lunedì 31 dicembre 2012

Un anno che passa

Quando ricordi la tua vita passata, passata senza biasimo e senza lode, considera quanto tempo hai perso e come puoi recuperarlo: con la penitenza e con maggiore donazione. (Solco, 996) 

Un anno che passa — lo si è detto in mille modi, più o meno poetici —, con la grazia e la misericordia di Dio, è un passo avanti verso il Cielo, nostra Patria definitiva. 
Pensando a questa realtà, comprendo molto bene l'esclamazione di san Paolo ai corinzi:Tempus breve est! [1 Cor 7, 29], come è breve la durata del nostro passaggio sulla terra! Queste parole, per un cristiano coerente, risuonano nel più intima del cuore come un rimprovero per la propria mancanza di generosità, come un costante invito a essere leale. 
È davvero breve il tempo che abbiamo per amare, per dare, per riparare. Non è giusto perciò che lo sperperiamo, che gettiamo irresponsabilmente questo tesoro dalla finestra: non possiamo sprecare il momento del mondo che Dio ha affidato a ciascuno di noi. 
Pensiamo coraggiosamente alla nostra vita. Perché a volte non troviamo quei pochi minuti per portare a termine con amore il lavoro che ci aspetta e che è lo strumento della nostra santificazione? Perché trascuriamo i doveri famigliari? Perché si insinua la precipitazione al momento di pregare, di assistere al santo Sacrificio della Messa? Perché ci manca serenità e calma nel compiere i doveri del nostro stato, e ci intratteniamo senza alcuna fretta dietro ai nostri capricci personali? Mi direte: sono piccolezze. Sì, è vero: ma queste piccolezze sono l'olio, il nostro olio, che tiene viva la fiamma e accesa la luce. (Amici di Dio, 39-41)
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Preghiera del mattino del 31/XII/2012

Signore, medito sulle tue parole nel silenzio di una trasparente mattina d'inverno e il mio cuore è pieno di stupore. 
Tutte le cose furono create dal Verbo eterno, espressione della tua saggezza e della tua potenza. 
Per mezzo del Verbo che si è fatto carne, l'umanità caduta venne riscattata e fu rinnovata. 
Mentre ormai l'oscurità si allontana, fammi restare nella luce del tuo Verbo, che risplende nella creazione tutta. 
Immergimi in questa luce, affinché la bellezza del volto del tuo Figlio prediletto mi investa, facendomi rinascere nella sua immagine sempre più luminosa.
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domenica 30 dicembre 2012

Il lavoro dei genitori è importantissimo

Ammira la bontà di Dio nostro Padre: non ti riempie di gioia la certezza che la tua casa, la tua famiglia, il tuo paese, che ami follemente, sono materia di santità? (Forgia, 689) 

Mi commuove che l'Apostolo qualifichi il matrimonio cristiano come “sacramentum magnum” — sacramento grande. Anche da ciò deduco che il lavoro dei genitori è importantissimo. 
— Partecipate del potere creatore di Dio e, per questo, l'amore umano è santo, nobile e buono: una gioia del cuore, alla quale il Signore — nella sua provvidenza amorosa — vuole che alcuni di noi liberamente rinunciamo. 
— Ogni figlio che Dio vi concede è una grande benedizione divina: non abbiate paura di avere figli! (Forgia, 691) 

Nelle mie conversazioni con tante coppie di sposi, insisto nel dire che finché sono in vita loro e i loro figli, devono aiutarli a essere santi, pur sapendo che sulla terra nessuno di noi sarà santo. Non faremo altro che lottare, lottare e lottare. 
— E aggiungo: voi, madri e padri cristiani, siete un grande motore spirituale, che manda ai vostri cari la fortezza di Dio per lottare, per vincere, perché siano santi. Non defraudateli! (Forgia, 692) 

Non aver paura di amare le anime, per Lui; non ti preoccupare se ami i tuoi sempre di più, purché, pur amandoli tanto, ami Lui milioni di volte di più. (Forgia, 693) 

Per la tua amicizia con Cristo, sei obbligato a dar frutto. — Frutto che sazi la fame delle anime, quando ti si avvicinano, nel lavoro, nella convivenza, nell'ambiente famigliare... (Forgia, 981)
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Gesù è ritrovato dai genitori nel tempio in mezzo ai maestri

Lc 2,41-52 
I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. 

Tre volte all'anno c'erano celebrazioni che richiamavano a Gerusalemme i pellegrini, secondo il comando del Signore: "Tre volte all'anno farai festa in mio onore: Osserverai la festa degli azzimi…Osserverai la festa della mietitura… la festa del raccolto, al termine dell'anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi. 
Tre volte all'anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio" (Es 23,14-17). Il figlio Gesù perduto è ritrovato dopo tre giorni nel tempio cioè nella casa del Padre, seduto. 
Questo fatto è preannuncio della pasqua di Gesù risorto e seduto alla destra del Padre. Luca narra l'infanzia del Salvatore alla luce degli avvenimenti della sua pasqua di risurrezione. Il racconto che ha sfiorato, con le parole di Simeone, il dramma della passione (la spada), si chiude con l'annuncio della risurrezione. 
Il quadro dello smarrimento e del ritrovamento presenta anticipatamente il mistero della morte e della risurrezione di Gesù. Maria e Giuseppe rappresentano la comunità cristiana, che ha perso improvvisamente il suo maestro, ma dopo "tre giorni" di attesa e di ricerca riesce a ritrovarlo risuscitato nella gloria del Padre. Qui Gesù nomina per la prima volta il Padre. Le prime e le ultime parole di Gesù riguardano il Padre (Lc 2,49 e 23,46). 
La paternità di Dio fa da inclusione a tutto il vangelo di Gesù secondo Luca. Gesù "deve" essere presso il Padre, ascoltare il Padre e rispondere a ciò che il Padre ha detto. 
L'espressione del testo originale greco en tois tou patros mou dei einai me (v. 49) non significa “evo occuparmi delle cose del Padre mio” ma “evo essere presso il Padre mio” Non deve meravigliare che Maria e Giuseppe "non compresero le sue parole" ( v. 50). 
Il cammino della rivelazione è ancora lungo. Siamo solo agli inizi. Maria non comprende subito il grande mistero dei tre giorni di Gesù col Padre, ma custodisce nel suo cuore i detti e i fatti. In questo ricordo costante della Parola accolta, il cuore progressivamente si illumina nella conoscenza del Signore. Il racconto dell'infanzia si conclude con il ritorno a Nazaret. Per tutto il resto dell'adolescenza e della giovinezza di Gesù Luca non ha nulla di straordinario da segnalarci all'infuori della sua umile sottomissione ai genitori. Nella famiglia egli ha preso il suo posto di figlio rispettoso e obbediente verso quelli che, per volontà del Padre, hanno la responsabilità su di lui. L'evangelista conclude annotando che Gesù cresceva in sapienza, in statura e grazia. Egli si rivela sempre più assennato e nello stesso tempo piacevole, amabile. 
Vi è certamente anche un riflesso della sua bontà e della sua santità, ma non è detto esplicitamente. I cristiani sono chiamati a ripercorrere l'esperienza di Maria per diventare come lei, figura e madre di ogni credente. Quanto si racconta di Maria in questi due capitoli è quanto deve fare il cristiano. Ma il modello sublime da imitare e da incarnare fino alla perfezione è soprattutto e sopra tutti il nostro Signore Gesù Cristo. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 30/XII/2012

Santa Famiglia, ti preghiamo oggi per le famiglie cristiane di tutto il mondo; concedi la perseveranza a coloro che sono "insieme" nella celebrazione della loro fede; mostra il cammino da seguire a coloro che cercano la comunione e l'unità: la via che tu stesso hai percorso, la via della croce; fa' scoprire la saggezza della comunione nelle gioie e nei sacrifici a coloro che si sentono soli, nonostante siano in mezzo agli altri. 
Concedi la pace a ogni famiglia, ora e sempre.
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sabato 29 dicembre 2012

Messaggio di Medjugorje del 28/XII/2012

Cari figli, anche oggi desidero invitarvi alla gioia, vi invito di nuovo alla gioia. 
Nello stesso tempo, vi invito alla responsabilità. 
Cari figli, accogliete responsabilmente i miei messaggi e vivete i miei messaggi, perché, vivendo i miei messaggi, desidero condurvi a mio Figlio. 
In tutti questi anni in cui sono insieme a voi, il mio dito è rivolto verso mio Figlio, verso Gesù, perché desidero condurvi tutti a Lui. 
Perciò, anche nei prossimi giorni, ponetevi questa domanda: "Che cosa posso fare perché il mio cuore sia più vicino a Gesù?"
Che questa domanda vi guidi. 
Dite a voi stessi: "Che cosa devo lasciare? Che cosa devo rifiutare, perché il mio cuore sia più vicino a Gesù?"
Pregate, cari figli! Io pregherò per tutti voi, affinché la vostra risposta nei vostri cuori sia: "Sì, desidero essere più vicino a Gesù!". 
Grazie, cari figli, perché anche oggi avete risposto alla mia chiamata e avete detto sì.
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Luce per rivelarti alle genti

Lc 2,22-35 
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore:Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore -e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Si gnore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: 32luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». 

Il Signore visita il suo tempio. Egli non viene per giudicare l'inosservanza della legge, ma per sottomettersi come uomo all'obbedienza al Padre al quale gli uomini hanno disobbedito. 
Viene a pagare il debito dell'uomo. Dio non esige il sacrificio dell'uomo alla propria maestà (questa è la menzogna di Adamo e di tutte le perversioni religiose), ma esige il riconoscimento di sé come dono e sorgente di vita perché possiamo attingervi in abbondanza. 
Presentandosi a Dio, l'uomo viene restituito a se stesso. Riconoscendo che la vita dell'uomo è data da Dio, noi scopriamo l'altissimo dono della vita. Simeone significa "Dio ha ascoltato". 
Lo Spirito Santo era su di lui: per questo ascolta e osserva la Parola. Solo gli uomini illuminati dallo Spirito sanno spiegare esattamente la Scrittura e giudicare gli eventi della salvezza. Le braccia del vecchio Simeone rappresentano le braccia bimillenarie d'Israele che ricevono il fiore della nuova vita, la promessa di Dio. Il Cantico di Simeone si pone sulla linea della grande tradizione del Servo di Jahvé: "Io ti renderò luce delle nazioni perché tu porti la mia salvezza fino all'estremità della terra" (Is 49,6). 
Ora si compie quanto era stato predetto: "Alzati, rivestiti di luce, la gloria del Signore brilla su di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare in te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere" (Is 60,1-3). Solo chi vede Gesù salvatore può vivere e morire in pace. Solo l'incontro con Dio può sanare la vita dal veleno della paura della morte e guarire l'uomo dalla falsa immagine di Dio. Dietro la porta della morte non ci attende un abisso di tenebre, ma la sala illuminata del banchetto della vita eterna. Alla salvezza e alla pace, già presenti nel Cantico di Zaccaria, qui si aggiunge la luce con una chiara connotazione di universalismo: la salvezza è per tutti i popoli. Simeone, mosso dallo Spirito, ha riconosciuto Gesù; ora predice a Maria il destino del figlio. La persona di Gesù è spiegata ancora oggi a noi dall'Antico Testamento. 
Gesù sarà insieme causa di caduta e di risurrezione per le moltitudini d'Israele, perché porta una salvezza "scandalosa" che nessuno è in grado di accettare. Gesù contraddice ogni pensiero dell'uomo. E' scandalo e follia. Per questo tutti lo contraddicono, si scandalizzano di lui e cadono. Viene qui adombrato il mistero della morte e risurrezione del Signore che come spada attraverserà il cuore di ogni discepolo e di tutta la Chiesa, di cui Maria è figura. 
Nel tempio di Gerusalemme si svelano due aspetti: la contraddizione nei confronti di Gesù e l'accoglienza nella fede, la condanna e la salvezza, la caduta e la risurrezione. Da Gerusalemme, nel cui tempio viene innalzato il segno, s'irradia la luce che rischiara i pagani e si manifesta la gloria d'Israele. Ciò accade ora, mentre Gesù viene nel tempio; e accadrà ancora più chiaramente quando sarà "assunto" in Gerusalemme, cioè innalzato nella gloria. Allora si radunerà il nuovo popolo di Dio, e i suoi messaggeri da Gerusalemme si diffonderanno in tutto il mondo per raccogliere i popoli attorno al segno di Cristo. 
L'infanzia di Gesù è segnata dalla pienezza della sapienza (2,40.52) e dalla presenza della grazia di Dio sopra di lui. Questo mistero di nascondimento di Gesù a Nazaret è il mistero più eloquente di Dio. Questi anni di vita privata e nascosta del Figlio di Dio danno pieno significato e valore alla vita umana nella sua insignificanza del limite, del tempo e dello spazio. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 29/XII/2012

Padre celeste, ti ringrazio per questo tempo di Natale, in cui celebriamo il mistero del Verbo che si è fatto carne. 
Aiutami perché, come il vecchio Simeone, in silenzio possa ascoltare la tua parola e accoglierla nel mio cuore. 
Il tuo Spirito scenda su di me e mi guidi perché io possa compiere la tua volontà, fino a che Cristo sia del tutto presente in me.
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venerdì 28 dicembre 2012

Davanti a Dio, tu sei un bambino

Davanti a Dio, che è Eterno, tu sei un bambino più piccolo di quanto lo sia davanti a te un piccino di due anni. E, oltre a essere bambino, sei figlio di Dio. —Non dimenticarlo. (Cammino, 860) 

Se ci pensate, è cosa ben diversa che cada un bambino o che cada un adulto. Per i bambini, la caduta generalmente è senza conseguenze: vanno in terra tanto spesso! E se poi sono lacrime, il padre dice: «Gli uomini non piangono». Così si chiude l'incidente, perché il piccolo s'impegna a fare contento suo padre. 
 (…) Se ci comportiamo come loro, gli inciampi e gli insuccessi — peraltro inevitabili — della vita interiore non sboccheranno mai nell'amarezza. Reagiremo col pentimento, ma senza sconforto, e col sorriso che sgorga, come acqua limpida, dalla gioia della nostra condizione di figli di Dio, figli del suo Amore di Padre, della sua grandezza, della sua sapienza infinita, della sua misericordia. Ho imparato, nei miei anni di servizio al Signore, ad essere figlio piccino di Dio. E' ciò che chiedo a voi: siate quasi modo geniti infantes, bambini che desiderano la parola di Dio, il pane di Dio, l'alimento di Dio, la fortezza di Dio, per comportarvi d'ora innanzi come veri cristiani. (Amici di Dio, 146) 
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Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme

Mt 2,13-18 
Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio. Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: 18Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento rande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più. 

L’Egitto ha sempre rappresentato nella storia d’Israele il luogo di rifugio per coloro che erano minacciati in patria (cfr Dt 23,8; 1Re 11,40). Le relazioni politiche tra i due paesi lo consentivano. L’iniziativa di Erode di eliminare il bambino, anticipa l’iniziativa dei farisei (Mt 12,14), dei grandi sacerdoti e degli anziani (Mt 27,20), che alla fine si compirà con l’aiuto della folla. 
Il profeta Osea esalta l’amore di Dio per il suo popolo con l’immagine del padre e del figlio, scorgendo nella liberazione dalla schiavitù dell’Egitto l’inizio degli speciali rapporti tra Dio e Israele. 
Per l’evangelista Matteo il profeta ha parlato di Gesù. Il testo profetico gli ha dato la possibilità di far valere quello che per lui è l’essenziale attributo di "figlio", attribuendolo a Gesù. L’uccisione di tutti i bambini a Betlemme e dintorni fino a due anni di età vuole illustrare il furore di un potere terreno offeso più che il numero dei bambini uccisi. 
Il carattere di Erode, nella descrizione di un simile fatto di sangue, è colto con precisione. La funesta strage dei bambini non è, al pari della fine del traditore Giuda in Mt 27,9, lo scopo diretto del piano divino. 
Secondo Geremia (31,15ss), Rachele, moglie prediletta di Giacobbe, si lamenta per i figli deportati in esilio. Nella sua qualità di progenitrice essa portava già in grembo questi figli di una lontana generazione, quelli appunto sterminati da Erode. Rama, nelle cui vicinanze Rachele fu sepolta, si trova sulla strada per Efrata, a nord di Gerusalemme. 
Ancora in epoca veterotestamentaria la tradizione della tomba di Rachele si è spostata nella regione a nord di Betlemme, come presuppone il testo di Matteo. Secondo l’evangelista, Rachele eleva anticipatamente un lamento sul suo popolo d’Israele non credente. 
La strage dei bambini di Betlemme diventa la prefigurazione del futuro giudizio su Gerusalemme. Sul massacro di Betlemme riferisce anche Macrobio, scrittore romano vissuto verso il 400 d.C. (Sat.2,4,11): "Quando Augusto ebbe la notizia che coi bambini inferiori ai due anni, che il re dei giudei Erode aveva fatto uccidere in Siria, sarebbe stato soppresso lo stesso figlio del re, disse: ‘E’ meglio essere un maiale (in greco ùs) di Erode che suo figlio (in greco uiòs). Il gioco delle parole ùs e uiòs presuppone la polemica antigiudaica e il divieto giudaico di mangiare carne di maiale. 
Nel regno di Erode è più al sicuro il maiale che lo stesso figlio del re. Lo storico Flavio Giuseppe (Ant. 17,121) descrive Erode come un uomo "il quale infieriva con tutti senza differenza con la stessa crudeltà, non conosceva misura nell'ira e si riteneva al di sopra del diritto e della giustizia". 
Padre Lino Pedron 
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Preghiera del mattino del 28/XII/2012

Signore Gesù, il vangelo di oggi mi esorta a pregare per i bambini. 
Poiché nella tua infanzia hai conosciuto le amorose attenzioni di tua madre e di san Giuseppe, benedici i bambini di tutto il mondo. 
Il tuo spirito aiuti il tuo popolo a cambiare la morale della società, affinché i valori cristiani siano mantenuti e i bambini siano protetti da ogni abuso e da ogni male. 
Imparino a conoscere il tuo amore per loro e a trovare la gioia di contraccambiarlo.
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giovedì 27 dicembre 2012

L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro

Gv 20,2-8 
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! ». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 

Maria Maddalena si reca al sepolcro per rimanere presso la tomba di Gesù, come una persona che non vuole separarsi da colui che ama intensamente neppure dopo la morte. Questa discepola è animata da un forte amore umano per Gesù come dimostra eloquentemente il suo pianto inconsolabile presso il sepolcro del Signore. L'annotazione "mentre era ancora buio" potrebbe avere un significato simbolico, per indicare le tenebre provocate dall'assenza di Gesù. Ma ben presto apparirà il Cristo-luce che illumina il mondo e sarà contemplato per prima proprio da Maria Maddalena. La Maddalena, giunta al sepolcro, constata che la pietra della tomba di Gesù è stata rimossa e, pensando a una manomissione del sepolcro, corre da Simone Pietro e dal discepolo che Gesù amava. 
Il discepolo amato corse più velocemente di Pietro e arrivò per primo al sepolcro, forse perché era più giovane; non è improbabile però che questo dettaglio voglia insinuare un maggiore amore per Gesù. Infatti, se il correre è proprio di chi ama, corre più velocemente chi ama di più. 
Il discepolo amato arrivò per primo alla tomba, ma non entrò e si limitò a chinarsi e a vedere i lenzuoli per terra. Egli attese Pietro per entrare nel sepolcro. Forse con questo gesto si vuole insinuare il primato di Pietro. Nel capitolo seguente troveremo la scena del conferimento del primato pastorale a Pietro (Gv 21,15ss). Pietro entrò nel sepolcro e vide i lenzuoli per terra come aveva visto l'altro discepolo, ma vide anche il sudario, che era stato sul capo di Gesù, piegato a parte. Tale constatazione suscitò la fede nel discepolo amato. La presenza di due uomini per testimoniare la verità del sepolcro vuoto risponde alle esigenze del diritto ebraico secondo il quale per la validità di una testimonianza devono essere almeno due i testimoni oculari (Dt 1915; Mt 18,16; 2Cor 13,1ss). L'associazione tra il vedere e il credere (v. 8) formerà una delle tematiche centrali della seconda parte di questo capitolo, dove Tommaso pretenderà di vedere per credere (v. 25) e il Risorto esaudirà la sua richiesta, proclamando però beati quelli che crederanno senza aver visto (v. 29). 
Il discepolo vide e credette alla Scrittura che prediceva la risurrezione di Gesù (v. 9). L'ignoranza della Scrittura da parte dei discepoli implica una certa difficoltà a credere (Gv 20,8; 1,26; 7,28; 8,14). Dopo aver constatato la tomba vuota, Pietro e l'altro discepolo fecero ritorno dagli altri discepoli nel cenacolo: lì li troverà Gesù riuniti, a porte chiuse, la sera di quello stesso giorno (20,19 ss). 
"Nella Chiesa che va alla ricerca dei segni ci sono diversi temperamenti, diverse mentalità: c'è l'affetto di Maria, l'intuizione di Giovanni, la massiccia lentezza di Pietro; si tratta di diversi tipi, di diverse famiglie di spiriti che cercano i segni della presenza del Signore. Ma tutti, se sono veramente nella Chiesa, hanno in comune l'ansia della presenza di Gesù tra noi. Esistono quindi nella Chiesa diversi doni spirituali, da cui hanno origine diverse disposizioni: alcuni sono più veloci, altri più lenti; tutti comunque si aiutano a vicenda, rispettandosi reciprocamente, per cercare insieme i segni della presenza di Dio e comunicarceli, nonostante le diversità delle reazioni di fronte al mistero. 
In questo episodio troviamo l'esempio della collaborazione nella diversità: ciascuno comunica all'altro quel poco che ha visto, e insieme ricostruiscono l'orientamento dell'esistenza cristiana, laddove i segni della presenza del Signore, di fronte a gravi difficoltà o a situazioni sconvolgenti, sembrano essere scomparsi… Quando manca la presenza dei segni visibili del Signore, bisogna scuotersi, muoversi, correre, cercare, comunicare con altri, con la certezza che Dio è presente e ci parla. Se nella Chiesa primitiva Maddalena non avesse agito in tal modo, comunicando ciò che sapeva, e se non ci si fosse aiutati l'un l'altro, il sepolcro sarebbe rimasto là e nessuno vi sarebbe andato; sarebbe rimasta inutile la risurrezione di Gesù. 
Soltanto la ricerca comune e l'aiuto degli uni agli altri portano finalmente a ritrovarsi insieme, riuniti nel riconoscimento del Signore" (C. M. Martini, Il vangelo secondo Giovanni, Roma 1980, 157-158). 
Padre Lino Pedron 
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Messaggio di tenerezza

Ho sognato che camminavo in riva al mare con il Signore e rivedevo sullo schermo del cielo tutti i giorni della mia vita passata. 
E per ogni giorno trascorso apparivano sulla sabbia due orme: le mie e quelle del Signore.
Ma in alcuni tratti ho visto una sola orma, proprio nei giorni più difficili della mia vita.
Allora ho detto: "Signore io ho scelto di vivere con te e tu mi avevi promesso 
che saresti stato sempre con me. 
Perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti più difficili?" 
E lui mi ha risposto:"Figlio, tu lo sai che io ti amo e non ti ho abbandonato mai: i giorni nei quali c'è soltanto un'orma sulla sabbia sono proprio quelli
in cui ti ho portato in braccio".
Margaret Fishback Powers

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Preghiera del mattino del 27/XII/2012

Signore, con la tua nascita nel mondo, ci è apparsa una nuova vita: illumina il mio cuore col farmi conoscere la tua verità. 
Nel tuo amore per gli uomini, tu hai dato la vita per vincere la morte: rendimi fedele alla tua vita e porta a compimento l'opera del tuo amore.
Risorgendo dai morti, tu sei stato restituito ai tuoi discepoli: risveglia in me la fede perché io riceva la gioia della tua presenza.
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mercoledì 26 dicembre 2012

Donaci coraggio

Donaci coraggio, o Signore. Il coraggio dell'iniziativa e il coraggio della disciplina. Più amore, Signore, più autenticità.Il coraggio di agire e di agire senza temerità. Più coerenza, Signore, più slancio.
Il coraggio della continuità e il coraggio di un costante adattamento. Più generosità, Signore, più comprensione.
Il coraggio di saper stare spesso soli e quello di sempre ricominciare. Più sincerità, Signore, più amicizia.
Il coraggio di non irritarsi e rimanere sempre padroni di sé. Più delicatezza, Signore, più carità.
Il coraggio di trovare sempre un po' di tempo per meditare e pregare.
Più fede, Signore, più luce: nel desiderio urgente di bontà e giustizia.

P. MAIOR
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Il cuore è la realtà intima e unificante

Il cuore è la realtà intima e unificante, che evoca il mistero che resiste a tutte le analisi, che è la legge silenziosa più potente di ogni organizzazione e di ogni utilizzazione tecnica e organizzata dell’uomo. 
Cuore indica il luogo dove il mistero dell’uomo trascende nel mistero di Dio;
là la vuota infinitudine che egli esperimenta dentro di sé grida e invoca la infinita pienezza di Dio.
Evoca il cuore trafitto, il cuore angosciato, spremuto e morto. 
Dire cuore significa dire amore, l’amore inafferrabile e disinteressato, l’amore che vince nell’inutilità, che trionfa nella debolezza, che ucciso dà la vita, l’amore che è Dio. 
Con questa parola si proclama che Dio è là dove si prega dicendo: mio Dio, perché mi hai abbandonato? 
Con la parola «cuore» si nomina qualcosa che è totalmente corporeo e tuttavia è tutto in tutto, al punto che si possono contare i suoi battiti e ci si può fermare in un pianto beato, perché non è più necessario andare avanti dal momento che si è trovato Dio. 
Chi può negare che in questa parola noi ritroviamo noi stessi, il nostro destino e il modo proprio dell’esistenza cristiana, che ci è imposto come peso e grazia insieme, e assegnato come nostra missione?

Karl Rahner

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Preghiera del mattino del 26/XII/2012

Signore Gesù, ti ringrazio di avermi dato come esempio santo Stefano, tuo servo fedele. 
Poiché io, in questo periodo di Natale, sto meditando sul senso dell'Incarnazione, fa' che riceva la tua grazia, come l'ha ricevuta santo Stefano, per servirti tramite tutti i miei fratelli e sorelle. 
L'amore che io manifesto loro sia una testimonianza del mio amore per te. 
Vieni, resta nel mio cuore e insegnami a perdonare.
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Egli è nato

Natale. — Cantano: “Venite, venite...”. — Andiamo, Egli è nato. E, dopo aver contemplato come Maria e Giuseppe si prendono cura del Bambino, mi azzardo a suggerirti: guardalo di nuovo, guardalo senza sosta. (Forgia, 549) 

E' stato promulgato un editto di Cesare Augusto, che ordina il censimento di tutto l'impero. Perciò ognuno deve andare al paese d'origine della sua stirpe. Giuseppe, che è della casa e della famiglia di David, va con la Vergine Maria da Nazaret alla città chiamata Betlemme, nella Giudea (Lc 2, 1-5). 
E a Betlemme nasce il nostro Dio: Gesù Cristo! - Non c'è posto nella locanda: nasce in una stalla. E sua Madre lo avvolge in fasce e lo adagia nella mangiatoia (Lc 2, 7). 
Freddo. Povertà. Io mi metto al servizio di Giuseppe. Com'è buono Giuseppe! Mi tratta come un figlio. E mi perdona se prendo in braccio il Bambino e rimango per ore a dirgli cose dolci e ardenti! 
E lo bacio bacialo anche tu e lo cullo, e canto per lui, e lo chiamo Re, Amore, mio Dio, mio Unico, mio Tutto! Com'è bello il Bambino e com'è corta la decina! (Santo Rosario, 3º Mistero guadioso)
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Apparizione annuale di Medjugorje a Jakov Colo del 25 dicembre 2012

Cari figli, donatemi la vostra vita e abbandonatevi completamente a me perché io possa aiutarvi a comprendere il mio amore materno e l'amore del mio Figlio verso di voi. 
Figli miei, io vi amo immensamente ed oggi, in modo particolare nel giorno della nascita del mio Figlio, desidero accogliere ciascuno di voi nel mio cuore e donare le vostre vite al mio Figlio. 
Figli miei, Gesù vi ama e vi dona la grazia di vivere nella Sua misericordia, ma molti dei vostri cuori sono presi dal peccato e vivete nelle tenebre. 
Perciò, figli miei, non aspettate, dite no al peccato e offrite i vostri cuori al mio Figlio perché soltanto così potrete vivere la misericordia di Dio ed incamminarvi sulla via della salvezza con Gesù nei vostri cuori.
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Messaggio di Medjugorje a Marja del 25/12/2012

La Madonna è venuta con Gesù bambino tra le braccia e non ha dato messaggio, ma Gesù bambino ha iniziato a parlare e ha detto: 

“Io sono la vostra pace, vivete i miei comandamenti”. 

La Madonna e Gesù bambino, insieme, ci hanno benedetto con il segno della croce.
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lunedì 24 dicembre 2012

Ci visiterà un sole che sorge dall'alto

Lc 1,67-79 
Zaccaria, suo padre, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo,  come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:  salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano.  Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.  E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,  per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati.  Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto,  per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace». 

Con questo inno Luca ribadisce per il lettore non giudeo la lezione già data nel cantico di Maria: come leggere la storia con gli occhi della fede, secondo la promessa fatta ad Abramo. 
E' un cantico di benedizione per il passato e di profezia per il futuro. Il brano si divide in due parti. Nella prima (vv. 68-75) Zaccaria ringrazia per il Messia che Dio ha donato al suo popolo. 
Nella seconda (vv. 76-79) profetizza la funzione di suo figlio, che avrà il compito di precedere colui che "verrà a visitarci dall'alto come sole che sorge" (v. 78). E' un inno liturgico che ringrazia Dio per il dono delle sue promesse realizzate in Cristo. 
Anche in questo cantico viene messa in evidenza soprattutto la fedeltà di Dio alla sua promessa di salvezza, e il lettore è invitato a conoscere meglio la storia della salvezza per entrarvi di persona e aderirvi sempre meglio. E' lo Spirito Santo che dà a Zaccaria la fede e gli apre la bocca per annunciare la parola di Dio. 
E Zaccaria vede la realtà con gli occhi di Dio e ne parla come parlerebbe Dio, anzi è Dio che parla attraverso di lui. La prima parola che lo Spirito Santo mette sulle labbra di Zaccaria è quella della benedizione e della lode a Dio. La lode si differenzia dal semplice ringraziamento, in cui si è grati a Dio per i suoi doni; essa va oltre i doni stessi e arriva al Donatore. 
Dietro le cose e i fatti l'uomo di fede vede Dio stesso che in essi si esprime come dono. Allora gode di Dio stesso, partecipa della sua gioia e ringrazia che Dio sia Dio. 
Il potere di Dio è quello di dare la salvezza. La salvezza è Cristo, discendente della casa di Davide (2Sam 7). Il motivo di lode è solo e sempre Cristo: è lui il bene totale che il Padre ci ha dato ed è per questo dono che benediciamo Dio. Ciò di cui i profeti hanno parlato è sempre la salvezza. E' in essa che l'uomo può conoscere Dio nel suo amore per lui. 
In Gesù vediamo il vero volto di Dio, che è amore, tenerezza, compassione e sevizio: egli si immerge nel nostro male, come la medicina nel corpo del malato, se ne fa carico, dà la vita per noi e ci libera da ogni paura di Dio. 
Il dio nemico dell'uomo, presentato dal serpente (Gen 3), non è Dio, ma lo stesso demonio. Da questa falsa immagine di Dio nasce la ribellione dell'uomo. La religione che impaurisce l'uomo, l'ateismo, il nihilismo hanno la stessa unica radice: la falsa immagine di un dio nemico, da affermare, da negare o da trascurare. Da questa inimicizia e sfiducia nasce la necessità che ogni uomo provveda a se stesso: nasce l'egoismo, la paura della morte e l'ansia della vita. Da qui deriva ogni alienazione e schiavitù dell'uomo a tutti i livelli: psicologico, economico, politico, religioso… Così l'uomo diventa peccatore, ossia fallito (in ebraico "peccare" significa mancare il bersaglio, fallire la meta). 
Il Signore è venuto a liberarci da satana e da tutte le schiavitù nelle quali ci aveva precipitati. L'ultimo nemico ad essere vinto sarà la morte (1Cor 15,26). La paura di essa è la mano del nemico "che ha il potere sulla morte" e che "nel timore della morte" tiene gli uomini "soggetti a schiavitù per tutta la vita " (Eb 2,14). Senza la paura di Dio, la morte non ci avrebbe fatto paura. L'avremmo accettata per quello che è: il ricongiungimento con Dio, sorgente della nostra vita. Dio concede misericordia salvando l'uomo di tutti i tempi. Egli si ricorda di essersi impegnato unilateralmente con l'umanità per mezzo della sua alleanza con Abramo (Gen 15). 
Il giuramento fatto ad Abramo è un impegno unilaterale: anche se l'uomo viene meno ai suoi impegni, Dio rimane fedele. Dio ha giurato su se stesso di essere fedele alla sua promessa. Per servire il Signore bisogna essere liberi dalla paura e passare dalla schiavitù dei nemici alla perfetta libertà. Questo servizio a Dio si esprime nella pietà e nella giustizia, cioè in una vita da cui traspare la gloria del volto di Dio (cf. Lc 6,27-38). Dopo aver benedetto Dio per Cristo, Zaccaria parla di suo figlio: la realtà di Giovanni, come quella di ogni uomo, è comprensibile solo dopo Cristo e alla sua luce. Per mezzo di Giovanni viene data la conoscenza della salvezza, l'esperienza del Salvatore. Questa conoscenza è concessa nella remissione dei peccati. Solo lì l'uomo peccatore conosce il Signore (cf. Ger 31,31-34). 
Il peccato è la nostra realtà di cui il Battista ci fa prendere coscienza sulle rive del Giordano. Solo alla luce del perdono e della misericordia di Dio possiamo conoscere la nostra realtà di menzogna. 
Questa conoscenza che si ottiene nel perdono è fare esperienza delle viscere materne della misericordia del nostro Dio dalle quali scaturisce. E' Gesù il perdono dei peccati e la manifestazione della misericordia del Padre. 
Il sole Gesù appare ad ogni uomo che è prigioniero del nemico, incatenato nel carcere del proprio peccato e in preda al terrore della morte. Illuminati da questa luce, diventiamo noi stessi luce. Gesù ha detto: "Io sono la luce del mondo: chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). 
Solo in questa luce possiamo "dirigere i nostri passi sulla via della pace" (v. 79). Nel v.80 ci viene presentato il Battista che si forma e cresce come gli antichi profeti. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 24/XII/2012

Meraviglia! 
Che cosa vedremo in questo bambino? 
Il mistero della nostra redenzione, su cui si chinano gli angeli, ci dà uno sguardo acuto quanto quello di Zaccaria sul proprio figlio, quando dice: "E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo"... 
Noi siamo, tramite lo Spirito, contemporanei della Natività, ma siamo già seduti con Cristo nei cieli. 
Ecco perché noi ti contempliamo, Bambino posto in una mangiatoia, tu sei il Dio, l'Altissimo; indicibile è la bellezza del tuo volto; nella tua mano sinistra stringi l'universo tutto, mentre con la destra benedici.
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domenica 23 dicembre 2012

Dammi la mano

Guidami, luce amabile, tra l’oscurità che mi avvolge. 
Guidami innanzi, oscura è la notte, lontano sono da casa. 
Dove mi condurrai? 
Non te lo chiedo, o Signore!
So che la tua potenza m’ha conservato al sicuro da tanto tempo, e so che ora mi condurrai ancora, sia pure attraverso rocce e precipizi, sia pure attraverso montagne e deserti sino a quando sarà finita la notte. 
Non è sempre stato così: non ho sempre pregato perché tu mi guidassi! 
Ho amato scegliere da me il sentiero, ma ora tu guidami!

John Henry Newman
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A chi cammina per la retta via mostrerò la salvezza di Dio

Credo in Te, Spirito Santo, Signore e datore di vita, che Ti libravi sulle acque della prima creazione, e scendesti sulla Vergine accogliente e sulle acque della nuova creazione. Tu sei il vincolo della carità eterna, Tu sei l’unità e la pace dell’Amato e dell’Amante, nel dialogo eterno dell’Amore.
Bruno Forte

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Si è fatto Uomo per redimerci

Sbalordisci di fronte alla magnanimità di Dio: si è fatto Uomo per redimerci, perché tu e io — che non valiamo nulla, riconoscilo! — potessimo trattarlo con fiducia. (Forgia, 30) 

Lux fulgebit hodie super nos, quia natus est nobis Dominus: oggi splenderà la luce su di noi, perché ci è nato il Signore. 
Ecco il grande annuncio che commuove in questo giorno i cristiani e che, per loro mezzo, viene rivolto a tutta l'umanità. Dio è in mezzo a noi. È questa la verità che appaga la nostra vita. Ogni Natale deve essere per noi un nuovo e peculiare incontro con Dio, in modo tale che la sua luce e la sua grazia entrino fino in fondo nella nostra anima. 
Mentre ci soffermiamo davanti a Gesù Bambino, a Maria e a Giuseppe, e contempliamo il Figlio di Dio rivestito della nostra carne, mi torna alla memoria il viaggio che feci a Loreto, il 15 agosto 1951, per visitare la Santa Casa e pregare per un'intenzione che mi stava molto a cuore. Vi celebrai la Messa. Volevo dirla con raccoglimento, ma non avevo fatto i conti con il fervore della folla. Non avevo pensato che un giorno di festa così solenne avrebbe richiamato dai dintorni un gran numero di persone che portavano con sé la fede benedetta di quella terra e tanto amore alla Madonna. La loro pietà li spingeva a manifestazioni non del tutto appropriate, se si considerano le cose — come dire? — soltanto dal punto di vista delle leggi rituali della Chiesa. 
Infatti, quando baciavo l'altare secondo le prescrizioni del messale, tre o quattro donne lo baciavano con me. Ero distratto, ma commosso. La mia attenzione era scossa anche dal pensiero che nella Santa Casa — che la tradizione vuole sia il luogo ove vissero Gesù, Maria e Giuseppe — fossero scritte in alto, sopra l'altare, queste parole: Hic Verbum caro factum est. Qui, in una casa costruita da mano d'uomini, in un lembo della terra su cui viviamo, Dio ebbe la sua dimora. (E' Gesù che passa , 12)
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sabato 22 dicembre 2012

L'amore si manifesta con i fatti

Spingiti fino a Betlemme, avvicinati al Bambino, cullalo, digli tante cose ardenti, stringitelo al cuore... — Non parlo di bambinate: parlo di amore! E l'amore si manifesta con i fatti: nell'intimità della tua anima, lo puoi ben abbracciare! (Forgia, 345) 

Dobbiamo contemplare Gesù Bambino, nostro Amore, nella culla. Dobbiamo contemplarlo consapevoli di essere di fronte a un mistero. È necessario accettare il mistero con un atto di fede; solo allora sarà possibile approfondirne il contenuto, guidati sempre dalla fede. Abbiamo bisogno, pertanto, delle disposizioni di umiltà proprie dell'anima cristiana. Non vogliate ridurre la grandezza di Dio ai nostri poveri concetti, alle nostre umane spiegazioni; cercate piuttosto di capire che, nella sua oscurità, questo mistero è luce che guida la vita degli uomini. 
Quando parlo davanti al presepio, cerco sempre di immaginarmi Gesù nostro Signore proprio così, avvolto in fasce e adagiato sulla paglia di una mangiatoia; ma al tempo stesso cerco di vederlo, mentre è ancora bambino e non parla, come Dottore e Maestro. Ho bisogno di considerarlo in questo modo, perché devo imparare da Lui. Per imparare da Lui è necessario conoscere la sua vita; è necessario leggere il santo Vangelo e meditare le scene del Nuovo Testamento per addentrarci nel senso divino dell'esistenza terrena di Gesù. 
Dobbiamo infatti riprodurre la vita di Cristo nella nostra vita. Ma ciò non è possibile se non attraverso la conoscenza di Cristo che si acquista leggendo e rileggendo la Sacra Scrittura e meditandola assiduamente nell'orazione, così come facciamo ora, davanti al presepio. 
Bisogna capire gli insegnamenti che Gesù ci dà fin dall'infanzia, fin da neonato, fin dal momento in cui i suoi occhi si sono aperti su questa benedetta terra degli uomini. 
Gesù, che cresce e vive come uno di noi, ci rivela che l'esistenza umana, con le sue situazioni più semplici e più comuni, ha un senso divino. (E' Gesù che passa, nn. 13-14)
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Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente

Lc 1,46-55 
Allora Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre». 

Questo cantico è molto vicino a quello che intonerà Gesù quando, esultando nello Spirito Santo, scoprirà che la benevolenza del Padre si rivela ai piccoli (Lc 10,21-22). 
Maria esalta l'opera di salvezza che Dio sta realizzando tra gli uomini. 
Questo inno si sviluppa come un mosaico di citazioni e di allusioni bibliche, che trova un parallelo nel cantico di Anna (1Sam 2,1-10), considerato generalmente come la sua fonte principale sia dal punto di vista della situazione che della tematica e della formulazione. 
Qualche esegeta suggerisce di leggere questo cantico di Maria sullo sfondo della grande liberazione dell'Esodo e in particolare del celebre Cantico del mare (Es 15,1-18.21). 
Maria canta la grandezza di Dio. Riconosce che Dio è Dio. La conseguenza della scoperta di Dio grande nell'amore è l'esultanza dello spirito. La scoperta dell'amore immenso di Dio per noi vince la paura. 
Chi conosce il vero Dio, gioisce della sua stessa gioia. Il motivo del dono di Dio a Maria non è il suo merito, ma il suo demerito, la sua umiltà (da humus=terra, parola da cui deriva anche "uomo"). 
Maria è il nulla assoluto, che, solo, è in grado di ricevere il Tutto. 
Dio è amore. L'amore è dono. Il dono è tale solo nella misura in cui non è meritato. Dio quindi è accolto in noi come amore e dono solo nella misura della coscienza del nostro demerito, della nostra lontananza, della nostra piccolezza e umiltà oggettive. 
Maria è il primo essere umano che riconosce il proprio nulla e la propria distanza infinita da Dio in modo pieno e assoluto. Il merito fondamentale di Maria è la coscienza del proprio demerito: ella riconosce la propria infinita nullità. 
Per questo, giustamente, la Chiesa proclama Maria esentata dal peccato originale, che consiste nella menzogna antica che impedisce all'uomo questa umiltà fiduciosa, che dovrebbe essere tipica della creatura (cf. Sal 131). 
L'umiltà di Maria non è quella virtù che porta ad abbassarsi. La sua non è virtù, ma la verità essenziale di ogni creatura, che lei riconosce e accetta: il proprio nulla, il proprio essere terra-terra. 
Tutte le generazioni gioiranno con lei della sua stessa gioia di Dio, perché in lei l'abisso di tutta l'umanità è stato colmato di luce e si è rivelato come capacità di concepire Dio, il Dono dei doni. Dio è amore onnipotente. Lo ha mostrato donando totalmente se stesso. 
Il suo nome (la sua persona) è conosciuto e glorificato tra gli uomini perché Dio stesso santifica il suo nome rivelandosi e donandosi al povero. Maria sintetizza in una sola parola tutti gli attributi di colui che ha già chiamato Signore, Dio, Salvatore, Potente, Santo: il nome di Dio è Misericordia. 
Dio è amore che non può non amare. E' misericordia che non può non sentire tenerezza verso la miseria delle sue creature. San Clemente di Alessandria afferma che "per la sua misteriosa divinità Dio è Padre. Ma la tenerezza che ha per noi lo fa diventare Madre. Amando, il Padre diventa femminile" (Dal Quis dives salvetur, 37,2). Maria descrive la storia biblica della salvezza in sette azioni di Dio. 
La descrizione con i verbi al passato significa quello che Dio ha già fatto nell'Antico Testamento, ma anche quello che ha compiuto nel Nuovo, perché il Cantico, composto dalla comunità cristiana, canta l'operato di Dio alla luce della risurrezione di Cristo già avvenuta. 
A proposito di questa rivoluzione operata da Dio, che rovescia i potenti dai troni e manda a mani vuote i ricchi, notiamo che anche questa è un'opera grandiosa e commovente della misericordia di Dio: quando il potente cade nella polvere e il sazio prova l'indigenza, essi sono posti nella condizione per essere rialzati e saziati da Dio. 
Nell'esperienza del vuoto e nel crollo degli idoli, l'uomo si trova nella condizione migliore per cercare Dio. In Maria è presente Dio fatto uomo. In lui si realizzano le promesse di Dio. 
E' per la fede in Cristo che si è discendenza di Abramo (Lc 3, 8). 
Il compimento della promessa fatta da Dio ad Abramo è definitivo: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gen 12,3). 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 22/XII/2012

"Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi, porte antiche, ed entri il re della gloria " (Sal 24,7). 
Quali sono queste porte antiche? 
Non siamo forse noi, ab antiquo, destinati a diventare i tabernacoli del Dio vivente? 
Ed ecco che le porte sono invitate ad alzarsi, cioè ad assumere le dimensioni del Re della gloria che esse devono ricevere, e il nostro essere, accogliendo il Bambino, il re d'amore, si estende fino ad assumere la forma di uomo maturo, la statura perfetta di Cristo che ci corona di gloria e di tenerezza.
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venerdì 21 dicembre 2012

Dobbiamo essere umili

Tu devi obbedire — o devi comandare — mettendoci sempre molto amore. (Forgia, 629). 

Pertransiit benefaciendo. Che cosa fece Gesù per prodigare tanto bene e nient'altro che bene lungo il suo passaggio? I santi Vangeli ci danno la risposta facendoci conoscere, in tre parole, un'altra biografia di Gesù: Erat subditus illis. Egli obbediva. Oggi che il mondo è così pieno di disobbedienza, di mormorazioni, di disunione, tanto di più dobbiamo apprezzare l'obbedienza. 
Sono un grande amico della libertà, e proprio per questo amo tanto la virtù cristiana dell'obbedienza. Dobbiamo sentirci figli di Dio e vivere il desiderio appassionato di compiere la volontà del Padre. Fare le cose secondo il volere di Dio perché ci va di farle: ecco il motivo più soprannaturale della nostra condotta. 
 Lo spirito dell'Opus Dei, che da più di trentacinque anni cerco di vivere e di insegnare, mi ha fatto comprendere e amare la libertà personale. Quando Dio nostro Signore concede agli uomini la sua grazia, quando li chiama con una vocazione specifica, è come se tendesse loro la mano; mano paterna, piena di fortezza, ma soprattutto di amore, perché Egli ci cerca a uno a uno, come figli e figlie, e conosce la nostra fragilità. Il Signore attende da noi lo sforzo di prendere la mano che ci porge: ci chiede questo sforzo come riconoscimento della nostra libertà. Per riuscire a compierlo è necessario essere umili, sentirci figli bambini e amare la benedetta obbedienza dovuta alla sua paternità benedetta. (E' Gesù che passa, 17)
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A cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?

Lc 1,39-45 
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». 

Dopo l'annunciazione dell'angelo, Maria si mette in cammino verso la montagna, con sollecitudine. 
Per Gesù è il primo viaggio missionario compiuto per mezzo della madre, che anticipa l'azione evangelizzatrice della comunità cristiana. 
Prende qui l'avvio il grande andare, che riempie tutto il vangelo di Luca e gli Atti degli apostoli. 
La parola di Dio va dal cielo alla terra, da Nazaret a Gerusalemme, da Gerusalemme in Giudea e fino ai confini della terra; va senza esitazioni, sempre in fretta. 
Nel saluto di Maria, che porta Gesù nel grembo, Elisabetta e Giovanni incontrano il Salvatore. 
L'arrivo di Maria in casa di Elisabetta suscita grande sorpresa e Elisabetta esprime la propria meraviglia con le parole pronunciate da Davide al sopraggiungere dell'Arca dell'Alleanza: "Come potrà venire da me l'arca del Signore?" (2Sam 6, 9). 
Nella casa di Zaccaria si realizza ciò che avverrà a Gerusalemme dopo la risurrezione del Signore. "Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno" (At 2,17-21; Gl 3,1-5). 
La storia dell'infanzia della Chiesa sarà la ripetizione e la continuazione dell'infanzia di Gesù. Elisabetta, "piena di Spirito Santo" (v. 41), conosce il segreto di Maria, e la proclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo" (v. 42). Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le benedizioni che sono in Cristo (cfr Ef 1,3). 
Maria viene considerata come l'arca dell'Alleanza del Nuovo Testamento: nel suo grembo porta il Santo, la rivelazione di Dio, la fonte di ogni benedizione, la causa prima della gioia della salvezza, il centro del nuovo culto. 
Il saluto di Maria provoca l'esultanza di Giovanni Battista. 
Il tempo della salvezza è il tempo della gioia. 
Il cantico di lode di Elisabetta finisce con le parole che esaltano Maria: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (v. 45). 
Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. E quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!", Gesù preciserà e completerà l'espressione di lode, dicendo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28). 
Con un atto di fede comincia la storia della salvezza d'Israele; Abramo parte per un paese sconosciuto con la moglie sterile, solo, perché Dio lo chiama e gli promette una discendenza benedetta (Gen 12). 
Con un atto di fede comincia la storia della salvezza del mondo; Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio. 
La prima beatitudine del vangelo di Luca è l'esaltazione della fede di Maria. 
La fede è la virtù che ha accompagnato Maria nel suo cammino e l'ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 21/XII/2012

La tua fretta, mio Dio, questa sovrabbondanza che tu non puoi più contenere! 
No, io non sono ancora pronto, non sarò mai pronto ad accoglierti, e ogni volta che tu verrai io ti dirò: "Signore, io non sono degno di accoglierti, ma di' soltanto una parola e io sarò salvato". 
Io non sono pronto e l'umanità tutta si farà sorprendere dalla tua venuta. 
Ecco che tu salti per i monti e balzi per le colline ornate di gioia. 
E Maria non può contenere la sua fretta e l'entusiasmo della tua venuta, così si reca sulle colline della Giudea dove, secondo le parole dei profeti, si possono sentire le voci dello sposo e della sposa.
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giovedì 20 dicembre 2012

Ecco, concepirai e darai alla luce un figlio

Lc 1,26-38 
Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.   Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».  A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.  Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».  Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei. 

Nell'annunciazione di Giovanni Battista l'angelo Gabriele va al tempio di Gerusalemme. Nell'annunciazione di Gesù l'angelo va a Nazaret, territorio che era ritenuto pagano e trascurato da Dio, quella Galilea dalla quale "non era sorto alcun profeta" (Gv 7,52). 
Natanaéle si chiede: "Può venire qualcosa di buono da Nazaret?" (Gv 1,46). 
Dio sceglie ciò che non ha appariscenza, ciò che è umile e disprezzato dagli uomini. 
La legge dell'incarnazione è questa: "Gesù annientò se stesso…umiliò se stesso" (Fil 2,7-8). 
 Ma a Gerusalemme, nel tempio, nel culto solenne, nel sacerdote che presiede la celebrazione Dio non trova la fede, cioè non trova amore, ubbidienza e accoglienza. 
A Nazaret invece, nella Galilea dei pagani, lontana dal tempio e dal culto, trova una fanciulla sconosciuta, la Maria, piena di grazia, di fede e di disponibilità. 
Nell'Antico Testamento Dio abita nel tempio, nel Nuovo elegge la sua dimora tra gli uomini (Gv 1,14). Maria è il nuovo tempio, la nuova città santa, il popolo nuovo in mezzo al quale prende dimora Dio. 
Il nome di Gesù significa: Dio salva. "Jahvé, il tuo Dio, è dentro di te, potente salvatore" (Sof 3,17). Il nome nuovo che Maria riceve: "Piena-di-grazia" è l'investitura per una particolare missione nel piano di Dio, destinata a modificare la sua vita e il corso intero della storia. 
L'espressione "il Signore è con te" indica la protezione e l'assistenza che Dio le accorda in vista del compito che è destinata ad assolvere. Il turbamento di cui parla il vangelo (v. 29) indica la presenza di Dio e sottolinea l'origine divina della comunicazione che Maria riceve, ed è segno che le parole dell'angelo sono piene di mistero. 
Maria cerca di capirne il significato ponendosi delle domande, ma inutilmente. Alla fine deve chiederne la spiegazione all'angelo. L'angelo dà la spiegazione di ciò che ha affermato nel saluto iniziale. La grazia accordata a Maria è la nascita miracolosa di un figlio. 
Dio attuerà il suo disegno intervenendo con la potenza del suo Spirito. Le perplessità di Maria alle parole dell'angelo riecheggiano quelle di Abramo all'annuncio della nascita di suo figlio (Gen 18,14). La fede in Dio che può operare meraviglie e cose impossibili all'uomo, ha salvato dall'incredulità Abramo; la stessa fede salva Maria (v. 37). "Servi di Dio" sono coloro che hanno ricevuto una missione particolarmente importante e contemporaneamente danno prova di disponibilità, di remissività e di fede. 
Sulla bocca di Maria l'espressione "serva del Signore" riassume la sua missione e il coraggio con cui ha accettato l'invito divino che dà un significato nuovo e inatteso alla sua vita. "Serva del Signore" è il nome che ella stessa si attribuisce dopo quello datole dai genitori: Maria, e quello annunciatole dall'angelo: Piena-di-grazia. Maria è la serva del Signore perché accetta umilmente il disegno di Dio, anche se non riesce a comprenderne tutta la portata e tutte le conseguenze. 
L'espressione "avvenga a me", nel testo originale greco, è una forma verbale chiamata ottativo e contiene in sé un desiderio ardente e un entusiasmo vivo di vedere attuato quanto le è stato proposto. 
Maria ci insegna che la volontà di Dio va accolta con fede ed eseguita con gioia. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 20/XII/2012

"Noi ti preghiamo, dicci, o Maria, il sentimento che ti ha commossa, l'amore che ti ha riempita quando ciò si è compiuto in te, quando il Verbo si è fatto carne in te; dicci, o Maria, cosa sentivano allora la tua anima, il tuo cuore, i tuoi sensi e la tua ragione. 
Tu ardevi come quel ceppo che un tempo fu mostrato a Mosè, senza bruciarti" (Amedeo di Losanna). 
La mia anima si riempie del tuo mistero, Vergine Maria. Io ti accolgo e tu entri nell'intimità del mio spirito per concepire il Verbo divino, la Parola del Padre generatasi in mezzo alle fiamme di quel carbone ardente che è il suo amore.
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mercoledì 19 dicembre 2012

La nascita di Giovanni Battista è annunciata dall’angelo

Lc 1,5-25 
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abìa che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso. Fuori, tutta l'assemblea del popolo stava pregando nell'ora dell'incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni.Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccaria disse all'angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini». 

Zaccaria ed Elisabetta sono santi perché sono giusti davanti a Dio. Osservano tutti i comandamenti della legge del Signore. Santità equivale a obbedienza a Dio. 
La storia di Giovanni Battista inizia nel tempio mentre si prega solennemente. L'inizio della buona notizia viene dal cielo, portata da un angelo. Egli appare alla destra dell'altare: la parte destra è di buon augurio, promette salvezza (cfr Mt 25,33-34). 
Quando Dio si rivolge a una persona, inizia a parlare con un incoraggiamento: "Non temere!". Dio vuole incoraggiare l'uomo, metterlo a suo agio, non spaventarlo o opprimerlo. Le preghiere di Zaccaria per avere un figlio sono state esaudite. Si conclude il tempo delle promesse e trovano compimento ogni speranza e ogni attesa umana. Dio stabilisce il nome al bambino che nascerà a Zaccaria. 
Dandogli il nome gli dà la sua missione e il suo potere. 
Il nome Giovanni significa "Dio fa grazia". Il tempo della visita di Dio portatrice di grazia, è prossimo; Giovanni annunzierà che il tempo della salvezza è vicino. 
La sua nascita porterà gioia per l'esaudimento della promessa ed esultanza per la salvezza. Giovanni ha la missione di chiudere il tempo della promessa e di proclamare il nuovo tempo della salvezza, apportatrice di gioia e di giubilo. "Egli sarà grande davanti al Signore" (v. 15). La sua missione nel piano della salvezza lo eleva al di sopra di tutti i grandi della storia sacra. Quelli vivevano nell'attesa del regno di Dio e della salvezza, Giovanni la precede immediatamente e ne proclama l'inizio. 
Poiché "sarà pieno di Spirito Santo" (v. 15) sarà profeta, annunciatore della parola e della volontà di Dio. Gli altri ricevettero il carisma profetico in età adulta, Giovanni è profeta fin dal primo istante della sua vita, già nel seno materno. Egli sarà un profeta di penitenza. Con lui si aprirà un movimento di conversione verso Dio. 
La predicazione di Giovanni ha lo scopo di preparare la venuta di Dio. Egli avrà lo spirito e la forza di Elia. La sua missione è quella di preparare al Signore che viene a visitare il suo popolo, una comunità di uomini retti e santi, pronti ad accoglierlo. L'obiezione di Zaccaria (v. 18) serve a provocare un approfondimento, una chiarificazione del discorso avviato. L'angelo Gabriele è stato inviato per portare un lieto annuncio, ma poiché Zaccaria ha stentato ad accoglierlo, la verità di quanto ha annunciato sarà garantita da un segno punitivo: "Sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno" (v. 20). 
Per l'evangelista il silenzio di Zaccaria e il nascondimento di Elisabetta (v. 23) servono a celare il disegno di Dio fino all'annuncio dell'angelo Gabriele a Maria: il concepimento di Giovanni è un segreto che spetta a Dio svelare. Il miracolo che Dio ha operato in Elisabetta, le ridona la dignità e la gioia della maternità, e imprime un nuovo corso alla sua vita. Per Dio non è mai troppo tardi! 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 19/XII/2012

Come sono strane le tue vie, Signore! Tu parli e Zaccaria perde l'uso della parola. 
Non è allora normale che l'uomo dubiti e chieda dei segni, dal momento che l'esaudimento sopravviene dopo un'attesa tanto lunga? "Zaccaria" significa: "Il Signore si ricorda", ma la nostra povera memoria... 
Ecco che, 2000 anni dopo, attraverso la piccola santa di Lisieux, ci parli ancora attraverso l'infanzia, e noi siamo come dei vecchi chini su una culla. 
Come la sento vicina la piccola Teresa, ora che giunge Natale! 
Ed io le chiedo un cuore di bambino per capire Dio, che si è fatto bambino.
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martedì 18 dicembre 2012

Compagni di volo


Voglio ringraziarti Signore, per il dono della vita; 
ho letto da qualche parte che gli uomini hanno un'ala soltanto: 
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, 
che tu abbia un'ala soltanto, l'altra la tieni nascosta, 
forse per farmi capire che tu non vuoi volare senza di me; 
per questo mi hai dato la vita:
Perché io fossi tuo compagno di volo, insegnami, allora, a librarmi con Te.
Perché vivere non è trascinare la vita, non è strapparla, non è rosicchiarla,
vivere è abbandonarsi come un gabbiano all'ebbrezza del vento, 
vivere è assaporare l'avventura della libertà, vivere è stendere l'ala, l'unica ala,
con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come Te.
Ma non basta saper volare con Te, Signore, 
tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello 
e aiutarlo a volare.
Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi,
non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l'ala, l'unica ala, 
inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine 
e si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con Te.
Soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, 
o Signore,  un'ala di riserva.
Don Tonino Bello

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