venerdì 28 febbraio 2014

Nel silenzio vivo

Il silenzio è mitezza,
quando non rispondi alle offese,
quando non reclami i tuoi diritti,
quando lasci la tua difesa a Dio.

Il silenzio è Misericordia,
quando non infierisci sulle colpe dei fratelli,
quando dimentichi senza frugare nel passato,
quando il tuo cuore non condanna, ma perdona.

Il silenzio è pazienza ,
quando soffri senza lamentarti, 
quando non cerchi di esser consolato, ma consoli,
quando attendi che il seme germogli lentamente.

Il silenzio è umiltà ,
quando accogli nel segreto il dono di Dio, 
quando non opponi la resistenza all’arroganza,
quando lasci ad altri la gloria e il merito.

Il silenzio è fede, 
quando ti fermi a contemplare il Suo volto, 
quando ascolti la Sua presenza nella bufera
quando taci, perchè egli parla al tuo cuore.

Il silenzio è adorazione,
quando non chiedi il “perchè” nella prova, 
quando t’immergi nella Sua Volontà,
quando dici: “Tutto è compiuto”.
P. Frederick William Faber

--------------

O Signore, donaci il tuo cuore

Sii tu, o Signore, ad amare attraverso di noi.

Donaci il tuo cuore per amare Dio, nostro Padre, donaci il tuo cuore per amare Maria, nostra Madre, donaci il tuo cuore per amare i tuoi fratelli, che sono anche i nostri. 

E donaci tanto fiato e aiutaci ad avanzare verso il domani senza guardare indietro, né misurare lo sforzo, per sperare di nuovo, come se la vita incominciasse quest'oggi. 

Donaci il tuo spirito, perché ci suggerisca la preghiera dal profondo, quella che in noi sale a te, quella che invoca il tuo ritorno. 

Signore, ho bisogno dei tuoi occhi: dammi una fede viva. 

Ho bisogno del tuo cuore: dammi una carità a tutta prova. 

Ho bisogno del tuo spirito: dammi la tua speranza per me e per la tua Chiesa. 

Affinché la Chiesa di oggi sia una testimonianza per il mondo. 

E il mondo riconosca i cristiani dal loro sguardo luminoso e sereno, dal calore del loro cuore e da quell'ottimismo invincibile che sgorga dalla fonte nascosta
e inalterabile della loro gioiosa speranza.

CARD. LÉON-JOSEPH SUENENS

----------

Madre Teresa di Calcutta/80

La vita di ogni essere umano, dato che è stata creazione di Dio, è sacra ed ha un valore infinito, perché Egli ha creato tutti noi, anche il bimbo appena nato... la vita è il più grande regalo di Dio agli uomini, creati a sua immagine e somiglianza. La vita appartiene a Dio e non abbiamo nessun diritto di sopprimerla.
------------

Angelo Custode/92

Il mio cuore vibra col tuo, partecipa alle tue gioie e alle tue pene. Pensa spesso a me durante il giorno. E il Signore che mi ha posto per sempre accanto a te. E a te solo. Noi siamo dei compagni d’eternità. Vederti sbocciare in bellezza come un fiore mi riempie di gioia.
------

Preghiera del mattino 28/II/2014

Signore, ciò che tu unisci nello Spirito rimane unito per sempre. 
All'inizio del mondo, separasti le acque che sono sopra il firmamento dalle acque sotto il cielo, separasti la notte dal giorno. 
A partire da questa separazione tra la vita e il nulla, non hai mai smesso di unire per la vita, che non torna mai indietro. 
Tu non dividi mai poiché separeresti membra vive. 
Concedici di prendere parte alla tua opera di creazione, concedici di capire che separare ciò che tu hai unito (gli sposi fra loro, i bambini dai genitori) è uccidere o condannare a morte.
------------

L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto

Mc 10,1-12 
Partito di là, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».  A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». 

Da quando gli uomini si sono ribellati a Dio hanno continuamente sperimentato il male della divisione e non riescono più a capire un discorso serio sull'unità. Ma il cristiano deve capire. Se egli crede che Cristo è morto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi (Gv 11,52), e fare dell’umanità una sola grande famiglia, deve trarne le conseguenze ad ogni livello, anche a quello matrimoniale. Al tempo di Gesù, il divorzio era ammesso sulla base di un testo del Deuteronomio, 24,1: «Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che essa non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via da casa». 
Per capire bene la legge del Deuteronomio (che in realtà è una permissione) e non degradare la parola di Dio, dobbiamo fare un po’ di storia. Come la legge del taglione (che consiste nell'infliggere al colpevole lo stesso danno da lui inflitto alla vittima: Es 21,23–25; Lv 24,17–20; Dt 19,18–21) tendeva a limitare gli eccessi della vendetta (cfr. Gen 4,23–24), così la legge del divorzio è una legge restrittiva. All’inizio, l’uomo sposato, in Israele, godeva il diritto quasi assoluto di ripudiare a suo arbitrio la sua sposa. Il Deuteronomio 24,1 limita appunto questo barbaro arbitrio: è un primo argine per riportare il matrimonio nell'alveo voluto da Dio all'inizio della creazione (Gen 1,24; 2,4). E, come la legge del taglione sarà superata dal comandamento dell’amore (cfr Mt 5,38–48), così la legge del divorzio, «permesso per la durezza del cuore», cioè per colpa dell’egoismo, sarà superata dal comandamento dell’indissolubilità del matrimonio. 
Nell’Antico Testamento viene lodata la fedeltà coniugale (Pr 5,15–20), e il divorzio è considerato riprovevole, sebbene in alcuni casi venisse tollerato «per la durezza di cuore». Il legislatore non solo pone limiti al divorzio, ma cerca di renderne difficile l’attuazione: la dote pagata ai familiari della sposa non viene restituita, e se l’uomo voleva contrarre nuove nozze doveva sobbarca rsi l’onere di un nuovo contributo. I profeti cercano di limitare la possibilità di ripudio della sposa ai casi di adulterio (Os 2,4; Ger 3,8). Malachia è colui che difende con maggiore chiarezza l’indissolubilità del vincolo matrimoniale: Dio in persona, per mezzo del matrimonio, fa dell’uomo e della donna una carne sola, una sola vita; l’uomo che ripudia la propria moglie si carica di una grande responsabilità davanti a Dio che detesta il ripudio (Ml 2,14–16). 
Tuttavia, l’insegnamento positivo dell’assoluta indissolubilità del matrimonio lo troviamo solo nel Nuovo Testamento. Gesù indica Gen 1,27 e 2,24 come la ragione per la quale il matrimonio è indissolubile. Egli si richiama alla volontà del creatore: il Dio unico crea l’uomo a sua immagine, fondando l’unità indissolubile del matrimonio. 
È Dio stesso che unisce l’uomo e la donna. La sua parola creatrice opera la«congiunzione» dei sessi. Così dunque la posizione di Gesù è senza ambiguità: rifiutando decisa mente la poligamia, condanna contemporaneamente il divorzio seguito da seconde nozze, qualunque ne sia il motivo, fondandosi sui valori originari dell’unione coniugale indissolubile. Così le interpretazioni rabbiniche si trovano definitivamente scavalcate nel senso già indicato dal profeta Malachìa, per il quale ripudiare la propria moglie equivale a rompere l’alleanza di Dio col suo popolo, perché questa si incarna nell’unione degli sposi (Ml 2,13–16). Gesù non è venuto per abolire la Legge e i Profeti, ma per dare compimento (Mt 5,17). Con il dono del suo Spirito, Gesù ci libera dalla durezza di cuore e ci rende nuovamente capaci di vivere ciò che era «in principio». 
Il discepolo scopre in Gesù la vera dignità dell’uomo: essere partner di Dio che lo ama infinitamente. Egli vive il matrimonio come immagine di questo grande mistero. Presso molti popoli, anche ai nostri giorni, l’uomo acquista la donna comprandola dalla sua famiglia; essa diventa sua proprietà che può abbandonare quando non gli serve più. Chiaramente questo tipo di rapporto fondato sul possesso non è secondo il disegno di Dio, perché il rapporto tra Dio e l’umanità, di cui il matrimonio è segno o sacramento, è un rapporto di amore, non di possesso. L’ uomo può possedere le cose e gli animali, non un altro uomo. Al di là della forma, anche presso di noi il matrimoni o è spesso un possesso, una compravendita di mutue relazioni, una prostituzione reciproca. 
Il matrimonio, invece che amore e servizio, diventa egoismo e sopraffazione. Si sta insieme finché dura l’interesse del più forte. Quando cessa l’interesse, ossia l’egoismo, l’uso dell’altro, la strumentalizzazione, cessa tutto. Tutto questo succede perché l’ uomo e la donna sono malati di durezza di cuore. Il cuore dell’uomo è indurito, è egoista, non è capace di amare: questo è il suo peccato, il suo fallimento a tutti i livelli. Solo con Cristo, la creazione raggiunge il suo fine: torna ad essere come Dio l’ha pensata fin dall’inizio. Anche il matrimonio trova il suo significato esclusivamente in Cristo. Fuori di lui non esiste nulla e nulla ha senso (cfr. Ef 1,4; Col 1,16–17). 
Padre LIno Pedron
------

giovedì 27 febbraio 2014

Messaggio Medjugorje del 25 febbraio 2014

Cari figli! 
Vedete, ascoltate e sentite che nei cuori di molti uomini non c'è Dio. 
Non lo vogliono perché sono lontani dalla preghiera e non hanno la pace. 
Voi, figlioli, pregate, vivete i comandamenti di Dio. 
Voi siate preghiera, voi che fin dallo stesso inizio avete detto „si“ alla mia chiamata. 
Testimoniate Dio e la mia presenza e non dimenticate figlioli, che Io sono con voi e vi amo. 
Di giorno in giorno vi presento al mio figlio Gesù. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata. 
------------

Madre Teresa di Calcutta/79

La gioia è preghiera, la gioia è forza, la gioia è amore. La gioia è come una rete d’amore con la quale possiamo “pescare” gli altri. Dio ama colui che dona con gioia. Dà molto di più chi dona con gioia. Non permettete mai alla tristezza di impossessarsi del vostro cuore, fino al punto di farvi dimenticare la gioia del Cristo risorto.
----------

Angelo Custode/91

Quando senti la fatica, non vi è miglior rimedio che il riposo con Gesù. Fermati e riposati un attimo. Il cuore a Cuore con il Signore è il momento più riposante, il più delizioso. Moltiplica questi momenti nella tua giornata. Chiudi gli occhi, posa la testa sul Cuore di Gesù, come l’apostolo Giovanni. Ne riceverai una forza sorprendente. Trasmettila allora a quelli che ti circondano. Facendo ciò, assomiglierai all’ape che fertilizza senza sapere i fiori che saccheggia. Se non vedrai i frutti, di certo li vedrà il Signore.
----------

Libero in Cristo

Cristo, mio redentore.
Sono libero quando accetto la libertà degli altri.
Sono libero quando riesco ad essere persona.
Sono libero quando non credo nell'impossibile.
Sono libero se la mia unica legge è l'amore.
Sono libero quando credo che Dio è più grande del mio peccato. 
Sono libero quando solo l'amore riesce a incantarmi. 
Sono libero se mi accorgo che ho bisogno degli altri. 
Sono libero quando sono capace di ricevere la felicità che mi regalano gli altri.
Sono libero se solo la verità può farmi cambiare strada. 
Sono libero se posso rinunciare ai miei diritti. 
Sono libero quando amo il bene del mio prossimopiù della mia stessa libertà.

PRIMO MAZZOLARI
----

Una mamma pretende dai figli soltanto ciò che è bene per loro

INTERVISTA A MIRJANA:
 
Maria è Regina della pace, ma nel Vangelo, come qui a Medjugorje, tutto ciò che riguarda la nostra fede lega indissolubilmente in vita pace e sofferenza, pace e dolore: che cosa vuoi dirci in proposito? 
Attraverso le apparizioni ho capito che se desideri lavorare per il Signore, se vuoi veramente dedicargli tutta la vita, sulla tua strada non troverai niente altro che la Croce. Solo la Croce. Perché, per il Signore, «lavorare per Lui» significa essere pronti a portare la Croce con Lui. 

La vera pace è questa, dunque? 

Pace è anche la Croce. Se il Signore occupa il primo posto nel tuo cuore, tutte le croci che ricevi nella vita le porti con pace. 
E così viene meno quell'attitudine — così tipica negli italiani — di chiedere sempre «perché, perché io, perché a me?»... Quando parlo con i gruppi italiani non finisco mai di sorprendermi per il fatto che, per ogni cosa, mi venga chiesto il perché. E ogni volta mi rendo conto che noi non abbiamo mai detto alla Madonna «perché?», dal momento che se Lei ci dice «fai quello o fai questo», Lei certo sa il perché. Chi sono io per chiederle ragione, dato che tutto ciò che Lei fa e chiede è per il nostro bene? Una mamma pretende dai figli solamente ciò che è bene per loro. E così anche la Madonna: se ti chiede il digiuno a pane e acqua il mercoledì e il venerdì, non hai bisogno di chiederle perché o di mettere in dubbio che ciò avvenga a tuo vantaggio. 

Che cosa chiede la Madonna? Quali sono i primi passi da compiere sul la via della santità?

Maria vuole che preghiamo, e che lo facciamo con il cuore; cioè che quando lo facciamo sentiamo intimamente tutto quello che diciamo. Vuole che le nostre preghiere non siano ripetitive, con la bocca che pronuncia le parole e i pensieri che se vanno da un'altra parte. Per esempio, se dici il Padre nostro impara a sentire nel tuo cuore che Dio è tuo padre. 
Maria non chiede tanto, non chiede ciò che non possiamo fare, di cui non siamo capaci... 
Chiede ogni giorno il Rosario e, se abbiamo famiglia, sarebbe bello che venisse recitato insieme, perché la Madonna dice che niente ci lega di più come quando si prega insieme. Chiede poi sette Padre nostro, Ave Maria e Gloria, con l'aggiunta del Credo. Questo è quello che ci chiede ogni giorno, e se poi preghiamo di più... non si arrabbia per questo. 
Chiede il digiuno il mercoledì e il venerdì: per la Madonna il digiuno è a pane e acqua. Lei però dispensa le persone malate, veramente malate, non quelle che hanno un po' di mal di testa o di mal di pancia, ma quelle che veramente hanno una malattia grave e non possono fare digiuno: a loro e a tutti chiede altre cose, come aiutare gli anziani, i poveri. Vedrai che, se ti lasci guidare dalla preghiera, troverai una cosa bella che puoi fare per il Signore. Anche i bambini non digiuneranno in senso stretto, ma a loro si può proporre qualche sacrificio, per esempio di non mangiare fuori dai pasti, o di rinunciare ai panini con il salame e la carne per merenda a scuola e di accontentarsi di quelli al formaggio... E così si può iniziare con loro il cammino per imparare il digiuno. 
Maria desidera che andiamo a Messa, e non solo la domenica; una volta, eravamo ancora piccoli, ha detto in proposito a noi veggenti: «Figli miei, se dovete scegliere tra vedere me e avere l'apparizione o andare alla Santa Messa, scegliete sempre la Messa, perché durante la Santa Messa mio Figlio è con voi». Per la Madonna è sempre Gesù al primo posto: Lei non ha detto mai «pregate e io vi do», ma ha detto «pregate che io possa pregare mio Figlio per voi». 
Chiede poi che ci confessiamo almeno una volta al mese, perché non c'è nessun uomo che non abbia bisogno di confessarsi ogni mese. 
Infine vuole che teniamo in casa la Santa Bibbia, in un luogo ben visibile, e che ogni giorno l'apriamo e ne leggiamo anche solo due o tre righe. 
Ecco, queste sono le cose che chiede la Madonna, e io mi sono convinta che non è poi tanto. 

Quando ti dice queste cose, com'è Maria? Che tipo è? Gioiosa, riflessiva? Parlacene come si parla di una cara amica... 
Io non la guardo come amica, la guardo come Mamma. Come una vera fiamma che mi vuole bene con tutti i miei difetti, perché mi conosce, ma mi prende come sono. E in questi vent'anni Lei non è cambiata: è rimasta uguale; non è invecchiata con noi. Lei appare sempre come una giovane donna di venti, venticinque anni. Quando parla di Gesù è sempre molto gioiosa, si vede la luce che le esce dal viso. Quando invece parla dei «figli», così li chiama, «che non conoscono l'amore di Dio» è triste e qualche volta l'ho vista anche piangere. 

Più di una volta? 

Sì, più di una volta, quando è preoccupata. L'ho detto, è una mamma vera, e vedere un figlio che non va sulla strada giusta le fa molto male.

Che cosa la preoccupa fino a farla piangere? 
Lo stato delle famiglie, a volte del mondo. Lei in questi casi ci chiede delle preghiere specifiche, per esempio per i giovani, o per chi non ama Dio... 
Maria si preoccupa per noi fino alle lacrime. Ma in molti, di fronte al mistero del Male, alla guerra, al terrorismo, a un incidente, alle catastrofi naturali, alle morti innocenti, si chiedono: ma Dio dov'era? 
Questa non è una domanda da fare a me. Per quel che mi riguarda, quando sento che c'è stato un terremoto o che è caduto un aereo prendo il Rosario e prego per la gente coinvolta: che il Signore dia soccorso, anche alle anime di coloro che sono morti; e che a chi resta dia la forza di sopportare la croce che hanno ricevuto. Mai mi è venuto da chiedermi il perché di questo o di quello, o a che cosa serva, o perché Dio l'abbia potuto permettere. Forse è il nostro modo di pensare che è un po' diverso dal Vostro: subito dopo la guerra la chiesa era piena di donne in lutto che avevano perso i mariti e i figli, ma a nessuna è venuto in mente di pensare: 
«Signore perché hai permesso questo?». Dio è amore e questo è un fatto, e il Male non viene da Lui e questa è la necessaria conseguenza. Se Dio permette la croce è forse che dobbiamo accettare di portarla con amore come il Signore ha portato la sua. Se non ricevo delle croci pesanti tanto meglio, ma se, un giorno, avvenisse il contrario, dovrei pensare che sono capace di portarla. Ricordiamoci che il male non è da Dio e accettiamo quello che vuole il Signore come un bene per la nostra vita. 


l Male non viene da Dio: e tu lo puoi ben testimoniare. Si sa che una volta Satana ti è apparso travestito da Madonna... 

Scusami, ma io non parlo di questo. Non ne ho più parlato, e non voglio parlarne. 

D'accordo, ma restiamo sulle generali: non pensi che Satana nel mondo contemporaneo si travesta? 

Può darsi, ma lo si riconosce, ti assicuro. Nessuno potrà mai dire di non aver riconosciuto il male. Perché il tuo cuore è tarato sul bene e, se lo vuoi, non puoi assolutamente non riconoscere ciò che è contro Dio. Altro discorso è se non vuoi smascherare il male perché ti va bene così; se dici cambierò, ma intanto gli permetti che ti penetri dentro, che scavi nel tuo cuore. Ognuno di noi, se vuole riconoscere il male ai diversi bivi della sua vita, lo riconoscerà immediatamente. Ha tutti i mezzi per farlo. Dipende solo da noi, da come viviamo, da quello che scegliamo. 
Molti negano Satana: «Non esiste!», dicono... 
Satana esiste, e soprattutto esiste dove si prega tanto, dove c'è il Signore presente, lui lo segue sempre per tentare di cambiare i suoi progetti, ma l'esito finale dipende dalle nostre scelte, dalla nostra volontà di combattere, di porgli resistenza, di dirgli di no. Ma quali che siano le nostre scelte non potremo dire di non averlo riconosciuto. 
Dio ci ha lasciati liberi di scegliere, e questo per davvero. Così sta a noi: se al primo posto mettiamo il Padre, Gesù e la Madonna, Satana non potrà far nulla, ma se loro non abitano il nostro cuore... 

Le tue apparizioni sono cessate perché a te per prima la Madonna ha confidato i suoi dieci segreti. È da curiosi, ma dicci solo: il mondo ha di che temere? 

E normale essere curiosi sui segreti, fa parte della nostra natura; e posso dire una volta ancora che la Madonna ha promesso sulla collina delle apparizioni un grande segno indistruttibile che tutti potranno vedere e toccare. Ma, poi, ha anche aggiunto di non parlare di segreti, ma di , pregare, perché chi riconosce Lei come Madre e Dio come Padre non ha paura più di nulla. 
Il mondo ha di che temere? Dipende. La paura è uno stato d'animo solo di chi non crede, che non ha fede, e noi di questo dovremmo preoccuparci. Invece — come è umano questo — siamo curiosi sui segreti, ci chiediamo che cosa succederà, e ci dimentichiamo il segreto più importante: ci dimentichiamo di chiederci se saremo vivi domani e se la nostra anima è viva oggi, e questo vale anche per noi che qui ci intratteniamo su questi ragionamenti. Ma Maria ci scuote, ci chiede di prepararci per tempo all'appuntamento, di farci trovare pronti in ogni secondo della nostra vita, e di dedicarvi tutte le energie, anziché rivolgerle ad altre cose, comprese le curiosità sul futuro. Perché se a quell'appuntamento arriveremo da figli di Dio, avremo vissuto bene e allora non avremo paura di nulla. Comunque, per dirti quanto siamo curiosi, ti dirò che perfino il sacerdote che ho scelto per sostenermi in questo compito che ho ricevuto di custodire i segreti, a volte mi dice: «Vieni a confessarti e dimmene almeno uno subito!».
--------------

Madre Teresa di Calcutta/78

Cristo soffrì, visse in povertà, fu oggetto di gelosie ed invidie, venne scacciato, ridicolizzato, umiliato. Dovette patire torture ed infine venne crocifisso. Ma Cristo conosceva bene anche l’amore, la bontà, la compassione e la simpatia. Amò fino al dolore. Capì la solitudine e la disperazione, portando il suo amore sofferente fino alle sue ultime conseguenze.
-----------------

Angelo Custode/90

La crescita interiore è una legge del Regno dei Cieli. Una crescita costante e illimitata. Qualunque sia la durata della tua vita, non sarà mai troppo lunga. Veglia per non fermare mai questa crescita.
------

giovedì 20 febbraio 2014

Padre Livio scrive 20-feb-2014

Cari amici, 
Papa Francesco, sulla stessa onda della Regina della Pace, è infaticabile nell'incoraggiare ad accostarsi al Sacramento della Riconciliazione. 
“Il perdono dei nostri peccati non è qualcosa che possiamo darci noi. Io non posso dire: mi perdono i peccati. Il perdono si chiede, si chiede a un altro e nella Confessione chiediamo il perdono a Gesù”. Quando riceviamo il perdono dei peccati, possiamo veramente “essere nella pace”: “E questo lo abbiamo sentito tutti nel cuore quando andiamo a confessarci, con un peso nell'anima, un po' di tristezza; e quando riceviamo il perdono di Gesù siamo in pace, con quella pace dell'anima tanto bella che soltanto Gesù può dare, soltanto Lui”. 
Il Papa ha anche ricordato che è necessario rivolgersi al sacerdote, non confessarsi solo con Dio: “Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio. Sì, tu puoi dire a Dio‘perdonami’, e dire i tuoi peccati, ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa. Per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa, ai fratelli, nella persona del sacerdote”. 
Accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, anche la vergogna è salutare: “Anche la vergogna è buona, è salute avere un po' di vergogna…La vergogna fa bene, perché ci fa più umili, e il sacerdote riceve con amore e con tenerezza questa confessione e in nome di Dio perdona”. 
Non bisogna avere paura della Confessione: “È buono parlare con il fratello e dire al sacerdote queste cose, che sono tanto pesanti nel mio cuore. E uno sente che si sfoga davanti a Dio, con la Chiesa, con il fratello. Non avere paura della Confessione!Uno, quando è in coda per confessarsi, sente tutte queste cose, anche la vergogna, ma poi quando finisce la Confessione esce libero, grande, bello, perdonato, felice”. 
“Ogni volta che noi ci confessiamo, Dio ci abbraccia, Dio fa festa! Andiamo avanti su questa strada. Che Dio vi benedica!” 
Vostro Padre Livio
------------

Tu sei il Cristo... Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire

Mc 8,27-33 
Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?».  Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti».  Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va' dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».

L’episodio comincia con una domanda:» Chi dice la gente che io sia?». Le risposte che danno i discepoli corrispondono a quello che pensa e dice la gente. Sono risposte positive, che esprimono rispetto e stima per Gesù, ma rimangono incomplete perché cercano di spiegare il mistero di Gesù accostandolo ad altri personaggi pur grandi della storia della salvezza. 
Tutte queste risposte non riescono ad esprimere la novità e l’unicità della persona del Cristo. 
Gesù pone ai discepoli una seconda domanda, diretta, personale:» E voi, chi dite che io sia?». Risponde Pietro: «Tu sei il Cristo». La risposta corrisponde a verità, ma va chiarita nel suo contenuto. È per questo che Gesù proibisce ai discepoli di parlare di lui alla gente e inizia a svelare loro la sua vera messianicità: quella del Cristo che deve soffrire e morire. Egli non è il liberatore nel senso voluto dai giudei, ma il Salvatore nel senso voluto da Dio. 
Il Cristo «deve» percorrere il cammino che lo porterà alla croce (v. 31) per fare il sacrificio della propria vita per la salvezza di tutti. Gesù è il Figlio dell’uomo incamminato verso la croce. 
Da questo punto in avanti, il tema della croce e della risurrezione è, in un certo modo, l’unico tema trattato, perché tutto gira attorno ad esso. Gesù è il Messia sofferente, il Servo di Dio disprezzato, abbandonato dagli uomini e destinato ad una morte infame (cfr. Is 53). 
Siccome l’idea che i discepoli hanno sul Messia è insufficiente, Gesù incomincia un nuovo insegnamento, una nuova rivelazione (vv. 31–32). E proprio Pietro, che aveva proclamato con sicurezza: «Tu sei il Cristo», si oppone violentemente alla nuova rivelazione di Gesù. Il Messia che lui e i suoi compagni attendono è uno che all’ occorrenza uccide gli altri, non uno che mette nel suo programma la propria sconfitta e la propria morte. 
Ma Gesù è il Cristo come lo vuole Dio, non come lo vorrebbero gli uomini. Egli è venuto per cambiare il mondo, e questo richiede, come prima cosa, il capovolgimento del modo di pensare degli uomini e il cambio di direzione per ritornare a Dio (cfr. Mc 1,15). E qui viene spontanea una considerazione. Opponendosi alla passione e morte di Gesù, Pietro crede di fare il vero bene di Gesù e di tutti, di dimostrargli un amore grande e di dargli un consiglio eccezionale. Di fatto, però, svolge il ruolo di satana che tenta di distogliere Gesù dall’obbedienza al Padre. Il diavolo tentatore prova nuovamente il colpo che non gli era riuscito nel deserto (cfr. Mc 1,12–13): Gesù, che non aveva ceduto alla tentazione del nemico, forse cederà alle insistenze del miglior amico. 
Ma Gesù resiste a viso aperto. Quante azioni sataniche si compiono «a fin di bene, per amore,...», ma in direzione opposta a quella insegnata e percorsa da Gesù! La teoria del vangelo è molto chiara. Dio è amore che dona la vita e giunge alla risurrezione attraverso la povertà, l’umiltà e l’umiliazione della morte in croce. 
L’uomo è egoismo che cerca di salvarsi e produce morte attraverso la ricerca dell’avere, del potere e dell’apparire. Questi due modi di essere e di comportarsi sono inconciliabili tra loro. Quando il cristiano, «a fin di bene», vuole costruire il regno di Dio con il materiale scartato dal Cristo (avere, potere, apparire), in realtà costruisce il regno di satana. Indossa la divisa di Cristo, ma gioca nella squadra avversaria e, in questo modo, gli è più facile far vincere il suo vero padrone, il diavolo. 
Anche su questo Gesù ci ha preavvisati:» Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci» (Mt 7,15). I falsi profeti sono i cristiani che dicono e fanno diversamente da quello che insegna il vangelo. 
Il vero cristiano è colui che segue Gesù crocifisso, rinnega sé stesso, prende la sua croce e lo segue, povero, umile e umiliato, verso il Calvario per morire e risuscitare con lui. 
Padre Lino Pedron
-----------------

Ognuno ha bisogno di amore

La peggiore malattia oggi è il non sentirsi desiderati nè amati, il sentirsi abbandonati.
Vi sono molte persone al mondo che muoiono di fame, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore.

Ognuno ha bisogno di amore.

Ognuno deve sapere di essere desiderato, di essere amato, e di essere importante per Dio.

Vi è fame d’amore, E vi è fame di Dio. 

Anonimo

------------

La tua legge, Signore, è fonte di gioia

Cosa dobbiamo fare? Coraggio, cari fratelli e sorelle! Cerchiamo di portare, senza mormorare, quella parte di Croce che forse noi non riconosciamo neppure come tale. Il Signore porta per noi infinitamente di più.
Hans Urs von Balthasar

---------------

Rinnovaci, Signore, con il tuo perdono

Gesù toglie dal paralitico sia il peccato che l’infermità, guarisce il corpo malato per dimostrare il suo potere di liberare il cuore. Questa è la scelta di Dio: pronunciare una parola di perdono attraverso Colui che ha mandato nel mondo per guarire non i sani, ma i malati.
p. Giampietro Polini

------------

Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa

Mc 8,22-26 
Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio». 

Gesù vuole aiutare i suoi discepoli ad aprirsi all'ascolto della verità, a vederci chiaro nella propria vita, a rendersi abili, a parlare correttamente della propria fede. Finché non si vede distintamente, come il cieco guarito, finché non si vede Gesù nella vera luce della sua identità non si è ancora adatti per l’annuncio del vangelo. 
Non credere significa diventare come i pagani, che somigliano ai loro idoli i quali «hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono...» (Sal 105,4–6). In tutta questa sezione del vangelo Gesù rimprovera più volte i suoi discepoli perché non capiscono o non vo- gliono vedere chiaramente la realtà.. Ma, mentre egli fa questi rimproveri, guarisce un sordo e un cieco, e la cosa diventa un segno della guarigione spirituale dei discepoli. Così essi diventeranno capaci di dire (finalmente!): «Tu sei il Cristo!» (Mc 8,29). 
Ma la loro guarigione non è completa. 
Infatti, si riveleranno altrettanto chiusi al nuovo insegnamento di Gesù sul cammino del Cristo verso la croce. Ge sù avrà di nuovo a che fare con le loro orecchie tappate e i loro occhi ciechi, e la sua difficoltà a guarire fisicamente un sordomuto e un cieco manifesta appunto la difficoltà a guarire il cuore dei discepoli. 
Marco descrive questi due miracoli come segni di una guarigione interiore: guarigione della sordità e della cecità spirituale. La guarigione del cieco di Betsaida avviene in due tempi, ed è un fatto unico in tutto il Vangelo: si presta a simboleggiare il viaggio della fede, che avviene progressivamente e non senza esitazioni. 
Questa guarigione è un gesto profetico di Gesù e simboleggia lo schiudersi degli occhi dei suoi discepoli alla sua messianicità. 
Gesù è l’unica luce che dà la vista, che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Il discepolo è un cieco che sa di esserlo, riconosce l’impossibilità di guarire da solo e lascia che il Signore agisca secondo la sua misericordia. 
Padre Lino Pedron
------------

lunedì 17 febbraio 2014

La tua legge, Signore, è fonte di gioia

Cosa dobbiamo fare? Coraggio, cari fratelli e sorelle! Cerchiamo di portare, senza mormorare, quella parte di Croce che forse noi non riconosciamo neppure come tale. Il Signore porta per noi infinitamente di più.
Hans Urs von Balthasar

---------------

Ognuno ha bisogno di amore

La peggiore malattia oggi
è il non sentirsi desiderati
nè amati, il sentirsi abbandonati.

Vi sono molte persone al mondo
che muoiono di fame,
ma un numero ancora maggiore
muore per mancanza d’amore.

Ognuno ha bisogno di amore.

Ognuno deve sapere
di essere desiderato, di essere amato,
e di essere importante per Dio.

Vi è fame d’amore,
E vi è fame di Dio. 


Anonimo

-------------

Madre Teresa di Calcutta/77

“Il denaro serve solo per comprare cose materiali, come alimenti, vestiti e alloggi. Ma ci vuole qualcosa di più. Ci sono mali che non si possono curare con i soldi... ma solo con l’amore”.
---------

Angelo Custode/89

Sii una particella vivente del lievito che il Signore nasconde nella pasta umana per farla lievitare. Se avesse in numero sufficiente discepoli operosi, la pasta lieviterebbe rapidamente, accelerando così il ritorno del Maestro a casa. Se questa pasta lievita così lentamente, se a momenti anche si abbassa, è perché il numero dei discepoli è insufficiente, drammaticamente insufficiente.
---------

Perché questa generazione chiede un segno?

Mc 8,11-13 
Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l'altra riva. 

A questo punto la situazione di Gesù è veramente tragica e la sua immagine impressionante. È un uomo addolorato per il rifiuto dei farisei e meravigliato e deluso per il comportamento dei discepoli che ancora non capiscono. I primi sono totalmente chiusi alla fede. Se chiedono a Gesù un segno, un miracolo, non è perché vogliono credere in lui, ma per tendergli un tranello (v. 11). 
Gesù capisce la loro manovra, rifiuta il segno e li abbandona (vv.12–13). È la rottura definitiva. La differenza tra i farisei e i discepoli sta nel fatto che questi ultimi non hanno deciso di farlo morire e non l’abbandonano. E questo non è poco. 
Per il resto sono uguali: il loro atteggiamento di incomprensione nei confronti di Gesù è colpevole. Hanno il cuore indurito perché si ostinano a non capire e non riflettono su ciò che vedono e odono (vv.17–18). Gesù si sforza di farli ragionare; ricorda loro le due moltiplicazioni dei pani, ma deve concludere con una amara constatazione: «E non capite ancora?» (v. 21). Sono ciechi e sordi davanti a Dio che si rivela. 
Gesù ci ha già dato il suo massimo segno donandoci sé stesso nel suo pane. Non bisogna chiedergli altri segni, ma credere nel segno che ci ha dato. Oltre a questo non c’è più niente: è Dio stesso, tutto per noi. Non resta che riconoscere, adorare, gustare e viverne. 
Il discepolo, invece di chiedere segni, chiede la capacità di vedere quelli che Gesù gli ha già dato. 
Padre Lino Pedron
------------

Preghiera del mattino 17/II/2014

Mi hai dato la grazia di risvegliarmi questa mattina, o Signore, e di iniziare una nuova giornata nel tuo amore. Oggi avrò tanti incontri, tanto lavoro, tante preoccupazioni, forse qualche sofferenza e delusione. Fa' che io veda in ogni fatto della mia vita il segno della tua presenza accanto a me. Sei sempre tu che ti manifesti e mi chiami alla conversione e all'amore. Signore, aumenta la mia fede!
------------

domenica 16 febbraio 2014

Madre Teresa di Calcutta/76

La Chiesa ci invita, come risposta all'amore smisurato di Cristo, a completare nella nostra carne quanto manca alle sofferenze di Cristo, a favore del suo Corpo, che è la Chiesa, ad esprimere la nostra unione e condividere le sofferenze dei poveri, per la loro salvezza e santificazione. Ci chiede di dare una testimonianza di sacrificio affinché i poveri abbiano il coraggio anch'essi di accettarlo nelle loro esistenze.
---------------

Signore, chi abiterà sulla tua santa montagna?

Gesù Cristo, Dio uomo, è segno dell’amore di Dio verso di noi. Dopo esserti proposto un tale amore come fine a cui orientare tutto ciò che dici, esponi ogni cosa in modo che, chi ti ascolta, ascoltando creda, credendo speri e sperando ami.
S. Agostino

----------

Angelo Custode/88

Prima d’incontrare qualcuno, prega per questa persona. Inviami dal suo Angelo custode. Che ogni incontro sia per l’altro un raggio di luce; che si senta meglio e più felice. Dovrebbe essere sempre così al passaggio di un discepolo di Cristo.
--------------

Legge antica e Legge nuova

Commento al Vangelo – VI Domenica del T.O. 2014 A (Mt5,17-37) 

Di fronte ad un maestro che annuncia nuove dottrine, è profondamente psicologico che nella massa degli ascoltatori sorga un sentimento rivoluzionario che trascende le idee del maestro. Nasce nell’anima un desiderio di novità che l’agita, un’insofferenza al giogo che la fa aspirare ad una libertà senza confine, ed essa sogna nuovi orizzonti di felicità, spesso effimera. Gesù Cristo, da Dio qual è, scrutò il cuore dei suoi ascoltatori, e prevenne nell’anima loro questa mossa della natura, affermando solennemente che Egli non veniva a sciogliere la Legge o i Profeti, ma veniva a portarli a compimento, che neppure un jota della Legge, o una virgola sola sarebbe stata mutata, ma essa sarebbe stata solo compiuta, e quindi sarebbero svanite da essa le figure e i simboli per dar luogo alla realtà, ben più grande di qualunque simbolo. Chi si crederà autorizzato a violare anche il più piccolo precetto di Dio, con la scusa del nuovo ordine, invece di parteciparvi sarà l’ultimo nel regno dei cieli; con queste parole Gesù Cristo annuncia le vie della santità e non solo di una santità esterna, come quella degli scribi e dei farisei, ma di una santità interiore che tende alla perfezione dell’anima. Egli, dunque, non propone una rivoluzione, ma promulga una legge di santità; non vuole abolire le pratiche esterne dei precetti di Dio ma vuole che siano accompagnate dalla vita interiore, non si contenta dell’osservanza dei precetti più gravi, ma vuole la perfezione. 

Gesù e l’omicidio… 
Gesù comincia a dare qualche esempio della giustizia che doveva essere santità interiore, a differenza della giustizia esteriore degli scribi e dei farisei e si richiama alla legge contro l’omicidio. Gli scribi e i farisei, gonfi del loro orgoglio, avevano in disprezzo gli altri: erano mormoratori, calunniatori, litigiosi, tenaci nell'odio e nell'invidia; credevano di essere irreprensibili solo perché si astenevano dal commettere omicidio. Andavano nel tempio in atteggiamenti d’ipocrita pietà e si gloriavano di portarvi l’offerta, senza pensare che, a volte, quella stessa oblazione era frutto di sopraffazioni e d’ingiustizie, senza pensare che, con l’offerta, portavano le maledizioni e le lacrime di quelli che essi avevano angariati. Gesù alza la sua voce divina contro questa falsa santità che prescindeva completamente dalla carità e dalla giustizia, ed esclama che, se fino ad allora l’omicida era stimato degno d’essere condannato nel giudizio – ossia nel tribunale di ventitré giudici che risiedeva in ogni città per le piccole cause –, d’ora innanzi chi si adirerà contro il proprio fratello, desiderandogli del male, sarà degno di essere condannato in giudizio, cioè commetterà una colpa reale, meritevole di pena, della quale Dio terrà conto nel suo Giudizio. Chi poi, nell’esplosione dell’ira, aggiunge il disprezzo, dicendo al suo fratello raca, ossia testa vuota, imbecille, sarà reo di una colpa maggiore, simile a quelle che si giudicavano nel sinedrio. Il sinedrio era un tribunale di settanta membri che giudicava le colpe d’idolatria, il delitto del sommo sacerdote, ecc., e comminava le pene più infamanti. Chiamare imbecille nell'ira, il proprio fratello e disprezzarlo è dunque una colpa che offende Dio e copre l’anima d’infamia dinanzi al Signore che è Carità. Chi infine chiamerà il proprio fratello stolto, cioè secondo il significato ebraico, lo chiamerà scellerato, empio, maledetto da Dio, maledicendolo con ira e desiderandogli la maledizione di Dio, sarà condannato al fuoco della Geenna,cioè sarà colpevole di peccato mortale, passibile dell’Inferno. Non c’è dunque da confondersi per le parole di Gesù Cristo né c’è da pensare che Egli parli per modo di dire; nella sua divina sapienza distingue le mancanze di carità che sono frutto d’ira e che possono indurre all'ira più grave, in mancanze veniali, più gravi e mortali. 
Quando si sente la responsabilità della carità, e si evita di ingiuriare il prossimo, non c’è pericolo che si possa trascendere in atti di violenza, e tanto meno nell'omicidio. Gli scribi e farisei si contentavano di riprovare l’omicidio, cioè l’estremo atto esterno di violenza, Gesù Cristo, invece, condanna l’ira, la mancanza di carità e l’ingiuria, e vuole che, più che preoccuparsi dell’omicidio, bisogna pensare a comparire innanzi a Dio col cuore pieno di carità e in armonia con tutti; bisogna sfuggire le liti e accordarsi con i propri avversari, per evitare di avere dal giudice una condanna che serve poi a fomentare l’odio e le dissensioni; bisogna non solo stare in pace con tutti, ma togliere dal cuore altrui – per quanto è a noi possibile –, le ragioni del dissidio e dell’avversità. 
Gesù Cristo, infatti, non c’impone solo di riconciliarci con colui che avversiamo, ma di riconciliarci con chi ci avversa, con chi ha qualcosa contro di noi perché ha ricevuto da noi qualche torto o qualche ingiustizia. È logico che si debba lasciare il dono innanzi all’altare, e che, prima di offrirlo, si debba trovare la riconciliazione con il fratello al quale abbiamo fatto del male; è logico, per noi cristiani che non possiamo comunicarci se abbiamo coscienza di aver danneggiato o amareggiato ingiustamente un nostro fratello. È chiaro che il precetto di Gesù Cristo non può riguardare quelli che ingiustamente ci avversano, e che stanno in astio contro di noi per la loro malignità. 
In questi casi non siamo noi i colpevoli della mancanza di carità, e basterà cercare la riconciliazione, se è possibile, o almeno pregare per chi ci avversa, come si vedrà in seguito. Sta poi nello spirito del precetto del Signore evitare ogni causa di dissidio, e conservare sempre intatta la carità, anche a costo di un nostro sacrificio. Le liti non risultano mai di utilità, e l’ostinarsi nel dissidio può dar origine a spiacevoli conseguenze, passando così noi dalla ragione al torto. 
Al cuore ringhioso degli scribi e dei farisei, carichi di odio, Egli vuol sostituire il cuore placido e sereno del cristiano, pieno di rispetto per gli altri, di compatimento e di misericordia e, diciamo pure, saggio e serio nella vita che guarda le cose da adulto e non da fanciullo, che sa passare sopra alle stoltezze e conservare il bene della pace. 

L’adulterio
Dall'omicidio, Gesù passa a parlare dell’adulterio, un altro peccato gravissimo, conseguenza di altri peccati. Non basta la legge che punisce l’adulterio: occorre la legge che ne evita le cause, e perciò il Redentore afferma che chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso il peccato nel suo cuore, benché non l’abbia materialmente consumato. L’atto esterno, infatti, è conseguenza del peccato interno e, quando si è vigilanti sui propri occhi e sui desideri che essi suscitano, non c’è pericolo di cadere. Bisogna quindi evitare le occasioni, ed essere attenti a troncare energicamente quello che può attrarci al male. Gesù Cristo usa delle espressioni energiche, proprio per indicare che, di fronte alla salvezza eterna, non ci si può indulgere in alcun modo con la natura. 
Se una persona o un oggetto pericoloso ci fossero cari come l’occhio e la mano destra, non dovremmo esitare un momento solo a staccarcene, pur di evitare il peccato e la conseguente perdizione eterna. Non si può addurre, come scusa della propria ostinazione, la necessità e l’esigenza del cuore e della vita, perché, per salvarsi eternamente, bisogna avere il coraggio di recidere tutto quello che può farci cadere in peccato. 
Tutto sta a non cedere alla natura, neppure per poco, soprattutto in quello che riguarda i peccati impuri; la più piccola accondiscendenza all’occhio o alle mani, cioè al desiderio, all'immodestia e al senso del tatto, può produrre una tentazione e uno sconvolgimento tale, da non trattenere più l’anima sul precipizio. Bisogna essere fermi, soprattutto al principio delle tentazioni e nelle piccole cose, perché le piccole e continue vittorie sono quelle che ci attirano nuove grazie, e ci rendono tetragoni contro i maggiori assalti di satana. 
Gesù Cristo va oltre e, per farci sfuggire anche le occasioni del male che potrebbero sembrare lecite, condanna quelle abitudini della medesima Legge ebraica, introdotte più come tolleranza che come regola d’ordine. L’uomo che non voleva più convivere con la moglie, la rimandava con una dichiarazione detta libello del ripudio, con la quale la scioglieva dal vincolo coniugale. Era un uso che poteva anche sussistere quando i costumi erano corretti, e quando praticamente il libello del ripudio era una rara eccezione; ma, col decadere della moralità, il libello del ripudio costituiva una vera occasione di pervertimento, e perciò Gesù lo condanna e lo abolisce. 
Chi ripudia la propria moglie, salvo il caso di fornicazione – cioè eccetto il caso che le sia legato con un vincolo di peccato, perché allora il ripudiarla sarebbe un dovere –, la induce all'adulterio, lasciandola libera di stringere un nuovo legame, e chi sposa la ripudiata commette adulterio, profanando un vincolo che Dio non ha sciolto. 
Gesù Cristo condanna, così, assolutamente, il divorzio, come causa di peccati e di dissoluzione. Egli riprova ogni degradazione di sensi, riconduce il matrimonio alla sua nobiltà; ridona alla donna la sua dignità, negando recisamente che ella sia oggetto di piacere, o termine di ammirazioni sensuali o sentimentali. Egli l’ammanta di maestoso pudore quando dice che chi la guarda semplicemente desiderandola, pecca, ed insiste con tanta forza sul dovere di allontanare ogni occasione di peccato, da usare quella similitudine tagliente di chi si acceca ad un occhio o si mutila di una mano per evitare uno scandalo. 
Toglie ogni pretesto anche legale alla corruzione e alla degradazione della donna, e abolisce la legge del ripudio; vuole che la donna sia regina e madre nella casa e non sia come un oggetto di divertimento che si desidera e si abbandona come si vuole. Ognuno vede come deve giudicare – non diciamo l’orrore dell’impurità cui si abbandonano oggi gli uomini e le donne –, ma anche quello che si dice amore platonico, idealizzando così la degradazione dell’anima, e rendendo più tenace la degradazione dei sensi interni ed esterni, sfiorandoli di quello che potrebbe farne risaltare le brutture. 
Questi cosiddetti amori platonici sono pieni di peccato di desiderio, sono catene di schiavitù spesso più tenaci che nella stessa insoddisfazione dei sensi si ribadiscono e diventano perenni. Non c’è da illudersi: la creatura si può amare solo in Dio e per Dio, e per questo lo stesso amore coniugale è un Sacramento. Non si può amare una creatura concentrandosi in lei o attirandola a sé, perché noi siamo di Dio. Come? Tu uomo, avendo sposata una donna, la riguardi talmente come tua, da prendere le armi contro chi semplicemente la distrae da te, e credi di non commettere colpa, attraendo a te una creatura di Dio e distraendola da Lui? Come puoi trarre la creatura nel tuo desolante vuoto, sottraendola alla pienezza soavissima del divino Amore? Che cosa le puoi dare tu se non parole, e spesso tempeste e pene spaventose? Se tu l’amassi veramente potresti tradirla fino al punto da devastarla? 
L’amore umano è sempre un ladro che ruba; è sempre un fuoco che consuma; è sempre un’inondazione che devasta, ruba a Dio e all'anima, consuma ogni ricchezza del cuore e devasta ogni gioia e ogni pace. 

La menzogna… 
Gesù Cristo, dopo aver divelto, per così dire, le radici stesse delle sopraffazioni dell’ira e dei sensi, sana dalle fondamenta la piaga della menzogna e della slealtà che tanto nuoce alle reciproche relazioni tra gli uomini. Nell’antica Legge si credeva che si dovesse tener fede solo al giuramento, e per il continuo decadimento dei costumi si era giunti a tal punto da non parlare senza giurare. L’atto solenne del giuramento, ammesso solo in casi di eccezionale importanza, era ridotto, così, quasi come un intercalare. Gli scribi e farisei, poi, insegnavano che quando non si nominava esplicitamente Dio, non si era tenuti a mantenere quello che si era giurato e, con questo principio, moltiplicavano i giuramenti falsi e la conseguente sfiducia fra gli uomini. 
Gesù Cristo vuole che un cristiano sia talmente veritiero e leale da non aver bisogno né di giurare né d’imprecare per esempio sul suo capo, non avendo egli dominio su se stesso, e non potendo rendere bianco o nero uno dei suoi capelli, imprecando. Il suo linguaggio deve essere decisamente vero:Sì, sì, no, no; qualunque altra parola viene dal male, cioè dalla diffidenza o dalla malafede, ed è soprattutto testimonianza del male che sta in noi, non essendo degni di essere creduti sulla semplice parola. 
Anche nell'infanzia chi giura non è il fanciullo buono incapace di cattive azioni, ma è quello cattivo, al quale possono con facilità addebitarsi delle scappate, e al quale è più difficile prestar fede. 

Padre Dolindo Ruotolo
-----------------

Preghiera del mattino 16/II/2014

Signore Gesù, all'inizio di questa domenica ci avviciniamo a te, perché il tuo volto ci rischiari. Crea in noi un cuore chiaro e puro, un cuore trasformato affinché la nostra vita, quando ritorneremo tra i nostri fratelli, sia completamente una lode di colui che ha creato in noi cose così grandi. Così tutti renderanno gloria al Padre celeste.
----------------

sabato 15 febbraio 2014

Mangiarono a sazietà

Mc 8,1-10 
In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Erano circa quattromila. E li congedò. Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanutà. 

Marco riporta due moltiplicazioni dei pani (6,35–46; 8,1–9). Ciò che anzitutto impressiona in questi racconti è la folla: una folla numerosa, venuta a piedi da ogni parte, che segue Gesù giorni e giorni. Secondo alcuni, tanta folla farebbe sospettare la formazione di un movimento messianico di tipo politico che vedeva in Gesù un possibile capo. Ciò è verosimile: del resto Giovanni, a proposito del medesimo episodio, annota che le folle cercavano Gesù per farlo re (Gv 6,15). Il clima politico della Galilea di quel tempo era surriscaldato e bastava poco a suscitare fanatismi messianici. 
Scrive ad esempio Giuseppe Flavio: «Uomini ingannevoli e impostori, che sotto apparenza di ispirazione divina operavano innovazioni e sconvolgimenti, inducevano la folla ad atti di fanatismo religioso e la conducevano fuori nel deserto, come se là Dio avesse mostrato loro i segni della libertà imminente» (Guerra giudaica 2,259). In questa luce, nella prima moltiplicazione dei pani, acquista importanza l’annotazione che Gesù obbligò i discepoli ad allontanarsi, ed egli, dopo aver congedata la folla, si ritirò sulla montagna a pregare (6,45–46). 
Gesù non accondiscende alle attese politiche della folla, ma si allontana da essa, ritrovando nella preghiera la chiarezza della via messianica della croce e il coraggio per percorrerla. Questa seconda moltiplicazione dei pani avviene in pieno territorio pagano come prefigurazione dell’eucaristia universale, offerta in pienezza anche ai pagani. Le sette ceste di pezzi avanzati sono destinate alle settanta nazioni pagane della tradizione biblica ebraica (cfr. Gen 10). 
Ancora una volta Gesù dona il pane e rinnova la sua misericordia. Non si stanca di noi, non si scoraggia per la nostra durezza di cuore. Insiste con il suo dono infinite volte. Tutta la storia è il tempo della pazienza di Dio. 
Padre Lino Pedron
------------

Preghiera del mattino 15/II/2014

Signore, tu conduci chi ti segue nel deserto per parlare al suo cuore e per nutrirlo di un pane essenziale. La moltiplicazione dei pani è il segno e l'annuncio del grande mistero del tuo corpo offerto e diviso fra tutti gli invitati. Il popolo ti ha seguito come un tempo aveva seguito Mosè al di là delle acque della morte; tu fai scendere per lui la manna dal cielo, per i loro corpi, preparando così i loro cuori al miracolo più grande compiuto dal tuo amore, al miracolo che rinnoverai costantemente nell'Eucaristia, fino a quando entreremo nel regno.
------------

venerdì 14 febbraio 2014

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai

Lc 10,1-9 
Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa!». Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio». 

Questo brano di vangelo ci vuole ricordare che anche i discepoli sono stati incaricati e inviati dal Signore ad annunciare il regno di Dio. Il numero settantadue ricorda i popoli della "tavola delle nazioni" nel libro della Genesi; capitolo 10, in pratica tutti gli uomini della terra. 
I missionari di Cristo vanno a due a due per dare maggior credito alla loro predicazione, perché nella testimonianza di due o tre c’è la garanzia di ogni verità (cfr. Dt 17,6; 19,15). 
Rispetto all'estensione del campo e del raccolto che si annuncia, il numero degli operai del vangelo è sempre esiguo. 
Bisogna andare con urgenza e andare tutti. I verbi sono imperativi: "pregate" e "andate" (v. 3). La missione degli inviati non è facile, come non è stata facile per Gesù. 
I messaggeri del vangelo sono per definizione portatori di buone notizie (cfr. Is 52,7-9). Gesù li paragona agli agnelli, simbolo di mansuetudine, che devono andare in mezzo ai lupi, cioè in mezzo agli uomini violenti e assassini. Il loro compito è quello di portare a tutti, casa per casa, la benedizione e la pace. Gesù manda i suoi discepoli come il Padre ha mandato lui (cfr. Gv 20,21). 
La missione nasce dall’amore del Padre per tutti i suoi figli e termina nell’amore dei figli per il Padre e tra di loro. L’inizio di questo brano di vangelo ci invita a grandi cose: "La messe è molta" (v. 2), cioè tutta l’umanità attende da noi il gioioso annuncio che Dio è Padre e vuole che tutti gli uomini siano salvati. 
Chi conosce il cuore del Padre è sollecito verso tutti i fratelli. 
Padre Lino Pedron
------------

Preghiera del mattino 14/II/2014

Ti ringraziamo, o Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai rivelato per mezzo di Gesù, tuo Servo: gloria a te nei secoli. Come questo pane spezzato era disperso sopra i monti e, raccolto, è diventato una cosa sola, così sia radunata la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo Regno, perché tua è la gloria e la potenza per Gesù Cristo nei secoli. Amen. 
(Dalla «Dottrina dei Dodici Apostoli»)
------

giovedì 13 febbraio 2014

I cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli

Mc 7,24-30 
Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola, va': il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato. 

L’attacco portato da Gesù contro le tradizioni alimentari del suo popolo fu un colpo ben assestato contro le divisioni esistenti tra ebrei e pagani. L’opera di demolizione continua in questa breve narrazione: è la fede che rende partecipi del nuovo popolo di Dio, non il fatto di essere ebrei (cfr. Gal 3,7–9). Il problema che soggiace a questa narrazione è questo: «È lecito concedere ai pagani i benefici che Dio accorda agli ebrei?». La risposta di Gesù è affermativa e chiara. 
Il racconto della seconda moltiplicazione dei pani (8,1–10) sarà la risposta, alla luce del sole e davanti a quattromila persone, di quanto Gesù ci ha anticipato qui nel segreto di una casa privata: Gesù è venuto per tutti, è pane per tutti, è il salvatore di tutti. La donna pagana, originaria della Sirofenicia, dimostra di possedere una fede altrettanto tenace che la donna ebrea che soffriva di perdite di sangue (cfr. 5,25–34) e non si lascia impaurire dal rifiuto iniziale di Gesù. 
La risposta di Gesù a questa donna può sembrare addirittura offensiva, ma tale non è. Nel suo parlare allegorico, egli vuol dire: Sono stato mandato anzitutto per i figli d’Israele, e non posso preferire i pagani. Si è voluto spesso richiamare il fatto che gli ebrei consideravano sé stessi come figli di Dio e designavano i pagani col nome di «cani», per disprezzo; infatti questa parola in Oriente suonava come insulto. Tuttavia ci si riferiva ai cani randagi, mentre Gesù parla qui di «cagnolini», ossia di animali domestici, ed è in questo senso che l’intende anche la donna. Perciò Gesù non parla in uno stile odioso, ma, come usava spesso, conia qui una similitudine per dare rilievo al suo pensiero. 
Le parole di Gesù non sono un rifiuto totale, ma soltanto un accenno al fatto che egli deve recare la benedizione della salvezza in primo luogo a Israele. La donna accetta l’allegoria usata da Gesù e la volge prontamente a suo favore: anche i cagnolini sotto la tavola ricevono qualche briciola del pane dei figli. Gesù non poteva desiderare nulla di meglio se non che la fede della donna fosse abbastanza forte per riconoscerlo e approfittarne. 
Questo racconto si presenta come un esempio di fede. Una fede genuina che non si lascia turbare nemmeno quando sembra che Dio nasconda la sua faccia. 
Padre Lino Pedron
-----

Preghiera della sera/3

14-feb-2013
Fa' provare ad ogni uomo quella fame che spingeva le folle a seguirti, abbandonando le proprie occupazioni, le case e i mezzi di sostentamento. Che non ci venga mai rimproverato di essere già sazi. Fa' che, invece, siamo sempre pronti a lasciare tutto, a lasciare noi stessi, divorati dalla fame dei veri poveri in Spirito, coloro di cui è detto: "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati".
------

Preghiera della sera/2

12-feb-2013
Signore, che cosa posso dire della giornata che sta finendo? Assomiglia a migliaia di giornate passate, tutte con questo scarto tra i miei progetti e la loro realizzazione. Ho voglia di giustificarmi ai tuoi occhi, di darti delle spiegazioni, proprio come faccio davanti a persone che contano. Vorrei restare a testa alta di fronte a te e devo dirmi, con forza, ogni giorno, che questo sentirmi accusato è senza senso, perché tu non mi accusi, per mia fortuna! Insegnami a stare al tuo fianco, perché non mi senta più di fronte a te come un accusato di fronte al giudice. Anche a me tu dici: "Non sei il mio servo, ma il mio amico".
-------------

mercoledì 12 febbraio 2014

Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo

Mc 7,14-23 
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall'uomo è quello che rende impuro l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo». 

Per Gesù il cuore dev'essere pulito, libero, retto. 
Si tratta di creare una situazione interiore degna di Dio, perché è lì che egli si rivela e abita. «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio» (Mt 5,8). L’autenticità della vita religiosa si misura dal cuore, cioè dalle scelte libere che escono dall’interno dell’uomo. 
La santità non consiste in fatti esterni e superficiali, ma nella purezza del cuore. Citando il quarto comandamento, Gesù dimostra di accettare la forza vincolante della legge scritta di Mosè, ma rifiuta le tradizioni asfissianti e cavillose che contraddicono ai comandamenti di Dio più che aiutare a capirli e ad osservarli meglio. 
Ciò che tiene lontano da Dio le persone buone sono le tradizioni religiose staccate dall’amore, che è la loro sor-gente. L’uomo è sempre tradizionalista e abitudinario. Ma il cristiano rompe con il passato perché vive una novità inaudita: la memoria del corpo e del sangue del suo Signore consegnato a lui nel pane. 
Questo mistero di amore è la «sua» tradizione, che ha ricevuto e, a sua volta, trasmette (1Cor 11,23ss). Il discepolo mangia questo pane e ne vive, e fonda la sua vita non sulla propria osservanza della legge, ma sulla grazia di Dio. Il principio del bene e del male è il nostro cuore buono o cattivo, illuminato dall’amore o accecato dall’egoismo. 
La norma ultima di comportamento per fare la volontà di Dio viene dal discernimento del nostro cuore: siamo mossi da Dio o dal demonio?, dall’amore o dall’egoismo? S. Agostino ha scritto: «Ama, e fa’ quello che vuoi!». 
Padre Lino Pedron
------

Preghiera del mattino 12/II/2014

La tua Provvidenza, Signore, governa il mondo e tutto quanto mi capiterà oggi avverrà, dunque, per tuo volere. Spesso, quando soffro, ho voglia di porti l'eterna domanda: "Perché?". So che non è questa la domanda da farti, dovrei piuttosto chiederti qual è il significato di ciò che tu mi fai accadere, "che cosa mi vuoi dire" con ciò. Tutto il resto è inutile, sterile. Oggi voglio provare ad afferrare e a capire un avvenimento, almeno come una tua parola che si rivolge "esplicitamente a me in persona". Se non riesco a vederti in ogni cosa, voglio cominciare a vederti in un avvenimento che già mi attende.
-------------

martedì 11 febbraio 2014

Madre Teresa di Calcutta/75

A volte mi costa molto sorridere a Gesù, perché a volte diventa molto esigente. Questa è una verità: dove c’è amore, c’è esigenza; e dobbiamo sempre dare ciò che ci viene richiesto, con gioia.
--------

Angelo Custode/87

Gesù veglia su di noi. Non aver mai paura; il timore, salvo il timore di Dio, è sconosciuto dal vero discepolo. Non dubitare mai del suo amore e della sua potenza. Persevera. La vittoria è talvolta molto lenta, a tuo avviso, a venire. La perseveranza sfocia sempre nella vittoria. Ricerca senza sosta il Signore, offrigli costantemente il tuo amore. E che la sua gioia dimori in te.
--------------

Richiesta di preghiera 11-feb-2014

Carissimi vi chiedo preghiere per la mia carissima amica Lucia di Napoli. Cadendo ha rotto tre vertebre, E' stata operata ed ora dovrà fare una lunga convalescenza. La Maddonna la assista. 
Grazie. 
ardea da Trieste.
----------

Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini

Mc 7,1-13 
Si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e:Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte. Voi invece dite: «Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio», non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte». 

Questi primi versetti del capitolo 7 di Marco possono sembrare a noi del 2000 questioni ridicole e controversie definitivamente superate da un pezzo: e in parte è vero, per fortuna! 
Dobbiamo però cogliere almeno due affermazioni importanti e valide in tutti i tempi e sotto tutti i cieli: 
1. Comandamenti di Dio e tradizioni degli uomini devono essere tenuti sempre distinti: i primi hanno valore perenne e universale e quindi sono immutabili; le seconde sono provvisorie e quindi possono, e spesso devono, essere cambiate. Di conseguenza, il cristiano, e più in generale l’uomo onesto e intelligente, si rinnova in continuità ed è disponibile alle riforme e al progresso; 
2. Gesù rifiuta la distinzione giudaica fra puro e impuro, fra una sfera religiosa separata, in cui Dio è presente, e una sfera ordinaria, quotidiana, in cui Dio è assente. Non ci si purifica dalla vita quotidiana cercando Dio altrove, fuori dalla vita di tutti i giorni, ma al contrario ci si deve purificare dal peccato che è dentro di noi. Gesù contesta la distinzione ormai ritenuta sicura e indiscutibile: l’ebreo è puro e tutti gli altri sono impuri. 
La questione del puro e impuro ha avuto una grande importanza nei primi tempi del cristianesimo, soprattutto per la partecipazione alla stessa mensa tra giudei e pagani (Gal 2,11–17). 
Ci ritorna alla mente la voce che Pietro sentì nella visione di Ioppe: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano» (At 10,15). I due casi specifici che questo brano prende in considerazione sono l’occasione per giungere al nocciolo della questione che interessa Gesù: non è ciò che entra nell'uomo che lo contamina, ma quello che esce dal suo cuore. 
Ognuno deve dare importanza alla conversione radicale del cuore. 
Padre Lino Pedron
--------------