mercoledì 31 marzo 2010

Mercoledì santo: “L'amore si ripaga con l'amore”

Vuoi sapere in che modo mostrare gratitudine al Signore per quanto ha fatto per noi?... Con amore! Non c'è altra strada. L'amore si ripaga con l'amore. Ma la certezza dell'affetto la dà il sacrificio. Dunque, coraggio! Rinnega te stesso e prendi la sua Croce. Allora sarai sicuro di ricambiargli l'Amore con amore. (Via Crucis, V. n. 1)

Non è tardi, né tutto è perduto... Anche se così ti sembra. Anche se te lo ripetono mille voci di malaugurio. Anche se ti assediano sguardi beffardi e increduli... Sei arrivato al momento buono per caricarti la Croce: la Redenzione si sta compiendo —adesso—, e Gesù ha bisogno di molti cirenei. (Via Crucis, V. n. 2)

Per vedere felice la persona amata, un cuore nobile non tentenna davanti al sacrificio. Per dar sollievo a un volto dolente un'anima grande vince la ripugnanza e si dà senza tante smorfie... E Dio lo merita meno di un pezzo di carne, di un pugno di fango? Impara a mortificare i tuoi capricci. Accetta la contrarietà senza esagerarla, senza far scene, senza... isterismi. E renderai più leggera la Croce di Gesù (Via Crucis, V. n. 3)

Come amare veramente la. Croce Santa di Gesù?... Desiderala!... Chiedi forza al Signore per impiantarla in tutti i cuori, in lungo e in largo per il mondo! E poi... offrigli riparazione con gioia; cerca di amarlo anche coi battiti di tutti i cuori che ancora non lo amano. (Via Crucis, V. n. 5)
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San Beniamino

Diacono e martire

Beniamino, diacono di Argol in Persia, fa parte di un gruppo di martiri, uccisi appunto in Persia durante la lunga persecuzione contro i cristiani, che iniziò sotto il regno di Iezdegerd I e finì con quello del successore Bahram-Gor.

Vi sono varie versioni che riguardano questa feroce persecuzione, discordanti fra loro, in buona parte prese dai sinassari bizantini; anche le notizie riguardanti i nomi dei martiri, la data ed il luogo del martirio sono imprecise e discordanti.

L’episodio, avvenuto all’interno della lunga persecuzione contro i cristiani in Persia, racconta che verso il 420, lo sfrenato zelo di alcuni cristiani, capeggiati da un sacerdote di nome Hasu, portò ad incendiare ad Argol un pireo, cioè un tempio dedicato al culto del fuoco.

Per questa distruzione venne arrestato il vescovo Abdas, il fratello Papa, i preti Hasu e Isacco, il segretario Ephrem, il suddiacono Papa, i laici Daduq e Durtan; al vescovo Abdas fu ingiunto dalle autorità civili di ricostruire il tempio ma poiché egli si rifiutò, furono condannati a morte.
A loro sono associati nella celebrazione altri martiri di quella persecuzione, scaturita dall’episodio dell’incendio del pireo, e sono Ormisda (Manides), Sahin e il diacono di Argol, Beniamino.

Su quest’ultimo, il “Martyrologium Romanum”, commemorandolo al 31 marzo, riporta la seguente citazione: “In località Argol in Persia, san Beniamino, diacono, che non desistette dal predicare la parola di Dio e, sotto il regno di Vararane V, subì il martirio con delle canne acuminate conficcate nelle unghie.”

Il martirio avvenne verso il 420 cioè nei primi due anni del regno di Bahrom-Gor (Vahram, italianizzato anche come Vararane), perché nel 422 egli fu vinto da Teodosio II, che come condizione di pace pose la libertà di culto ai cristiani di Persia.

Significato del nome Beniamino : “figlio della mano destra" vale a dire "prediletto” (ebraico).

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Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua ?

Santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein] (1891-1942), carmelitana, martire, compatrona d'Europa
La preghiera della Chiesa, 19-20

Sappiamo dai racconti degli evangelisti che Cristo ha pregato come ogni ebreo credente e fedele alla Legge... Pronunciò le antiche orazioni di benedizione, che ancora oggi sono recitate, per il pane, il vino e i frutti della terra, come ne testimoniano i racconti dell'ultima Cena, tutta consacrata all'adempimento di uno dei obblighi religiosi più santi : il solenne pasto della Pasqua, il quale commemorava la liberazione dalla schiavitù d'Egitto. Forse in questo momento ci è data la visione più profonda della preghiera di Cristo, e come una chiave che ci introduce nella preghiera di tutta la Chiesa...


La benedizione e la condivisione del pane e del vino facevano parte del rito del pasto pasquale. Ma l'una e l'altra ricevono qui un senso interamente nuovo. In questo momento nasce la vita della Chiesa. Certo, essa nasce in quanto comunità spirituale e visibile soltanto alla Pentecoste. Ma alla Cena, si compie l'innesto del tralcio sul ceppo, che rende possibile l'effusione dello Spirito. Le antiche orazioni di benedizione sono divenute nella bocca di Cristo, parole creatrici di vita. I frutti della terra sono divenuti la sua carne e il suo sangue, pieni della sua vita... La Pasqua dell'antica Alleanza è divenuta la Pasqua dell'Alleanza nuova.

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martedì 30 marzo 2010

Preghiera della sera

Mi duole, Signore, di non aver saputo essere tuo docile servo in questa giornata.
La mia fede ha esitato.
Non ho saputo dar da mangiare a mio fratello affamato, non vedendo te in lui; non ho dato nulla a chi ne aveva bisogno, non scoprendo in lui la tua immagine divina.
Domani sarà un altro giorno e vorrei fare ciò che non sono riuscito a fare oggi.
Perdona i miei peccati.
Perdona la superbia del credere di aver agito come dovevo: se anche così fosse, fa' che non me ne attribuisca il merito, ma sappia sempre riconoscere con umiltà di aver fatto solo ciò che dovevo.

Santa e dolce notte a tutti
Maria Maistrini

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Preghiera a S.Michele

O glorioso San Michele, guardiano e difensore della Chiesa di Gesù Crìsto, vieni e assisti questa Chiesa, contro cui le potenze dell'inferno sono scatenate.
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Custodisci con cura particolare il suo capo augusto, e ottieni che l'ora del trionfo possa giungere velocemente per lui e per noi.
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O glorioso arcangelo San Michele, custodiscici durante la vita, difendici contro gli assalti del demonio, assistici soprattutto nell'ora della morte; ottienici un giudizio favorevole, e la felicità di contemplare il volto di Dio per un tempo senza fine.

Amen

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Martedì santo: “La Croce sulle tue spalle, con un sorriso”

Quanto più sarai di Cristo, più grazia avrai per la tua efficacia sulla terra e per la felicità eterna. Ma devi deciderti a seguire la via della dedizione: la Croce sulle tue spalle, con un sorriso sulle labbra, con una luce nell'anima.. (Via Crucis, II. n. 3)

Senti dentro di te: “Come pesa il giogo che hai assunto liberamente!”...
E la voce del diavolo; il fardello... della tua superbia.Chiedi umiltà al Signore, e anche tu capirai quelle parole di Gesù: Iugum enim meum suave est, et onus meum leve (Mt 11, 30), che mi piace tradurre liberamente così: il mio, giogo è la libertà, il mio giogo è l'amore, il mio giogo è l'unità, il mio giogo è la vita, il mio giogo è l'efficacia. (Via Crucis, II. n. 4)

Nell'ambiente c'è una specie di paura della Croce, della Croce del Signore. Il fatto è che hanno incominciato a chi amare croci tutte le cose sgradevoli che accadono nella vita, e non sanno sopportarle con senso di figli di Dio, con visione soprannaturale. Tolgono persino le croci piantate dal nostri avi lungo le strade!
Nella Passione, la Croce ha cessato di essere simbolo di castigo, per divenire segno di vittoria. La Croce è l'emblema del Redentore: in quo est salus, vita et resurrectio nostra: lì è la nostra salvezza, la nostra vita, la nostra risurrezione. (Via Crucis, II. n. 5)
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San Leonardo Murialdo

Sacerdote e fondatore : “Congregazione di San Giuseppe”

La memoria liturgica di S. Leonardo Murialdo non è stata collocata il giorno della sua morte ( "dies natalis" : 30 marzo) ma bensì il 18 maggio, per evitare che cadesse troppe volte in periodo di quaresima e quindi non potesse venire celebrata.
Ciò nonostante, il "M.R." e molti calendari, collocano la festa il 30 marzo per cui il vostro servitore (gpm) presenta la composizione agiografica nelle due date.

Leonardo nasce a Torino il 26 ottobre 1828 in una famiglia benestante che contava ben nove figli. La sofferenza per la mancanza del padre, quando aveva appena 5 anni, gli procurò una grande sensibilità che tramutò, una volta sacerdote, in paternità spirituale per i più giovani.

Nel 1836 Nadino, come veniva chiamato, entrò nel Collegio degli Scolopi di Savona dove frequenta le scuole elementari, medie e superiori ricevendo una formazione umana e religiosa che gli sarà fondamentale per tutta la vita.
Il 6 novembre 1845 si iscrisse alla facoltà teologica dell’Università; l’8 maggio1850, anno in cui perse anche la madre, consegue la laurea in teologia; il 20 settembre 1851, nella chiesa della Visitazione, viene ordinato sacerdote.

Nell’ottobre del 1852 inizia l’attività di insegnante di religione, direttore spirituale e confessore delle allieve dell’Istituto delle Fedeli Compagne; il 26 luglio 1857 assume, per incarico di don Bosco, la direzione dell’Oratorio San Luigi a Porta Nuova; il 30 settembre è a Parigi e trascorre un intero anno scolastico nel Seminario di San Sulpizio; nell’estate del 1886 visita e studia da vicino i “Patronages” e le “Oeuvres de Jenesse” di Parigi ed alcune opere educative cattoliche e protestanti di Londra; il 13 novembre 1866 rientra a Torino e, con un sì eroico, accetta la direzione del Collegio degli Artigianelli, sull’orlo del crollo economico.

Il 24 marzo 1867 dà inizio alla Confraternita di San Giuseppe tra gli insegnanti, gli istruttori, gli educatori degli Artigianelli (è il primo passo verso la fondazione della Congregazione dei Giuseppini); il 15 dicembre 1869 invia al governo Lanza - Sella una petizione per una legislazione normativa del lavoro dei fanciulli e delle donne nelle fabbriche; il 29 giugno 1871 fonda l’Unione Operaia Cattolica.

Il 19 marzo 1873 fonda la “Congregazione di San Giuseppe”, istituto ecclesiastico - laico con lo scopo di “educare con la pietà e con l’istruzione culturale e tecnica i giovani poveri, orfani o abbandonati o bisognosi di emendazione”; nel giugno del 1876 dà inizio al giornale “La voce dell’operaio” (è il primo giornale cattolico in Italia per gli operai); nel novembre del 1876 dà avvio a Torino al primo ufficio di collocamento al lavoro per operai disoccupati; il 7 aprile 1878 istituisce il “Giardino festivo per gli operai”, oggi chiamato prosaicamente “dopolavoro”; il 15 luglio 1878 dà inizio in Vanchiglia alla Casa-Famiglia per giovani operai (la prima in Italia); nell’ottobre del 1879 propone, nell’ambito delle società operaie e cattoliche, l’istituzione d’una cassa pensioni e previdenza per vecchi inabili e infortunati sul lavoro: si realizzerà nel 1888.
Nel febbraio del 1880 promuove l’“Opera dei catechismi serali per giovani operai” (dieci anni dopo avevano frequentato tali catechismi 14 mila giovani e vent’anni dopo 35 mila); nell’ottobre del 1880 apre la Casa-Famiglia per giovani studenti delle scuole superiori e dell’università; il 21 maggio 1881 apre l’Istituto Educativo San Giuseppe in Volvera per allievi sacerdoti e maestri Giuseppini; il 20 settembre 1881 dà inizio a Rivoli Torinese al Noviziato della Congregazione di San Giuseppe; l’8 agosto 1883 primo passo dei Giuseppini fuori dal Piemonte con la fondazione del Patronato Pio IX di Venezia.
Il 1º gennaio 1884 fonda il bollettino “La buona stampa” che dirige, ed i comitati femminili per la buona stampa; nel giugno del 1884 istituisce i primi “Comitati elettorali operai cattolici”; il 6 ottobre 1889 apre il Patronato Sacra Famiglia a Oderzo (Treviso), che sarà dopo qualche anno il Collegio Brandolini Rota; il 30 settembre 1890 apre a Vicenza il Patronato Leone XIII e scrive il suo testamento spirituale che arricchisce negli anni successivi; il 16 novembre 1891 la Congregazione del Murialdo prende la direzione del Patronato San Giuseppe di Bassano del Grappa (Vicenza).
Il 24 aprile 1893, dopo grave e lunga malattia guarisce miracolosamente per intercessione di don Bosco; il 15 ottobre 1897 un grave disastro economico minaccia il Collegio degli Artigianelli; il 18 marzo 1899 un cospicuo legato, lasciato dal conte Alessandro Roero di Guarene, pone fine alla croce dei debiti che pesava sulle spalle del Murialdo fin dal 1866; il 17 luglio 1899 apre a Modena l’Istituto Sacro Cuore.

Un’attività intensa come quella del Murialdo trovava forza nella preghiera e nella consapevolezza di essere amati da Dio. Scrisse: “l’uomo che prega è il più potente del mondo”, “la preghiera è l'anima e la forza dell'uomo. Sia fatta con umiltà, confidenza, perseveranza. Non basta, però, pregare, bisogna pregare bene, cioè con il cuore”. Fu grande devoto della Madonna: “Maria, Madre nostra, è la più amante, la più affettuosa delle madri. È madre di Dio, quindi ottiene tutto. È madre nostra, quindi non ci nega niente. È madre di misericordia: gettiamoci nelle sue braccia”.

Il 19 marzo 1900 è la festa di San Giuseppe. Il Murialdo non si regge in piedi ed è molto affaticato e stanco. Nel pomeriggio del 24 marzo si alza per scrivere una lettera di conforto ad un ex allievo ed è costretto a ritornare a letto; muore santamente il 30 marzo 1900, rimpianto da tutti.

Il 3 novembre 1963 Leonardo Murialdo è stato beatificato dal Servo di Dio Paolo VI, e proclamato santo, dallo stesso Papa, il 3 maggio 1970.

Significato del nome Leonardo: “forte come leone, valoroso” (latino e tedesco).

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Non canterà il gallo prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte

San Francesco di Sales (1567-1622), vescovo di Ginevra, dottore della Chiesa
Il libro dei quattro amori, IV, 5

San Pietro, uno degli Apostoli, arrecò gran torto al suo Maestro, poiché rinnegò e giurò che non lo conosceva, e non contento di questo, lo maledisse e bestemmiò, protestando di non sapere chi egli fosse (Mt 26, 69s). Quale colpo questo, che trafisse il cuore di Nostro Signore ! Eh ! Povero san Pietro, cosa sta facendo ? Cosa sta dicendo ? Non sa forse chi egli sia, non lo conosce, proprio Lei che è stato chiamato per bocca sua all'apostolato, Lei che ha confessato che proprio lui era il Figlio del Dio vivente (Mt 16, 16) ? Ah ! Uomo miserabile, come può dire che non lo conosce ? Non è forse colui che, non molto tempo fa, era ai suoi piedi per lavarli, e l'ha nutrito con il suo Corpo e il suo Sangue ?…

Nessuno presuma delle proprie opere buone e pensi di non avere niente da temere, poiché san Pietro, che pur aveva ricevuto tante grazie, e promesso di accompagnare Nostro Signore in carcere, anzi fino alla morte, lo rinnegò subito dopo aver udito il fischio di un drappello di guardie.

San Pietro, sentito cantare il gallo, ricordò ciò che aveva fatto e ciò che gli aveva detto il suo buon Maestro ; riconosciuta la sua colpa, uscì e pianse così amaramente, da ricevere la remissione di tutti i suoi peccati.
O beato san Pietro che, a motivo di tale contrizione ricevette il perdono generale di una così grande slealtà…
So bene che furono gli sguardi sacri di Nostro Signore ad aver penetrato nel suo cuore per aprirgli gli occhi e fargli riconoscere il suo peccato…
Da questo momento, egli non cessò più di piangere, soprattutto quando udiva il gallo di notte e di mattina…
In questo modo, da gran peccatore quale era, divenne un grande santo.
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lunedì 29 marzo 2010

Maria associata intimamente più di qualsiasi altro al mistero della sofferenza redentrice di Cristo

La Croce è l'unico sacrificio di Cristo, che è il solo mediatore tra Dio e gli uomini.

Ma poiché, nella sua Persona divina incarnata, «si è unito in certo modo ad ogni uomo», egli offre « a tutti la possibilità di venire in contatto, nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale».



Egli chiama i suoi discepoli a prendere la loro croce e a se­guirlo, poiché patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme.


Infatti Egli vuole associare al suo sacrificio redentore quelli stessi che ne sono i primi beneficiari. Ciò si compie in maniera eminente per sua Madre associata intimamente più di qualsiasi altro e al mistero della sua sofferenza redentrice.


«Al di fuori della Croce non vi è altra scala per salire al cielo»
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Non turbarti nel riconoscerti come sei

Non ho bisogno di miracoli: per me sono più che sufficienti quelli della Scrittura. —Invece, ho bisogno del tuo compimento del dovere, della tua corrispondenza alla grazia. (Cammino, 362)

Ripetiamo con le parole e con le opere: Signore, confido in te; mi basta la tua provvidenza ordinaria, il tuo aiuto d'ogni giorno. Non dobbiamo chiedere al Signore grandi miracoli. Dobbiamo piuttosto supplicarlo di aumentare la nostra fede, di illuminare la nostra intelligenza, di fortificare la nostra volontà. Gesù resta sempre vicino a noi e si comporta sempre per quello che è.Fin dall'inizio della mia predicazione vi ho messo in guardia contro una falsa deificazione.
Non turbarti quindi nel riconoscerti come sei: una creatura di fango. Non preoccuparti.
Perché tu e io siamo figli di Dio — ecco la vera deificazione — scelti per chiamata divina fin dall'eternità: Ci ha scelti, il Padre, in Gesù Cristo, prima della fondazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto. Noi, che apparteniamo a Dio in modo peculiare e che, nonostante la nostra miseria, siamo strumenti suoi, saremo efficaci nella misura in cui non perderemo la cognizione della nostra debolezza. Le tentazioni ci segnalano le dimensioni della nostra miseria.
Se provate tristezza costatando con evidenza la meschinità della vostra condizione, vuoi dire che è giunto il momento dell'abbandono completo e docile nelle mani di Dio. Narrano di un mendicante che un giorno si fece incontro ad Alessandro Magno chiedendo l'elemosina. Alessandro si fermò e diede ordine che lo facessero signore di cinque città. Il poveretto, sconcertato, esclamò: «Io non chiedevo tanto!». E Alessandro, di rimando: «Tu hai chiesto da quel che sei; io ti ho dato da quel che sono». (E' Gesù che passa, 160)

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San Guglielmo Tempier

Vescovo di Poitiers (F)

Guglielmo Tempier fa parte di quella schiera di santi per i quali non ci sono molte notizie, ma la sua festa, da secoli, è al 29 marzo e alla stessa data è riportato nel “Martirologio Romano”.

Non si sa quando e dove nacque, si crede a Poitiers (Francia), perché egli era Canonico Regolare a S. Ilario di Poitiers e divenne vescovo della stessa città nel 1184, come lo testimonia un documento di quell’anno.

Viene ricordato soprattutto per il coraggio dimostrato nel difendere i diritti e le proprietà della sua Diocesi, anche questo è affermato in un documento del 1185, che lo indica come difensore contro i persecutori della Diocesi, e dotato di virile pazienza.

E ancora nel 1191 è indicato come “Guglielmo il forte”; nello stesso anno costrinse uno dei suoi vassalli a prestargli il dovuto omaggio; non bisogna dimenticare che si era nel Medioevo, quindi i costumi generali dell’epoca, facevano assumere atteggiamenti, per noi oggi incomprensibili.
Dopo tredici anni d’intenso episcopato, morì il 29 marzo 1197 e fu sepolto nella Chiesa di S. Cipriano. Il vescovo Guglielmo Tempier, che in vita era stato fortemente contrastato dai notabili della diocesi, da morto fu onorato come un santo, indice che, al di là della energia espressa nel condurre la vita amministrativa e allora anche politica della Diocesi, egli, in campo pastorale, fu un grande vescovo, attento alla vita spirituale dei fedeli, ai quali era di integerrimo esempio.

Il popolo di Poitiers si recava alla sua tomba per essere guarito dalle emorragie.

Significato del nome Guglielmo: “la volontà lo protegge” (tedesco)

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Essa ha compiuto un'azione buona verso di me

San Cromazio di Aquileia ( ? – 407), vescovo
Discorsi, 11 ; SC 154, 213

Il Vangelo ci riferisce oggi che, mentre il Signore stava a mensa con Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti, « Maria, sorella di Lazzaro e di Marta, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, cosparse i piedi di Gesù »…

A motivo della sua fede straordinaria, come spesso lo si può leggere nel vangelo, Santa Maria piacque molto a Gesù. Nel brano precedente, piangendo la morte di suo fratello, ella fece piangere pure il Signore ; provocò infatti alla tenerezza l'autore stesso della tenerezza. E, anche se stava per risuscitare Lazzaro dalla morte, il Signore pianse, mentre Maria piangeva, per mostrare sia la propria tenerezza che il merito di Maria…

Le lacrime del Signore ci mostrano il mistero della carne assunta. La risurrezione di Lazzaro mette il luce la potenza della sua divinità.

In questo brano, guardate la dedizione e la fede di questa donna santa. Gli altri erano a tavola con il Signore ; lei, cospargeva i suoi piedi. Gli altri scambiavano con il Signore parole e discorsi ; lei, nel silenzio della sua fede, asciugava i piedi di lui con i suoi capelli. Gli altri sembravano posti all'onore, lei era al servizio ; ma il servizio reso da Maria era, agli occhi del Signore, più prezioso del posto onorevole dei convivi. Per cui, … il Signore disse a suo riguardo : « In verità vi dico : dovunque sarà predicato questo Vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei » (Mt 26, 13).

Quale servizio è dunque stato reso da questa donna santa, da essere stato proclamato nel mondo intero, e questo ogni giorno ? Guardate la sua umiltà. Non ha cosparso prima il capo del Signore, ma i suoi piedi… Ha cominciato con i piedi per meritare di arrivare al capo, perché, come sta scritto, « chi si abbasserà sarà innalzato, e chi si innalzerà sarà abbassato » (Mt 23, 12). Essa si è abbassata per essere innalzata.
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domenica 28 marzo 2010

La Santità

La santità è accettare la volontà di Dio con un grande sorriso.
Santità è lasciare che Lui ci usi, ci adoperi, ci faccia a pezzi,
ci svuoti completamente di noi stessi...
E' tutto qui!


Madre Teresa di Calcutta

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Domenica delle Palme: "Benedetto colui che viene!"

Con opere di servizio, possiamo preparare al Signore un trionfo più grande di quello del suo ingresso in Gerusalemme... Perché non si ripeteranno né le scene di Giuda, né quella dell'Orto degli Ulivi, né quella notte buia... Otterremo che il mondo arda nelle fiamme del fuoco che Egli è venuto a portare sulla terra!... E la luce della Verità — il nostro Gesù — illuminerà le intelligenze in un giorno senza fine. (Forgia, 947).

Nella meravigliosa unità della Liturgia della Santa Chiesa Cattolica, che ricapitola il vecchio e il nuovo, noi leggiamo oggi parole di profonda gioia: Le folle degli Ebrei, portando rami d'ulivo, andavano incontro al Signore e acclamavano a gran voce: « Osanna all'Altissimo Dio».
L'acclamazione a Gesù rievoca nel nostro spirito quella che ne salutò la nascita a Betlemme. Via via che egli avanzava — narra san Luca — stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: « Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli! (...)
In questa domenica delle Palme, nel commemorare il giorno in cui il Signore dà inizio alla settimana decisiva per la nostra salvezza, mettiamo da parte le considerazioni superficiali, andiamo all'essenza, a ciò che è veramente importante. Ebbene, la nostra aspirazione è andare in Cielo. Altrimenti non c'è nulla che valga la pena.
Per andare in Cielo è indispensabile la fedeltà alla dottrina di Cristo. Per essere fedeli è indispensabile insistere con costanza nella lotta contro gli ostacoli che si oppongono alla nostra felicità eterna. (...) (È Gesù che passa, nn. 72-83)
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sabato 27 marzo 2010

Giuseppe Sebastiano Pelczar

Vescovo di Przemyśl, fondatore :“Ancelle del Sacro Cuore di Gesù”

Giuseppe Sebastiano (Jósef Sebastian) Pelczar nacque il 17 gennaio 1842 a Korczyna, un piccolo paese ai piedi dei monti Carpazi, presso Krosno (PL). Passò l’infanzia nel paese natio, crescendo in un’atmosfera permeata dall’antica religiosità polacca che regnava nella casa dei suoi genitori, Adalberto e Marianna Mięsowicz. Questi accortisi presto dell’intelligenza eccezionale del loro figlio, dopo due anni trascorsi nella scuola di Korczyna, lo inviarono a proseguire gli studi in quella di Rzeszów e in seguito al ginnasio.
Mentre era studente ginnasiale, Giuseppe Sebastiano prese la decisione di dedicarsi al servizio di Dio, poiché come possiamo leggere nel suo diario, “gli ideali terreni impallidiscono, l’ideale della vita lo vedo nel sacrificio e l’ideale del sacrificio lo vedo nel sacerdozio”. Completato il sesto anno di scuola entrò nel Seminario Minore e, nel 1860, iniziò gli studi teologici presso il Seminario Maggiore di Przemyśl.

Il 17 luglio del 1864 venne ordinato sacerdote, e per un anno e mezzo fu vicario della parrocchia di Sambor. Negli anni 1866-1868 proseguì gli studi a Roma contemporaneamente nel Collegium Romanum (oggi Università Gregoriana) e nell’Istituto di Sant’Apollinare (oggi Università Lateranense), dove, oltre ad acquisire una profonda cultura, sviluppò un grande e mai sopito amore per la Chiesa e per il suo capo visibile, il Papa.
Subito dopo il ritorno in patria, fu docente nel Seminario di Przemyśl e in seguito, per 22 anni, professore dell’Università Jaghellonica di Cracovia. Come professore e preside della Facoltà di Teologia si guadagnò la fama di uomo illuminato, di ottimo insegnante, di organizzatore e amico dei giovani. Un segno di riconoscimento da parte della comunità accademica fu indubbiamente la sua nomina a rettore della Almae Matris di Cracovia (1882-1883).

Don Pelczar non si limitò soltanto a svolgere un lavoro scientifico, ma si dedicò con passione anche ad attività sociali e caritative. Diventò membro attivo della Società di S. Vincenzo de’ Paoli e della Società dell’Educazione Popolare della quale fu preside sedici anni. In quel periodo, la Società dell’Educazione Popolare fondò centinaia di biblioteche, organizzò molti corsi gratuiti e distribuì tra la gente più di centomila libri, come pure aprì una scuola per le persone di servizio.

Nel 1891, per iniziativa di Don Pelczar, venne fondata la Confraternita della Santissima Maria Vergine Regina della Polonia, che, oltre agli scopi religiosi, svolgeva funzioni sociali, come l’aiuto agli artigiani, ai poveri, agli orfani e ai servi malati, e specialmente a quelli disoccupati.
Sotto la spinta dei gravi problemi sociali del tempo, sicuro di interpretare la volontà di Dio, nel 1894 fondò a Cracovia la Congregazione delle “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù”, ponendo come suo carisma la diffusione del Regno dell’amore del Cuore di Gesù. Era suo desiderio che le suore della nuova Congregazione diventassero segno e strumento di tale amore verso le ragazze bisognose, i malati e quanti avessero bisogno di aiuto.

Nel 1899 venne nominato vescovo ausiliare di Przemyśl e un anno dopo, in seguito alla morte di Mons. Luca Solecki, Ordinario di quella Diocesi della quale per venticinque anni ne fu un pastore zelante, promuovendo il bene delle anime a lui affidate.
Nonostante le condizioni di salute non buone, il vescovo Pelczar si dedicò con impegno instancabile ad attività religiose e sociali. Per ravvivare nei fedeli lo spirito della fede visitava spesso le parrocchie, si prodigava per accrescere il livello morale e intellettuale del clero dando egli stesso l’esempio di una profonda pietà che si esprimeva nel culto del Sacratissimo Cuore di Gesù e della Madonna. Essendo un ardente adoratore del Santissimo Sacramento, invitava i fedeli a partecipare assiduamente alle funzioni eucaristiche. Grazie ai suoi sforzi, durante il suo episcopato crebbe il numero di nuove chiese, di cappelle e vennero restaurate molte delle chiese più vetuste. Malgrado una situazione politica sfavorevole, presiedette tre sinodi diocesani ponendo le basi giuridiche per diverse nuove iniziative e rendendole in tal modo più stabili e durature.

Il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar si immedesimò nei bisogni dei suoi fedeli ed ebbe molta cura degli abitanti più poveri della sua diocesi. I giardini d’infanzia, le mense per i poveri, i ricoveri per i senza tetto, le scuole d’avviamento professionale per le ragazze, l’insegnamento gratuito nei Seminari per i ragazzi poveri: sono soltanto alcune delle opere nate grazie alle sue iniziative. In particolare, ebbe molto a cuore la condizione degli operai, i problemi dell’emigrazione, molto attuali in quel periodo, e quelli dell’alcoolismo. Nelle lettere pastorali, negli articoli pubblicati ed in altri numerosi interventi, indicava sempre la necessità di attenersi fedelmente all’insegnamento sociale del Papa Leone XIII.

Dotato da Dio di singolari doti non soffocava le sue capacità ma le moltiplicava e le faceva fruttare. Fu un lavoratore instancabile. Ne dà prova, tra l’altro, la sua ricchissima eredità letteraria di cui fanno parte numerose opere teologiche, storiche e di diritto canonico, nonché manuali, libri di preghiere, lettere pastorali, discorsi e omelie.

Il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar morì la notte tra il 27 e il 28 marzo del 1924 lasciando il ricordo di un uomo di Dio che, nonostante i tempi difficili in cui ebbe a vivere ed operare, faceva sempre la volontà del suo Signore.
Don Antonio Bystrzonowski, suo alunno e successore sulla cattedra universitaria, nel giorno dei funerali disse: “Il defunto vescovo di Przemyśl ha unito nella sua persona gli attributi e i talenti più belli e cioè uno zelo pastorale indistruttibile, lo spirito di iniziativa, il dinamismo d’azione, il lume di una grande scienza e una santità di virtù ancora più grande. È stato esempio luminoso di eccezionale laboriosità e di entusiasmo sempre giovanile”.

Il 2 giugno del 1991, durante il quarto pellegrinaggio in patria, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha proclamato beato il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar e, il 18 maggio 2003, a Roma, lo stesso Papa lo ha canonizzato

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Ecco il tuo re viene a te

Sant'Andrea di Creta (660-740), monaco e vescovo
Discorso 9 sulle Palme PG 97, 989-993

Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza. Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. È disceso dal cielo, per farci salire con sè lassù « al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare » (Ef 1, 21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e in forma spettacolare : « Non contenderà » dice il profeta, « né griderà, né si udrà la sua voce » (Is 42, 2). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in condizione di povertà.

Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andorono incontro. Non però per stendere davanti al suo cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere.

Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto. Sale per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell'ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé.
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Settimana Santa- Indulgenze per i defunti

GIOVEDI' SANTO
1. Se durante la solenne esposizione del Santissimo Sacramento, che segue alla Missa in Coena Domini, preghiamo o cantiamo l'inno eucaristico del "Tantum Ergo".
2. Se visitiamo per almeno una mezz'ora il Santissimo Sacramento esposto nell'ostensiorio.

VENERDI' SANTO
1. Se assistiamo con pietà cristiana alla Adorazione della Croce nella solenne celebrazione della Passione del Signore.

SABATO SANTO
1. Se preghiamo in comunità la preghiera del Santo Rosario.


VIGILIA DI PASQUA
1. Se assistiamo alla celebrazione della Veglia Pasquale (Sabato Santo notte) e in essa rinnoviamo le promesse del nostro Santo Battesimo.

Condizioni:
Per lucrare l'Indulgenza Plenaria oltre a realizzare le opere richieste è necessario il compimento delle seguenti condizioni:

a. esclusione da qualsiasi affetto al peccato, anche veniale.
b. Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e Preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice.

Queste tre condizioni possono compiersi un giorno prima o dopo delle opere richieste per l'Indulgenza Plenaria; però conviene che la comunione e la preghiera per le intenzioni del Papa si realizzino lo stesso giorno.

E' opportuno segnalare che con una sola Confessione sacramentale si possono lucrare diverse indulgenze.

E' opportuno inoltre, con le dovute disposizioni, ricevere frequentemente il sacramento della Confessione, pre crescere nella conversione e nella purezza del cuore.

La condizione di pregare per le intenzioni del Sommo Pontefice si compie se si prega per questo un solo Padre Nostro e una Ave Maria; però si concede ad ogni fedele cristiano la facoltà di pregare con qualunque altra formula, secondo la sua pietà e devozione.
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Scuola della Croce

Padre Jozo

La Madonna mi chiama a pregare davanti 'alla Croce: "Prega davanti alla CroceLa Croce mi insegna ad accettare la volontà di Dio: "Padre, non ciò che io voglio ma ciò che vuoi Tu" (Mc 14,36), "Padre, nelle Tue mani affido la mia vita" (cfr.Lc 23,46).La Croce mi insegna a pregare per i miei nemici: "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

Devo imparare a perdonare!Non si riesce a perdonare e, allora, l'odio distrugge l'uomo. Ho visto tante persone possedute dal male... e se ne sono liberate solo quelle che sono riuscite a perdonare. Coloro che non vi riescono non si possono liberare.

Credetemi, questo è molto importante per noi. Quando satana mette nel mio cuore un'idea contro una persona, la ribellione, il disprezzo non mi piace, non mi è simpatica, non la voglio vedere, trama contro di me..., immediatamente devo iniziare a pregare davanti alla Croce: "Padre, perdonali... , benedici il mio nemico, quello che non mi è simpatico, quello che mi è difficile da accettare".Non so pregare per i miei nemici!Nella mia patria c'è la guerra.

Quando sono capitato in una zona, due anni fa, i serbi avevano occupato una gran parte del territorio. Io ero stato invitato ad andare a predicare in unmonastero di quel luogo, in occasione della Novena all'Immacolata.

La città era bombardata e quasi distrutta.Nel monastero c'è una immagine miracolosa e bellissima della Madonna. Durante la guerra l'avevano nascosta nella parete della cripta. Quando sono arrivato, hanno aperto il muro, hanno prelevato l'immagine della Vergine e siamo usciti in processione per tutta la cittadina, invitando la gente ad unirsi alla Novena.Durante i nove giorni, la Madonna aveva ispirato un ingegnere a preparare una offerta simbolica.

Alla fine della Novena, durante l'ultimo incontro, quell'ingegnere mi ha detto che dovevo aprire la cassetta posta sopra l'altare...

Quando l'ho aperta, ho trovato una grande Croce, pesante... Era stata fatta con pezzi di granate; erano frammenti delle bombe che avevano distrutto le loro chiese, le loro case, che avevano ucciso tanti uomini...

Ecco, il segno della morte... tramutato nel segno della Vita! Il segno dell'odio... trasformato nel segno dell'Amore!Quei resti di granate educheranno molti!"Quando ci sarà la pace?", mi ha chiesto stamattina una giornalista. Quando il segno del male, che è dentro dite, si convertirà nel segno dell'amore.. . Quando il tuo odio, la tua ribellione, il tuo orgoglio si convertiranno nella umiltà, nella riconciliazione, nell'amore... Solo allora la guerra avrà fine. Non esiste la guerra dove c'è amore!Dobbiamo imparare a pregare per la pace. E' importante che riceviamo dalla Santa Vergine questo dono: la pace. Lei ha detto: "Pregate davanti alla Croce". La Croce è il mistero dell'umiltà divina!
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Dio ama chi dona con gioia

Soffri! —Ebbene, ascolta: “Lui” non ha il Cuore più piccolo del nostro. —Soffri? È bene che sia così. (Cammino, 230)

Ti avverto che le grandi penitenze sono compatibili anche con le cadute spettacolari provocate dalla superbia. Invece, con il continuo desiderio di piacere a Dio nelle piccole battaglie personali — ad esempio, sorridere quando non se ne ha voglia; e vi posso assicurare che, talvolta, un sorriso costa più di un'ora di cilicio —, è difficile dar spago all'orgoglio, alla ridicola ingenuità di considerarci eroi illustri: ci vediamo come bambini capaci di offrire al loro padre soltanto delle cose da nulla, che però sono ricevute con immensa gioia.
Allora il cristiano deve sempre essere mortificato? Sì, ma per amore. Forse fino a questo momento non ci eravamo sentiti spinti a seguire così da vicino le orme di Cristo. Forse non ci eravamo resi conto che possiamo unire al suo sacrificio redentore le nostre piccole rinunce: per i nostri peccati, per i peccati degli uomini di ogni tempo, per il malvagio lavoro di Lucifero che continua ad opporre a Dio il suo non serviam!
Come oseremo dire senza ipocrisia: «Signore, mi fanno male le offese che feriscono il tuo amabilissimo Cuore», se non saremo decisi a privarci di una piccola cosa, o ad offrire un piccolo sacrificio a lode del suo Amore? La penitenza — vera riparazione — ci lancia sul cammino della dedizione, della carità. Dedizione per riparare, e carità per aiutare gli altri, come Cristo ha aiutato noi.Da ora in poi, abbiate fretta di amare. L'amore impedirà di lamentarci, di protestare. Perché spesso sopportiamo le contrarietà, è vero; però ci lamentiamo, e allora, oltre a sprecare la grazia di Dio, gli impediamo, in futuro, di esigerci ancora. Hilarem enim datorem diligit Deus [2 Cor 9, 7].
Dio ama chi dona con gioia, con la spontaneità che nasce da un cuore innamorato, senza le smancerie di chi si dona come per fare un piacere. (Amici di Dio, 139-140)
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Beato Francesco Faà di Bruno

Sacerdote e fondatore “Suore Minime di N.S. del Suffragio”
Francesco Faà di Bruno, nato ad Alessandria il 29 marzo 1825, è stato sacerdote ma anche militare, fisico, matematico, astronomo, musicista e compositore.

Fu il dodicesimo ed ultimo figlio di Luigi, marchese di Bruno, e di Carolina Sappa de' Milanesi. Il suo nome completo è Francesco da Paola, Virginio, Secondo, Maria.
Nel 1834, a 9 anni, perse la madre. Nel 1836 entrò nel collegio dei Padri Somaschi (fondatore S. Girolamo Emiliani) a Novi Ligure; nel 1840 nell'accademia militare di Torino.
Divenuto ufficiale, fu assegnato a studi geografici e alla realizzazione di cartografie.

Nel 1848 partecipò alla Prima guerra di indipendenza italiana. Combatté a Peschiera e cartografò il territorio che l'esercito piemontese percorse. Nel 1849 fu promosso Capitano di Stato Maggiore. Rimase ferito in combattimento a Novara e ricevette, per il suo comportamento in battaglia, una decorazione.
L'esercito lo inviò a Parigi, alla Sorbona, perché potesse approfondire gli studi matematici e astronomici: conseguì il diploma nel 1851. Nel 1853 chiese ed ottenne il congedo per motivi di studio; influì pesantemente in questa sua scelta la decisione di rifiutare di battersi in duello con un ufficiale che lo aveva offeso. Il suo rifiuto per motivi di coscienza lo aveva posto in uno stato di isolamento in quanto il duello, sebbene vietato, era considerato all'epoca alla stregua di un obbligo morale.


Nel 1855 cominciò a lavorare presso l'Osservatorio nazionale francese sotto la direzione di Urbain Le Verrier. Nel 1857 inizia ad insegnare Matematica e Astronomia all'Università di Torino. Da allora non cessò mai di insegnare, soprattutto all'università ma anche nell'Accademia Militare e nel Liceo Faà di Bruno.
Per le controversie fra il mondo cattolico e lo stato italiano, in quel periodo anticlericale, non fu mai nominato professore ordinario; fu nominato professore straordinario solo nel 1876. Il contenuto dei suoi corsi spaziava in ambiti inusuali: ad esempio la “Teoria dell’eliminazione” la “Teoria degli invarianti” e le funzioni ellittiche. Pubblicò vari trattati e memorie. Nel 1859 pubblicò a Parigi, in francese, la “Théorie générale de l'élimination”, in cui viene fornita la formula, che da lui prende il nome, della derivata n-esima di una funzione composta. Il suo nome in matematica è però legato soprattutto al trattato sulla teoria delle forme binarie.
Oltre a varie strumentazioni per la ricerca scientifica, nel 1856, di fronte alla cecità di una sua sorella (Maria Luigia) progettò e brevettò uno scrittoio per ciechi. Nel 1878, poi, avvertendo la necessità di scandire i tempi della giornata brevettò uno svegliarino elettrico.

Eseguì i calcoli costruttivi e seguì la realizzazione del campanile della chiesa di Nostra Signora del Suffragio, a Torino, a volte conosciuta come chiesa di Santa Zita, collaborando con Arborio Mella che progettò la chiesa nel suo complesso; si trattava, all'epoca, del secondo edificio più alto della città dopo la Mole: oltre 80 metri. Il motivo per cui volle realizzare quest’opera è prettamente sociale. Voleva evitare che le lavoratrici e i lavoratori della città venissero ingannati sull'orario di lavoro e aveva calcolato che un orologio di due metri di diametro collocato sulle varie facce del campanile a 80 metri di altezza sarebbe stato visibile in gran parte della città e liberamente consultabile da tutti.

Fu costantemente un uomo di fede. Nel periodo in cui fu militare scrisse un “Manuale del soldato cristiano”. Visse con disagio il suo desiderio patriottico di vedere l’Italia unita di fronte all'ideologia anticlericale che permeò la sua concreta realizzazione. Da scienziato testimoniò sempre di trovare un'assoluta armonia fra la scienza e la fede. Come amante della musica pubblicò una rivista di musica sacra: “La lira cattolica”; egli stesso compose delle melodie sacre la cui semplicità e senso di pace fu apprezzata da Franz Liszt. Fondò scuole di canto domenicali frequentate da quelle donne di servizio a cui dedicò gran parte delle sue opere. All'epoca, infatti, la situazione delle donne di servizio era molto disagevole, per non dire degradata: sfruttamento del lavoro, povertà, emarginazione erano all'ordine del giorno. Era frequente, poi, che una donna di servizio rimanesse incinta e venisse allontanata dalla famiglia. Intraprese una rete di attività in aiuto di queste persone: una delle istituzioni che fondò fu, tra l'altro, una casa di preservazione per ragazze madri. Il cardine centrale di questa attività fu l'Opera di Santa Zita fondata nel 1859. Aprì un Collegio professionale con ritiri estivi a Benevello d’Alba.

Francesco Faà di Bruno fu, inoltre, il fondatore della congregazione “Suore Minime di Nostra Signora del Suffragio”. La consegna delle mantelline alle prime postulanti avvenne nel 1869 ma le prime professioni solenni poterono avvenire solo nel 1893, dopo la sua morte, perché fu necessario attendere il riconoscimento ufficiale della Chiesa che, nel suo livello gerarchico, espresse inizialmente qualche diffidenza.
Fu amico di Don Bosco, il quale operava a Torino in quello stesso periodo.

Il 22 ottobre 1876 venne ordinato sacerdote. Desiderava questa ordinazione anche per seguire meglio la congregazione di suore. Diceva spesso: “Occorre vivere vicini a Gesù, penetrare il significato delle sue parole. Allora la vita sarà una fiamma d'amore debole, forse, ma accanto alla quale altri, almeno, potranno riscaldarsi le mani”.

Consumato dal servizio della scienza, della Chiesa e del prossimo, Fran­cesco Faà di Bruno concluse la sua esistenza terrena a Torino, dopo soli cinque giorni di malattia, il 27 marzo 1888, poco dopo Don Bosco (31 gennaio 1888). Fin da subito ebbe fama di santità.
La sua tomba si trova nella chiesa di Nostra Signora del Suffragio a To­rino, da lui stesso costruita nel 1867 in cristiana memoria dei caduti per l'u­nità d'Italia.

Francesco Faà di Bruno è stato proclamato Beato a Roma, il 25 settembre 1988, dal Servo di Dio Giovanni Paolo II.
Il Beato è Patrono del Corpo degli Ingegneri dell’Esercito Italiano.

Significato del nome Francesco: “uomo libero” (antico tedesco)

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Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi

San Cirillo d'Alessandria (380-444), vescovo e dottore della Chiesa Commento sulla lettera ai Romani , Cap. 15, 17 (trad. dal breviario)

In molti formiamo un solo corpo e siamo membra gli uni degli altri (Rm 12, 5), stringendoci Cristo nell'unità con il legame della carità, come sta scritto: « Egli è colui che ha fatto di due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, annulando la legge fatta di prescrizioni e di decreti « (Ef 2, 14). Bisogna dunque che tutti abbiamo gli stessi sentimenti. Se un membro soffre, tutte le membra ne soffrano e se un membro viene onorato, tutte la membra gioiscano (1 Cor 12, 26). « Perciò accoglietevi «, dice, « gli uni gli altri, come Cristo accolse voi per la gloria di Dio « (Rm 15, 7).

Ci accoglieremo vicendevolmente se cercheremo di aver gli stessi sentimenti, sopportando l'uno il peso dell'altro e conservando « l'unità dello spirito nel vincolo della pace « (Ef 4, 2-3). Allo stesso modo Dio ha accolto anche noi in Cristo. Infatti è veritiero colui che disse: Dio ha tanto amato il mondo da dare per noi il Figlio suo (cfr. Gv 3, 16). Cristo fu sacrificato per la vita di tutti e tutti siamo stati trasferiti dalla morte alla vita e redenti dalla morte e dal peccato.

Cristo si è fatto ministro dei circoncisi per dimostrare la fedeltà di Dio. Infatti Dio aveva promesso ai progenitori degli Ebrei che avrebbe benedetto lq loro discendenza e l'avrebbe moltiplicata come le stelle del cielo. Per questo Dio, il Verbo che crea e conserva ogni cosa creata e dà a tutti la sua salvezza divina, si fece uomo e apparve visibilmente come tale. Venne in questo mondo, nella carne non per farsi servire, ma piuttosto, come dice egli stesso, per servire e dare la sua vita a redenzione di tutti (Mc 10, 45)
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venerdì 26 marzo 2010

Un Rosario per la Santa Sede ed in particolare per Sua Santità


Carissimi, alla luce di quanto sta accadendo alla Santa Sede ed in particolare alla persona del Santo Padre, propongo un Rosario da innalzare alla Regina della Pace affinchè con la Sua potente intercessione intervenga in difesa del Santo Padre, del Clero e per la conversione di quanti vogliono destabilizzare la Chiesa.

Ave Maria


Maria M.

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Una Madre che non ci abbandonerà mai

Non sei solo. — Né tu né io possiamo trovarci soli. E meno che mai se andiamo da Gesù attraverso Maria, poiché è una Madre che non ci abbandonerà mai. (Forgia, 249)

È il momento di ricorrere alla Madonna, tua Madre celeste, perché ti accolga fra le sue braccia e ti ottenga da suo Figlio uno sguardo di misericordia. E cerca subito di formulare propositi concreti: taglia finalmente, anche se fa male, quell'ostacolo piccolo che Dio e tu ben conoscete.
La superbia, la sensualità, la mancanza di senso soprannaturale, faranno combutta per sussurrarti: «Proprio quello? Ma se è una sciocchezza, una cosa di poco conto!».
Tu rispondi, senza dialogare con la tentazione: «Mi piegherò obbedendo anche a questa richiesta divina».
Non te ne mancheranno i motivi: l'amore si dimostra in modo particolare nelle piccole cose. Normalmente, i sacrifici che il Signore ci chiede, i più impegnativi, sono piccoli, ma continui e preziosi come il battito del cuore.
Quante madri hai tu conosciuto che siano state protagoniste di un episodio eroico, straordinario? Poche, pochissime. Eppure, di madri eroiche, veramente eroiche, che non figurano in nessuna cronaca spettacolare, che non faranno mai notizia — come si dice —, tu e io ne conosciamo molte: vivono in continua abnegazione, sacrificando con gioia i loro gusti e le loro inclinazioni, il loro tempo, le loro possibilità di affermazione o di successo, per tappezzare di felicità i giorni dei loro figli. (Amici di Dio, 134)
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Beata Maddalena Caterina Morano

Suora “Figlie di Maria Ausiliatrice”

Maddalena Caterina Morano, sesta di otto figli, nasce a Chieri, in provincia di Torino, il 15 novembre del 1847.

A otto anni perde il padre Francesco e la sorella maggiore e inizia ad aiutare la madre nel lavoro. Riprende gli studi grazie allo zio sacerdote. La maestra la nomina aiutante delle più piccole.
Intanto incontra per la prima volta don Bosco, che si trovava di passaggio a Buttigliera d’Asti. Maddalena è portata all’insegnamento e a 17 anni, presso la Scuola di Pinerolo, consegue il diploma magistrale.

A 19 anni inizia a insegnare a Montaldo Torinese: lo farà con diligenza e competenza per quattordici anni, guadagnandosi il rispetto e la stima di tutto il paese.
Nel 1878 Maddalena si consiglia col suo direttore spirituale e, dopo aver comprato una casa alla madre con i suoi risparmi, va a parlare con don Bosco che l’indirizza a Mornese dove Madre Mazzarello l’accoglie festante; fu subito messa ad insegnare.

Nel 1880 si consacra a Dio con i voti perpetui e, in quell’occasione, ripete a Gesù la sua preghiera: “Signore, non permettere che io muoia senza essere arrivata alla santità. Fammi Santa!”.
Nel 1881, sotto richiesta dell’arcivescovo di Catania, Maddalena viene inviata a dirigere la nuova opera di Trecastagni, dove servivano tre maestre. Per quattro anni dirige, insegna, lava, cucina, è catechista ma soprattutto testimone, tanto che cominciano a bussare le ragazze: “vogliamo essere come lei!” Dopo una pausa di un anno a Torino, dove dirige la casa FMA di Valdocco, viene rimandata in Sicilia come visitatrice, direttrice e maestra delle novizie.
Ha il compito di fondare nuove case e di formare sante suore. Volgendo costantemente “uno sguardo alla terra e dieci al Cielo”, apre scuole, oratori, convitti e laboratori in ogni parte dell'isola.
Sorgono nuove numerose vocazioni, attratte dal suo zelo apostolico e dal clima comunitario che si crea intorno a lei. Il suo molteplice apostolato è apprezzato e incoraggiato dai Vescovi. A Catania le affidano l'intera Opera dei catechismi, la fondazione di nuovi oratori e il Convitto dell’Istituto Magistrale. Devotissima di S. Giuseppe e di Maria Ausiliatrice, che la guidarono nelle nuove fondazioni, riuscì ad inculturare fedelmente il carisma di don Bosco e il Sistema Preventivo.
Minata da un'affezione tumorale, il 26 marzo 1908 suor Maddalena Caterina Morano muore a Catania. Alla sua morte le case della Sicilia sono 18, le suore 142, le novizie 20, le postulanti 9.

Le sue spoglie, esumate il 1° dicembre 1993, oggi sono deposte in un’urna di vetro esposte ai fedeli nella nuova cappella. Esse hanno riposato nel cimitero di Alì Terme fino al 12 settembre 1939, giorno in cui vennero trasportate nella cappella dell’Istituto Maria Ausiliatrice, la “casa del suo cuore”, in mezzo alle sue figlie.

Il Servo di Dio Giovanni Paolo II la proclamò beata il 5 novembre 1994, nella stessa città dov’era morta.

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Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di queste mi volete lapidare ?

San Bernardo (1091-1153), monaco cistercense e dottore della Chiesa
Discorsi vari, n° 22, 5-6

A Cristo Gesù devi tutta la tua vita, poiché ha dato la sua vita per la tua vita, e ha sopportato tormenti amarissimi affinché tu non sopportassi tormenti eterni... Cosa non ti sembrerà dolce quando avrai raccolto nel tuo cuore tutte le amarezze sopportate dal tuo Signore?... “Quanto il cielo sovrasta la terra” (Is 55,9), tanto la sua vita sovrasta la nostra vita, eppure essa è stata data per la nostra vita. Quanto il nulla non può essere paragonato a nessun’altra cosa, tanto la nostra vita è sproporzionata con la sua...

Anche quando gli avessi consacrato tutto quello che sono, tutto quello che posso, questo sarà ancora come una stella in confronto al sole, una goccia in confronto a un fiume, una pietra rispetto ad una torre, un granellino di sabbia rispetto ad un monte. Non ho altro che due cose piccole, anzi molto minute: il mio corpo e la mia anima, o piuttosto una sola piccola cosa: la mia volontà.

E non la darei forse a colui che ha colmato con tanti benefici un essere così piccolo come sono io, a colui che, donando tutto se stesso, mi ha riscattato per intero?

Altrimenti, se tenessi per me la mia volontà, con quale viso, con quali occhi, con quale spirito, con quale coscienza andrei a rifugiarmi presso il cuore della misericordia di Dio?

Oserei trafiggere quel baluardo fortissimo che custodisce Israele, e fare colare come prezzo del mio riscatto, non qualche goccia, ma fiumi di quel sangue che sgorga dai cinque parti del suo corpo?

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giovedì 25 marzo 2010

Sub tuum praesidium


Sub tuum praesidium confugimus, Sancta Dei Genetrix.

Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus,

sed a periculis cunctis libera nos semper,Virgo gloriosa et benedicta.


Sotto la tua protezione troviamo rifugio,Santa Madre di Dio:
non disprezzare le supplichedi noi che siamo nella prova
ma liberaci da ogni pericolo,o Vergine gloriosa e benedetta
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L’annunciazione del Signore

Come innamora la scena dell'Annunciazione! Maria quante volte l'abbiamo meditato! è raccolta in orazione... applica i suoi cinque sensi e tutte le sue facoltà al colloquio con Dio. Nell'orazione conosce la Volontà divina; e con l'orazione la rende vita della sua vita: non dimenticare l'esempio della Vergine! (Solco, 481)

Non dimenticare, amico, che siamo bambini.La Signora dal dolce nome, Maria, è raccolta in preghiera. Tu puoi essere, in quella casa, quello che preferisci: un amico, un servitore, un curioso, un vicino - Quanto a me, in questo momento non oso essere nessuno. Mi nascondo dietro di te e contemplo attonito la scena: l'Arcangelo pronuncia il suo messaggio Quomodo fiet istud , quoniam virum non cognosco? Come avverrà questo, se io non conosco uomo? (Lc 1, 34)
Alle parole di nostra Madre si affollano nella mia memoria, per contrasto, tutte le impurità degli uomini, anche le mie.Come detesto, allora, queste basse miserie della terra! Quanti propositi!Fiat mihi secundum verbum tuum. Si faccia di me secondo la tua parola (Lc 1, 38). Nell'incanto di queste parole verginali, il Verbo si è fatto carne.
Sta per terminare la prima decina Ho ancora il tempo per dire al mio Dio, prima di ogni altro mortale: Gesù, ti amo. (Santo Rosario, I° mistero gaudioso)
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Annunciazione del Signore

L’Annunciazione del Signore è una delle principali feste mariane che la Chiesa ha inserito nel calendario Liturgico. L'episodio è descritto nel Vangelo di Luca (1, 26-38) : l'arcangelo Gabriele annuncia a Maria, vergine, sposa di Giuseppe, il concepimento del Figlio dell'Altissimo.
Il saluto e l'annuncio dell'arcangelo “ave gratia plena Dominus tecum benedicta tu in mulieribus” (28) hanno dato origine alla preghiera dell'Ave Maria.

Celebrare la festa dell'Annunciazione del Signore in un tempo liturgico in cui la Chiesa tende verso la Pasqua, può apparire una stranezza. Va tuttavia notato che il mistero dell'Incarnazione del Verbo eterno di Dio è finalizzato al mistero pasquale, il mistero (progetto) di Cristo.
La data esatta in cui avvenne l'Annunciazione è ignota, come pure quella della nascita di Gesù. La sua ricorrenza è convenzionalmente fissata al 25 marzo, nove mesi esatti prima del Natale, in quanto la dottrina cristiana fa coincidere l'Annunciazione con il momento del concepimento miracoloso di Gesù. Come curiosità, il 25 Marzo era una data simbolica e prestigiosa per l'inizio della nuova era cristiana (inizio anno), così tante altre feste erano datate in questo giorno; oggi resta solo questa.

Quella di oggi non è la festa di Maria, ma una solennità molto importante, perché celebra l'annuncio dell'angelo a Maria, l'inizio dell'incarnazione, il meraviglioso incontro tra il divino e l'umano, tra il tempo e l'eternità. È il Signore che si incarna in Maria. È Dio che sceglie, come Madre del proprio Figlio, una fanciulla ebrea, a Nazaret in Galilea.
Nella liturgia odierna, l'incarnazione è definita il grande segno dato da Dio agli uomini e l'inizio del grande sacrificio, quello per cui Gesù dice al Padre: “Ecco, io vengo a fare la tua volontà”. Si tratta del sacrificio perfetto, unico e definitivo, sostitutivo delle tante vittime sacrificali del Vecchio Testamento, che l'umanità offre a Dio attraverso Cristo. Già in questa totale offerta di Gesù al Padre per noi, si può cogliere il coinvolgimento pieno di Maria, che al termine del colloquio con l'angelo dà il suo sì con una espressione molto eloquente. Non dice solamente farò quanto hai detto, mi impegnerò a compiere questo servizio. Ma esprime una consacrazione: “sia fatto di me – della mia persona – quello che hai detto”.
Maria era cosciente di aderire ad una storia profetica, che sarebbe stata completata da suo figlio, per il quale Dio stesso aveva scelto un nome, quello di Gesù, che significa “Colui che salva, il Salvatore”.

L'annuncio in Maria è un ascolto che accoglie e genera. Così realizza in se stessa il mistero della fede, accettando Dio com'è. La povertà totale, “sono la serva del Signore”, di chi rinuncia all'agire proprio per lasciare il posto a Dio, è in grado di contenere l'Assoluto. È figura di ogni uomo e di tutta la Chiesa che, nella fede, concepisce e genera l'incomprensibile: Dio stesso.

Dall'omelia del Servo di Dio Giovanni Paolo II
Santa Messa nella Basilica dell'Annunciazione
Israele – Nazareth (Sabato, 25 Marzo 2000)

« Ecco l'ancella del Signore: si faccia di me secondo la tua parola » (Angelus).

Carissimi Fratelli e Sorelle,

[...] 2. Siamo qui riuniti per celebrare il grande mistero che si è compiuto qui duemila anni fa. L'evangelista Luca colloca chiaramente l'evento nel tempo e nello spazio: « Nel sesto mese, l'Angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1, 26-27). Per comprendere però ciò che accadde a Nazareth duemila anni fa, dobbiamo ritornare alla lettura tratta dalla Lettera agli Ebrei. Questo testo ci permette di ascoltare una conversazione tra il Padre e il Figlio sul disegno di Dio da tutta l'eternità. « Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo ... per fare, o Dio, la tua volontà» (10, 5-7). La Lettera agli Ebrei ci dice che, obbedendo alla volontà del Padre, il Verbo Eterno viene tra noi per offrire il sacrificio che supera tutti i sacrifici offerti nella precedente Alleanza. Il suo è il sacrificio eterno e perfetto che redime il mondo.

Il disegno divino è rivelato gradualmente nell'Antico Testamento, in particolare nelle parole del profeta Isaia, che abbiamo appena ascoltato: « Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele » (7, 14). Emmanuele: Dio con noi. Con queste parole viene preannunciato l'evento unico che si sarebbe compiuto a Nazareth nella pienezza dei tempi, ed è questo evento che celebriamo oggi con gioia e felicità intense. [...]

A Nazareth, dove Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico, chiedo a Maria di aiutare la Chiesa ovunque a predicare la «buona novella» ai poveri, proprio come ha fatto Lui (cfr Lc 4, 18). In questo «anno di grazia del Signore», chiedo a Lei di insegnarci la via dell’umile e gioiosa obbedienza al Vangelo nel servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, senza preferenze e senza pregiudizi.

« O Madre del Verbo Incarnato, non disprezzare la mia preghiera, ma benigna ascoltami ed esaudiscimi. Amen » (Memorare)

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Piena di grazia

San Giovanni Damasceno (circa 675-749), monaco, teologo, dottore della Chiesa
Omelia sulla Natività della Vergine, 9-10

Questa donna sarà Madre di Dio, porta della luce, fonte di vita ; annullerà l'accusa che pesava su Eva. Di costei, « i più ricchi del popolo cercheranno il suo volto » (Sal 44, 13). Davanti a questa donna, i re delle nazioni si prostreranno, offrendole doni (Sal 71, 11 ; Mt 2, 11)... Ma la sua gloria è interiore ; è il frutto del suo seno.

Figlia del re Davide e madre del Re dell'universo, capolavoro per il quale gioisce il Creatore (Is 62, 5)... , sarai il vertice della natura. Non sei nata per te, bensì per Dio ; servirai alla salvezza di tutti gli uomini, secondo il disegno di Dio stabilito fin dal principio : l'incarnazione del suo Verbo e la nostra divinizzazione. Tutto il tuo desiderio sta nel nutrirti delle parole di Dio, nel fortificarti della loro linfa, come « olivo verdeggiante nella casa di Dio » (Sal 52, 10), « albero piantato lungo corsi d'acqua », tu l'albero di vita che « ha dato frutto a suo tempo » (Sal 1, 2 ; Ez 47, 12)...

Porta di Dio sempre vergine (Ez 44, 2), le tue mani portano il tuo Dio ; le tue ginocchia sono un trono più alto dei cherubini (Sal 79, 2)... Sei la stanza nuziale dello Spirito (Ct 1, 4), la « città del Dio vivente che rallegrano un fiume e i suoi ruscelli » (Sal 46, 5), cioè l'ondata dei doni dello Spirito. Tutta bella tu sei, diletta di Dio (Ct 4, 7)
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mercoledì 24 marzo 2010

Amare significa ricominciare ogni giorno a servire, con segni operativi di affetto

Questi giorni mi dicevi sono trascorsi più felici che mai. E ti ho risposto senza esitazione: perché «hai vissuto» un po' più donato del solito. (Solco, 7)

Ricordate la parabola dei talenti. Il servo che ne aveva ricevuto uno, poteva — come i suoi compagni — impiegarlo bene, farlo fruttare, applicando le sue capacità. Invece che cosa decide? Ha paura di perderlo, e va bene. Ma poi? Lo sotterra! [Cfr Mt 25, 18], Così non dà frutto.
Deve farci riflettere questo esempio di timore malsano di mettere a frutto onestamente le capacità di lavoro, l'intelligenza, la volontà, tutto l'uomo. «Lo sotterro — pensa tra se quell'infelice — ma la mia libertà è salva!». No. La libertà ha aderito a qualcosa di molto concreto, all'aridità più povera e più sterile. Ha preso una decisione, perché non poteva non scegliere: e ha scelto male.
Niente di più falso che opporre la libertà al dono di se, perché tale dono è conseguenza della libertà. Ascoltate bene: una madre che si sacrifica per amore dei suoi figli, ha fatto una scelta; e la misura del suo amore esprimerà quella della sua libertà. Se l'amore è grande, la libertà sarà feconda, e il bene dei figli deriva da questa benedetta libertà, che comporta il dono di se, e deriva da questo benedetto dono, che è appunto libertà.
Ma, mi direte, quando abbiamo raggiunto ciò che amiamo con tutta l'anima, smettiamo di cercare. La libertà, in tal caso, è scomparsa? Vi assicuro che proprio allora la libertà è più operativa che mai, perché l'amore non si accontenta di adempimenti abitudinari, e non è compatibile con il tedio o l'apatia. Amare significa ricominciare ogni giorno a servire, con segni operativi di affetto.Insisto, vorrei inciderlo a fuoco in tutti: la libertà e il dono di se non sono contraddittori; si sostengono a vicenda. La libertà si può cedere soltanto per amore; non riesco a concepire altro genere di concessione. Non è un gioco di parole, più o meno felice. Nel dono di se volontario, in ogni istante della dedicazione, la libertà rinnova l'amore, e rinnovarsi significa essere sempre giovane, generoso, capace di grandi ideali e di grandi sacrifici. (Amici di Dio, 30-31)
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S. Caterina di Svezia

Vergine, Figlia di S. Brigida

Catarina Ulfsdotter, meglio conosciuta col nome di Caterina di Svezia, era la secondogenita degli otto figli di S. Brigida.
Questa grande mistica svedese, che molta influenza ebbe nella storia, nella vita e nella letteratura del suo Paese, fu la fondatrice, nel 1369, dell'Ordine del Ss. Salvatore di Santa Brigida (gli appartenenti a quest’ordine sono chiamati brigidini o brigidine).

Caterina, nata nel 1331, in giovanissima età si era maritata con Edgarvon Kyren, nobile di discendenza e soprattutto di sentimenti, poiché acconsentì al desiderio della giovane e graziosa consorte di osservare il voto di continenza, anzi, con commovente emulazione nella pratica della cristiana virtù della castità, si legò egli stesso a questo voto.

Nell'anno santo 1350 si recò a Roma insieme con un gruppo di pellegrini per lucrare il giubileo; vi rimase poi per condividere la vita della madre nella casa di Piazza Farnese, tanto più che era stata raggiunta dalla notizia della morte del marito in Svezia, avvenuta il giovedì santo di quell'anno.
Da questo momento la vita delle due straordinarie sante scorre sullo stesso binario: la figlia partecipa con totale dedizione all'intensa attività religiosa di S. Brigida. Questa aveva creato in Svezia una comunità di tipo cenobitico, nella cittadina di Vadstena, per accogliervi in separati conventi di clausura uomini e donne sotto una regola di vita religiosa ispirata al modello del mistico S. Bernardo di Chiaravalle.
Durante il periodo romano Caterina fu costantemente accanto alla madre, nei lunghi pellegrinaggi intrapresi, spesso tra gravi pericoli, dai quali le due sante non sarebbero uscite indenni senza un intervento soprannaturale (S. Caterina viene spesso rappresentata accanto ad un cervo, che, secondo la leggenda, più volte sarebbe comparso misteriosamente per trarla in salvo).

Dopo la morte della madre, avvenuta il 23 luglio 1373, Caterina accompagnò le reliquie che vennero riportate a Vadstena; qui entrò monaca nel monastero brigidino, di cui fu la prima Badessa.
Fu di nuovo a Roma per ottenere l'approvazione della Regola dell' Ordine del Ss. Salvatore e per partecipare al processo di canonizzazione di sua madre: in questa occasione si mostrò « vera figlia di S. Brigida », come ebbe a chiamarla il Papa per la sua eloquenza.
A Roma, narra una tradizione leggendaria, Caterina avrebbe prodigiosamente salvato la città dalla piena del Tevere, che aveva già abbattuto gli argini; l'episodio è raffigurato in un dipinto conservato nella cappella a lei dedicata nell'abitazione di P.za Farnese.

Tornò a Vadstena, ormai sfinita e malata: vi morì il 24 marzo del 1381; le spoglie, tumulate nella chiesa del monastero, divennero oggetto di grande venerazione popolare.

Caterina di Svezia fu proclamata santa da Pp Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cibo) nel 1484

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Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero

San Paciano di Barcellona (? - circa 390), vescovo
Discorso sul battesimo, 6-7, PL 13, 1093-94

Fratelli, nel battesimo, abbiamo avuto una nuova nascita ... « Se noi riponiamo la nostra speranza soltanto in questo mondo, siamo da compiangere più di tutti gli uomini » (1 Cor 15, 19). La nostra vita materiale, come voi medesimi potete osservare, ha la stessa durata di quella delle fiere, degli animali, degli uccelli e magari anche minore. Caratteristica dell'uomo invece è di ottenere quello che Cristo ha dato per mezzo del suo Spirito, la vita eterna, a patto però che non pecchiamo più... « La morte è il salario del peccato : ma dono di Dio è la vita eterna, in Gesù Cristo, nostro Signore » (Rm 6, 23).

Figlioli miei, prima di tutto, ricordate questo : una volta, le nazioni erano sottomesse alle potenze delle tenebre ; ora siamo stati liberati, grazie alla vittoria di Gesù Cristo nostro Signore. Egli ci ha riscattati... Ha liberato quelli che erano legati in ceppi e ha spezzato le loro catene, come Davide aveva profetizzato : « Il Signore solleva quelli che sono caduti, il Signore scioglie quelli che sono legati, il Signore illumina i ciechi » (Sal 145, 7). E ancora : « Hai spezzato le mie catene. A te offrirò un sacrificio di lode » (Sal 115, 16). Siamo stati dunque sciolti dalle nostre catene quando, mediante il sacramento del battesimo, ci siamo raccolti sotto lo stendardo di Cristo... Siamo stati liberati nel nome e col sangue di Cristo...

Perciò, carissimi, ricordiamoci che veniamo lavati una volta sola ; una volta sola veniamo liberati ; e una volta sola entriamo nel Regno eterno. Una volta sola sono « beati quelli a cui sono rimesse le colpe e perdonato il peccato » (Sal 31, 1). Tenete ben stretto quello che avete ricevuto, conservatelo nella gioia, non vogliate più peccare. Conservatevi puri e immacolati per il giorno del Signore

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martedì 23 marzo 2010

Ascolta, Signore, il gemito del misero

21 Di nuovo Gesù disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». 22 Dicevano allora i Giudei: «Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?». 23 E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. 24 Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati». 25 Gli dissero allora: «Tu chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che vi dico. 26 Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui». 27 Non capirono che egli parlava loro del Padre. 28 Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. 29 Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite». 30 A queste sue parole, molti credettero in lui.

Gesù, per stimolare i suoi avversari a cambiare atteggiamento nei suoi confronti, diventa polemico e fa balenare la minaccia della morte nel peccato. Egli sta per tornare da Dio: con la sua passione e risurrezione passa da questo mondo al Padre (cfr Gv 13,1); i suoi nemici non potranno raggiungerlo nella gloria eterna; anzi, con la morte nel peccato di incredulità, si separeranno eternamente da lui.
La reazione dei giudei è molto più sarcastica che in 7,35. Lì i suoi avversari ipotizzavano il suo trasferimento in terra pagana, qui parlano di suicidio. L’idea che la fonte della vita e della luce possa suicidarsi è possibile solo ai figli del diavolo. In nessun altro passo del vangelo troviamo espressioni più sarcastiche e blasfeme contro il Figlio di Dio.
La risposta di Gesù all’insulto satanico dei giudei è tagliente e aspra: voi siete dal basso, dal mondo tenebroso del maligno, io sono dall’alto, di origine divina. In Gv 8, 44 Gesù espliciterà maggiormente l’origine satanica dei suoi avversari: il loro padre è il diavolo, l’omicida fin dal principio. Scrive Loisy: "I giudei pensano di deridere il Cristo; ma sono loro tragicamente ridicoli".
Se i giudei si ostinano a non aprirsi alla luce, che è Cristo, la loro sorte è segnata: essi moriranno nei loro peccati. L’ostinazione nel rifiuto della luce (cfr Gv 9,41), cioè l’opposizione fondamentale contro il Figlio di Dio, conduce alla morte eterna (cfr 1Gv 5,16-17). Questo è il peccato specifico del mondo tenebroso (cfr Gv 16,8-9).
La risurrezione e la vita si trovano in Gesù; per non morire bisogna credere alla sua divinità (cfr Gv 11,25-26). Le parole "Io sono" indicano con chiarezza la divinità di Cristo. "Io sono" è la traduzione del nome ebraico di Jahvè, quindi esprime la divinità della persona di Gesù.
Gli interlocutori di Gesù non hanno ancora afferrato la sua dichiarazione, davvero inaudita, di essere Dio. La comprensione piena dell’"Io sono" è riservata alla scena finale (vv. 58-59). Per questo i giudei chiedono a Gesù: "Tu chi sei?". L’interrogativo: "Chi è Gesù" è fondamentale nel vangelo di Giovanni. La risposta di Gesù appare molto enigmatica. Fin dal principio il Logos è ciò che dice, ossia la parola di Dio (Gv 1,1), la manifestazione della vita e dell’amore del Padre.
Il Logos incarnato non manifesta solo il mistero di Dio, ma conosce bene anche l’uomo; quindi può parlare dei suoi interlocutori senza sbagliarsi. Gesù rivela al mondo ciò che ha udito dal Padre che lo ha mandato. L’evangelista annota: i giudei non capirono che parlava loro del Padre.
La divinità di Gesù sarà riconosciuta quando sarà innalzato sulla croce. Anche i giudei per avere la vita dovranno credere nel Logos incarnato esaltato sulla croce. Con l’esaltazione dell’uomo Gesù sulla croce non avverrà solo il riconoscimento della sua divinità, ma anche quello della sua funzione di rivelatore definitivo, in piena e perfetta dipendenza dal Padre.
Il Padre e il Figlio vivono sempre intimamente uniti e formano una cosa sola per cui il Logos incarnato non può mai essere abbandonato da Dio. Questa unità perfetta tra Gesù e il Padre ha come conseguenza il perfetto compimento della volontà del Padre. Nella Trinità esiste una sola volontà divina.
La pausa descrittiva sulla fede di molte persone in ascolto serve come passaggio a un’altra scena nella quale è svolta una nuova tematica teologica, quella della vera libertà dei figli di Abramo. Anche qui sembra trattarsi di una fede superficiale, come quella di Nicodemo e degli altri abitanti di Gerusalemme.
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Ricorri subito alla Confessione

Se qualche volta cadi, figlio mio, ricorri subito alla Confessione e alla direzione spirituale: mostra la ferita!, perché te la curino a fondo, perché eliminino tutte le possibilità di infezione, anche se ti fa male come in un'operazione chirurgica. (Forgia, 192)

Ti riassumo la tua storia clinica: qui cado e lì mi rialzo...: quest'ultima cosa è ciò che conta. Ebbene, continua con quest'intima lotta, anche se procedi a passo di tartaruga.
Avanti!Sai bene, figlio mio, fino a che punto puoi arrivare, se non lotti: l'abisso chiama l'abisso. (Solco, 173)

Hai capito in che cosa consiste la sincerità quando mi hai scritto: «Sto cercando di abituarmi a chiamare le cose col loro nome e, soprattutto, a non cercare appellativi per ciò che non esiste». (Solco, 332)

«Abyssus, abyssum invocat...» un abisso chiama l'altro, te l'ho già ricordato. È la descrizione esatta del modo di agire dei bugiardi, degli ipocriti, dei rinnegati, dei traditori: trovandosi a disagio con il proprio modo di comportarsi, nascondono agli altri le proprie frodi, per andare di male in peggio, scavando una voragine fra loro e il prossimo. (Solco, 338)

La sincerità è indispensabile per progredire nell'unione con Dio.— Se dentro di te, figlio mio, c'è un “rospo”, sputalo! Di' subito, come ti consiglio sempre, ciò che non vorresti che si sapesse. Dopo aver sputato il “rospo” nella Confessione, come si sta bene! (Forgia, 193)

Al momento dell'esame sta' in guardia contro il demonio muto. (Cammino, 236)
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