mercoledì 31 ottobre 2012

Affidamento a Maria

O Maria,mostrati madre di tutti: 
Accoglici sotto il tuo manto, poiché tu avvolgi di tenerezza ogni tuo figlio.

O Maria, sii madre compassionevole: 
- per le nostre famiglie, soprattutto là dove non c'è comprensione tra marito e moglie, nè dialogo tra le diverse generazioni, dove si vive di continue, laceranti tensioni tra genitori e figli 
- per quanti sono soli, non sono amati e non sanno dare un significato positivo alla loro esistenza - per coloro che vivono distratti e non si accorgono delle sempre nuove possibilità di rinascita che Dio mette a loro disposizione. O Maria, sii madre di misericordia: 
- per quanti vorrebbero ricominciare a credere, ossia ritornare ad una fede più adulta, sostenuti da fratelli e sorelle di fede che aprano loro il cammino. 
- per gli ammalati, che fanno fatica a benedire il Signore in questo momento di grande sofferenza. 
- per quanti vivono schiavi dei sensi; succubi dell'alcool o dipendenti dalla droga. O Maria, sii madre di tenerezza: 
- per i ragazzi e gi giovani che si aprono alla vita e cercano la loro vocazione - per i fidanzati che vogliono consacrare il loro amore 
- per le famiglie aperte all'ospitalità e all'accoglienza 

O Maria, sii madre di unità: 
- per le nostre parrocchie perchè aiutino i cristiani a diventare maturi nella fede 
- per i catechisti e gli educatori, perchè siano veri modelli di vita cristiana adulta 
- per i nostri sacerdoti perchè non si scoraggino nelle difficoltà e sappiano proporre ai giovani gli esigenti appelli di Dio. 

O Maria, sii madre amorosa: 
- verso coloro che hanno più bisogno di essere amati, cioè i peccatori 
- nei confronti di quanti si sentono giudicati dagli altri e lasciati soli 
- sii vicina a tutti i feriti della vita perchè abbandonati dal coniuge, perchè soli nella loro anzianità, perchè non hanno risorse. 

Tu, madre compassionevole: 
Veglia su di noi, Maria Tu, madre di misericordia: 
Veglia su di noi, Maria Tu, madre di tenerezza: 
Veglia su di noi, Maria Tu, madre di unità: 
Veglia su di noi, Maria Tu, madre amorosa: Veglia su di noi, Maria
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Dio Mi parla

Da sempre, Signore, 
Tu parli in me
nel linguaggio semplice e sereno 
della mia profonda esistenza.

Ma
mi rifiuto di ascoltarTi.

Perché
non usi il linguaggio dei miei poveri desideri, 
delle mie tristi soddisfazioni, 
della felicità che spero?

Tu Ti ostini a interpellarmi
traverso gli avvenimenti della mia vita, 
attraverso disagi e fallimenti e soprattutto
attraverso tutti i miei poveri tentativi 
di fare a meno di Te.

Non è che in fondo alla mia miseria, 
isolato nella mia sofferenza, 
annientato dall’impotenza, 
che mi abituo alla Tua voce.

A poco a poco essa mi penetra, 
si infiltra, mi lavora.

Allora la vita
ricomincia a circolare in me.
Io so di nuovo chi sono
e non mi arrischio più
a chiederTi chi sei

perché
so bene che Tu sei
IL MIO SIGNORE. 

Anonimo

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Preghiera del mattino del 31/X/2012

Dio, Padre onnipotente, tu non vuoi che l'uomo stia lontano da te, isolato dagli altri e estraneo persino a se stesso. 
Il tuo amore cerca la sua compagnia. 
Ti rendiamo grazie per l'amore che hai per noi e che manifesti in tuo figlio Gesù Cristo. 
Fa' che non dimentichiamo la gravità della tua parola con il pretesto del tuo amore. 
Non permettere che di te ci fabbrichiamo un'immagine a noi conveniente, per poterla presentare agli altri uomini facilmente e con successo. 
Gli accadimenti di ogni giorno la spazzerebbero via facilmente, come il vento, e ci ritroveremmo di nuovo nella nostra solitudine. 
Rendici pronti a metterci in cammino seguendo quanto ci ordina la parola del Figlio tuo, facci infine rinunciare a volerne dare un'interpretazione interessata volta a censurare quanto di essa non ci piace troppo. 
Perché soltanto lui è il testimone veritiero, il "Figlio unigenito, che è nel seno del Padre" (Gv 1,18).
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martedì 30 ottobre 2012

Se hai vinto nel piccolo, vincerai nel grande

Finché c'è lotta, lotta ascetica, c'è vita interiore. Il Signore ci chiede proprio questo: la volontà di volerlo amare coi fatti, nelle piccole cose di ogni giorno. Se hai vinto nel piccolo, vincerai nel grande. (Via Crucis, 3ª Stazione, n. 2) 

Devo mettervi in guardia da un tranello che Satana non disdegna di impiegare — lui non va mai in ferie —, per strapparci la pace. In qualche momento può nascere un dubbio, una tentazione: pensare con sgomento che si va all'indietro o che si avanza appena; può anche prendere forza la convinzione che, nonostante l'impegno per migliorare, si peggiora. Vi assicuro che, ordinariamente, questo giudizio pessimistico riflette solo una falsa visione, un inganno che bisogna respingere. (…) Ricordatevi che la Provvidenza divina ci guida senza posa e non risparmia il suo aiuto — con miracoli portentosi e con miracoli spiccioli — per far progredire i suoi figli. 
 Militia est vita hominis super terram, et sicut dies mercenarii dies eius [Gb 7, 1], non è una milizia la vita dell'uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario? Nessuno sfugge a questo destino, neppure i pigri che non si danno per intesi: disertano le file di Cristo e si affannano in altre lotte per soddisfare la loro comodità, la loro vanità, le loro ambizioni meschine; diventano schiavi dei loro capricci (...). 
 Rinnovate ogni mattina, con un serviam! deciso — ti servirò, Signore! —, il proposito di non cedere, di non cadere nella pigrizia o nella noncuranza, e di affrontare i doveri con più speranza, con più ottimismo, ben persuasi che se in qualche scaramuccia saremo vinti, potremo superare lo smacco con un atto di amore sincero. (Amici di Dio, 217)
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Preghiera del mattino del 30/X/2012

Signore, ti prego per il mistero dell'unione intima degli esseri, per il mistero della donna, affinché sia rispettata come un'icona vivente dell'amore materno di Dio per l'umanità, per l'impossibile amore del Padre verso la sua creatura divenuto possibile attraverso l'unione nelle nozze di Cristo con la Chiesa. 
Concedi a tutte le coppie di capire che il loro centro è in te, fonte di ogni amore, di ogni paternità e di ogni vita. 
Mostra loro il significato profondo ed elevato di questa vocazione che li supera.
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lunedì 29 ottobre 2012

Questa figlia di Abramo non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?

Lc 13,10-17 
Stava insegnando in una sinagoga in giorno di sabato. C'era là una donna che uno spirito teneva inferma da diciotto anni; era curva e non riusciva in alcun modo a stare diritta. Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei liberata dalla tua malattia». Impose le mani su di lei e subito quella si raddrizzò e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, prese la parola e disse alla folla: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi guarire e non in giorno di sabato». Il Signore gli replicò: «Ipocriti, non è forse vero che, di sabato, ciascuno di voi slega il suo bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che Satana ha tenuto prigioniera per ben diciotto anni, non doveva essere liberata da questo legame nel giorno di sabato?». Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute. 

In questa donna è rappresentata la situazione dell'umanità prima della venuta di Gesù: è sotto il dominio dello spirito maligno, ammalata, rattrappita, tutta piegata verso terra, impossibilitata a rizzarsi e a guardare verso l'alto. Gesù la guarda con compassione, la chiama a sé, le parla, le impone le mani. 
Il capo della sinagoga è uno che non sa riconoscere i segni del tempo della salvezza. La sua interpretazione della legge, il suo testardo attaccamento alla tradizione umana, la mancanza di comprensione per l'amore e la misericordia verso una creatura umana ammalata, non gli danno la capacità di comprendere i segni del tempo della salvezza. 
La sorte di quest'uomo e di tutti gli avversari di Gesù è la vergogna (v.17) davanti al popolo e al tribunale di Dio. Gesù dà un nuovo significato al sabato, o meglio gli ridà il suo significato originale. 
La legge del sabato è al servizio dell'uomo, e Dio è glorificato da chiunque usi misericordia verso gli uomini. E in questo brano l'uomo riceve nuovamente da Gesù la sua dignità e la sua giusta considerazione: non può essere considerato meno di un bue o di un asino! Gesù infrange il dominio di satana che si manifesta nel peccato, nella malattia e nella morte, e libera l'uomo dal peso opprimente della legge. Il sabato diventa il giorno della gioia per tutti. 
La creazione trova nell'opera salvifica di Gesù la sua perfezione. L'uomo che si apre all'amore di Dio non incontra il giudizio, ma la salvezza e la liberazione definitiva. L'infermità, secondo la mentalità dell'uomo della Bibbia, non è solo disfunzione del corpo, ma l'invasione di uno spirito malvagio che logora e arresta il corso delle forze della natura. 
Gesù stende le mani sull'ammalata: è un atteggiamento con il quale trasfonde su di lei il suo Spirito che scaccia lo spirito del male. Il miracolo non lascia indisturbati i presenti. La donna guarita glorifica Dio perché riconosce nell'opera compiuta da Gesù una manifestazione della sua onnipotenza e della sua bontà. 
Il capo della sinagoga è indignato e scandalizzato per il trambusto avvenuto nel luogo sacro e soprattutto perché proprio nel luogo dove si celebra il sabato viene trasgredito il comandamento del sabato. L'entusiasmo della folla può avere creato qualche inconveniente. Ma ben vengano, e tutti i giorni, inconvenienti come questo!. Per il capo della sinagoga il miracolo è relegato tra le opere servili che non sono consentite in giorno di sabato: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato" (v.14). Per rispondere a della gente così ignorante Gesù non ricorre a un'argomentazione teologico-biblica, ma fa un esempio pratico come il condurre all'abbeveratoio l'asino o il bue anche di sabato. 
L'ostilità dei giudei contro Gesù è dunque preconcetta, infondata, ingiusta. Non sono le opere in sé che irritano il capo della sinagoga e tutta la classe dirigente ebraica, ma la risonanza che esse producono. Gesù guadagna terreno presso il popolo e, di conseguenza, essi lo perdono. 
È sempre una questione di potere e di quanto dal potere ne consegue. 
Nella finale del brano appaiono in scena da una parte gli avversari di Gesù e dall'altra la moltitudine della gente. I primi sono irritati e svergognati, la folla invece è entusiasta e convinta. I primi condannano, disapprovano, rigettano l'opera di Gesù; gli altri la esaltano fino a risalire alla sua sorgente, Dio da cui proviene e a cui sale la gloria causata dalle opere di Cristo. 
Lo stesso fatto suscita indignazione e vergogna, oppure gloria e gioia. 
La luce di Dio, che rallegra l'occhio buono, offende quello cattivo. 
Ma anche questo disagio dei cattivi è in vista della loro conversione. 
Padre Lino Pedron 
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Preghiera del mattino del 29/X/2012

Mio Signore, morto e risuscitato per me, e che per me "hai versato quella goccia di sangue", voglio vivere come figlio della luce. 
Poiché devo ereditare da te, fa' di me, fin d'ora, un figlio di Dio, riempiendo le mie tenebre della tua luce ammirabile, la mia umanità della tua divinità. 
Prendi possesso della tua eredità, invadimi, Signore.
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domenica 28 ottobre 2012

Il cieco di Gerico

Dal Vangelo secondo Marco (10,46-52) 
E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada. 
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Gesù Cristo mostrò subito agli apostoli quale doveva essere la natura della loro potestà e come dovevano esercitarla. Stando nei pressi di Gerico, un cieco di nome Bartimèo, sentendo che passava Gesù Nazareno, cominciò a gridare a gran voce, implorando pietà. San Matteo dice che erano due ciechi, e noi, a suo luogo, spiegammo la difficoltà che presenta questa differenza nei due racconti. Nell’armonia del quadro evangelico, quest’unico cieco che grida è l’immagine e la rappresentanza dell’umanità addolorata che implora pietà dal Redentore, e che, cieca, immiserita, impotente a salvarsi da sé, si rivolge a Colui che può salvarla. Il popolo sgrida il cieco e vuol farlo tacere, come il mondo cerca di tacitare, con la forza, il grido degli afflitti, perché lo stima un fastidio. Le grandi civiltà non riescono ad eliminare le afflizioni del popolo, ma lo fanno tacere con le leggi repressive, acuendone l’esasperazione e le sofferenze. Gesù Cristo, invece, va incontro ai miserabili, li chiama al suo Cuore, li consola, e dona loro la misericordia e la pace. Anche in questo, le vie del mondo sono essenzialmente diverse da quelle di Dio. Oggi le nazioni apostate, accecate dagli errori, siedono lungo le vie della vita terrena e non vedono nulla; sentono solo la loro miseria e cercano l’elemosina di un sollievo. Ma chi può darlo loro? Da quanti anni il povero cieco cercava l’elemosina senza che alcuno avesse potuto sollevarlo veramente nella sua principale infelicità! Solo Gesù poté risuscitargli la fede, chiamarlo a sé e guarirlo; solo gridando a Gesù, Re universale, le povere nazioni apostate possono ritrovare la fede, avvicinarsi al Redentore e riconquistare la vista dello Spirito e, con la vista, la tranquillità e la pace.
L’umanità grida, oggi, tra gli spasimi di una povertà morale mai conosciuta, perché è cieca! Elemosina lungo la via e non ha alcuna speranza di risorgere; elemosina il suo stentato sostentamento, ed è come abbandonata! Gesù la chiama quando tutti, opprimendola con l’inganno, tentano di strapparle il grido della preghiera e abbrutirla.
Essa deve ascoltare solo il suo Redentore e gridare più forte, perché la voce della preghiera le ottenga la grazia di una rinascita spirituale. Sta’ di buon animo – dissero al cieco quando Gesù lo chiamò –; alzati, Egli ti chiama. E quegli, gettato via il mantello, balzò in piedi, e andò da Lui. L’umanità sembra perduta, ma le si può dire veramente: Sta’ di buon animo; alzati, Egli ti chiama, perché veramente il Signore chiama con i suoi flagelli. Essa deve gettare via il mantello delle iniquità che la ricoprono; deve balzare in piedi per un impeto di fede e deve andare da Gesù, con la ferma fiducia di guarire. 

Il grido del mondo
Chi poteva considerarsi più privo d’ogni speranza come il povero cieco? Quando la pupilla si è spenta, nessuna forza umana può riattivarla. Eppure Gesù riaprì quegli occhi e, riaprendoli, attrasse a sé quell’infelice che lo seguì per la strada.Nessuna speranza può considerarsi fallita quando si va da Gesù con vera fede, perché Egli è onnipotente. Anche oggi lo stato del mondo non è senza speranza, perché Iddio ha fatto sanabili le nazioni;occorre solo che esse, accecate dall’apostasia e ridotte in estrema miseria, elevino il grido del loro cuore a Gesù, e vadano a Lui che chiama, gettando via, con coraggio, quel manto di falsa civiltà e di più falsa libertà che le ha ridotte nell’impossibilità di vedere.
Ci lamentiamo di certi cataclismi che succedono nel mondo, e ci sembrano inutili; eppure essi sono permessi o voluti da Dio per strappare alle generazioni umane quel manto di barbarie morale che si mostra come manto di civiltà e di progresso.
È inutile illudersi: certe forme di progresso sono spaventoso regresso; le grandi industrie, per esempio, hanno portato nel mondo la grande miseria, e l’hanno depravato fino all’idolatria della macchina e del lavoro, come è avvenuto in Russia. La vita moderna, con i suoi complessi ingranaggi che sempre più si moltiplicano, rende impossibile la vita dello spirito, abbrutisce gli operai, opprime, toglie ogni libertà, rende nevrastenici e immorali, e questo non è civiltà, ma barbarie.
Gettiamo via le pesanti sovrastrutture che la stoltezza umana e l’insidia diabolica hanno fatto sull’ordine della vita, e gridiamo a Gesù che ci viene incontro nella sua misericordia: Signore fa’ che vediamo.
Vediamo il Cielo attraverso le nebbie della materia; vediamo Dio attraverso la creazione; vediamo Gesù attraverso i veli eucaristici; vediamo le meraviglie della Chiesa Cattolica e, con gli occhi aperti alla verità, seguiamo Gesù nelle povere vie della nostra vita. 
Padre Dolindo Ruotolo 
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Preghiera del mattino del 28/X/2012

Signore Gesù, non smettere di passare sulla nostra strada. 
Contemplaci, noi che siamo immersi nelle tenebre e nelle ombre della morte, e abbi pietà della nostra cecità e povertà. 
Come il cieco di Gerico, ti diciamo: Figlio di Davide, abbi pietà di noi! 
Sii un padre per noi, illumina i nostri occhi con la luce della fede e fortifica il nostro coraggio affinché ti seguiamo sino alla fine del cammino.
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sabato 27 ottobre 2012

Dammi coraggio

Ti prego:
non togliermi i pericoli,
ma aiutami ad affrontarli.

Non calmar le mie pene, 
ma aiutami a superarle.

Non darmi alleati nella lotta della vita... 
eccetto la forza che mi proviene da te.

Non donarmi salvezza nella paura,
ma pazienza per conquistare la mia libertà.

Concedimi di non essere un vigliacco 
usurpando la tua grazia nel successo; 
ma non mi manchi la stretta della tua mano 
nel mio fallimento.
RABINDRANATH TAGORE

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Dinanzi alla colpa

Mio Dio, com'è duro aver torto!
E accettarlo così;
senza cercare scuse,
senza cercare di fuggire 
questo peso dell'atto compiuto, 
senza cercare di addossarlo ad altri, 
o alla società, o al caso, 
o alla cattiva sorte.

Senza cercare dieci ragioni valide, 
dieci spiegazioni prolisse
per provare agli altri, 
e soprattutto a se stessi, 
che sono le cose che hanno torto, 
e che il mondo è fatto male.
Com'è duro accettare di aver torto! 
Senza adirarmi perché nella mia autodifesa 
m'intrappolo sempre più, 
portando argomenti che non reggono. 
Senza voler ad ogni costo 
essere infallibile, impeccabile; 
e che ancora?

Signore, liberami
dalla paura dinanzi alla colpa 
di cui debbo portare le conseguenze.
LUCIEN JERPHAGNON

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Verrò verso di te

Credo, sí io credo che un giorno,
il tuo giorno, o mio Dio,
avanzerò verso te coi miei passi titubanti,
con tutte le mie lacrime nel palmo della mano,
e questo cuore meraviglioso che tu ci hai donato,
questo cuore troppo grande per noi
perché è fatto per te...

Un giorno io verrò, e tu leggerai sul mio viso
tutto lo sconforto, tutte le lotte
tutti gli scacchi dei cammini della libertà.
E vedrai tutto il mio peccato.
Ma io so, mio Dio,
che non è grave il peccato,
quando si è alla tua presenza.
Poiché è davanti agli uomini che si è umiliati.
Ma davanti a te, è meraviglioso esser cosí poveri,
perché si è tanto amati!

Un giorno, il tuo giorno, mio Dio, io verrò verso di te.
E nella autentica esplosione della mia resurrezione,
saprò allora che la tenerezza, sei tu,
che la mia libertà sei ancora tu.
Verrò verso di te, mio Dio,
e tu mi donerai il tuo volto.
Verrò verso di te con il mio sogno piú folle:
portarti il mondo fra le braccia.
Verrò verso di te, e griderò a piena voce
tutta la verità della vita sulla terra.
Ti griderò il mio grido che viene dal profondo dei secoli:
«Padre! ho tentato di essere un uomo,
e sono tuo figlio».
JACQUES LECLERCQ

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Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo

Lc 13,1-9 
In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: «Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?». Ma quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai»». 

Il brano 13,1-5 ci presenta due fatti di cronaca: una uccisione e un incidente. Nel primo caso sono in gioco la libertà e la cattiveria dell'uomo; nel secondo la violenza del creato. 
Ma il problema è unico: quello della morte che l'uomo vive come un'indebita violenza. 
Questi due avvenimenti richiamano in modo esemplare ciò che maggiormente scuote la fede del credente: perché Dio permette i soprusi e le violenze, i disastri e i terremoti? 
La storia con le sue ingiustizie, e la natura con la sua insensatezza sembrano dominate dal maligno (cfr Lc 4,6).Il male, continuamente presente nella nostra esistenza, è il problema più rilevante ed è inspiegabile alla ragione. Esso costituisce un problema anche per la fede: la può spegnere o ingigantire. Solo conoscendo i "segni del tempo" possiamo vedere nel male il Signore che viene a salvarci chiamandoci alla conversione. 
Il problema vero della storia non è l'alternanza al potere del male, ma l'alternativa ad esso. 
Non basta cambiare i protagonisti: bisogna cambiare il gioco. 
Gesù non condanna Pilato, ma non esalta neppure le sue vittime. Egli vuole portarci a un punto di vista superiore: Pilato e le sue vittime sono insieme vittime dello stesso peccato. Infatti hanno tentato lo stesso gioco: i galilei erano i più deboli e hanno perso. Gesù ha rifiutato come mezzi del Regno quelli del nemico: la ricchezza, il potere e l'orgoglio. La violenza genera sempre altra violenza. 
L'unica arma per vincere tutti i mali è l'amore. 
Lo stesso peccato, presente in Pilato e nelle sue vittime, è presente anche negli ascoltatori di Cristo. Al posto di Pilato si sarebbero comportati come Pilato, al posto dei guerriglieri galilei si sarebbero comportati come i guerriglieri galilei. 
Ma allora dove sta la verità? 
Essa sta solamente nel conformare i nostri comportamenti a quelli di Cristo che si fa carico del male di tutti. Le calamità naturali non sono una punizione, ma un richiamo alla conversione. Il peccato che ha guastato l'uomo ha sottoposto all'insensatezza anche la natura che aveva in lui il suo fine Si è rotta l'armonia uomo-mondo e ogni evento insensato ci richiama a cercare nella conversione il senso di una vita che il peccato ha esposto al vuoto, al non senso (cfr Rm 8,20). 
Discernere i segni del tempo presente significa leggere ogni fatto come appello a passare dal mondo vecchio al mondo nuovo portato da Cristo. 
In questo modo il male perde il suo carattere di fatalità e viene dominato dall'uomo che ne sa trarre un bene maggiore: la propria conversione. Il brano 13,6-9 ci presenta la parabola del fico sterile: Questa ci aiuta a leggere la nostra storia alla luce di quella di Gesù. 
La parabola è trasparente. 
Il Padre e il Figlio si prendono cura dell'uomo e si attendono che egli risponda al loro amore. Ma come il fico è sterile, così l'uomo non fa frutti di conversione (cfr Lc 3,8). Ma Dio accorda una proroga all'uomo e prodiga la sua cura perché fruttifichi e non venga tagliato. Il "quest'anno" del v. 8 indica tutti gli anni e i secoli delle generazioni che verranno. 
È l'anno della pazienza e della misericordia di Dio: "Egli usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 2,9). 
Ma non dobbiamo fare come gli "empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia di Dio" (Gd 4). Non ci si deve prendere gioco della ricchezza della bontà di Dio, della sua tolleranza e della sua pazienza, ma riconoscere che la bontà di Dio ci spinge alla conversione (cfr Rm 2,4). La parabola pone l'accento sulla bontà di Dio. 
La cattiveria dell'uomo non può impedire a Dio di essere buono. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 27/X/2012

No, Signore, non sono il fico che hai maledetto, sono piuttosto quello a cui è ancora concesso un anno... "Se no, lo taglierai". 
Io non so se ho portato frutti; in ogni caso non è nulla di fronte alla fame del mondo, e questo frutto dov'è? 
Tu ci hai mandato per portare molti frutti, e frutti che restino. 
Colpito da questa scadenza, voglio di nuovo darmi a te, innestarmi in te nell'orazione al fine di ricevere da te la linfa. 
Voglio vivere dei sacramenti per ricevere il tuo Corpo e il tuo Sangue vivificanti. 
E dare tutto ciò che mi accorderai.
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venerdì 26 ottobre 2012

Cristo crocifisso

L' unica consolazione 
è il Cristo crocifisso 
che ci garantisce 
l’amore dell’Altissimo 
pur nel travaglio così misterioso 
e drammatico della nostra vita.

Il Crocifisso ci invita 
alla pazienza e all’amore; 
nessuno può giudicare l’uomo, 
perché l’uomo è mistero come Dio. 
Dobbiamo amare, 
e soltanto amare.

Il Crocifisso ci accoglie 
tra le sue braccia divine.
È questione di un po’ di pazienza, 
di tanta fiducia
e di un immenso amore. 

Torturati e tormentati 
di tutto il mondo, 
non cercate di capire! 
Cercate di amare! 
Non c’è nulla da capire 
nell’Infinito.

L’Infinito comprende noi 
e il nostro dolore. 
Facciamo parte del mistero 
dell’Assoluto crocifisso.
NICOLINO SARALE

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Vergine, Madre nostra! prega per noi adesso

Concedici il dono inestimabile della pace, 
di perdonare tutti gli odi ed i rancori, 
la riconciliazione di tutti i fratelli.
Che cessi la violenza e la guerriglia. 
Che progredisca e si consolidi il dialogo 
e si inauguri una convivenza pacifica. 
Che si aprano nuovi cammini 
di giustizia e di prosperità.
Lo chiediamo a te
che invochiamo come Regina della Pace. 
Adesso e nell’ora della nostra morte!
Ti affidiamo tutte le vittime 
dell’ingiustizia e della violenza, 
tutti coloro che sono morti 
nelle catastrofi naturali, 
tutti quelli che nell’ora della morte 
si rivolgono a te come Madre e Patrona. 
Sii per tutti noi, Porta del Cielo, 
vita, dolcezza e speranza, 
perché insieme possiamo con te 
glorificare il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.

Giovanni Paolo II

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Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo?

Lc 12,54-59 
Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: «Arriva la pioggia», e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: «Farà caldo», e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l'aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo».

Il lamento che Gesù rivolge all'uomo di tutti i tempi e allo stesso credente, è motivato dal fatto che non mette uguale impegno e diligenza per scoprire i segni del tempo della salvezza quanto ne impiega per prevedere il tempo meteorologico. 
Dio parla all'uomo attraverso la voce della sua coscienza, attraverso la voce dei suoi inviati, ma anche, e soprattutto, attraverso gli sviluppi e gli eventi della storia. 
Questi ultimi sono i più trascurati ma, in realtà, sono i più sicuri. Gesù richiama i suoi ascoltatori a questa ottica. Bisogna essere più perspicaci e più attenti. 
Le parole possono ingannare, i fatti, meno. 
Il tempo di Gesù era il momento culminante della salvezza, perché segnava la fine dei mali fisici e morali, delle oppressioni umane e diaboliche: non potevano esserci dubbi che qualcosa di nuovo stava incominciando nella storia umana. La teologia dei segni dei tempi trova il suo inizio in questa breve affermazione di Gesù, ma dopo tanti secoli è ancora così poco capita e vissuta. 
Conosciamo bene ciò che è utile alla nostra vita animale, ma non ciò che è necessario per la nostra vita eterna. Le liti e le vertenze giudiziarie fanno parte della storia dell'uomo e quindi anche del cristiano. Il litigare è una cosa contraddittoria con il comportamento cristiano. Il vangelo non pretende che il cristiano rinunci ai suoi diritti, ma segnala un modo più pratico e ragionevole per farli valere, tentando un accordo tra le parti (v.57). Per capire chi ha torto o ragione basta un po' di testa e di buona volontà. Spesso le rivendicazioni nascono dal puntiglio e dall'orgoglio più che da veri torti subiti. Mettendo a tacere le passioni sregolate, distaccandosi dal proprio io, dalla propria permalosità e arroganza da ambo le parti, si può risolvere qualunque vertenza. Il ricorso al giudice umano non è detto che sia la via più garantita e più sicura per arrivare a una giusta soluzione. 
Spesso i verdetti non sono emessi secondo verità o diritto, ma in base alla capacità dialettica, alle manipolazioni della legge e ai cavilli per aggirarla e capovolgerla. Da questa pagina evangelica nasce una profonda sfiducia nella categoria degli avvocati e dei giudici, che è quasi abituale nella predicazione dei profeti (cfr Am 5,10-15; Mi 3,1-4; 7,3; Is 1,26; Sof 3,3; ecc.). La sentenza assolutoria o la condanna non scaturiscono, spesso, dall'innocenza o dalla colpevolezza, ma dalla fortuna o dalla sfortuna di aver avuto un difensore più o meno abile. La finale è pessimistica. Una volta presa la via dei tribunali, la conclusione è sempre una: il carcere. Si è litigato per avere ragione, si finisce per avere torto. 
Con la venuta di Gesù è giunto il momento della decisione. Ognuno è colpevole davanti a Dio. Si deve approfittare del tempo che precede il giudizio per sfuggire all'inflessibile procedura del giudizio per mezzo della penitenza, della conversione e della riconciliazione con il fratello, prima che sia troppo tardi. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 26/X/2012

Signore, noi scrutiamo i segni del tempo ed ecco che si fanno brevi: la salvezza è più vicina a noi che al momento in cui abbiamo creduto. 
La fine è vicina e noi non vogliamo temerla come una catastrofe, ma temere piuttosto che il termine arrivi senza che noi abbiamo perdonato, senza che ci siamo riconciliati con i nostri fratelli e con te. 
Concedici senza sosta questo sentimento d'urgenza e di imminenza della tua venuta affinché, liberati dalle nostre passioni terrene, prepariamo le tue vie tra gli uomini.
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giovedì 25 ottobre 2012

Messaggio di Medjugorje del 25/10/2012

Cari figli! 
Anche oggi vi invito a pregare per le mie intenzioni. 
Rinnovate il digiuno e la preghiera perché satana è astuto e attira molti cuori al peccato e alla perdizione. 
Io vi invito figlioli alla santità e a vivere nella grazia. 
Adorate mio Figlio affinché Lui vi colmi con la Sua pace e il Suo amore ai quali anelate. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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Egli ci ascolta e ci risponde

Et in meditatione mea exardescit ignis —e, nella mia meditazione, si accende il fuoco. —Per questo vai all'orazione: per fare di te stesso un falò, un fuoco vivo, che dia calore e luce. Perciò, quando non sai proseguire, quando senti che ti stai spegnendo, se non puoi gettare nel fuoco tronchi odorosi, getta i ramoscelli e il fogliame di piccole orazioni vocali, di giaculatorie, che continuino ad alimentare la fiamma. E avrai utilizzato bene il tempo. (Cammino, 92) 

Quando veramente vogliamo aprire il cuore, se siamo sinceri e semplici, cerchiamo il consiglio delle persone che ci amano, che ci comprendono: ci si rivolge al padre, alla madre, allo sposo, alla sposa, al fratello, all'amico. Questo è già dialogo, pur se spesso si desideri, più che ascoltare, aprirsi, raccontare quello che ci succede. Dobbiamo incominciare a comportarci così con il Signore, con la sicurezza che Egli ci ascolta e ci risponde; gli presteremo attenzione e apriremo la nostra coscienza a un colloquio umile, nel quale gli riferiremo, pieni di fiducia, tutto quello che palpita nella nostra mente e nel nostro cuore: gioie e tristezze, speranze, dolori, vittorie e sconfitte, e anche i particolari più insignificanti della nostra giornata. Perché avremo la consapevolezza che tutto quello che ci riguarda interessa il Padre nostro dei Cieli. 
In tal modo, quasi senza accorgercene, avanzeremo con passi divini, forti e vigorosi, che ci fanno assaporare l'intima convinzione che accanto al Signore sono lieti anche il dolore, l'abnegazione e le sofferenze. Quanta fortezza, per un figlio di Dio, sapere di essere tanto vicino al Padre! Pertanto, qualunque cosa succeda, sono saldo e sicuro con te, Signore e Padre mio, che sei roccia e fortezza [Cfr 2 Sam 22, 2]. (Amici di Dio, nn. 245-246)
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Preghiera del mattino del 25/X/2012

O Verbo di Dio, sei una spada che taglia i legami ingiusti, che ci libera dalle passioni più sottili, nascoste nelle più piccole pieghe del cuore. 
Tu non vuoi la pace di cui parlano i falsi profeti quando il paese è minacciato dal nemico interno. 
Tu sei venuto per una guerra sterminatrice del male, per mezzo del fuoco del tuo Spirito. 
Quando avrai trionfato, ci apparirai come il Principe della pace dicendoci: "La pace sia con voi".
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mercoledì 24 ottobre 2012

Signore, non so nemmeno come cominciare!

Mi hai scritto: “Pregare è parlare con Dio. Ma, di che cosa?”. —Di che cosa? Di Lui, di te: gioie, tristezze, successi e insuccessi, nobili ambizioni, preoccupazioni quotidiane..., debolezze! E atti di ringraziamento e suppliche: e Amore e riparazione. In due parole: conoscerlo e conoscerti: “stare insieme”! (Cammino, 91)

Come fare orazione? Posso assicurare, senza paura di sbagliare, che vi sono molte, direi anzi, infinite maniere di pregare. Ma io vorrei per tutti noi la vera orazione dei figli di Dio, non la verbosità degli ipocriti a cui è rivolto l'ammonimento di Gesù: Non chiunque mi dice: «Signore, Signore!» entrerà nel regno dei cieli [Mt 7, 21]. Coloro che sono mossi da ipocrisia potranno forse ottenere il rumore dell'orazione — scriveva Sant'Agostino — ma non la sua voce, perché in essi manca la vita [Sant'Agostino, Enarrationes in Psalmos, 139, 10], perché manca la disposizione di compiere la volontà del Padre. Il nostro invocare il Signore vada dunque unito al desiderio efficace di tradurre in realtà le mozioni interiori che lo Spirito Santo suscita nella nostra anima (...). 
 Non mi sono mai stancato di parlare di orazione e, se Dio mi dà la grazia, non me ne stancherò mai. Verso il 1930 quando venivano a me, giovane sacerdote, persone di tutte le condizioni — universitari, operai, sani e malati, ricchi e poveri, sacerdoti e laici — che volevano seguire il Signore più da vicino, consigliavo sempre: «Pregate». E se qualcuno mi rispondeva: «Non so nemmeno come cominciare», gli raccomandavo di mettersi alla presenza del Signore e di manifestargli la propria inquietudine, la propria ansia, con quelle stesse parole: «Signore, non so nemmeno come cominciare!». E tante volte, in quelle umili confidenze, prendeva consistenza l'intimità con Cristo, il rapporto assiduo con Lui. (Amici di Dio, nn. 243-244)
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La potenza del Rosario

Diverse volte si è discusso della "Potenza del Santo Rosario" e tutte le volte ho voluto partecipare agli interventi in quanto per me questa preghiera rappresenta la più completa e se recitata con il cuore diventa un'arpa che innalza melodie al Trono di Dio.
Poi,diventa un'arma potentissima se viene recitata con fervore e
perseveranza.

Ogni AVE MARIA, infatti, è una lancia al cuore di SATANA, e lui non solo si accascia dinanzi a questa preghiera ma alcune volte se viene recitata con vera devozione "FUGGE". Il Santo Rosario è una preghiera semplice e completa perché ci fa partecipare con MARIA alla contemplazione dei misteri della vita di Gesù. Infatti è anche definito il Vangelo dei poveri perché in esso si meditano i "misteri" dell'infanzia, della vita pubblica e della passione, morte risurrezione di Gesù, in compagnia della Madre Sua, ci aiuta a scoprire il valore della nostra stessa vita. Infatti, il nostro amatissimo e indimenticabile Giovanni Paolo II, proponendo il Rosario rinnovato,
ha invitato tutti a riscoprirne la bellezza. Una preghiera molto bella (di Bartolo Longo) che viene recitata nella Supplica alla Madonna dice: "O Rosario Benedetto di Maria, catena dolce che ci rannoda a Dio, vincolo d' amore che ci unisce agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell' inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell'ora dell'agonia, a te l' ultimo bacio della vita che si spegne.
E l' ultimo accento delle nostre labbra sarà il Nome Tuo soave, o Regina del Rosario , o Madre nostra cara, o rifugio dei peccatori Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque Benedetta, oggi e sempre, in Cielo e in terra. Amen.
Conclusione,non esiste preghiera al mondo che possa sostituire il Santo Rosario.
Maria M.
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A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto

Lc 12,39-48 
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». Il Signore rispose: «Chi è dunque l'amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito?Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. Ma se quel servo dicesse in cuor suo: «Il mio padrone tarda a venire » e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l'aspetta e a un'ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli. Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più. 

La necessità della vigilanza viene nuovamente ribadita nella parabola del ladro e dalla successiva esortazione. Occorre saper attendere il Signore con lo stesso impegno che si richiede per prevenire un furto: il ladro non manda preavvisi (v.39). 
Anche per i responsabili della comunità si prospetta la possibilità di un servizio fedele e intelligente o di un comportamento irresponsabile o dispotico. Come nell'assenza del padrone i servi rischiano di addormentarsi, così anche l'amministratore posto a capo della servitù può trascurare i suoi compiti e abusare del suo ufficio di provvedere alla servitù il necessario sostentamento. Il tempo presente richiede un grande senso di responsabilità, perché è gravido di eternità. 
Chi fa dipendere la sua vita dalle cose che ha, considera la morte come un ladro. Chi attende il Signore considera la morte come l'incontro desiderato con lo Sposo. Tutta la vita è una preparazione a questo incontro. L'uomo non è un possidente, ma un amministratore di beni non propri. Tutto ciò che è e ha è dono di Dio, e tale deve restare. 
L'amministratore fedele e saggio è colui che comprende la volontà di Dio e la mette in pratica. I capi della comunità sono responsabili soprattutto di non lasciar mancare il pane, il pane della Parola e il pane dell'Eucaristia. Essi sono servi dei fratelli e della loro fede, non padroni. La ricompensa dell'amministratore fedele e saggio è di avere in dono tutto quanto appartiene a Dio, cioè Dio stesso. 
Questa è la vita eterna. 
Ognuno è responsabile in proporzione della conoscenza della volontà di Dio. Anche chi crede di aver ricevuto poco, sappia che ha ricevuto tanto, e gli è chiesto e gli sarà chiesto tanto. 
Il cristiano è chiamato a prendere coscienza seriamente delle sue responsabilità davanti a Dio e ai fratelli. 
Padre Lino Pedron 
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Preghiera del mattino del 24/X/2012

Signore, tu mi hai dato tanto. 
Che io non sia, nel giudicare, come un bambino, e comprenda con tutto il mio essere che mi sarà chiesto molto. 
Perché quello che tu mi hai dato è una capacità maggiore di misericordia, e io cosa faccio per chi è in prigione e soffre? 
Ciò che tu mi hai dato è la luce che illumina la zona di peccato in me, che tanti altri non vedono e ai quali tu non domanderai niente. 
E io, io non ho imitato la peccatrice in lacrime che si prostrava ai tuoi piedi. 
Perdonami, mio Dio.
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martedì 23 ottobre 2012

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli

Lc 12,35-38 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli. 
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 

L'insegnamento sulla fugacità e insicurezza dei beni terreni del brano evangelico di ieri ha riportato l'attenzione verso il regno di Dio e i tesori del cielo. 
I cristiani devono tenersi pronti per la venuta inattesa e improvvisa di Gesù. Essa è prospettata ad essi come un punto di costante riferimento per tenere sveglie le loro responsabilità e la loro dedizione al regno del Signore. Gesù è la guida invisibile della Chiesa; nessuno sa quando si manifesterà apertamente, ma tutti sanno che è presente e sollecita la massima collaborazione da parte di ognuno. 
L'insicurezza del ritorno del Signore deve tenere costantemente desta l'attenzione e l'operosità dei suoi cristiani. Il servo fedele deve dare prova di aspettare il suo padrone anche nelle ore insolite, quando normalmente tutti dormono. 
Il sacrificio può apparire grande, ma la ricompensa sarà ancora più grande. Il richiamo alla venuta del Signore è essenziale nel vangelo. La vita del cristiano è un'attesa del Signore che viene. Il credente è colui che sa aspettarlo e sta ad aspettarlo. Egli veglia nella notte del mondo per far risplendere con le sue opere la luce di Dio. La cintura ai fianchi è la tenuta di lavoro, di servizio e di viaggio prescritta per la cena pasquale (cfr Es 12,11). 
Questo è l'atteggiamento corretto per attendere il Signore. 
Non bisogna guardarlo in cielo, ma testimoniarlo sulla terra (cfr At 1,11). Il Signore che viene e bussa alla porta è un'allusione all'eucaristia; il Signore si invita a cena a casa nostra: "Ecco, sto alla porta e busso. 
Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3,20). La sua venuta finale è vissuta quotidianamente nella cena eucaristica. La beatitudine del cristiano è vivere una vita pasquale, di cui la sorgente è l'eucaristia (cfr Lc 14,15), dove la storia di Gesù si fa nostro presente e ci introduce nel nostro futuro. 
L'esistenza cristiana è attesa dello Sposo che viene per prenderci definitivamente con sé. 
Il cristiano non ha qui la sua patria. La casa della sua nostalgia è altrove. Straniero e pellegrino sulla terra (cfr 1Pt 2, 11) non ha quaggiù una città stabile, ma cerca quella futura ( cfr Eb 13,14). "La nostra patria è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo (Fil 3,20). Il suo ritorno sarà nella notte, figura della morte personale. 
Il credente, giorno dopo giorno, non si stanca del ritardo del suo Signore, non si distrae, non perde la fiducia dell'incontro beatificante con lui. 
Padre Lino Pedron 
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Preghiera del mattino del 23/X/2012

Signore, tu sei venuto di notte, e verrai di notte, notte profonda del mondo: "Quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà ancora la fede?". 
Può darsi che sia già più tardi di quanto crediamo, e tu ci chiedi di vegliare in queste tenebre che avvolgono la terra, non dormendo ma restando vigili, spiritualmente svegli, più sicuri della tua venuta che colui che veglia di quella dell'aurora. 
Viene l'ora in cui tutto si svela, in cui strapperai per sempre il velo che ci privava della tua vista.
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lunedì 22 ottobre 2012

Signore, nostro Dio!

Signore, nostro Dio!
Padre nostro grazie a tuo Figlio,
divenuto nostro fratello!
Tu ci chiami:
Ritornate, figli degli uomini! 
In alto i cuori!
Ricercate le cose che sono in alto! 
È così che hai chiamato anche noi. 
Eccoci qui dunque,
Ciascuno con la sua vita che ti appartiene 
e che è interamente nelle tue mani.
Ciascuno con i suoi grandi e piccoli peccati, 
che tu solo puoi perdonare.
Ciascuno con il suo dolore,
che tu solo puoi cambiare in gioia.
Ma ciascuno anche con la speranza 
che tu ti manifesti come il suo Dio misericordioso. 
Noi sappiamo bene che una sola cosa 
può rallegrarti e farti onore: 
il desiderio sincero del tuo Spirito, 
la ricerca sincera della tua verità, 
la sete sincera della tua guida.
Ma sappiamo ugualmente che tutto ciò 
è già il frutto della tua opera in noi. 
Signore, vieni a risvegliarci
e potremo così uscire dal nostro sonno!

KARL BARTH

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Donami il tuo perdono

Fisso il mio sguardo
nei tuoi occhi, Gesù,
e ti vedo inchiodato sulla croce.
Sento che ancora oggi per me, 
come là sul Calvario,
tu pronunci la tua parola d'amore: 
« Ti perdono ».

Ho bisogno, ogni giorno, 
di essere accolto nelle tue braccia 
e avvolto dal tuo manto di misericordia. 
Scuoti il mio cuore, Signore, 
perché, ricco di perdono, 
io sappia donare pace, 
portare concordia, 
seminare gioia.
GIOVANNI CIRAVEGNA

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Fammi camminare verso te

Dio, a volte mi sento 
come nel deserto 
dove la vita è difficile, 
dove domina il dubbio, 
dove regna l'oscurità,
dove manchi tu.
Il deserto è un passaggio per chi ti ha scelto, 
un passaggio per chi ti ama, 
un passaggio necessario alla vita, 
un passaggio che mette alla prova.

Dio, tu mi dai la prova
ma anche la forza di superarla, 
mi dai il deserto
ma anche la forza di proseguire.
Ho paura del deserto, Signore,
ho paura di mancare, ho paura di tradirti. 
È facile sentirti nella gioia, 
è semplice scoprirti nella natura, 
ma è difficile amarti nel deserto.
Dio, nella notte del dolore, 
nell'oscurità del dubbio, 
nel deserto della vita, 
non farmi dubitare di te.

Non ti chiedo di liberarmi dal deserto 
ma di aiutarmi a camminare con te, 
non ti prego di togliermi il deserto 
ma di farmi camminare verso di te.
P. MAIOR

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Preghiera del mattino del 22/X/2012

Signore, tu ci rendi giusti per mezzo della fede e ogni volta che mi rivolgo a te nell'intercessione, mi ricordo che tu hai detto che la preghiera del giusto aveva una grande efficacia. 
Io non posso avvalermi delle mie azioni, e neppure della mia fedeltà per reclamare da te qualcosa, ma invoco la tua giustizia, invoco te che vivi in me e mi trasformi a poco a poco in una nuova creatura. 
Tu, dall'interno, fai rialzare ciò che è caduto e raddrizzi ciò che è storto. 
È così che io posso comprendere: "Il giusto vivrà per mezzo della fede".
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domenica 21 ottobre 2012

Padre celeste

Padre celeste, ti preghiamo
di dare a tutti noi
il tuo Spirito Santo 
e di non cessare mai di ridarcelo,
perché ci risvegli, ci rischiari, 
ci incoraggi e ci renda capaci 
di rischiarare il passo, 
ad un tempo piccolo e grande, 
che, partendo dalla consolazione 
per mezzo della quale cerchiamo 
di consolare noi stessi, 
ci conduca alla speranza in te. 

Distoglici da noi stessi 
per farci volgere verso di te. 
Impedisci di sottrarci al tuo sguardo. 
Non permettere di tentare di toglierci 
dalle difficoltà senza di te. 

Rivelaci la tua magnificenza 
e mostraci quanto è ammirevole 
confidarci in te e obbedirti.

Te lo domandiamo per tutti gli uomini. 
Che i popoli e i governi
si sottomettano alla tua parola 
e così possano promuovere 
la giustizia e la pace sulla terra.
KARL BARTH

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