mercoledì 30 novembre 2011

Dio ama scegliere strumenti deboli

Stiamo volentieri, Signore, nella tua mano piagata. Stringici forte! Spremici! Fa' che perdiamo tutta la miseria terrena!, che ci purifichiamo, che ci infiammiamo, che ci sentiamo imbevuti del tuo Sangue! — E poi, gettaci lontano!, lontano, con fame di messe, in una semina ogni giorno più feconda, per Amore di Te. (Forgia, 5)


Senza troppa fatica potremmo trovare nella nostra famiglia, tra i nostri amici e i nostri colleghi, per non parlare dell'immenso panorama del mondo, tante persone più degne di ricevere la chiamata di Cristo. Persone più semplici, più sagge, più influenti, più importanti, più riconoscenti, più generose.
Quando ci penso, ne sento vergogna. Però mi rendo anche conto che la nostra logica umana non serve per spiegare le realtà della grazia. Dio ama scegliere strumenti deboli perché appaia con maggiore evidenza che l'opera è sua. (…) Vi dicevo che tutto è avvenuto senza alcun merito da parte nostra, perché alla base della vocazione c'è la consapevolezza della nostra miseria, la certezza che la luce che illumina l'anima — la fede —, l'amore con cui amiamo — la carità —, e lo slancio che ci sostiene — la speranza — sono doni gratuiti di Dio. Pertanto, se non cresciamo in umiltà, perdiamo di vista lo scopo della scelta divina: ut essemus sancti, la santità personale.
È con questa umiltà che possiamo comprendere le meraviglie della chiamata divina. La mano di Cristo ci raccoglie dal granaio: il Seminatore stringe nella sua mano piagata il pugno di frumento; il sangue di Cristo imbeve il seme, lo impregna. Poi il Signore lo getta nel solco, perché morendo sia vita e, affondando nella terra, sia capace di moltiplicarsi in spighe dorate. (E' Gesù che passa, 3)
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Preghiera del mattino 30/XI/2011

Anche oggi il sole è spuntato ed io mi ricordo di quanto i profeti dicevano di te: che tu saresti apparso, come il sole, per illuminare quelli che dimoravano in terra nelle tenebre della morte.
Ti prego, sii per me la vera luce che guiderà i miei passi in questa giornata; fa' che possa sentire la tua voce che mi chiama a seguirti.
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Essi subito lasciarono le reti e lo seguirono

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Nella prima tappa del suo ministero, Gesù non compie un miracolo, né fa un discorso, ma chiama quattro pescatori. I discepoli hanno un’importanza così fondamentale per la missione di Gesù che egli non la inizia senza prima averli chiamati.
La chiamata-risposta dei quattro pescatori è un modello di conversione, un’adesione concreta e immediata all’annuncio di Gesù: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino»(v. 17). La storia della loro chiamata è esemplare per tutti i futuri discepoli: i cristiani sono dei «chiamati» (Rm 8,30; 9,24; 1Cor 1,9; 7, 15; ecc.).
A questi primi quattro discepoli Gesù comanda solo di seguirlo, come aveva fatto Elia con Eliseo (cf. 1Re 19,20-21). Aggiungendo però che ne farà dei «pescatori di uomini», Gesù li associa subito alla sua missione.
La chiamata di Gesù non è frutto di sforzi umani o di meriti particolari, ma si rivela totalmente gratuita e inaspettata. In tutto questo brano viene sottolineata l’azione di Gesù: è lui che cammina, vede, parla, chiama. Questi discepoli sono chiamati a condividere il destino di Gesù, a seguirlo non solo fisicamente, ma soprattutto spiritualmente.
Il distacco di Giacomo e Giovanni dal loro padre Zebedeo anticipa e spiega la richiesta che Gesù farà a tutti i chiamati: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me» (Mt 10,37) e il suo sublime insegnamento: «Non chiamate nessuno «padre» sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» (Mt 23,9).


Padre Lino Pedron
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martedì 29 novembre 2011

Novena Immacolata

1° Giorno: INVOCAZIONE DI AIUTO A MARIA
O Vergine Immacolata, primo e soave frutto di salvezza, noi ti ammiriamo e con Te celebriamo le grandezze del Signore che ha fatto in Te mirabili prodigi.
Guardando Te, noi possiamo capire ed apprezzare l’opera sublime della Redenzione e possiamo vedere nel loro risultato esemplare le ricchezze infinite che Cristo, con il Suo Sangue, ci ha donato.
Aiutaci, o Maria, ad essere, come Te, salvatori insieme con Gesù di tutti i nostri fratelli. Aiutaci a portare agli altri il dono ricevuto, ad essere “segni” di Cristo sulle strade di questo nostro mondo assetato di verità e di gloria, bisognoso di redenzione e di salvezza. Amen.
3 Ave Maria


2° GIORNO: TI SALUTO, O MARIA
Ti saluto, O Maria, tutta pura, tutta irreprensibile e degna di lode.
Tu sei la corredentrice, la rugiada del mio arido cuore, la serena luce della mia mente confusa, la riparatrice di tutti i miei mali.
Compatisci, o purissima, l’infermità dell’anima mia.
Tu puoi ogni cosa perché sei la Madre di Dio; a Te nulla si nega, perché sei la Regina. Non disprezzare la mia preghiera e il mio pianto, non deludere la mia attesa. Piega il Figlio tuo in mio favore e, finchè durerà questa vita, difendimi, proteggimi, custodiscimi.
3 Ave Maria


3° GIORNO: OTIENIMI UN CUORE FEDELE
Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come acqua di sorgente. Ottienimi un cuore semplice che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze: un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione; un cuore fedele e generoso, che non dimentichi alcun bene e non serbi rancore di alcun male.
Formami un cuore dolce e umile che ami senza esigere di essere riamato; un cuore grande e indomabile così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere e nessuna indifferenza lo possa stancare; un cuore tormentato dalla gloria di Gesù Cristo, ferito dal suo grande amore con una piaga che non rimargini se non in Cielo.
3 Ave Maria


4° GIORNO: AIUTACI, O MADRE
Regina nostra, inclita Madre di Dio, ti preghiamo: fa’ che i nostri cuori siano ricolmi di grazia e risplendano di sapienza. Rendili forti con la tua forza e ricchi di virtù. Su noi effondi il dono della misericordia, perché otteniamo il perdono dei nostri peccati. Aiutaci a vivere così da meritare la gloria e la beatitudine del Cielo.
Questo ci conceda Gesù Cristo, tuo Figlio, che ti ha esaltata al di sopra degli Angeli, ti ha incoronata Regina, e ti ha fatto assidere in eterno sul fulgido trono. A Lui onore e gloria nei secoli. Amen. (S. Antonio di Padova)
3 Ave Maria


5° GIORNO: SALVACI, O MARIA!
O Vergine, bella come la luna, delizia del Cielo, nel cui volto guardano i beati e si specchiano gli Angeli, fa’ che noi, tuoi figli, ti assomigliamo, e che le nostre anime ricevano un raggio della tua bellezza che non tramonta con gli anni, ma che rifulge nell’eternità.
O Maria, Sole del Cielo, risveglia la vita dovunque è la morte e rischiara gli spiriti dove sono le tenebre. Rispecchiandoti nel volto dei tuoi figli, concedi a noi un riflesso del tuo lume e del tuo fervore.
Salvaci, o Maria, bella come la luna, fulgida come il sole, forte come un esercito schierato, sorretto non dall’odio, ma dalla fiamma dell’amore. Amen.
3 Ave Maria


6° GIORNO: TU, O MARIA
Ave Maria! Piena di grazia, più Santa dei Santi, più elevata dei cieli, più gloriosa degli Angeli, più venerabile di ogni creatura. Ave, celeste Paradiso! Tutto fragranza, giglio che olezza soave, rosa profumata che si schiude alla salute dei mortali.
Ave, tempio immacolato di Dio costruito santamente, adorno di divina magnificenza, aperto a tutti, oasi di mistiche delizie.
Ave purissima! Vergine Madre!
Degna di lode e di venerazione, fonte d’acque zampillanti, tesoro d’innocenza, splendore di santità. Tu, o Maria, guidaci al porto della pace e della salvezza, a gloria di cristo che vive in eterno con il Padre e con lo Spirito Santo. Amen.
San Germano
3 Ave Maria


7° GIORNO: RICORDATI DEI TUOI FIGLI.
O Vergine Maria, Madre della Chiesa, a Te raccomandiamo la Chiesa tutta. Tu che sei chiamata “aiuto dei Pastori”, proteggi e assisti i vescovi nella loro missione apostolica, e quanti, sacerdoti e religiosi, laici, li aiutano nella loro ardua fatica.
Ricordati di tutti i tuoi figli; avvalora presso Dio le loro preghiere; conserva salda la loro fede; fortifica la loro speranza; aumenta la carità.
Ricordati di coloro che versano nelle tribolazioni, nelle necessità, nei pericoli; ricordati di coloro soprattutto che soffrono persecuzioni e si trovano in carcere per la fede. A costoro, o Vergine, concedi la forza e affretta il sospirato giorno della giusta libertà.
3 Ave Maria


8° GIORNO: O PADRE MISERICORDIOSO
O Padre di misericordia, datore di ogni bene, noi ti ringraziamo perché dalla nostra stirpe umana hai eletto la beata Vergine Maria ad essere Madre del Figlio tuo fatto Uomo. Ti ringraziamo perché l’hai preservata da ogni peccato, l’hai riempita di ogni dono di grazia, l’hai congiunta all’opera di redenzione del tuo Figlio e l’hai assunta in anima e corpo al Cielo.
Ti preghiamo, per sua intercessione, di poter realizzare la nostra vocazione cristiana, di crescere ogni giorno nel tuo amore e di venire con Lei a godere per sempre nel tuo regno beato. Amen
3 Ave Maria


9° GIORNO: CHINATI SU DI NOI.
Ascolta, o prediletta da Dio, l’ardente grido che ogni cuore fede innalza verso di Te. Chinati sulle nostre piaghe doloranti. Muta le menti dei malvagi, asciuga le lacrime degli afflitti e degli oppressi, custodisci il fiore della purezza nei giovani, proteggi la Chiesa santa, fa’ che gli uomini tutti sentano il fascino della cristiana bontà…
Accogli, o Madre dolcissima, le nostre umili suppliche e ottienici soprattutto che possiamo un giorno ripetere dinanzi al tuo trono l’inno che si leva oggi sulla terra intorno ai tuoi altari: tutta bella sei, o Maria! Tu gloria, Tu letizia, Tu onore del nostro popolo. Amen.
3 Ave Maria
Fa che l'amore riservato a Gesù nei nostri cuore ci renda capaci di amarci
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Preghiera del mattino 29/XI/2011

Signore Gesù, tu che sei venuto per rivelarti ai "piccoli", dammi oggi la semplicità, la fiducia e la sapienza dei bambini, perché sappia vederti in ogni persona, amarti in ogni prossimo, senza giudizi e senza riserve.
E che possa gioire in ogni circostanza lieta o triste di questa giornata, riconoscendo in essa la volontà del Padre.
Tu ci hai insegnato che solo a chi ama, Dio si manifesta: dammi di amare col tuo cuore per poter scorgere, fra le trame del mondo, il disegno meraviglioso del Padre tuo su ogni creatura.
E che sia capace di ripetere sempre come un bambino quelle due semplici parole che lo Spirito fa sgorgare dal tuo cuore: "Sì, Padre".
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Gesù esultò nello Spirito Santo

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Al ritorno dei 72 discepoli che aveva mandato in missione (v. 17), Gesù rivela il senso ultimo dell’attività missionaria. Essa non è soltanto vittoria sul male e ritorno al paradiso terrestre, ma è soprattutto iscrizione nel libro della vita, nell’elenco di coloro che fanno parte della famiglia di Dio, nello stato di famiglia di Dio. Tutti coloro che accolgono la parola di Dio partecipano al rapporto ineffabile del Figlio di Dio con il Padre. Non solo sono chiamati figli di Dio, ma lo sono realmente (cf 1Gv 3,1). Gesù dice ai suoi discepoli: "Rallegratevi", perché sono entrati insieme con lui nel seno del Padre e possono dire a Dio in tutta verità: «Abbà», papà, babbo. Questo è il fine ultimo della missione.
L’uomo è fatto per la gioia, perché è fatto per Dio. Diversamente è triste fino a detestare la vita. Ma dove può trovare la gioia vera? I 72 discepoli l’hanno trovata nell’andare in missione, nello sconfiggere il demonio, nel diventare realmente figli di Dio di nome e di fatto. E noi dove la cerchiamo? 
Il cristianesimo riconosce il male che era nell’uomo e che rimane in tutti come possibilità e tentazione. Ma
proclama con forza che Dio «ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto» (Col 1,13) e ci ha «liberati dalle mani dei nemici per servirlo senza timore in santità e giustizia» (Lc 1,75). La fede nella parola di Dio ci sottrae dal potere della menzogna diabolica. L’annuncio del vangelo ci rende liberi e responsabili.
Questa caduta di satana dall’alto ridona all’uomo la possibilità di vedere finalmente il vero volto di Dio. Il maligno si era frapposto tra noi e Dio e aveva cercato di sovrapporre la sua immagine a quella di Dio. Questa menzogna, che presenta Dio con il volto del maligno sta all’origine di ogni peccato. Nella predicazione della parola di Dio, satana cade dal cielo e Dio torna ad apparire all’uomo con il suo vero volto, quello dell’amore (cf 1Gv 4,8.16).
La gioia dei discepoli per il successo della loro missione provoca un sussulto di esultanza anche in Gesù. Non è solo una gioia fisica, ma soprattutto interiore, spirituale. E’ ridondanza dello Spirito Santo che abita in lui fin dal suo concepimento (Lc 1,35), dal battesimo (Lc 3,22), dall’investitura ricevuta nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,18).
Egli si rivolge a Dio chiamandolo Abbà, termine che nella famiglia ebraica era usato normalmente dai figli più piccoli per chiamare il proprio papà. Gesù lo usa per sottolineare il grado di intimità che lo lega a Dio. Il Papà di Gesù è il Creatore del cielo e della terra, ma nei confronti dell’uomo è un carissimo amico, un familiare, il papà.
Anche in questa circostanza Gesù si impegna a liberare l’uomo dal terrore di Dio.
La gioia di Gesù è motivata dal criterio che Dio ha scelto nella manifestazione dei suoi misteri. Li ha nascosti ai sapienti e agli intelligenti e li ha rivelati ai piccoli. Cristo e il suo messaggio non sono stati accettati da persone colte e istruite come le autorità del popolo giudaico, ma sono stati capiti e accolti dalle persone semplici, povere e umili.
La sapienza di Dio, espressione del suo amore, è stupidità e debolezza di uno che ama fino alla morte di croce (1Cor 1-2). E’ esattamente il contrario della sapienza umana, manifestazione dell’egoismo, che cerca di salvarsi a tutti i costi dalla morte.
Queste due sapienze si oppongono come menzogna e verità, paura e fiducia, egoismo e amore, possesso e dono, morte e vita. Dio, nel suo sapiente disegno, distrugge la sapienza dei sapienti e annulla l’intelligenza degli intelligenti (cf. 1Cor 1,19-21; Is 29,14).
La rivelazione della paternità di Dio è la salvezza dell’uomo: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3).
Il tutto che il Padre dona al Figlio è la vita eterna. Il mistero del Padre è nel Figlio. Egli ci rivela chi è Dio e chi siamo noi per lui. Ci dona la sua stessa conoscenza del Padre, perché lo amiamo con il suo stesso amore.
I discepoli devono essere pieni di gioia perché vedono Gesù. In lui possono vedere ciò che i profeti, i re e l’intero popolo di Dio hanno desiderato vedere e non hanno visto. Tutto Israele è vissuto nell’attesa di questo giorno, e solo loro, i pochi discepoli di Gesù, possono vedere la realizzazione delle promesse di Dio e ascoltare il vangelo della salvezza.


Padre Lino Pedron
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Eccomi, perché mi hai chiamato

È giunto per noi un giorno di salvezza, di eternità. Una volta ancora si odono i richiami del Pastore Divino, le sue parole affettuose: “Vocavi te nomine tuo” — ti ho chiamato per nome. Come nostra madre, Egli ci invita per nome. Anzi: con il nomignolo affettuoso, famigliare. — Laggiù, nell'intimità dell'anima, chiama, e bisogna rispondere: “Ecce ego, quia vocasti me” — eccomi, perché mi hai chiamato, deciso stavolta a non permettere che il tempo passi come l'acqua sui ciottoli, senza lasciare traccia. (Forgia, 7)


Forse un giorno — non voglio generalizzare, apri il tuo cuore al Signore e raccontagli la tua storia — un amico, un comune cristiano come te, ti svelò un panorama profondo e nuovo, eppure vecchio come il Vangelo. Ti suggerì la possibilità di impegnarti seriamente a seguire Cristo, a essere apostolo di apostoli. Forse in quel momento hai perduto la tranquillità, per ritrovarla trasformata in pace, quando liberamente, perché ti andava di farlo — è questo il motivo più soprannaturale — rispondesti di sì a Dio. Sopraggiunse allora una gioia forte, incessante, che può scomparire soltanto se ti allontani da Lui.
Non mi piace parlare di eletti o di privilegiati. Eppure il Signore chiama e sceglie. Sono parole della Scrittura: Elegit nos in ipso ante mundi constitutionem — dice san Paolo — ut essemus sancti. Ci ha scelti prima della creazione del mondo perché fossimo santi. So che questo non ti riempie di orgoglio né ti fa considerare superiore agli altri.
Questa scelta, radice della tua chiamata, deve essere la base della tua umiltà. Si innalza forse un monumento ai pennelli di un grande pittore? Sono serviti per dipingere dei capolavori, ma il merito è dell'artista. Noi cristiani siamo soltanto strumenti del Creatore del mondo, del Redentore di tutti gli uomini. (E' Gesù che passa, 1)
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lunedì 28 novembre 2011

Preghiera del mattino 28/XI/2011

Signore, tu vieni per un nuovo Avvento, per una nuova venuta, un avvenimento che forse sarà l'ultimo.
Possa essere l'ultimo affinché tutte le famiglie della terra ti riconoscano e camminino nella tua luce.
Concedimi oggi di riconoscere il cammino che conduce al tuo tempio perché tu sei venuto e tu vieni in modo da non colpire gli sguardi: tu bussi alla porta del cuore; concedimi di sentire la tua voce e di aprirti senza timore e senza riserve la stalla misera che è la mia anima, affinché ti accolga nella tua umiltà, nella tua umile venuta nel nostro mondo.
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Molti dall’oriente e dall’occidente verranno nel regno dei cieli

Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va'!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa' questo!», ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande!

Il centurione era il comandante di una centuria, di un gruppo di cento soldati. Egli non chiede nulla per sé, ma prega Gesù per il suo servo gravemente ammalato. Gesù manifesta tutta la sua disponibilità: «Io verrò e lo curerò»
(v. 7). Ma il centurione dichiara di non essere degno di ricevere Gesù in casa propria ed è convinto che non occorre che il Signore vada da lui perché lo ritiene capace di comandare anche a distanza sulle potenze del male.
Il centurione è un pagano che crede senza esitazione nel potere della parola di Dio. E la fede nella parola di Dio permette al Signore di agire in noi.
Il miracolo è un segno dell’amore di Dio che interviene a nostro favore, perché è infinitamente sensibile al nostro male. Egli vuole donarci tutto e soprattutto se stesso. Aspetta solo che glielo chiediamo con fede.
La grande fede del centurione rende manifesta la mancanza di fede in Israele. La semplice appartenenza anagrafica al popolo di Dio non dà a nessuno la certezza di essere salvato: a tutti è richiesta la fede che si manifesta nelle opere.
L’incontro con il centurione offre a Gesù l’occasione per annunciare l’entrata di tutti i popoli nel regno di Dio. I pagani prenderanno posto alla tavola dei patriarchi nel regno dei cieli.
La Chiesa è costituita da coloro che credono nella parola di Dio e la mettono in pratica. Nel regno di Dio entreranno solo i figli, ossia quelli che sono stati rigenerati «dalla parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23), dalla parola del vangelo. Il futuro eterno lo si prepara giorno per giorno accogliendo o rifiutando la parola di Gesù. La nostra libertà si esprime pienamente nella fede o nella mancanza di fede, nel nostro acconsentire alla comunione con Dio o nel rifiutarla.
Solo con il detto minaccioso del v. 12 la provocazione raggiunge il suo culmine. E’ colpita la generazione dei giudei contemporanea di Matteo, il giudaismo guidato dai farisei. La causa della sua esclusione è il rifiuto della
parola di Gesù, che è decisiva ai fini della salvezza. Le tenebre significano il luogo più lontano da Cristo, che è la luce (cf. Mt 416) e la salvezza. Il pianto e lo stridore di denti indica il furore smisurato (cf. Sal 3516; 3712; 112,10).
La frase conclusiva del v. 13 ritorna a parlare del servo malato. La precisazione «in quell’istante» significa che la guarigione è avvenuta nel momento in cui Gesù ha pronunciato la sua parola.
In questo brano compare all’orizzonte il pellegrinaggio di tutti i popoli che affluiranno alla casa del Signore, e l’annuncio finale del vangelo di Matteo: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni» (28,19).
Padre Lino Pedron
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domenica 27 novembre 2011

Preghiera del mattino 27/XI/2011

Signore Gesù Cristo, tu non sei mai lontano da chi ti ama, lo sappiamo, ma desideriamo vederti ancora più da vicino, per poter contemplare il tuo volto.
Rendi questo desiderio ancora più vivo nei nostri cuori e mantienici saldi e sicuri fino al giorno della tua venuta.
Possa la nostra preparazione in questo tempo di Avvento essere fatta in questo spirito di gioiosa attesa.
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Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà

Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

La vita del cristiano non è un viaggio durante il quale i trasportati possono sonnecchiare e dormire. Lo indicano le esortazioni che strutturano l’intero discorso: "Guardate che nessuno vi inganni (v. 5)... Ma voi badate a voi stessi (v. 9)... Vigilate dunque (v. 33)... Vegliate (vv. 33.37)". E questi avvisi non sono dati solo a Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea (v. 4), ma a tutti noi che attendiamo la sua venuta: "Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!" (v. 37).
Che cosa significa vegliare? Per l’evangelista Marco, il discepolo è sveglio se in ogni momento si preoccupa di dare testimonianza a Gesù affinché il vangelo raggiunga tutte le nazioni (13,9-10).
Tutta la storia ormai non è altro che il tempo della pazienza di Dio. "Davanti al Signore un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno solo. Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono. Ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2 Pt 3,8-9). Infatti vuole che tutti gli uomini siano salvati (1Tm 2,4) e che la sua casa sia piena (Lc 14,23).
Nell’attesa di questi grandi eventi bisogna vegliare. Il cristianesimo non è oppio. Fa tenere gli occhi aperti. Star svegli è necessario, ma non basta. Il Signore, quando ci ha lasciati, ci ha affidato una missione da compiere. La vigilanza costante deve quindi essere riempita da una fedeltà operosa. La storia non è una sala d’attesa. È un cammino alla sequela di Cristo. La nostra vita è il tempo per colmare la distanza da lui e poterlo raggiungere.
Il discepolo non è un fanatico che attende con agitazione, speculando su date e scadenze; e neppure un deluso che non attende più nulla e nessuno, e dorme. Nell’attesa del ritorno definitivo del Signore, sa cosa fare: mettersi al servizio dei fratelli. E il lavoro non manca! "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Lc 10,2).


Padre Lino Pedron
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sabato 26 novembre 2011

Preghiera del mattino 26/XI/2011

Signore, mio Dio, non abbandonare la mia mano, non allontanarti da me!
Aiutami a progredire sempre nelle buone opere e a proclamare i tuoi miracoli.
Fa' che io canti sempre il tuo nome, o Dio altissimo.
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Vegliate, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo.

La nostra vita non deve essere dominata dal terrore del futuro né stordita dalle sollecitudini esagerate per i beni della terra, diversamente non sappiamo più vedere ciò che ci attende. Chi si interessa solo della vita terrena e dei suoi piaceri, non ha tempo né volontà per pensare al giorno finale.
Alla sobrietà e all’attenzione bisogna aggiungere la vigilanza e la preghiera. San Paolo ci esorta: "E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rm 13,11-14).
La vigilanza dev’essere nutrita da una preghiera costante per non cadere nella tentazione finale di perdere la fede nella fedeltà del Signore. San Paolo scrive: "Voi fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri… Dio non ci ha destinati alla sua collera, ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi" (1Ts 5,4-10).
La vigilanza cristiana è l’esatto contrario dell’oppio dei popoli, è il contrario del cuore appesantito dalle crapule. La vigilanza e la preghiera sono il nostro alzare il capo davanti al Signore che viene, non come giudice, ma come fratello.
E’ certo che il Signore verrà. Occorrono serietà e severità di vita, vigilanza e pietà per vivere coerentemente la vocazione cristiana e trovarsi pronti all’incontro con lui.


Padre Lino Pedron
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venerdì 25 novembre 2011

Messaggio di Medjugorje 25/11/2011

Cari figli, oggi desidero darvi la speranza e la gioia.


Tutto ciò che è attorno a voi, figlioli, vi guida verso le cose terrene ma Io desidero guidarvi verso il tempo di grazia perché in questo tempo siate sempre più vicini a mio Figlio affinché Lui possa guidarvi verso il suo amore e verso la vita eterna alla quale ogni cuore anela.


Voi, figlioli, pregate e questo tempo sia per voi il tempo di grazia per la vostra anima.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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Ti adoro, ti amo, aumenta la mia fede

Quando lo ricevi, digli: Signore, spero in Te; ti adoro, ti amo, aumenta la mia fede. Sii il sostegno della mia debolezza, Tu che sei rimasto nell'Eucaristia, inerme, per porre rimedio alla debolezza delle creature. (Forgia, 832)


Assistendo alla Santa Messa imparerete a trattare ciascuna delle tre Persone divine: il Padre che genera il Figlio; il Figlio, generato dal Padre; lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio. Trattando una qualunque delle tre Persone trattiamo un unico Dio; e trattandole tutte e tre, la Trinità, trattiamo ugualmente un solo Dio unico e vero. Amate la Messa, figli miei, amate la Messa. Fate la comunione con fame, anche se siete freddi e pieni di aridità: fate la comunione con fede, con speranza, con ardente carità.
Non ama Cristo chi non ama la Santa Messa, chi non si sforza di viverla con calma e serenità, con devozione, con amore. L'amore affina gli innamorati, li rende più delicati; li porta a scoprire e curare tanti particolari, magari minimi, ma sempre significativi della vibrazione di un cuore appassionato. È in questo modo che dobbiamo assistere alla Santa Messa. Penso perciò che coloro che vogliono ascoltare una Messa corta e frettolosa dimostrano, con un contegno per giunta poco elegante, di non avere compreso il senso e il valore del Sacrificio dell'altare. L'amore per Cristo, che si offre per noi, ci fa trovare, al termine della Messa, alcuni minuti per un ringraziamento personale, intimo, che prolunghi nel silenzio del cuore l'azione di grazie dell'Eucaristia. (E' Gesù che passa, nn. 91-92)
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Ti ringrazio

Ti ringrazio o mio Signore per questo giorno che mi hai donato.
Perdonami per tutte le volte che ti ho flagellato invece di aiutarti a portare la Croce.
Le mie piccole croci mi sembrano cosi' pesanti e ingiuste.
O ingrato che sono, se solo mi fossi accorto di tutte le volte che hai preso la mia croce per portarla al mio posto.


Marco F.
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Preghiera del mattino 25/XI/2011

Ti ringrazio, mio Dio, dei benefici che mi accordi. 
Accompagnami, ti prego, con la tua grazia durante questo giorno, perché possa superare tutti i pericoli dell'anima e del corpo. 
Per rendere così testimonianza della tua bontà e del tuo amore. 
Amen.
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Quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino

E disse loro una parabola: «Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. 33Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Quando il Signore tornerà alla fine dei tempi non ci sarà bisogno di messaggeri che annuncino l’approssimarsi del regno di Dio, perché ognuno se ne accorgerà da sé per i fatti che potrà osservare. Nessun uomo, che abbia senno, ha bisogno di essere aiutato a capire che l’estate è vicina quando germogliano gli alberi.
Il regno di Dio verrà a noi con la stessa certezza con cui a suo tempo viene l’estate. Gesù non ci comunica una scadenza esatta perché "nessuno conosce il giorno e l’ora, se non il Padre" (Mt 24,36; Mc 13,32).
"La parola di Dio dura sempre" (Is 40,8). Dobbiamo fondare su di essa la nostra vita. Questa parola ci dà la certezza che il Signore viene. Viene come è venuto allora; e allo stesso modo verrà alla fine. "Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre. Non lasciatevi sviare da dottrine varie e a voi estranee" (Eb 13,8-9).


Padre Lino Pedron
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giovedì 24 novembre 2011

Preghiera del mattino 24/XI/2011

Santifica, o Dio, le mie azioni con la tua grazia e sostienile con il tuo aiuto.
Ognuno dei miei atti abbia inizio con te e così si compia in te. 
O Dio, fa' che l'inizio e la fine di questo giorno siano nelle tue mani. 
Amen.
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Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti

Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

In caso di assedio, la città era il luogo di difesa più sicuro. Ora no, perché Gerusalemme sarà distrutta. In quei giorni si verifica la distruzione predetta dai profeti (1Re 9,6ss; Mi 3,12; Dn 9,36). La distruzione di Gerusalemme è una vendetta dei romani, non di Dio; ma insieme rivela anche la tragica realtà di chi rifiuta la sua visita.
Gesù ha compassione e piange non per sé, ma per la città che uccidendo lui fa del male a se stessa (cfr Lc 13,34; 19,42; 23,28). Questo "ahimè" di Gesù è il grido supremo della sua misericordia.
Nella guerra del 66-70 d.C., secondo un calcolo un po’ gonfiato di Giuseppe Flavio, furono uccisi 1.100.000 giudei e furono fatti schiavi 97.000 sopravvissuti.
La fine di Gerusalemme è l’inizio del tempo dei pagani. L’invito al Regno, rifiutato dagli ebrei, passa ora a tutti i popoli del mondo. Il rifiuto dei giudei, invece di bloccare la salvezza, la allarga ai pagani (At 13,46). Quando essa sarà giunta a tutti i popoli della terra, anche Gerusalemme riconoscerà il suo Signore (Rm 11,25-26).
I versetti 25-28 di questo brano non sono descrizioni di cataclismi cosmici, ma modi di dire immaginosi, iperbolici, irreali a cui gli autori della Bibbia hanno fatto ricorso per annunciare le grandi novità di salvezza e di liberazione portate dal Messia. La Bibbia abbonda di tali descrizioni per presentare avvenimenti storici come la caduta di un re, una sconfitta militare o un qualsiasi rivolgimento nazionale (cfr Es 19,18-19; Is 14,12; Ger 4,23-28; Gl 3,1-5; ecc.).
Prendere alla lettera questi annunci non significa solo fraintendere, ma addirittura stravolgere il loro significato.
Per esempio san Pietro presenta la Pentecoste come giorno in cui si avverano queste parole del profeta Gioele: "Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, giorno grande e splendido. Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato" (At 2,19-21). Ma non si vide nulla di simile in quel giorno. Ci furono grandi avvenimenti, conversioni e rivolgimenti nelle menti e nelle coscienze: questo sì. Il giorno di Pentecoste si concluse così: "Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone" (At 2,41).
Questi modi di dire, dunque, non annunciano un rivoluzione nel mondo fisico, ma un grande evento nella storia della salvezza. Anche nel nostro linguaggio, quando succede qualcosa di imprevisto o di grave, si dice: "Mi sono sentito cadere il mondo addosso!". Ma, per fortuna il mondo non è ancora caduto addosso a nessuno: l’espressione vuol dire altro.
Le potenze dei cieli che saranno sconvolte sono le potenze del nemico, che Gesù vide cadere dal cielo come folgore durante la predicazione dei discepoli (Lc 10,18-19). Se l’uomo ha investito tutto nel mondo presente vede con terrore il crollo di tutti i suoi beni e di tutte le sue attese. Se ha investito tutto nei beni del cielo vede giungere la sua felicità eterna.
Il Figlio dell’uomo che viene è il Signore che mi ha amato e ha dato se stesso per me (cfr Gal 2,20) e che mi ha amato quando ancora ero peccatore (cfr Rm 5,6ss). Il suo giudizio sarà il perdono ai crocifissori (cfr Lc 23, 34) e l’offerta del paradiso al malfattore (cfr Lc 23,43). Il nostro giudice infatti è colui che ha detto di amare i nemici, di non giudicare, di non condannare, di perdonare sempre. E’ misericordioso come il Padre suo (cfr Lc 6,27-38). La venuta di Cristo si identifica con la nostra liberazione e la nostra salvezza.


Padre Lino Pedron
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Preghiera a Gesù solo

O solitudine di Gesù io ti adoro. Oceano immenso dove confluiscono tutte le acque amare delle solitudini umane, io mi prostro davanti a Te, abbraccio il Legno che toglie ogni amarezza e guarisce tutte le infermità degli uomini desolati, riempie ogni vuoto con la sua Presenza e porta la Vita dove è la morte. O Gesù, solo giusto tra gli ingiusti, solo senza peccato tra i peccatori, che portasti il peso del mio peccato e dei peccati di tutto il mondo, radice della mia solitudine e di tutte le solitudini umane, io ti adoro. O Gesù, che nel Pretorio di Pilato sentisti il grido della folla “Crucifige, crucifige!” e ti vedesti posposto a Barabba da quella folla che ti aveva acclamato, pochi giorni prima, al tuo ingresso a Gerusalemme, io ti adoro per l’immensa solitudine di quel momento. O Gesù, issato sulla croce come rifiuto degli uomini, e insieme olocausto per la loro salvezza, per quell’abbandono che in quel momento sentisti da parte del Padre, per quel grido angosciante “Mio Dio, perché mi hai abbandonato?”, io mi getto ai tuoi piedi e ti adoro nella tua infinita solitudine. O Gesù, che nel Sacramento dell’Altare perpetui la tua solitudine e cerchi chi ti consoli, perché la tua consolazione scenda su di lui; o Gesù, lasciato solo nei tabernacoli della terra, che attendi invano gli uomini indaffarati di questo mondo, io ti adoro nella tua solitudine…”

P. Matteo La Grua, La preghiera di consolazione, Herbita Editrice, pp.21-22
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mercoledì 23 novembre 2011

Medaglia Miracolosa: la storia

Nella notte del 18 luglio 1830, verso le ore 23,30, S. Caterina Labouré, Figlia della Carità di S. Vincenzo De Paoli, si sentì sommessamente chiamare dai piedi del letto: "Suor Labouré! ... Suor Labouré!...". Si svegliò di soprassalto e vide un bimbo risplendente di luce, il suo angelo custode, che la invitava a recarsi in cappella: "Vieni!, in cappella la Madonna ti aspetta". La novizia non se lo fece ripetere. Si vestì e seguì la sua guida celeste. Nella cappella, la giovane suora fu condotta fino al presbiterio e qui la SS. Vergine non si fece attendere. Un fruscio di veste di seta ed ecco la Regina del cielo avanzare dalla parte destra e venire a sedersi sulla poltroncina, da cui il direttore, il padre Aladel, soleva tenere le sue istruzioni alle novizie. Col cuore traboccante di gioia, S. Caterina si gettò in ginocchio, giunse le mani e le posò in grembo alla Vergine Santa. Ebbe così inizio, tra la Mamma Celeste e l'umile suora, un colloquio durato oltre due ore. Prima di scomparire, come qualcosa che si spegne, la SS. Vergine disse a S. Caterina: "Ritornerò, figlia mia, perché ho una missione da affidarti!".


Ad un tratto il globicino che la Madonna teneva sul cuore scomparve in alto e le sue mani si abbassarono, avvolgendo, il mondo che aveva sotto i piedi con raggi luminosi, simbolo delle grazie ottenute per noi. Si formò quindi, attorno alla figura della SS. Vergine, una cornice ovale con le parole della giaculatoria a caratteri d'oro:
" O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te! ". Poi il quadro sembrò voltarsi. La figura della Madonna scomparve e rifulse al centro una grande M, sormontata da una crocetta. Sotto la M brillarono i Sacri Cuori di Gesù e di Maria. Attorno si stagliarono 12 fulgidissime stelle. La veggente sentì una voce che le diceva: "Fà coniare una medaglia su questo modello, le persone che la porteranno al collo con fiducia, riceveranno grandi grazie!". La medaglia dell'Immacolata, coniata nel 1832, fu denominata dal popolo stesso Medaglia Miracolosa per eccellenza, per il gran numero di grazie spirituali e materiali ottenute per intercessione di Maria.


La seconda apparizione ebbe luogo il 27 novembre 1830, sempre nella cappella della Casa Madre delle Figlie della Carità, mentre S. Caterina faceva la meditazione pomeridiana delle 17,30. Senza che nessuno se ne accorgesse, l'ormai noto fruscio di veste di seta la scosse. Con un tuffo al cuore alzò gli occhi e scorse sull'altare maggiore la Madonna. Aveva una veste color bianco-aurora, un manto azzurro, un velo bianco in testa ed era ritta su di una mezza sfera, avvolta da un serpente verdastro. All'altezza del cuore, l'Immacolata reggeva con le mani e stringeva amorosamente un altro globicino dorato, offrendolo a Dio con atteggiamento materno. Una voce disse alla veggente: " Questo globicino simboleggia il mondo intero ed ogni anima in particolare! ". Poi le dita della SS. Vergine si riempirono di anelli splendenti, ornati di pietre preziose che irradiavano fasci di luce verso il basso.
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Supplica alla Vergine della Medaglia Miracolosa

Da recitarsi alle 17 del 27 Novembre, festa della Medaglia, ogni 27 del mese, ed in ogni urgente necessità:

O Vergine Immacolata, noi sappiamo che sempre ed ovunque sei disposta ad esaudire le preghiere dei tuoi figli esuli in questa valle di pianto, ma sappiamo pure che vi sono giorni ed ore in cui ti compiaci di spargere più abbondantemente i tesori delle tue grazie. Ebbene, o Maria, eccoci qui prostrati davanti a te, proprio in quello stesso giorno ed ora benedetta, da te prescelta per la manifestazione della tua Medaglia. Noi veniamo a te, ripieni di immensa gratitudine ed illimitata fiducia, in quest'ora a te sì cara, per ringraziarti del gran dono che ci hai fatto dandoci la tua immagine, affinché fosse per noi attestato d'affetto e pegno di protezione. Noi dunque ti promettiamo che, secondo il tuo desiderio, la santa Medaglia sarà il segno della tua presenza presso di noi, sarà il nostro libro su cui impareremo a conoscere, seguendo il tuo consiglio, quanto ci hai amato e ciò che noi dobbiamo fare, perché non siano inutili tanti sacrifici tuoi e del tuo divin Figlio. Sì, il tuo Cuore trafitto, rappresentato sulla Medaglia, poggerà sempre sul nostro e lo farà palpitare all'unìsono col tuo. Lo accenderà d'amore per Gesù e lo fortificherà per portar ogni giorno la propria croce dietro a Lui. Questa è l'ora tua, o Maria, l'ora della tua bontà inesauribile, della tua misericordia trionfante, l'ora in cui facesti sgorgare per mezzo della tua Medaglia, quel torrente di grazie e di prodigi che inondò la terra. Fai, o Madre, che quest'ora, che ti ricorda la dolce commozione del tuo Cuore, la quale ti spinse a venirci a visitare e a portarci il rimedio di tanti mali, fai che quest'ora sia anche l'ora nostra: l'ora della nostra sincera conversione, e l'ora del pieno esaudimento dei nostri voti. Tu che hai promesso proprio in quest'ora fortunata, che grandi sarebbero state le grazie per chi le avesse domandate con fiducia: volgi benigna i tuoi sguardi alle nostre suppliche. Noi confessiamo di non meritare le tue grazie, ma a chi ricorreremo, o Maria, se non a te, che sei la Madre nostra, nelle cui mani Dio ha posto tutte le sue grazie? Abbi dunque pietà di noi. Te lo domandiamo per la tua 1mmacolata Concezione e per l'amore che ti spinse a darci la tua preziosa Medaglia. O Consolatrice degli afflitti, che già ti inteneristi sulle nostre miserie, guarda ai mali da cui siamo oppressi. Fai che la tua Medaglia sparga su di noi e su tutti i nostri cari i tuoi raggi benefici: guarisca i nostri ammalati, dia la pace alle nostre famiglie, ci scampi da ogni pericolo. Porti la tua Medaglia conforto a chi soffre, consolazione a chi piange, luce e forza a tutti. Ma specialmente permetti, o Maria, che in quest'ora solenne ti domandiamo la conversione dei peccatori, particolarmente di quelli, che sono a noi più cari. Ricordati che anch'essi sono tuoi figli, che per essi hai sofferto, pregato e pianto. Salvali, o Rifugio dei peccatori, affinché dopo di averti tutti amata, invocata e servita sulla terra, possiamo venirti a ringraziare e lodare eternamente in Cielo. Cosi sia.


Salve Regina
O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a Te (3 volte)
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Occuparsi degli altri e dimenticarsi di se stessi

I veri ostacoli che ti separano da Cristo — la superbia, la sensualità... —, si superano con la preghiera e la penitenza. E pregare e mortificarsi è anche occuparsi degli altri e dimenticarsi di se stessi. Se vivi così, vedrai che la maggior parte dei tuoi contrattempi spariranno. (Via Crucis, Stazione X. n. 4).


Parli e non ti ascoltano. E se ti ascoltano, non ti capiscono. Sei un incompreso!... D'accordo. In ogni caso, affinché la tua croce abbia tutto il rilievo della Croce di Cristo, è necessario che tu ora lavori così, senza esser preso in considerazione. Altri ti capiranno. (Via Crucis, Stazione III. n. 4).


Come amare veramente la. Croce Santa di Gesù?... Desiderala!... Chiedi forza al Signore per impiantarla in tutti i cuori, in lungo e in largo per il mondo! E poi... offrigli riparazione con gioia; cerca di amarlo anche coi battiti di tutti i cuori che ancora non lo amano.
(Via Crucis, Stazione V. n. 5).


Per quanto tu ami, non amerai mai abbastanza.
Il cuore umano ha un enorme coefficiente di dilatazione. Quando ama si allarga in uncrescendo di affetto che supera tutti gli ostacoli.
Se tu ami il Signore, non ci sarà creatura che non trovi spazio nel tuo cuore.
(Via Crucis, Stazione VIII. n. 5).
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Preghiera del mattino 23/XI/2011

O Dio unico in tre persone, ti ringrazio con tutto il cuore di avermi preservato questa notte da ogni pericolo del corpo e dell'anima.
Donami, se così a te piace, la sapienza e la forza della tua parola, per affrontare gli avversari della verità.
La tua grazia sia sempre con me.
Amen.
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Sarete odiati da tutti a causa del mio nome

Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Prima della distruzione di Gerusalemme, i cristiani sono stati perseguitati dai giudei e dall’impero romano, come ci descrive Luca negli Atti degli apostoli. Essi sono colpiti per la loro fede in Gesù: "A causa del mio nome" (v. 12).
Essere cristiani è un reato. Aderendo a Gesù si rischia di passare nel numero dei malfattori.
Ma l’evangelista invita a tener presenti anche i risvolti positivi delle persecuzioni. Esse offrono occasioni di testimoniare il Signore con la vita e le parole. L’azione giudiziaria serve alla predicazione, il carcere, all’attività missionaria. Il vangelo di Gesù è annunziato attraverso le sofferenze dei martiri: il loro esempio è più eloquente dell’annuncio dei predicatori.
I cristiani di Gerusalemme, costretti a fuggire dalla città, portano il vangelo nelle campagne della Giudea e della Samaria (cfr At 8,1-4) e giungono fino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia (cfr At 11,19; 15,3). Pietro, Giovanni,
Stefano sono condotti davanti al sinedrio, Paolo davanti ai governatori romani, e tutti recano il messaggio di Cristo là dove altrimenti non sarebbe mai arrivato.
Paolo scrive ai Filippesi che la sua carcerazione è occasione per annunciare il vangelo: "Desidero che sappiate, fratelli, che le mie vicende si sono volte piuttosto a vantaggio del vangelo, al punto che in tutto il pretorio e ovunque
si sa che sono in catene per Cristo; in tal modo la maggior parte dei fratelli, incoraggiati nel Signore dalle mie catene, ardiscono annunziare la parola di Dio con maggior zelo e senza timore alcuno" (Fil 1,12-14).
La fedeltà a Cristo mette i discepoli in contrasto con tutti coloro che non accolgono la fede cristiana. Se Gesù e la sua parola sono rifiutati, anche i cristiani saranno rifiutati. Gesù ha detto: "Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me" (Gv 15,18). Lo storico romano Tacito riassume così il suo giudizio sui cristiani: "Odiosi all’intero genere umano".
Il cristiano è colui che per vocazione deve resistere fino alla fine con la pazienza, che non è rassegnazione, ma resistenza costante e inflessibile. Nel libro dell’Apocalisse leggiamo: "Colui che deve andare in prigionia, andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di spada, di spada sia ucciso. In questo sta la perseveranza e la fede dei santi" (13,10). Per questa via il fedele giungerà alla vita eterna.
La pazienza è la caratteristica di Gesù che si fa carico del male. Anche il discepolo viene associato al suo mistero di morte e risurrezione: perdendo la vita, la salva (cfr Lc 9,24). Nel martirio il cristiano acquista la propria identità con Gesù, il Figlio morto e risorto.
Padre Lino Pedron
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martedì 22 novembre 2011

Un anno dopo

365 giorni fa questo blog ripartiva dopo una lunga forzata pausa. In quest'anno, al di là di ogni mia aspettativa, oltre 50.000 persone hanno visitato il blog e sono stati pubblicati più di 700 post.
Sono consapevole di essere solo una "voce di riporto" e tale intendo restare.
Da domani si ricomincia quindi, come unica differenza verrà tolta la numerazione ai post e tutto continuerà come (e mi auguro) meglio di prima.
Siano rese grazie e lodi a Dio e alla Madre di N.S. Gesù Cristo, Maria Santissima.
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756 - e lo dico in nome di Dio: non disperare

Sono santi coloro che lottano fino alla fine della loro vita: coloro che sanno sempre rialzarsi dopo ogni inciampo, dopo ogni caduta, per proseguire coraggiosamente il cammino con umiltà, con amore, con speranza. (Forgia, 186)


Il Signore si è avvicinato tanto alle creature, che tutti conserviamo in cuore aneliti di altezza, ansia di salire in alto, di fare il bene. Se ora ridesto in te tali aspirazioni, è perché voglio che ti convinca della sicurezza che Egli ha posto nella tua anima: se lo lasci operare, servirai — dal tuo posto — come strumento utile, dall'efficacia insospettata. E affinché tu non ti allontani, per viltà, dalla fiducia che Dio ripone in te, evita la presunzione di disprezzare ingenuamente le difficoltà che appariranno sul tuo cammino di cristiano.
Non dobbiamo stupircene. Trasciniamo in noi stessi — conseguenza della natura caduta — un principio di opposizione, di resistenza alla grazia: sono le ferite del peccato originale, esacerbate dai nostri peccati personali. Pertanto, dobbiamo intraprendere quelle ascensioni, quei compiti divini e umani di ogni giorno — che sempre sfociano nell'Amore di Dio —, con umiltà, con cuore contrito, fiduciosi nell'assistenza divina, e tuttavia dedicando ad essi le nostre migliori energie, come se tutto dipendesse da noi.
Mentre lotti — una lotta che durerà fino alla morte —, non escludere la possibilità che insorgano, violenti, i nemici di dentro e di fuori. E, come se questo peso non bastasse, a volte faranno ressa nella tua mente gli errori commessi, forse abbondanti. Te lo dico in nome di Dio: non disperare. Se ciò avviene — non deve succedere necessariamente, né sarà cosa abituale —, trasforma la prova in un'occasione per unirti maggiormente al Signore, perché Lui, che ti ha scelto come figlio, non ti abbandonerà. Permette la prova, per spingerti ad amare di più e farti scoprire con maggiore chiarezza la sua continua protezione, il suo Amore.
Ti ripeto, fatti coraggio, perché Cristo, che ci ha perdonato sulla Croce, continua a offrire il suo perdono nel sacramento della Penitenza, e sempre, per giungere alla vittoria abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo [1 Gv 2, 1-2]. (Amici di Dio, 214)
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755 - Non sarà lasciata pietra su pietra

Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io», e: «Il tempo è vicino». Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

Il tempio di Gerusalemme era considerato una delle sette meraviglie del mondo. Ed ecco che ad alcuni che ammirano e magnificano il tempio, Gesù dà una predizione di sventura: il tempio sarà distrutto. Dio non bada alla bellezza dei marmi e alla preziosità dei doni, ma vuole un popolo dalla cui vita traspaia che Dio abita in mezzo ad esso. Il profeta Michea aveva predetto: "Udite dunque, o principi della casa di Giacobbe, o giudici della casa d’Israele, che avete in orrore la giustizia e pervertite ogni diritto, che edificate Sion con il sangue e Gerusalemme
con l’iniquità!… Per colpa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine e il monte del tempio un’altura boscosa" ( Gesù viene interrogato qui unicamente circa la fine del tempio. La distruzione di Gerusalemme non fa parte degli avvenimenti della fine del mondo. Essa è già avvenuta quando Luca scrive il suo vangelo.
L’intento primo dell’evangelista è mostrare che non stiamo andando verso "la fine", ma verso "il fine". Il dissolversi del mondo vecchio è contemporaneamente la nascita del mondo nuovo. Gesù non risponde alla nostra curiosità circa il futuro, ma vuole toglierci le ansie e gli allarmismi sulla fine del mondo, che non servono a nulla e producono unicamente del danno. Alla paura della fine del mondo e della morte Gesù offre l’alternativa di una vita che si lascia guidare dalla fiducia nel Padre, in un atteggiamento d’amore che ha già vinto la morte. Il Figlio di Dio diventato uomo ci ha già rivelato il destino dell’uomo e del mondo: il suo mistero di morte e risurrezione è la verità del presente e del futuro.
Per gli ascoltatori di Gesù la distruzione del tempio significava la fine del mondo e il ritorno del Figlio dell’uomo (cfr Mt 24. 3).In realtà significa la fine di un mondo vecchio e l’inizio di un mondo nuovo.
Il credente in Cristo non deve dare ascolto a voci false e fuorvianti. Anche san Paolo ha dovuto avvertire i cristiani di Tessalonica, scrivendo loro: "Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro ricongiungimento con lui, di non lasciarvi così facilmente confondere e turbare né da pretese ispirazioni né da parole né da qualche lettera fatta passare per nostra, quasi che il giorno del Signore sia imminente. Nessuno vi inganni in alcun modo! (2Ts 2,1-3).
Verranno molti e usurperanno il nome stesso di Cristo e la predizione della sua manifestazione al mondo, dicendo: "Io sono". Con queste parole, che sono la traduzione del nome di Dio, ognuno di essi si presenterà come il salvatore mandato definitivamente da Dio per portare a compimento la storia del mondo. Gesù smaschera questi "salvatori" chiamandoli seduttori. San Paolo presenta così il seduttore: "Verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, l’avversario, colui che si innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio" (2 Ts 2,3-4).
La mancanza di umiltà è il primo segno della menzogna. Uno solo è il Salvatore e il Signore: colui che si è fatto ultimo di tutti e servo di tutti. Tutti i seduttori sono mossi dall’orgoglio, dall’interesse, dall’invidia, dalla cupidigia.
Usano Dio, la sua parola e i suoi doni per affermare il proprio io. Nei confronti di questi figuri Gesù ci dà un avvertimento grave: "Non lasciatevi ingannare!… Non seguiteli"(v. 8)


Padre Lino Pedron
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lunedì 21 novembre 2011

754 - Messaggio di Medjugorje dato a Ivan il 17/11/2011

Messaggio della Regina della pace al veggente Ivan il 17 Novembre 2011 nella Cattedrale di Vienna

Cari figli,
oggi vi invito alla preghiera. In modo speciale perché Satana vuole la guerra, vi invito di nuovo, miei piccoli figli, pregate, pregate perchè Dio vi dia la pace.
Siate testimoni per ogni persona in questo mondo, e siate i portatori della pace del Signore.
Io sono con voi e prego davanti a Dio per ogni persona che si trova qui.
E voi, non abbiate paura perché chi prega non ha paura del male e non ha l'odio nel cuore.
Grazie, cari figli, per essere tornati e aver seguito la mia chiamata.
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753 - È tempo di speranza

«È tempo di speranza mi dici , e vivo di questo tesoro. Non è una bella frase, Padre, è una realtà». Allora..., il mondo intero, tutti i valori umani che ti attraggono con una forza enorme amicizia, arte, scienza, filosofia, teologia, sport, natura, cultura, anime... , tutto questo riponilo nella speranza: nella speranza di Cristo. (Solco, 293)


Lì, dove già siamo, il Signore ci esorta: «Vigilate!». Di fronte a questa richiesta di Dio, alimentiamo nelle nostre coscienze — traducendoli in opere — desideri pieni di speranza di santità. Figlio mio, dammi il tuo cuore [Pro 23, 26], ci suggerisce all'orecchio. Smetti di costruire castelli in aria e deciditi ad aprire la tua anima a Dio, perché solo nel Signore troverai un fondamento reale per la tua speranza e per fare del bene agli altri. Quando non si lotta contro se stessi, quando non si respingono con vigore i nemici che si annidano nel nostro castello interiore — orgoglio, invidia, concupiscenza della carne e degli occhi, spirito di autosufficienza, stolta avidità di libertinaggio —, quando non esiste la lotta interiore, i più nobili ideali inaridiscono come fiore d'erba. Si leva il sole col suo ardore e fa seccare l'erba e il suo fiore cade, e la bellezza del suo aspetto svanisce [Gc 1, 10-11]. Allora, alla minima occasione, germoglieranno lo sconforto e la tristezza, come piante nocive e invadenti.
Gesù non si accontenta di un'adesione titubante. Esige — ne ha il diritto — che noi camminiamo con decisione, senza tentennare davanti alle difficoltà. Chiede passi fermi, concreti; infatti, ordinariamente, i propositi generici servono poco. Quei propositi poco definiti mi sembrano illusioni fallaci, con cui cerchiamo di mettere a tacere le chiamate divine che arrivano al cuore; fuochi fatui che non bruciano né danno calore, e che scompaiono con la stessa fugacità con cui sono sorti.
Perciò, mi persuaderò che le tue intenzioni di raggiungere la meta sono sincere se ti vedo camminare con decisione. Opera il bene, rivedendo il tuo atteggiamento abituale di fronte ai compiti di ogni momento; pratica la giustizia, proprio negli ambienti che frequenti, anche se lo sforzo ti fa barcollare; alimenta la felicità di coloro che ti circondano, servendoli con gioia — dal tuo posto, nel lavoro che ti sforzerai di portare a termine con la maggior perfezione possibile —, con spirito di comprensione, col sorriso, col contegno cristiano. E tutto per Dio, pensando alla sua gloria, con lo sguardo in alto, anelando alla Patria definitiva, perché è questo il solo fine che valga la pena. (Amici di Dio, 211)
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752 - Preghiera del mattino

O Signore, affronto nel tuo nome questo nuovo giorno che la tua bontà mi dona.
Aiutami a vivere questa giornata secondo la tua volontà.
Le mie azioni siano di aiuto al mio prossimo e diano testimonianza del tuo amore senza limiti.
Accompagnami con la tua grazia durante tutto questo giorno.
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751 - L’offerta della vedova al tempio

Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli e disse: «In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere».

Stando Gesù nel recinto del tempio, presso l’atrio delle donne, dove c’era il tesoro, cioè la cassa per le offerte che dovevano servire per il culto, osservò dei ricchi che vi gettavano delle monete. Le gettavano con un gesto d’indifferenza e di superficialità, come chi dà una cosa superflua che non gli serve. Mancava, nel loro atto, l’amore a Dio; si erano trovati a passare per l’atrio delle donne e, vedendovi le tredici aperture del tesoro, vi avevano negligentemente gettato dentro una moneta. Quand’ecco sopraggiunse una povera vedova che veniva apposta per dare la sua offerta, come può rilevarsi dal contesto; il suo atteggiamento era di grande devozione e bontà. Cavò dalla sua tasca due spiccioli, conservati accuratamente in qualche piega dell’abito e li gettò nella cassa, con la placida soddisfazione di chi ha dato tutto quello che aveva.
Il suo cuore donò a Dio contemporaneamente un atto di fervido amore, ed essa, senza pensare di essere notata, e tanto meno di esserlo dal Giudice eterno, si allontanò.
È probabile che qualcuno abbia notato la meschinità di quell’offerta, e che abbia disprezzato per questo la povera donna, perché Gesù parlò in tono di chi vuol difendere una persona e disse solennemente: Io vi dico in verità che questa vedova povera ha messo più di tutti. Poteva sembrare un assurdo quest’affermazione così recisa, ma Gesù ne soggiunse subito la ragione, dicendo che tutti gli altri avevano offerto parte di quel che loro avanzava, mentre la vedovella aveva dato tutto quello che aveva per vivere.
Le nostre offerte al Signore
L’osservazione di Gesù sull’elemosina della povera donna non era inutile; Egli ci dava la misura delle offerte che dobbiamo a Dio, e ce ne additava l’esempio nella vedovella. Noi, infatti, siamo troppo abituati a dare al Signore quello che ci avanza e a darlo senza generosità e senza vero amore. Se si facesse il conto di ciò che diamo a noi stessi e alle creature e di ciò che diamo a Dio, ne verrebbe fuori un bilancio mostruoso.
La giornata passa quasi tutta nella completa dimenticanza di Dio, ed a Lui, quando capita, si dà solo una parte minima di ciò che avanza. Questa parte sembra sempre eccessiva e ogni giorno subisce un taglio, pur essendo nostra suprema felicità il parlare col Signore.
Un esempio tipico di questo spirito di avarizia nel trattare con Dio lo abbiamo nella maniera villana con la quale lo mettiamo sempre all’ultimo posto in confronto con le creature. Le leggi, gli usi del mondo, i nostri usi domestici sono pieni di questa ingiustizia spaventosa.
Se parliamo con un uomo qualunque e un altro ci interroga, noi non gli rispondiamo senza aver prima terminato il discorso col primo; quando si tratta di Dio, invece, basta il più futile motivo per interrompere il discorso che stiamo facendo con Lui, e dar retta clamorosamente agli altri. È l’inurbanità di ogni momento! Non c’è verso che veniamo meno ad un uso o ad una legge del mondo, anche se sconveniente o cattiva; ma quando si tratta di Dio è sempre a discapito della sua Legge o del suo onore che si agisce.
È spaventoso, per esempio, pensare che una dama della corte o della nobiltà crede suo dovere imprescindibile l’andare al teatro, ai vari ricevimenti, alla giostra in abito immodesto; conta per lei più un uso mondano che la Legge di Dio e crede suo dovere più non disgustare l’occhio di gente futile o traviata che l’occhio di Dio.
Al Signore, ella dà il minimo di ciò che le avanza nella vita e lo dà negligentemente; al mondo dà tutta se stessa, senza che alcuno trovi a ridire nulla; anzi molte volte tra gli stessi applausi delle anime pie, le quali giungono a vedere in lei l’eroismo di sottomettersi al mondo, senza pensare che è eroico sottrarsene.
È penosissimo pensarlo, ma pure è così e non raramente questa terribile illusione ha confuso persino anime sante. Se è contro la Legge di Dio andare scollate, come può essere conciliabile con la Legge di Dio per una regina, una dama di corte o una nobile?
E se il vedere uno spettacolo poco onesto è proibito al cristiano, come può essere lecito o tollerato in chi, stando in alto, deve dare esempio al cristiano? Regnanti, nobili, ricchi danno a Dio, solo parte di quello che loro avanza, e questo è deplorevolissimo, e nessuna convenienza umana può scusarlo.
Bisogna dare a Dio tutto ciò che si ha per vivere, benché innanzi a Lui sia come i due spiccioli della vedovella; bisogna dargli tutta la vita e deve assolutamente finire questa strana miscela di pietà e di mondo, di modestia e d’immodestia, di umiltà e di orgoglio, di egoismo e di carità che non forma la santità ma l’acidume del cristianesimo. È necessario ponderare che siamo debitori principalmente e unicamente a Dio e che le false convenienze sociali sono per Lui un’ingiuria grave e per noi un atto di apostasia.
Don Dolindo Ruotolo
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domenica 20 novembre 2011

750 - Il dono di Maria Madre degli uomini

Don Dolindo Ruotolo
Se vogliamo valutare in una luce più placida, accessibile a noi, l'amore di Dio per l'umanità, guardiamo il gran dono di Maria, fattoci da Gesù stesso sulla Croce. Maria, Maria, Maria! il tuo nome è dolcezza ineffabile che risuona dall'un capo all'altro del mondo, il tuo Cuore è abitacolo della bontà di Dio, potremmo dire è la bontà di Dio fatta nostra in Te. Maria è un dono che racchiude tutti gli altri, perché Essa è madre della grazia, della misericordia, della consolazione e del perdono. 
Nessuna lingua può cantare abbastanza le sue lodi, nessun cuore può amarla abbastanza, nessun intelletto può valutarne la grandezza. In realtà, Dio che opera sempre con semplicità, ci ha dato in Maria un tesoro semplicissimo, comprensivo, pieno, col quale la vita viene ad essere imbalsamata di dolcezza. È la Mamma della Chiesa, è la Mamma dell'umanità peregrinante, è il rifugio dei peccatori, è la salute degli infermi, è fonte di grazie, ed è impossibile trovare chiuse le porte della speranza invocandola. La bontà di Dio ha dato il frutto della vita sul Calvario, il frutto ha dato la pianta di ogni bene in Maria; non si può temere di nulla quando si giunge al Cuore di Maria, non c'è nulla d'impossibile quando si fa appello a Lei. 
Per sperimentarlo bisogna darsi a Maria, ed implorare da Gesù che ci dia a Maria; non basta pregarla con qualche ossequio, bisogna affidarsi a Lei come figli, invocandola Mamma; non basta avere una devozione di simpatia, bisogna vivere con Lei ed imitarne la vita. Maria ci dona Gesù come suo frutto soave formato nel suo corpo immacolato.
È impossibile ricevere Gesù escludendo Maria, ed è impossibile amare Gesù senza attingere questo amore dal Cuore di Maria. Gesù ci dona Maria come mamma Sua, come Mamma nostra, ed attraverso le sue immagini ce ne fa sentire il fascino materno. Si direbbe quasi che le immagini miracolose di Maria sono come la sua eucaristia, dalle quali si effonde come polla di acqua viva in mille misericordie. Quelle immagini sono come la roccia del deserto, dalla quale Mosè fece scaturire l'acqua per le assetate moltitudini. Ogni Santuario di Maria, anche il più solitario e nascosto, è una roccia percossa dalla bontà potente di Dio, che dà acque di grazie. Noi non ponderiamo abbastanza questa provvidenza di carità dolcissima, non vediamo le correnti soprannaturali che si condensano intorno ai quadri di Maria, non vediamo che essi sono il dono della Madre ai figli sconsolati e reietti.
Chi si ferma alle apparenze, non vive di Maria e non ne sperimenta la materna bontà in tutta la sua esuberante ricchezza; non basta guardare l'immagine di Maria, bisogna viverne, bisogna cibarne l'anima contemplandola con amore, bisogna risalire a colei che rappresenta, bisogna chiamarla come dono dell'anima, bisogna stare innanzi a Maria nei raggi della sua materna bontà, perché quei raggi di verginale candore che scaturiscono dalle infinite fonti dell'Amore, sono raggi di Dio riflessi in Lei, di Dio che in Lei si manifesta a noi come sorridente mamma!
L'Eucaristia è frutto sacerdotale, ex opere operato, è frutto delle parole stesse dell'Eterno Sacerdote. La comunione di Maria attraverso le sue immagini, per così dire, è dono che Dio fa a chi ama Maria come Mamma, poiché l'immagine diventa come ostia del dono, pronta a darsi a chi anela alla Mamma e confida nella Mamma. Che se il cuore si dà interamente a Maria, e s'inabissa in Lei per avere le sue grazie, allora l'immagine quasi sparisce, e la Mamma si dona all'anima per sostenerla, e donandosi, le dona Gesù. È un mistero che può intendere chi lo esperimenta, chi vive di Maria come si ciba di Gesù, chi riceve Maria come dono di Gesù, e per Lei riceve il dono della santità.
Chi può ridire che cosa grande è il dono di Maria così considerato? Io mi levo al mattino, apro le braccia a Dio, recito il Gloria Patri tre volte, e dico ad ogni volta: In manus tuas, Domine, commendo spiritum meam, ecce ancilla Domini fiat voluntas tua. È l'offerta di me che si completa poi nella S. Comunione. Ma io apro anche le braccia a Maria, ed affidandomi a Lei, le recito l'Ave e le dico: Nelle tue mani, o Signora, raccomando l'anima mia; ripeto l'Ave e le dico: Ecco il tuo servo, sia fatto di me secondo la tua parola, e desidero vivere della sua vita. Ripeto ancora l'Ave e le dico: Sia fatta la tua volontà, desiderando di essere guidato da Lei nella vita, e guidato alla perfezione dalla sua volontà; io inizio la giornata così, affidandomi interamente a Maria, attiro il dono suo in me, vivo di Lei e sono sicuro di vincere ogni battaglia.
Cristo regni sempre nei nostri cuori
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