisamente la fede in ciò: che il Verbo si è fatto carne (F. Dostoevskij).

Per la sua funzione sociale fondamentale, la famiglia ha diritto a essere riconosciuta nella sua libertà e a non essere confusa con altre forme di convivenza, e anche a poter contare sulla dovuta tutela culturale, giuridica, economica, sociale, sanitaria e, in modo particolare, su un sostegno che, tenendo conto del numero dei figli e delle risorse economiche disponibili, sia sufficiente a permettere la libertà di educazione e di scelta della scuola.
(Benedetto XVI – Messaggio alle famiglie, 17 gennaio 2009).

Se conoscessi il mistero immenso del Cielo dove ora vivo, questi orizzonti senza fine, questa luce che tutto investe e penetra, non piangeresti se mi ami! Sono ormai assorbito nell'incanto di Dio nella sua sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole al confronto! Mi è rimasto l'amore di te, una tenerezza dilatata che tu neppure immagini. Vivo in una gioia purissima. Nelle angustie del tempo pensa a questa casa ove un giorno saremo riuniti oltre la morte, dissetati alla fonte inestinguibile della gioia e dell'amore infinito.
Non piangere se veramente mi ami! (S. Agostino).

Quelli dunque che sono molto attivi e che pensano di abbracciare il mondo con le loro prediche e con le loro opere esteriori ricordino che sarebbe di maggior profitto per la Chiesa e molto più accetti a Dio, senza parlare del buon esempio che darebbero, se spendessero almeno la metà del tempo nello starsene con Lui in orazione, anche se non fossero giunti ad un’orazione così alta com’è questa. Certamente allora con minor fatica otterrebbero più con un’opera che con mille per il merito della loro orazione e per le forze spirituali acquistate in essa, altrimenti tutto si ridurrà a dare veramente colpi di martello e a fare poco più che niente, talvolta anzi niente e anche danno. Dio non voglia che il sale diventi insipido, poiché allora quantunque sembri che produca all’esterno qualche effetto buono, di fatto non fa niente, essendo certo che le buone opere non si possono fare se non in virtù di Dio (San Giovanni della Croce, Cantico Spirituale B, strofa 29, 3).

Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enciclica Deus caritas est, n. 36). Lasciarsi assorbire dalle attività rischia di far perdere alla preghiera la sua specificità cristiana e la sua vera efficacia. La preghiera del Rosario, così cara a Bernadette e ai pellegrini di Lourdes, concentra in sé la profondità del messaggio evangelico. Ci introduce alla contemplazione del volto di Cristo. In questa preghiera degli umili noi possiamo attingere grazie abbondanti (Benedetto XVI, omelia a Lourdes, 14 settembre 2008).

La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha fatto non servendosi di mezzi umanamente imponenti, ma dell'apporto di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell'ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti. Dai mezzi usati da Dio si vede come “la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana” (1Cor 1,25).
In che senso più forte? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l'universo e ha attirato a sé tutti gli uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l'effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l'hanno potuto vincere... I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio... Pensando a questo fatto, Paolo esclamava: “Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,25). Infatti, come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera? (San Giovanni Crisostomo 345-407, vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa, Omelie sulla prima Lettera ai Corinzi, PG 61,34-36).

Secondo il Concilio, le responsabilità in ordine all’ateismo erano di due specie: una pratica, l’incoerenza e la vita discordante dalla predicazione; un’altra teorica, che era l’inesatto annuncio di Dio. I capitoli dell’esame di coscienza sono gli stessi. In questo senso, anche la teologia è chiamata in causa. L’invito ad annunciare Dio nella sua integrità e purezza, nel suo amore misericordioso e paziente, nella sua condivisione totale e senza riserve con le sorti dell’uomo, non può non coinvolgere l’attenzione vigile della riflessione teologica (Giordano Frosini, La Trinità mistero primordiale, 24, EDB Bologna 2000).

In ciascuno di noi c’è un peccatore e un santo. L’uno e l’altro si sviluppano su un piano che gli è proprio. L’uno e l’altro, non l’uno o l’altro. Tutti e due nello stesso tempo […]. Se l’uomo è peccatore, se ha cioè il sopravvento sul santo, il santo si sviluppa come può, come può sul piano immaginativo […]. Ne consegue che un peccatore che si converte non parte mai da zero. Ha progredito durante la sua vita di peccatore. Il santo che doveva essere è progredito (Julien Green, Journal III, 1225).

Quando san Giovanni dice e ripete nella sua prima lettera: “Dio è amore” (1Gv 4,8.16), dobbiamo comprendere con la tradizione che l’amore non è un attributo di Dio che, per quanto il primo, sarebbe uno dei suoi attributi. Ciò che l’apostolo afferma è che l’amore è soggetto: dire Dio, è dire Amore. Gli attributi di Dio sono pertanto gli attributi dell’amore: è l’amore a essere onnipotente, sapiente, libero, buono e bello. Così, continuità e rottura tra la rivelazione dell’Antico Testamento e quella del Nuovo sussistono contemporaneamente. Nulla dell’Antico è venuto meno, ma tutto è trasfigurato alla radice. In realtà sono i nomi che l’Antico Testamento dava a Dio a essere fonte di equivoci, se non sono compresi, alla luce dell’evangelo, come preludi allo svelamento supremo, e già svelamento. Perché l’esperienza e la riflessione manifestano da una parte che la potenza, la sapienza, la bontà… sono grandezze autentiche solo in quanto dimensioni dell’amore, e dall’altra che l’amore stesso è una grandezza solo se è potente, sapiente, buono… Così, sono due gli errori da evitare: misconoscere che l’amore non è attributo, ma soggetto; privare il soggetto degli attributi a lui essenziali (F. Varillon, L’umiltà di Dio, Edizioni Qiqajon 1999, 75-76).

Preghiera
Signore Gesù, si sta spegnendo l’amore e il mondo diventa freddo, inospitale, invivibile.
Spezza le catene che ci impediscono di correre verso gli altri.
Aiutaci a ritrovare noi stessi nella carità.
Signore Gesù, il benessere ci sta disumanizzando, il divertimento è diventato una alienazione, una droga, e lo spot monotono di questa società è un invito a morire nell’egoismo.
Signore Gesù, riaccendi in noi la scintilla dell’umanità che Dio ci pose nel cuore all’inizio della creazione.
Liberaci dalla decadenza dell’egoismo e ritroveremo subito la gioia di vivere e la voglia di cantare.
(Cardinale Angelo Comastri)
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