venerdì 30 novembre 2012

Voglio ringraziarti

"Voglio ringraziarTi, Signore, per il dono della vita.

Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.

A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore che anche Tu abbia un'ala soltanto. L'altra la tieni nascosta: forse per farmi capire che Tu non vuoi volare senza di me.
Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo.

Insegnami, allora, a librarmi con Te.

Perché vivere
non è trascinare la vita,
non è strappare la vita,
non è rosicchiare la vita.

Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all'ebbrezza del vento.
Vivere è assaporare l'avventura della libertà.
Vivere è stendere l'ala, l'unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te."
Mons. Antonio Bello

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Abbi pietà

Abbi pietà, Creatore,
delle tue creature;
considera che noi
non comprendiamo noi stessi,
che non sappiamo ciò che vogliamo,
che non ci rendiamo conto di ciò
che domandiamo.

Donaci la luce, Signore!
Che cosa difficile amare chi non ti ama, 
aprire a chi non bussa, 
dare la salute a chi si compiace d’essere malato 
e ricerca la malattia!
Abbi pietà di coloro 
che non hanno pietà di se stessi!
JACQUES FESCH

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Preghiera del mattino del 30/XI/2012

Ti ringrazio, mio Dio, dei benefici che mi accordi. 
Accompagnami, ti prego, con la tua grazia durante questo giorno, perché possa superare tutti i pericoli dell'anima e del corpo. 
Per rendere così testimonianza della tua bontà e del tuo amore. 
Amen.
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giovedì 29 novembre 2012

Tu mi ami

Signore, eccomi qui:
se tu vuoi amarmi, prendimi. 
Non voglio opporre alcuna resistenza 
al tuo amore.
Io non ho creduto che tu mi potessi amare. 
Ma dal momento che tu me lo chiedi, 
ecco, ora mi abbandono totalmente a te 
per essere amato.
Non oso dire che ti amo. 
Ma una cosa, Signore, voglio dirti:
finalmente voglio credere che tu mi ami. 
Tu me l’hai detto, Signore, 
e io non voglio rifiutarmi di credere. 
Mi abbandono a te!
Mi offro a te, come sono:
povera carta per essere bruciata, 
legno secco
per essere consumato dal fuoco. 
Mi getto in te, Signore, 
perché finalmente tu mi bruci 
mi consumi!
Ecco, Signore, sono davanti a te; 
non ho altro da dirti che questo:
amami, perché voglio essere amato, 
perché finalmente ho capito che la mia vita 
può avere soltanto un senso e un valore 
nel fatto che tu mi ami, che tu vuoi amarmi.
Non rifiuto più il tuo amore per me. 
Questo e null' altro.
Divo Barsotti Tratto da "La fede nell'amore"
ED. MORCELLIANA, 1968

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Prega


Prega per penetrare le nubi e correre dietro al sole; prega per dire che tu sei vivo e nulla potrà chiuderti la bocca. Prega per gridare che sei libero di inventare il corso della tua vita, ma tu sei solo e hai bisogno che qualcuno cammini al tuo fianco. Prega per piangere e cantare, per lamentarti e danzare; prega per mormorare e urlare, ma prega. Prega per risvegliare il Potente e obbligarlo a calpestare il fango dei tuoi sentieri. Prega per chiamare Dio come si fanno segni per attirare l’attenzione. Prega poiché Egli ti ha gettato nell'esistenza e accolto nella sua famiglia. Prega per essere l’uguale di Dio, poiché a Lui tu parli come ad un amico e l’amico è uguale all'amico. Un amico nulla rifiuta a colui che ama, e Lui, Dio, sa ciò che è necessario alla tua felicità. Prega per dire: io e Lui ci si capisce a parole sussurrate o nei silenzi. Prega per ricordare al Padre che tu esisti e che lui è responsabile di te. Prega per riunirti ai tuoi fratelli e a loro legarti. Dio, i tuoi fratelli, tu: voi insieme rinnoverete la faccia della terra.                                                                                                  Charles Singer
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Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti

Lc 21,20-28 
Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». 

In casi di assedio, la città era il luogo di difesa più sicuro. Ora no, perché Gerusalemme sarà distrutta. In quei giorni si verifica la distruzione predetta dai profeti (1Re 9,6ss; Mi 3,12; Dn 9,36). La distruzione di Gerusalemme è una vendetta dei romani, non di Dio; ma insieme rivela anche la tragica realtà di chi rifiuta la sua visita. 
Gesù ha compassione e piange non per sé, ma per la città che uccidendo lui fa del male a se stessa (cfr Lc 13,34; 19,42; 23,28). Questo "ahimè" di Gesù è il grido supremo della sua misericordia. Nella guerra del 66-70 d.C., secondo un calcolo un po’ gonfiato di Giuseppe Flavio, furono uccisi 1.100.000 giudei e furono fatti schiavi 97.000 sopravvissuti. 
La fine di Gerusalemme è l’inizio del tempo dei pagani. L’invito al Regno, rifiutato dagli ebrei, passa ora a tutti i popoli del mondo. Il rifiuto dei giudei, invece di bloccare la salvezza, la allarga ai pagani (At 13,46). Quando essa sarà giunta a tutti i popoli della terra, anche Gerusalemme riconoscerà il suo Signore (Rm 11,25-26). 
I versetti 25-28 di questo brano non sono descrizioni di cataclismi cosmici, ma modi di dire immaginosi, iperbolici, irreali a cui gli autori della Bibbia hanno fatto ricorso per annunciare le grandi novità di salvezza e di liberazione portate dal Messia. La Bibbia abbonda di tali descrizioni per presentare avvenimenti storici come la caduta di un re, una sconfitta militare o un qualsiasi rivolgimento nazionale (cfr Es 19,18-19; Is 14,12; Ger 4,23-28; Gl 3,1-5; ecc.). 
Prendere alla lettera questi annunci non significa solo fraintendere, ma addirittura stravolgere il loro significato. Per es. san Pietro presenta la Pentecoste come giorno in cui si avverano queste parole del profeta Gioele: "Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, giorno grande e splendido. Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato" (At 2,19-21). 
Ma non si vide nulla di simile in quel giorno. 
Ci furono grandi avvenimenti, conversioni e rivolgimenti nelle menti e nelle coscienze: questo sì. Il giorno di Pentecoste si concluse così: "Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone" (At 2,41). Questi modi di dire, dunque, non annunciano un rivoluzione nel mondo fisico, ma un grande evento nella storia della salvezza. 
Anche nel nostro linguaggio, quando succede qualcosa di imprevisto o di grave, si dice: "Mi sono sentito cadere il mondo addosso!". Ma, per fortuna il mondo non è ancora caduto addosso a nessuno: l’espressione vuol dire altro. 
Le potenze dei cieli che saranno sconvolte sono le potenze del nemico, che Gesù vide cadere dal cielo come folgore durante la predicazione dei discepoli (Lc 10,18-19). 
Se l’uomo ha investito tutto nel mondo presente vede con terrore il crollo di tutti i suoi beni e di tutte le sue attese. Se ha investito tutto nei beni del cielo vede giungere la sua felicità eterna. 
Il Figlio dell’uomo che viene è il Signore che mi ha amato e ha dato se stesso per me (cfr Gal 2,20) e che mi ha amato quando ancora ero peccatore (cfr Rm 5,6 ss). Il suo giudizio sarà il perdono ai crocifissori (cfr Lc 23,34) e l’offerta del paradiso al malfattore (cfr Lc 23,43). 
Il nostro giudice infatti è colui che ha detto di amare i nemici, di non giudicare, di non condannare, di perdonare sempre. E’ misericordioso come il Padre suo (cfr Lc 6,27-38). 
La venuta di Cristo si identifica con la nostra liberazione e la nostra salvezza. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 29/XI/2012

Santifica, o Dio, le mie azioni con la tua grazia e sostienile con il tuo aiuto. 
Ognuno dei miei atti abbia inizio con te e così si compia in te. 
O Dio, fa' che l'inizio e la fine di questo giorno siano nelle tue mani. 
Amen.
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mercoledì 28 novembre 2012

Insegnami a gridare verso di Te

Cristo,
Signore della creazione,
insegnami a gridare verso di Te,
strappami dal mio peccato.

Signore di perdono,
tu sei la misericordia che salva.

Strappami dallo scoramento,
donami la memoria
della tua misericordia che salva.

Signore, che fai meraviglie.

Tutta la mia vita entri nel tuo amore;
aprimi il cuore,
insegnami a pregare.Pierre Griolet

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Per chi ha sofferto

Signore, rendimi calmo
e staccato da tutto,
ma senza indifferenza.
Che io sia aperto e buono, 
maturato dalla sofferenza, 
pronto a dare agli altri
quello che non ho avuto. 
Non mi resta niente.
A che cosa ancora
mi potrei aggrappare?
Eppure io vorrei
che la gioia di ogni uomo 
trovasse come un'eco
nel mio cuore pacificato. 
Piuttosto che soffrire 
senza utilità per nessuno 
e aggravare ulteriormente 
le tristezze del mondo,
vorrei che da tutte le lacrime che ho versato, 
mi venisse il potere di comprendere gli altri, 
fino nell'intimo del loro essere, 
là dove sono veramente se stessi, 
là dove aspettano l'amore.
Vorrei che il mio dolore 
servisse a qualcosa.
LUCIEN JERPHAGNON

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Mi hai fatto senza limiti

Mi hai fatto senza limiti 
perché così è il tuo amore.

Questo fragile vaso 
continuamente svuoti 
e continuamente riempi 
di vita sempre nuova.

Tu porti per valli e colline 
questo piccolo flauto di canna 
e vi zufoli dentro melodie sorprendenti.

Alla carezza delle tue mani 
si smarrisce il mio cuore 
in gioia sconfinata 
e canta melodie ineffabili.

Sulle mie piccole mani 
discendono i tuoi doni infiniti. 
Passano i giorni
e tu continui a versare, 
ma resta sempre spazio da colmare.
RABINDRANATH TAGORE

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Sintonizzaci

Signore,
attendiamo la tua parola,
quella che ci rende liberi.
Sintonizzaci sulla tua voce,
sul tuo silenzio...
A noi è concesso prefigurarci
la tua vittoria,
e il tuo regno eterno.
Siamo oppressi
dalle tenebre del presente
e viviamo incerti giorno dopo giorno.
Ci è concesso di credere
e non abbiamo il coraggio di credere.
Ci è concesso di amare
e ci serriamo in noi stessi egoisticamente.

Signore, facci riflettere 
sulla realtà del tuo amore, 
e così vivere nel futuro 
che tu concedi.
Ti preghiamo per il mondo, 
per gli uomini che soffrono 
la guerra e la fame, 
per quelli che subiscono l’ingiustizia.
Fa’ che confessiamo le nostre colpe, 
che non restiamo insensibili, 
fa’ che ci amiamo.

HELLMUTH GOLLWITZER

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Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.

Lc 21,12-19 
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.  Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Prima della distruzione di Gerusalemme, i cristiani sono stati perseguitati dai giudei e dall’impero romano, come ci descrive Luca negli Atti degli apostoli. Essi sono colpiti per la loro fede in Gesù: "A causa del mio nome" (v. 12). Essere cristiani è un reato. 
Aderendo a Gesù si rischia di passare nel numero dei malfattori. 
Ma l’evangelista invita a tener presenti anche i risvolti positivi delle persecuzioni. Esse offrono occasioni di testimoniare il Signore con la vita e le parole. L’azione giudiziaria serve alla predicazione, il carcere, all’attività missionaria. 
Il vangelo di Gesù è annunziato attraverso le sofferenze dei martiri: il loro esempio è più eloquente dell’annuncio dei predicatori. 
I cristiani di Gerusalemme, costretti a fuggire dalla città, portano il vangelo nelle campagne della Giudea e della Samaria (cfr At 8,1-4) e giungono fino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia (cfr At 11,19; 15,3). 
Pietro, Giovanni, Stefano sono condotti davanti al sinedrio, Paolo davanti ai governatori romani, e tutti recano il messaggio di Cristo là dove altrimenti non sarebbe mai arrivato. 
Paolo scrive ai Filippesi che la sua carcerazione è occasione per annunciare il vangelo: "Desidero che sappiate, fratelli, che le mie vicende si sono volte piuttosto a vantaggio del vangelo, al punto che in tutto il pretorio e ovunque si sa che sono in catene per Cristo; in tal modo la maggior parte dei fratelli, incoraggiati nel Signore dalle mie catene, ardiscono annunziare la parola di Dio con maggior zelo e senza timore alcuno" (Fil 1,12-14). 
La fedeltà a Cristo mette i discepoli in contrasto con tutti coloro che non accolgono la fede cristiana. Se Gesù e la sua parola sono rifiutati, anche i cristiani saranno rifiutati. Gesù ha detto: "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me" (Gv 15,18). 
Lo storico romano Tacito riassume così il suo giudizio sui cristiani: "Odiosi all’intero genere umano". Il cristiano è colui che per vocazione deve resistere fino alla fine con la pazienza, che non è rassegnazione, ma resistenza costante e inflessibile. 
Nel libro dell’Apocalisse leggiamo: "Colui che deve andare in prigionia, andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada, di spada sia ucciso. In questo sta la perseveranza e la fede dei santi" (13,10). 
Per questa via il fedele giungerà alla vita eterna. La pazienza è la caratteristica di Gesù che si fa carico del male. Anche il discepolo viene associato al suo mistero di morte e risurrezione: perdendo la vita, la salva (cfr Lc 9,24). 
Nel martirio il cristiano acquista la propria identità con Gesù, il Figlio morto e risorto. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 28/XI/2012

O Dio unico in tre persone, ti ringrazio con tutto il cuore di avermi preservato questa notte da ogni pericolo del corpo e dell'anima. 
Donami, se così a te piace, la sapienza e la forza della tua parola, per affrontare gli avversari della verità. 
La tua grazia sia sempre con me. 
Amen.
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martedì 27 novembre 2012

Vita della mia vita

Vita della mia vita,
sempre cercherò di conservare 
puro il mio corpo,
sapendo che la tua carezza vivente 
mi sfiora tutte le membra.

Sempre cercherò di allontanare 
ogni falsità dai miei pensieri, 
sapendo che tu sei la verità 
che nella mente
mi ha accesa la luce della ragione.

Sempre cercherò di scacciare 
ogni malvagità dal mio cuore, 
e di farvi fiorire l'amore, 
sapendo che ha la tua dimora 
nel più profondo del cuore.

E sempre cercherò nelle mie azioni 
di rivelare te,
sapendo che è il tuo potere 
che mi dà la forza di agire.
RABINDRANATH TAGORE

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Ho bisogno di stare con te

Signore,
ho urgente bisogno
della tua misericordia, 
per poter sopportare 
di nuovo me stesso.
Ho urgente bisogno di stare con te, 
per rappacificarmi 
con gli altri e con me stesso. 
Di me nulla conosco 
finché non conosco te.
E nulla mi piaceva del mio intimo 
prima di scoprirvi la tua grazia, 
il tuo compiacimento 
e la tua immagine.
Davanti a te la vita 
cambia completamente la sua essenza; 
il tempo non viene contaminato
da febbrili inquietudini, 
e oppresso dall'inutilità.
Esso scorre denso,
si svolge potentemente 
e niente resiste al suo valore. 
La sua densità fa male. 
E tuttavia,
non appena interrompo 
la mia preghiera, mi sento costretto
a riprendere questa preghiera.
LOUIS EVELY

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Non sarà lasciata pietra su pietra

Lc 21,5-11 
Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io», e: «Il tempo è vicino». Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. 

Il tempio di Gerusalemme era considerato una delle sette meraviglie del mondo. Ed ecco che ad alcuni che ammirano e magnificano il tempio, Gesù dà una predizione di sventura: il tempio sarà distrutto. 
Dio non bada alla bellezza dei marmi e alla preziosità dei doni, ma vuole un popolo dalla cui vita traspaia che Dio abita in mezzo ad esso. Il profeta Michéa aveva predetto: "Udite dunque, o principi della casa di Giacobbe, o giudici della casa d’Israele, che avete in orrore la giustizia e pervertite ogni diritto, che edificate Sion con il sangue e Gerusalemme con l’iniquità!… Per colpa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine e il monte del tempio un’altura boscosa" (3,9-12). 
Gesù viene interrogato qui unicamente circa la fine del tempio. La distruzione di Gerusalemme non fa parte degli avvenimenti della fine del mondo. Essa è già avvenuta quando Luca scrive il suo vangelo. L’intento primo dell’evangelista è mostrare che non stiamo andando verso "la fine", ma verso "il fine". 
Il dissolversi del mondo vecchio è contemporaneamente la nascita del mondo nuovo. 
Gesù non risponde alla nostra curiosità circa il futuro, ma vuole toglierci le ansie e gli allarmismi sulla fine del mondo, che non servono a nulla e producono unicamente del danno. Alla paura della fine del mondo e della morte Gesù offre l’alternativa di una vita che si lascia guidare dalla fiducia nel Padre, in un atteggiamento d’amore che ha già vinto la morte. 
Il Figlio di Dio diventato uomo ci ha già rivelato il destino dell’uomo e del mondo: il suo mistero di morte e risurrezione è la verità del presente e del futuro. Per gli ascoltatori di Gesù la distruzione del tempio significava la fine del mondo e il ritorno del Figlio dell’uomo (cfr Mt 24,3). In realtà significa la fine di un mondo vecchio e l’inizio di un mondo nuovo. 
Il credente in Cristo non deve dare ascolto a voci false e fuorvianti. Anche san Paolo ha dovuto avvertire i cristiani di Tessalonica, scrivendo loro: "Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro ricongiungimento con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare né da pretese ispirazioni né da parole né da qualche lettera fatta passare per nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo!" (2Ts 2,1-3). 
Verranno molti e usurperanno il nome stesso di Cristo e la predizione della sua manifestazione al mondo, dicendo: "Io sono". Con queste parole, che sono la traduzione del nome di Dio, ognuno di essi si presenterà come il salvatore mandato definitivamente da Dio per portare a compimento la storia del mondo. 
Gesù smaschera questi "salvatori" chiamandoli seduttori. San Paolo presenta così il seduttore: "Verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, l’avversario, colui che si innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio" (2Ts 2,3-4). 
La mancanza di umiltà è il primo segno della menzogna. Uno solo è il Salvatore e il Signore: colui che si è fatto ultimo di tutti e servo di tutti. Tutti i seduttori sono mossi dall’orgoglio, dall’interesse, dall’invidia, dalla cupidigia. Usano Dio, la sua parola e i suoi doni per affermare il proprio io. Nei confronti di questi figuri Gesù ci dà un avvertimento grave: "Non lasciatevi ingannare!… Non seguiteli!"(v. 8). 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 27/XI/2012

Ti saluto, Gesù. Ti saluto, Maria. Con il vostro aiuto e la vostra benedizione mi alzo e incomincio un giorno nuovo. 
Fate che non mi avvii sul cammino della menzogna, ma che viva seguendo la verità divina. 
Per Cristo nostro Signore. 
Amen.
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lunedì 26 novembre 2012

Benedirò il tuo nome per sempre, Signore!

Gli interventi della provvidenza fanno bene all'anima, la distaccano e le fanno stringere ancora di più i legami che la uniscono a Dio solo. 
Questa vita passa come una nuvola o come un lampo; fin dall'inizio bisogna darsi all'amore di Dio, perché il cielo ne sia la bella e ricca ricompensa.
S. Pier Giuliano Eymard

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Vide una vedova povera, che gettava due monetine

Lc 21,1-4 
Alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere». 

Questa povera vedova ci dà la lezione fondamentale del vangelo: nelle due monete che getta nel tesoro del tempio rende a Dio ciò che è di Dio, cioè tutta la sua vita. 
Nel giudizio di Gesù la povera vedova ha dato più dei ricchi, perché ha dato tutto ciò che possedeva. Ella affida a Dio la propria vita senza angustiarsi e preoccuparsi. Mette in pratica alla lettera l’insegnamento di Gesù: "Non da tevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete… Non cercate ciò che mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta" (Lc 12,22-31). 
A Dio non si deve dare né tanto né poco né nulla, ma tutto ciò che siamo e abbiamo, perché "noi siamo suoi" (Sal 100,3). 
L’unica cosa da fare è corrispondere liberamente al suo amore totale (cfr Lc 10,27). 
Questa donna è immagine della Chiesa. La Chiesa è la comunità dei piccoli, dei poveri e dei disprezzati, i quali però sono grandi davanti a Dio perché donano tutto ciò che hanno con umiltà e semplicità e pongono la loro fiducia in lui. 
Nella Chiesa non contano i potenti e i sapienti: la vera storia è fatta dagli umili che, come questa vedova, vivono l’amore concreto nello Spirito del Signore. Gesù prima di morire ce li addita come maestri. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 26/XI/2012

O Signore, affronto nel tuo nome questo nuovo giorno che la tua bontà mi dona. 
Aiutami a vivere questa giornata secondo la tua volontà. 
Le mie azioni siano di aiuto al mio prossimo e diano testimonianza del tuo amore senza limiti. 
Accompagnami con la tua grazia durante tutto questo giorno.
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domenica 25 novembre 2012

Messaggio di Medjugorje del 25/11/2012

Cari figli! 
In questo tempo di grazia vi invito tutti a rinnovare la preghiera.

Apritevi alla Santa confessione perché ognuno di voi accetti col cuore la mia chiamata. 

Io sono con voi e vi proteggo dall'abisso del peccato e voi dovete aprirvi alla via della conversione e della santità perché il vostro cuore arda d'amore per Dio.

DateGli il tempo e Lui si donerà a voi, e così nella volontà di Dio scoprirete l'amore e la gioia della vita. 

Grazie per aver risposto alla mia chiamata. 
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Occuparsi degli altri e dimenticarsi di se stessi

I veri ostacoli che ti separano da Cristo — la superbia, la sensualità... —, si superano con la preghiera e la penitenza. E pregare e mortificarsi è anche occuparsi degli altri e dimenticarsi di se stessi. Se vivi così, vedrai che la maggior parte dei tuoi contrattempi spariranno. (Via Crucis, Stazione X. n. 4). 

Parli e non ti ascoltano. E se ti ascoltano, non ti capiscono. Sei un incompreso!... D'accordo. In ogni caso, affinché la tua croce abbia tutto il rilievo della Croce di Cristo, è necessario che tu ora lavori così, senza esser preso in considerazione. Altri ti capiranno. (Via Crucis, Stazione III. n. 4). 

Come amare veramente la. Croce Santa di Gesù?... Desiderala!... Chiedi forza al Signore per impiantarla in tutti i cuori, in lungo e in largo per il mondo! E poi... offrigli riparazione con gioia; cerca di amarlo anche coi battiti di tutti i cuori che ancora non lo amano. (Via Crucis, Stazione V. n. 5). 

Per quanto tu ami, non amerai mai abbastanza. Il cuore umano ha un enorme coefficiente di dilatazione. Quando ama si allarga in un crescendo di affetto che supera tutti gli ostacoli. 
 Se tu ami il Signore, non ci sarà creatura che non trovi spazio nel tuo cuore. (Via Crucis, Stazione VIII. n. 5).
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Cristo Re dell'universo

Questa festa fu introdotta da papa Pio XI, con l’enciclica “Quas primas” dell’11 dicembre 1925, a coronamento del Giubileo che si celebrava in quell’anno. 
È poco noto e, forse, un po’ dimenticato. Non appena elevato al soglio pontificio, nel 1922, Pio XI condannò in primo luogo esplicitamente il liberalismo “cattolico” nella sua enciclica “Ubi arcano Dei”. Egli comprese, però, che una disapprovazione in un’enciclica non sarebbe valsa a molto, visto che il popolo cristiano non leggeva i messaggi papali. Quel saggio pontefice pensò allora che il miglior modo di istruirlo fosse quello di utilizzare la liturgia. Di qui l’origine della “Quas primas”, nella quale egli dimostrava che la regalità di Cristo implicava (ed implica) necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto in loro potere per tendere verso l’ideale dello Stato cattolico: “Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro, sarebbe dovere dei cattolici”. Dichiarava, quindi, di istituire la festa di Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così “un rimedio efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”. 
Tale festività coincide con l’ultima domenica dell’anno liturgico, con ciò indicandosi che Cristo Redentore è Signore della storia e del tempo, a cui tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa e l’Omega, come canta l’Apocalisse (Ap 21, 6). Gesù stesso, dinanzi a Pilato, ha affermato categoricamente la sua regalità. Alla domanda di Pilato: “Allora tu sei re?”, il Divino Redentore rispose: “Tu lo dici, io sono re” (Gv 18, 37). 
Pio XI insegnava che Cristo è veramente Re. Egli solo, infatti, Dio e uomo – scriveva il successore Pio XII, nell’enciclica “Ad caeli Reginam” dell’11 ottobre 1954 – “in senso pieno, proprio e assoluto, … è re”. 
Il suo regno, spiegava ancora Pio XI, “principalmente spirituale e (che) attiene alle cose spirituali”, è contrapposto unicamente a quello di Satana e delle potenze delle tenebre. Il Regno di cui parla Gesù nel Vangelo non è, dunque, di questo mondo, cioè, non ha la sua provenienza nel mondo degli uomini, ma in Dio solo; Cristo ha in mente un regno imposto non con la forza delle armi (non a caso dice a Pilato che se il suo Regno fosse una realtà mondana la sua gente “avrebbe combattuto perché non fosse consegnato ai giudei”), ma tramite la forza della Verità e dell'Amore. 
Gli uomini vi entrano, preparandosi con la penitenza, per la fede e per il battesimo, il quale produce un’autentica rigenerazione interiore. Ai suoi sudditi questo Re richiede, prosegue Pio XI, “non solo l’animo distaccato dalle ricchezze e dalle cose terrene, la mitezza dei costumi, la fame e sete di giustizia, ma anche che essi rinneghino se stessi e prendano la loro croce”. 
Tale Regno, peraltro, già mistericamente presente, troverà pieno compimento alla fine dei tempi, alla seconda venuta di Cristo, quando, quale Sommo Giudice e Re, verrà a giudicare i vivi ed i morti, separando, come il pastore, “le pecore dai capri” (Mt 25, 31 ss.). Si tratta di una realtà rivelata da Dio e da sempre professata dalla Chiesa e, da ultimo, dal Concilio Vaticano II, il quale insegnava a tal riguardo che “qui sulla terra il Regno è già presente, in mistero; ma con la venuta del Signore, giungerà a perfezione” (costituzione “Gaudium et spes”). 
Con la sua seconda venuta, Cristo ricapitolerà tutte le cose, facendo “cieli nuovi e terra nuova” (Ap 21, 1), tergendo e consolando ogni lacrima di dolore e bandendo per sempre il peccato, la morte ed ogni ingiustizia dalla faccia della terra. Sempre il Concilio scriveva che “in questo regno anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per partecipare alla gloriosa libertà dei figli di Dio” (costituzione dogmatica “Lumen Gentium”). 
Per questo i cristiani di ogni tempo invocano, già con la preghiera del Padre nostro, la venuta del Suo Regno (“Venga il tuo Regno”) ed, in modo particolare durante l’Avvento, cantano nella liturgia “Maranà tha”, cioè “Vieni Signore”, per esprimere così l’attesa impaziente della parusia (cfr. 1 Cor 16, 22). 
Aggiunge ancora Pio XI che nondimeno sbaglierebbe colui il quale negasse al Cristo-uomo il potere su tutte le cose temporali, “dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create”. Tuttavia – precisa – Cristo, quando era sulla terra, si astenne dall’esercitare completamente questo suo dominio, permettendo – come anche oggi – che “i possessori debitamente se ne servano”. 
Questo potere abbraccia tutti gli uomini. Ciò lo aveva anche chiaramente espresso Leone XIII, nell’enciclica “Annum sacrum” del 25 maggio 1899, con cui preparava la consacrazione dell’umanità al Sacratissimo Cuore di Gesù nell’anno santo del 1900. Papa Pecci aveva scritto in effetti che “il dominio di Cristo non si estende soltanto sui popoli cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale, appartengono, a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate opinioni li allontanino da essa o il dissenso li divida dalla carità; ma abbraccia anche quanti sono privi di fede cristiana, di modo che tutto il genere umano è sotto la potestà di Gesù Cristo”. 
L’uomo, misconoscendo la regalità di Cristo nella storia e rifiutando di sottomettersi a questo suo giogo che è “dolce” ed a questo carico “leggero”, non potrà trovare alcuna salvezza né troverà autentica pace, rimanendo vittima delle sue passioni, inimicizie ed inquietudini. È Cristo soltanto la “fonte della salute privata e pubblica”, diceva Pio XI. “Né in alcun altro vi salvezza, né sotto il cielo altro nome è stato dato agli uomini, mediante il quale dobbiamo essere salvati” (At 4, 12). 
Lontano da Lui l’uomo ha dinanzi chimere e sistemi ideologici totalizzanti e fuorvianti; non cercando il suo Regno e la sua Giustizia, il genere umano ha di fronte a sé i vari “-ismi” della storia che, diabolicamente, in nome di un falso progresso sociale, economico e culturale, degradano ogni uomo, negandone la dignità. 
Ed il XX secolo non ha mancato di fornirne dei tragici esempi con i vari regimi autoritari, comunisti e nazista (che la Chiesa ha condannato vigorosamente), riproponendo, per l’ennesima volta, il duro scontro tra Regno di Cristo e regno di Satana, che durerà sino alla fine dei tempi. 
Basti qui far riferimento, a titolo esemplificativo, giusto al solo travagliato periodo del pontificato di papa Ratti per averne una pallida idea. 
Con l’enciclica “Mit brennender Sorge”, del 14 marzo 1937 – tra i cui estensori vi era pure il cardinale segretario di Stato e futuro papa Pio XII, Eugenio Pacelli – il Pontefice romano disapprovava il provocante neopaganesimo imperante in Germania (il nazismo), il quale rinnegava la Sapienza Divina e la sua Provvidenza, che “con forza e dolcezza domina da un'estremità all’altra del mondo” (Sap. 8, 1), e tutto dirige a buon fine; deplorava anche certi banditori moderni che perseguono il falso mito della razza e del sangue; biasimava, infine, le liturgie del Terzo Reich tedesco, veri riti paganeggianti, qualificate come “false monete”. 
In Messico, “totalmente infeudato dalla massoneria”, dove gli Stati Uniti avevano favorito – in nome dei loro interessi economici – la nascita di uno Stato dichiaratamente anticlericale ed anticristiano, furono promulgate pesanti leggi restrittive della libertà della Chiesa cattolica, stabilendo l’espulsione dei sacerdoti non sposati, la distruzione delle chiese e la soppressione persino della parola “adios”. Il fanatico anticlericale governatore dello Stato messicano di Tabasco, Tomás Garrido Canabal, autore di queste misure repressive, nella sua fattoria, “La Florida”, giunse a chiamare, in segno di dispregio, un toro “Dio”, ad un asino diede nome “Cristo”, una mucca “Vergine di Guadalupe”, un bue ed un maiale “Papa”. Suo figlio lo chiamò “Lenin” e sua figlia “Zoila Libertad”. Un nipote fu chiamato “Luzbel” [Lucifer], un altro figlio “Satan”. 
Si costituì allora un esercito di popolo, i “cristeros”, i quali combattevano al grido di “Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe! Viva il Messico!”. Con le stesse parole sulle labbra versavano il loro sangue in quella terra anche numerose schiere di martiri, mentre i loro carnefici esclamavano, riempiendo ceste di vimini con le teste mozzate dei cattolici, “Viva Satana nostro padre”. Si trattò di un vero “olocausto” passato sotto silenzio ed ignorato. Alcuni dei valorosi martiri cristiani messicani, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari, come il gesuita Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo. Le sue ultime parole furono giusto “Viva Cristo Re!”. 
Questa grave situazione di persecuzione religiosa fu riprovata da Pio XI con le encicliche “Nos Es Muy Conocida” del 28 Marzo 1937 ed “Iniquis Afflictisque” del 18 novembre 1926. 
Una netta opposizione fu, infine, manifestata nei confronti della Russia sovietica, contro il comunismo ateo, condannato dall'enciclica “Divini Redemptoris” del 19 marzo 1937, e nei riguardi della Spagna repubblicana, dichiaratamente antireligiosa. 
Qui, il governo repubblicano socialista di Manuel Azaña Y Díaz proclamò che “da oggi la Spagna non è più cristiana”, mirando a “laicizzare” lo Stato. La nuova costituzione vanificava ogni potere della Chiesa, la religione cattolica era ridotta al rango d’associazione, senza sostegno finanziario da parte statale, senza scuole, esposta agli espropri; con il decreto 24 gennaio 1932 era dichiarata l’estinzione della compagnia di Gesù e se ne confiscavano i beni; era introdotto, nel 1932, il divorzio e il matrimonio civile ed abolito il reato di bestemmia; circa seimila religiosi furono massacrati. Pio XI reagì duramente con l’enciclica “Dilectissima Nobis” del 3 giugno 1933. 
Questi esempi dimostrano lo scontro plurisecolare, sin dalla fondazione del Cristianesimo, tra il Regno di Cristo e quello di Satana, e come, anche in epoca contemporanea, la regalità di Cristo sia contestata, preferendo ad essa degli “idoli” politici, economici, sociali e pseudo-religiosi.

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Tu lo dici: io sono re

Gv 18,33-37 
Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei? ». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 

Gesù usa tre volte l’espressione "il mio regno" nel v. 36 per farci comprendere la natura del suo regno: esso non ha origine da questo mondo, ma da Dio. 
La sua regalità non ha nulla da condividere con quella del mondo, anche se si estende ad esso. Non è politica perché egli non si serve della potenza e non fa uso della forza di un esercito per difenderla. Non è di origine terrena perché egli non è di questo mondo, ma è venuto in esso per salvarlo e riportarlo al Padre. 
La sua regalità ha la sua origine dall’alto, è divina e universale. Non è opera umana ma è dono di Dio che si manifesta nell’amore fatto servizio alla verità e alla vita. Sì, Gesù è re, ma egli presenta la sua regalità collegata alla verità. Egli è il testimone di un Dio-Amore; il rivelatore della verità che conduce al Padre; la manifestazione della presenza di Dio che salva attraverso la sua parola e la sua opera. 
La verità di cui parla è la manifestazione di se stesso agli uomini e la salvezza che dona a loro per mezzo della conoscenza che essi hanno di lui. Egli è re di "chiunque è dalla verità", ossia di ogni uomo che ascolta la sua parola, la interiorizza e la vive. Pilato non ha compreso nulla né della regalità, né della verità, né tantomeno di avere davanti a sé colui che è la Verità. La regalità di Gesù, così fortemente legata alla croce, è esattamente il contrario del trionfalismo e dell’oppressione dei re di questo mondo. 
Il Cristo regna dalla croce morendo per salvare l’umanità. La sua regalità è tutta misericordia, solidarietà con i peccatori e perdono. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 25/XI/2012

Ci sono diverse verità: quelle degli insegnanti, dei sapienti, dei filosofi, dei politici, dei saggi, degli ideologi. 
Al di sopra di tutte queste, vi è una verità di cui è testimone Cristo: quella della salvezza. 
Il mondo non l'ha ancora capita; perciò questa verità continua ad essere accusata, incoronata di spine e crocifissa. 
Signore Gesù, testimone fedele della verità divina, aiutami a rispondere a questa verità con la fede e con la fedeltà al tuo amore. 
Vorrei ascoltare la verità dalle tue labbra. 
Vorrei che questa verità fosse la luce che illumina il mio cammino e la gioia della mia vita. 
Io aspiro non solo a conoscerla, ma anche a servirla col cuore e con lo spirito, a dedicarle le mie capacità e il mio entusiasmo.
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venerdì 23 novembre 2012

Signore, resta con me

Signore, resta con me in questo giorno
e anima le mie azioni, le mie parole e i miei pensieri.
Custodisci i miei piedi
perché non passeggino oziosi,
ma mi portino incontro alle necessità degli altri.
Custodisci le mie mani
perché non si allunghino per fare il male
ma sempre per abbracciare e aiutare.
Custodisci la mia bocca
perché non dica cose false o vane
e non parli male del prossimo;
ma sempre sia pronta a incoraggiare tutti
e benedire te, Signore della vita.
Custodisci il mio udito perché non perda tempo
ad ascoltare parole vuote e falsità
ma sia sempre pronto ad accogliere
il tuo misterioso messaggio
per compiere, anche oggi, la tua volontà.
Preghiera del secolo VII

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Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri

Lc 19,45-48 
Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell'ascoltarlo. 

Il viaggio di Gesù a Gerusalemme si conclude nel tempio. Egli entra nei cortili del tempio non tanto per pregare, quanto per compiere un rito di purificazione della casa del Padre. Scaccia tutti i commercianti e pronuncia contro di loro severe parole di biasimo e di condanna. 
La casa di Dio non deve essere adibita a luogo di mercato e la religione non può essere pretesto e paravento di operazioni commerciali. A differenza dei suoi sacerdoti, Dio non vende i suoi favori a chi cerca di conquistarselo con prestazioni religiose o addirittura con il denaro. 
Il peccato più grave contro di lui è quello di voler comperare il suo amore: è come trattarlo da prostituta. Egli è il Padre pieno di grazia e di misericordia. La salvezza è suo dono gratuito al quale rispondiamo con un amore filiale gratuito. 
Questo è il vero culto spirituale, gradito a Dio (cfr Rm 12,1). La cattiva immagine di Dio è l’origine di tutti i mali dell’uomo. Il culto di mammona cerca sempre di sostituirsi a quello del vero Dio. Ma Gesù ci ha detto senza mezzi termini che non possiamo servire a due signori (cfr Lc 16,13). Infatti Dio e mammona sono inconciliabili tra loro, come il dono e il possesso, la vita e la morte, l’amore e l’egoismo. 
Il profeta Zaccaria aveva preannunciato la venuta del Messia con queste parole: "In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa di Dio" (14,21). 
Permane sempre anche per la Chiesa il pericolo di diventare una spelonca di ladri alla ricerca del turpe guadagno (1Pt 5,2). La povertà e la gratuità sono le due condizioni indispensabili che Gesù ha posto per l’annuncio del vangelo (cfr Lc 9,1ss; 10,1ss). Esse manifestano l’essenza di Dio che è amore. E l’amore dà gratuitamente tutto ciò che è e ha. 
Con la predicazione nel tempio Gesù si inimica i capi del giudaismo, i quali decidono subito di farlo morire. Ma il popolo si schiera dalla sua parte e ascolta le sue parole. 
Da queste persone usciranno i primi elementi per edificare il nuovo popolo di Dio che è la Chiesa. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 23/XI/2012

Gesù, tutto il popolo pendeva dalle tue labbra e per questo non potevano arrestarti e veniva ritardata l'ora della tua morte. 
Tu hai fatto di noi un popolo di profeti. Mentre molti vogliono mandarti a morte, fa' che, grazie alla tua Parola che feconda il Regno, cerchiamo instancabilmente di farti vivere estendendo il tuo Regno sulla terra.
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giovedì 22 novembre 2012

Se avessi compreso quello che porta alla pace!

Lc 19,41-44 
Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pac e! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». 

In questo brano Luca dà l’ultimo tocco al ritratto di Gesù, immagine perfetta del Padre. Il pianto di Gesù rivela il mistero più grande di Dio : la sua passione per noi. 
Ciò che Dio aveva detto a Geremia, si avvera ora in Gesù: "Tu riferirai questa parola: ‘I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale’" (Ger 14,17). 
Gesù piange su Gerusalemme. 
La condanna cadrà su di lei. Gesù non può impedirla. Le lacrime manifestano la sua impotenza. Il suo pianto impotente nasconde un profondo mistero. Dio nasconde la sua potenza nell’amore di Gesù che salva e nella sua debolezza. Egli prende con tanta serietà la libertà dell’uomo, che preferisce piangere impotente in Gesù, piuttosto che togliere alla creatura umana la sua libertà. 
Il pianto di Gesù è l’ultimo invito alla penitenza per la città ostinata nel suo rifiuto e nel suo male. 
Le parole che Gesù rivolge a Gerusalemme non sono minacce, né la sua distruzione sarà castigo di Dio. 
Dio è misericordioso e perdona (cfr Es 34,6-7; Sal 86,15; 103,8; Gio 4,2; ecc.). 
Le parole di Gesù sono una constatazione sofferta del male che il popolo fa a se stesso. 
Il male, dal quale mette inutilmente in guardia Gerusalemme, ricadrà infatti su di lui. 
In croce, sarà assediato, angustiato e distrutto da tutta la cattiveria del mondo e dall’abbandono di tutti. Il pianto di Gesù esprime la sua debolezza estrema, che è la forza dell’amore, che portò lui alla croce (cfr 2Cor 13,4) e noi alla salvezza. 
Gesù aveva detto: "Beati voi che ora piangete" (Lc 6,21). Ora è lui stesso che piange. Egli realizza in sé il mistero del regno di Dio su questa terra: un seme gettato nel pianto. 
Ma chi semina nel pianto mieterà con giubilo (Sal 126,5-6). Il motivo del lamento sta nel fatto che nel giorno della sua entrata in Gerusalemme, essa non ha compreso "la via della pace". Di conseguenza, avendo rifiutato il Cristo che è la nostra pace (Cfr Ef 2,14), iniziano per lei i giorni di guerra, che continueranno fino alla sua distruzione. 
Questo giorno dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme porta a compimento la lunga storia di offerte di salvezza da parte di Dio alla città santa. Questo è il momento in cui dovrebbe esserle donata la pace, la salvezza. Gerusalemme dovrebbe solamente riconoscere che Gesù è il principe della pace, inviato da Dio. 
Ma essa, che ha ucciso i profeti e lapidato coloro che Dio le aveva mandato per salvarla, rifiuta questo riconoscimento. 
Ricordiamo un lamento precedente di Gesù su Gerusalemme: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa viene lasciata deserta" (Lc 13,34-35). 
Il popolo di Gerusalemme si chiude alla parola di Dio: "Sono un popolo insensato e in essi non c’è intelligenza: se fossero saggi, capirebbero, rifletterebbero sulla loro fine" (Dt 32,28-29). 
In questo momento si adempie ancora ciò che Dio aveva detto al profeta Geremia riguardo a Gerusalemme: "Tu mi hai respinto, dice il Signore, mi hai voltato le spalle e io ho steso la mano su di te per annientarti; sono stanco di avere pietà" (Ger 15,6). Gesù annuncia il verdetto di Dio sulla sua nazione, ma lo fa a malincuore, con dolore, piangendo, non esultando di gioia per la vendetta di Dio che si abbatte sui peccatori. 
Gesù non è venuto per punire, ma per salvare; per recare la pace, non la guerra. Israele si era allontanato da Dio, l’aveva dimenticato e offeso; Gesù viene a ristabilire i buoni rapporti tra di loro. Il suo stesso modo di presentarsi, semplice, umile rivelava lo scopo pacifico della sua venuta. 
Un messia di questo genere non poteva non suscitare fiducia. Gerusalemme non ha riconosciuto il giorno del perdono e della grazia, e allora dovrà fare la conoscenza col giorno dell’ira e dello sterminio dei suoi abitanti. La distruzione di Gerusalemme è vista come un castigo divino in risposta al rifiuto del Messia. La grazia, la bontà di Dio, quando è rifiutata, diventa ira, vendetta, castigo. 
Ma, a questo punto, ci domandiamo come possiamo mettere d’accordo le pagine del vangelo che ci presentano Dio come amore e misericordia con questa pagina in cui sembra che il volto del Dio-Amore sia totalmente stravolto e negato. 
Il vangelo di Giovanni ci aiuta a capire meglio il motivo della distruzione di Gerusalemme: "Pilato disse ai giudei: ‘Ecco il vostro re!’. Ma quelli gridarono: ‘Via, via, crocifiggilo!’. Disse loro Pilato: ‘Metterò in croce il vostro re?’. Risposero i sommi sacerdoti: ‘Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare’. Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso" (Gv 19,14-16). 
La dichiarazione pubblica e solenne dei sommi sacerdoti manifesta senza equivoci il rifiuto di Dio e del suo Cristo come re e salvatore d’Israele, e la scelta di Cesare come loro re e salvatore. 
E il nuovo signore di Israele, l’imperatore di Roma, ha agito secondo la logica di tutti i potenti di questo mondo, distruggendo e massacrando il popolo ribelle. 
Sono gli eserciti dell’impero romano che hanno distrutto Gerusalemme, non Dio. Le potenze del male sono tenute lontane dalla protezione di Dio. 
Il giorno in cui allontaniamo Dio dalla nostra vita, esse si comportano come le belve quando cacciamo via il domatore che le teneva debitamente a bada: ci sbranano. 
E non perché sono state aizzate contro di noi dal domatore indispettito e vendicativo, ma perché questa è la 21 loro condotta naturale di belve. 
Quando rifiutiamo il regno di Dio, cadiamo immediatamente sotto il potere del demonio, che "è stato omicida fin da principio" (Gv 8,44) 
Padre Lino Pedron
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