lunedì 31 ottobre 2011

691 - L'amore vero è un uscire da se stessi

La gioia cristiana non è fisiologica: il suo fondamento è soprannaturale, ed è al di sopra della malattia e della contrarietà. — Gioia non è tripudio di sonagli o di ballo popolare. La gioia vera è qualcosa di più intimo: qualcosa che ci fa stare sereni anche se a volte il viso rimane serio. (Forgia, 520)


C'è chi vive amareggiato tutto il giorno. Ogni cosa gli è motivo di apprensione. Si addormenta con un'ossessione fisica: che quest'unica evasione possibile gli durerà poco. Si sveglia con la sensazione ostile e demoralizzante di avere ancora lì di fronte un'altra giornata.
Molti hanno dimenticato che il Signore ci ha collocati, in questo mondo, di passaggio verso la felicità eterna; e non pensano che potranno raggiungerla soltanto coloro che camminano, sulla terra, con l'allegria dei figli di Dio. (Solco, 305)


L'amore vero è un uscire da se stessi, è un darsi. L'amore porta con sé la gioia, ma è una gioia con le radici a forma di croce. Finché siamo sulla terra, finché non è raggiunta la pienezza della vita futura, non vi può essere amore vero senza esperienza di sacrificio, di dolore. Un dolore che si gusta, che è amabile, che è fonte di intimo gaudio; ciò nondimeno è un dolore reale, perché si tratta di vincere il proprio egoismo e di prendere l'Amore come regola di tutte e singole le nostre azioni. (E' Gesù che passa, 43)
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690 - Preghiera del mattino

"Tu vuoi usare a tutti misericordia". 
Sta arrivando quel giorno ineffabile in cui tutti riconosceranno "la profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio". 
Questa speranza si fa strada in ogni popolo. 
Il tuo Spirito non è forse all'opera presso intere folle, come a loro insaputa? 
Chi non vorrebbe essere oggetto di un amore durevole che perdona tutto? 
Signore, la prospettiva di questo giorno di misericordia faccia oggi affluire nei nostri cuori, in nome di coloro che non fanno che presagirlo, canti di allegria e di riconoscenza.
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689 - Non invitare i tuoi amici, ma poveri, storpi, zoppi e ciechi

Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Il discorso precedente era rivolto agli invitati, questo all’invitante. A quelli Gesù ha detto di scegliere l’ultimo posto, a questo dice di scegliere gli ultimi. Il motivo viene detto nel brano seguente (vv. 15-24): perché Dio fa così. Gesù rivolge un’esortazione inaspettata al capo di casa. La sua parola è fortemente provocatoria e urta non solo il comportamento farisaico e legalistico, ma le comuni abitudini della società civile. Essa si leva contro le caste privilegiate e i circoli chiusi che lasciano fuori la moltitudine degli indigenti, dei malati e dei bisognosi.
Anche durante un pranzo solenne Gesù si prende cura degli infelici e degli affamati, perorando la loro causa in casa dei ricchi. E’ una grande lezione di gratuità e di umanità. Il privilegio degli ultimi deve caratterizzare la vita cristiana.
Paolo apostolo rimprovera i cristiani di Corinto, perché nella cena del Signore non aspettano i poveri che arrivano tardi a causa del lavoro o della loro condizione di schiavi. Comportandosi così, disprezzano la Chiesa di Dio (cfr 1Cor 11, 12). E san Giacomo scrive: "Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del Regno" (Gc 2, 5).
Invitando a tavola i ricchi e i vicini, ordinariamente ci si attende un contraccambio. L’invito rientra così nelle speculazioni e negli interessi personali ed egoistici. Ma Gesù ci ha insegnato: "Se amate quelli che vi amano, quale grazia ne avete? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che fanno del bene a voi, quale grazia ne avete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale grazia ne avete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi… Date e vi sarà dato (da Dio)" (Lc 6, 35-36.38).
L’amore dei cristiani non deve fondarsi sul desiderio di essere ricambiati, perché l’amore o è gratuito o non è amore. Si devono invitare i più poveri tra i poveri, perché da loro non c’è nulla da aspettarsi: non possono ricambiare l’invito, né procurarci onori e avanzamenti di grado. Umanamente parlando, non è neppure piacevole sedersi con loro a tavola, per ovvi motivi. Servire con amore disinteressato, dando tutto senza aspettarsi nulla: questa è l’essenza della carità cristiana.
"Sarai beato perché non hanno da ricambiarti" (v. 14). Beatitudine strana, ma vera. Ci identifica con Dio che è amore gratuito, grazia e misericordia (cfr Lc 6, 36). L’amore gratuito che dà il primo posto al povero è essenziale al cristianesimo, perché il Padre privilegia i figli più bisognosi, e perché Gesù si è fatto ultimo di tutti.
La ricompensa promessa da Gesù non consiste nell’avere qualcosa, ma è la comunione con Dio nel suo regno eterno.


Padre Lino Pedron
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domenica 30 ottobre 2011

688 - Preghiera del mattino

Dio, Padre nostro che sei nei cieli, tu ci hai dato con Cristo l'unico e il migliore maestro della perfezione evangelica. 
Tutto quello che ci insegna ed esige da noi, egli stesso l'ha realizzato nella sua vita, soprattutto quando si è fatto nostro umile servitore ed è morto per noi sulla croce, nella più grande umiliazione. 
Io imploro il tuo aiuto perché possa evitare le ipocrisie, la falsa pietà, l'avidità, il desiderio della gloria, il non essere conforme nella vita alla fede che professo. 
Insegnami la vera umiltà. 
Essa è la verità e si manifesta nell'amore che si mette a servizio di tutti e che riconosce ogni altra persona più importante di sé.
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687 - Dicono e non fanno

Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d'onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati «rabbì» dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare «rabbì», perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate «padre» nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare «guide», perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato.

Ogni pagina del vangelo è scritta per la Chiesa. Gli scribi e farisei siamo noi, invitati a riconoscerci in loro. Il problema presentato da questo brano è sempre lo stesso: al centro di tutto poniamo Dio o il nostro io?
Gesù critica gli scribi e i farisei, e noi con loro, perché fanno tutto per essere visti e lodati: "Fanno tutte le loro opere per essere visti dagli uomini" (v. 5). Si preoccupano di recitare la parte dell’uomo pio e devoto più che di vivere un sincero rapporto con Dio.
La falsità è abbinata ovviamente a una buona dose di vanità e di orgoglio. In un mondo in cui la religione è tenuta in considerazione, le persone religiose acquistano automaticamente la massima reputazione. Esse occupano, quasi per convenzione comune, il posto di onore dovuto a Dio. Difatti gli scribi e i farisei con la loro pietà simulata hanno posti di riguardo nelle sinagoghe e nei conviti, e quando appaiono in pubblico ricevono da ogni parte inchini, ossequi e saluti nei quali vengono scanditi con esattezza i loro titoli onorifici.
Anche i discepoli di Gesù sono esortati a rifuggire da questi comportamenti segnalati nei farisei e negli scribi. I titoli onorifici e le rivendicazioni di potere sono fuori luogo perché essi sono tutti fratelli, figli dello stesso Padre (v. 8) e sono guidati dallo stesso Cristo presente in loro (v. 10).
Nella comunità cristiana i più grandi sono gli ultimi e l’unico primato che conta è quello dell’abbassamento e del servizio (v. 11). In essa non devono nemmeno circolare gli appellativi che indicano distinzione e discriminazione che mettono in evidenza un preteso diritto di controllo e di dominio di alcuni sugli altri. Spesso succede che il nostro Signore, al quale diamo del tu, è predicato da signori ai quali diamo del lei.
Alla fine Gesù deve ricorrere ai comandi (sia vostro servo: v. 11) e alle minacce per abbassare chi si era elevato al di sopra degli altri (v. 12).
Matteo sta mettendo a confronto due immagini di Chiesa. L’una farisaica, pomposa, appariscente e vuota, dominata da capi avidi di onore e di potere; l’altra cristiana, costituita da amici e da fratelli. Quest’ultima non è anarchica, perché è guidata direttamente da Cristo e dal Padre, di cui tutti sono ugualmente figli. Coloro che vi esercitano funzioni o incarichi sono chiamati a testimoniare con le opere più che con le parole (cfr v. 3) la presenza invisibile del Padre, non a sostituirla. Perché egli non è mai assente.
La Chiesa di Cristo è una comunità di uguali, una fraternità che ha come criterio di discernimento il servizio. In essa esiste una diversità di ruoli e di responsabilità, che però devono essere svolti come servizio. Questo stile ha come modello Gesù stesso, il quale è venuto per servire (cfr Mt 20,26).
La logica dei rapporti che deve regolare la comunità cristiana è quella dell’umiltà. La condizione dettata da Gesù: "se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 18,3) è l’atteggiamento esattamente opposto a quello dell’autoesaltazione degli scribi e dei farisei.


Padre Lino Pedron
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sabato 29 ottobre 2011

686 - Preghiera del mattino

Signore mio Dio, mi rendo conto di dare troppa importanza al giudizio degli altri. 
La loro stima condiziona in me la percezione stessa del mio effettivo valore. 
A stento sopporto la loro scarsa considerazione: mi fa perdere sicurezza e mi angoscia. 
Fammi da guida nel compiere il mio dovere. 
Fa' che, nel riconoscimento altrui delle mie azioni, io percepisca in realtà quanto io valga ai tuoi occhi. 
Proteggimi dalla maldicenza e dalla calunnia. 
Fa' che non mi attenda troppo il consenso e l'ammirazione altrui.
Permettimi di cercare la sola gloria che viene da te. 
E quando mi invii insuccessi e umiliazioni, assicurami che sono in vista della mia salvezza; concedimi lo sguardo della fede, affinché, con tuo Figlio, io li accetti volontariamente per la mia redenzione e per quella di tutti i miei fratelli.
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685 - Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato

Un sabato [Gesù] si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: «Cedigli il posto!». Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: «Amico, vieni più avanti!». Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

I farisei si preoccupano del loro onore, amano i primi posti nelle sinagoghe e vogliono essere complimentati nelle piazze. Esigono la precedenza davanti agli altri e sono persuasi di avere diritto ai posti di onore. Ma lo spirito del vangelo è l’umiltà, il contrario del protagonismo di quelli che scelgono i primi posti. E questa non è questione di intelligenza tattica o di galateo: è una scelta di Dio. Gesù si è messo all’ultimo posto, si è fatto servo di tutti e si è umiliato.
Per questo è stato innalzato e glorificato. Se Gesù ha scelto l’ultimo posto, anche il cristiano deve scegliere l’ultimo posto e rimanervi costantemente e saldamente. Per fare questo deve guarire dal gonfiore della sua superbia e dai suoi deliri di onnipotenza. L’umiltà è la verità dell’uomo, ma è anche la verità di Dio, perché Dio è amore. Il fine della predicazione del vangelo è portare gli uomini all’umiltà per farli diventare come Dio che è umile.
Il peccato di Adamo, il peccato di ogni uomo, è voler occupare il posto di Dio, credendo, erroneamente, che Dio sia al primo posto. Ma il vero Dio, quello che si è manifestato in Gesù di Nazaret, ha scelto l’ultimo posto. Il credente che lo ama e lo segue, lo cerca lì. Dobbiamo cercare l’ultimo posto, perché ciò che conta è la vicinanza a Dio. E questo non significa seppellire i talenti, ma investirli nella direzione giusta. E’ giusto voler essere come Dio, ma prima bisogna sapere com’è Dio. Egli è umile, povero e piccolo, perché è amore: questa è la sua grandezza, la sua gloria e il suo potere.
Il Figlio di Dio si è umiliato fino alla morte di croce e per questo fu innalzato dal Padre (cfr Fil 2, 5-11). Il cristiano deve seguirlo nell’umiliazione e nella gloria.


Padre Lino Pedron
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venerdì 28 ottobre 2011

684 - Preghiera del mattino

Signore, ti prego per il mistero dell'unione intima degli esseri, per il mistero della donna, affinché sia rispettata come un'icona vivente dell'amore materno di Dio per l'umanità, per l'impossibile amore del Padre verso la sua creatura divenuto possibile attraverso l'unione nelle nozze di Cristo con la Chiesa.
Concedi a tutte le coppie di capire che il loro centro è in te, fonte di ogni amore, di ogni paternità e di ogni vita.
Mostra loro il significato profondo ed elevato di questa vocazione che li supera.
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683 - Ognuno di voi può trovare la sua propria via per questo colloquio con Dio

Questo, come tutti i post con etichetta "Angolo dello Spirito", riporta testi di san Josemaría Escrivá

La maggior parte di coloro che hanno problemi personali, “li hanno” per l'egoismo di pensare a sé stessi. (Forgia, 310)


Ognuno di voi, se vuole, può trovare la sua propria via per questo colloquio con Dio. Non mi piace parlare di metodi o di formule, perché non mi è mai garbato costringere la gente dentro schemi rigidi: ho cercato di aiutare tutti ad avvicinarsi al Signore rispettando ogni anima così com'è. con le sue caratteristiche proprie. Chiedete al Signore che metta i suoi progetti nella vostra vita; non solo nella mente, ma anche nell'intimo del cuore e in tutta la nostra attività esterna. Siate sicuri che in tal modo vi risparmierete una gran parte delle amarezze e delle pene che l'egoismo procura e sentirete la forza di promuovere il bene attorno a voi. Quante contrarietà si dileguano quando interiormente ci mettiamo ben vicini al nostro Dio che non ci abbandona mai! Si rinnova, con modalità diverse, quell'amore per i suoi, per i malati, per gli infelici, che fa dire a Gesù: «Che ti succede?». «Mi succede...» e, subito, la luce o, almeno, la forza di accettare, e la pace.
Invitandoti a queste confidenze con il Maestro, mi riferisco soprattutto alle difficoltà che nascono dentro di te, perché la maggior parte degli ostacoli alla nostra felicità provengono da un orgoglio più o meno nascosto. Ci giudichiamo di grande valore e dotati di qualità straordinarie; e quando gli altri non ci stimano tali, ci sentiamo umiliati. Ecco una buona occasione per ricorrere alla preghiera e rettificare, con la convinzione che non è mai tardi per cambiare di rotta. Ma è molto opportuno dare inizio a questo cambiamento quanto prima.(Amici di Dio, 249)
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682 - Ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli

In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran
moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Gesù ha compiuto la sua prima manifestazione, ha avuto il suo primo incontro con il popolo e le autorità religiose del paese; ora ha bisogno di una lunga notte di riflessione, di preghiera e di contatto con il Padre.
L'opera che ha avviato è destinata a sopravvivere nel tempo, per questo egli deve scegliere degli uomini che condividano la sua causa e la portino avanti nei secoli. Secondo il vangelo di Luca, la Chiesa e la sua organizzazione essenziale provengono direttamente da Cristo.
Gesù sale sul monte per trovare nell'incontro con il Padre la chiarezza necessaria per scegliere i dodici apostoli.
Il numero dodici richiama quello dei patriarchi dell'Antico Testamento. Si delinea così la nascita del nuovo popolo di Dio.
La preghiera sta all'origine di ogni scelta e azione apostolica di Gesù e della Chiesa. Il giorno della Chiesa spunta dalla notte di Gesù passata in comunione col Padre. Ciò non vuole assolutamente dire che le scelte che il Padre e il Figlio fanno, chiamando i dodici e gli altri dopo di loro lungo i secoli, saranno le migliori secondo la nostra logica umana.
La struttura portante della Chiesa è zoppicante fin dall'inizio, sempre aperta al tradimento e al rifiuto del Signore.
Pietro e Giuda ne sono le figure emblematiche. E tutto questo non è uno spiacevole imprevisto, ma è una realtà che fa parte del progetto di salvezza.
Il motivo che spinge la gente verso Gesù è il bisogno di ascoltare la parola di Dio e di essere guarita. Come la parola del serpente portò il male e la morte (cfr Gen 3), così la parola di Dio guarisce dal male e dà la vita. C'è infatti una stretta connessione tra l'ascolto della parola di Dio e la guarigione, come tra la disobbedienza alla parola di Dio e la morte (cfr Dt 11,26-32). "Il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte" (Rm 5,12) perché l'uomo ha ascoltato il serpente. L'uomo diventa ciò che ascolta. Se ascolta Dio diventa figlio di Dio, se ascolta il diavolo diventa figlio del diavolo.
Come la gente di allora, anche noi possiamo toccare e sperimentare la potenza di Gesù se ascoltiamo la sua parola.
La parola di Dio infatti "è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). Infatti "è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione" (1Cor 1,21).


Padre Lino Pedron
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giovedì 27 ottobre 2011

681 - Preghiera del mattino

Signore, in questo giorno mi appresto ad affrontare ancora una volta tutte le forze e le persone che vorrebbero influenzarmi, conquistarmi.
Alcuni mi lanciano le loro reti per interesse: cercano di plasmare in me pensieri e azioni per aumentare il loro potere politico, la loro stima e, soprattutto, le loro ricchezze materiali.
Anche tu vieni a cercarmi, ma discretamente, senza far rumore.
Fa' che senta la tua voce nella confusione di suoni e di grida.
Fa' che distingua il tuo segnale in mezzo al clamore che mi stordisce e alla luce che mia accieca.
Perché solo con te mi sento sicuro, tu soltanto vuoi davvero il mio bene, tu stabilisci con me una relazione che nulla toglie alla mia libertà e alla mia felicità.
Perché mi hai procurato la felicità eterna al prezzo della tua stessa vita.
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680 - Non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme

In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere». Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: «Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme». Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».

Probabilmente Erode si serve dei farisei per impaurire Gesù e allontanarlo dal suo territorio. E’ meglio che questa persona scomoda si trasferisca nella zona di competenza del suo nemico, Pilato. Questi, a sua volta, glielo invierà e gli restituirà il favore. In tale scambio diverranno amici (Lc 23,6-12).
La volpe è un’animale immondo. Con questo titolo Gesù bolla l’immoralità di Erode. Gesù lo tranquillizza, illustrandogli la propria attività. Non entra in concorrenza con lui. Non gli insidia il trono. Il suo potere è quello di servire l’uomo liberandolo dal male interno (demoni) ed esterno (malattie). Questa è l’attività di Gesù compiuta in pieno giorno.
L’attività di Gesù è compiuta nell’"oggi" della sua vita terrena. La sua vita volge al tramonto: darà pensieri ad Erode ancora per poco tempo. Il terzo giorno è quello definitivo della risurrezione.
Il viaggio di Gesù non è mosso dalla paura di Erode, ma dalla volontà del Padre che lo vuole a Gerusalemme dove si compirà il mistero della salvezza.
La triplice ripetizione del nome di Gerusalemme è l’espressione di un amore e di una tenerezza infiniti. Gesù non piange sulla propria sorte, ma sulla sua città (Lc 19,41; 23,28 ss).Gli reca più dolore il male dell’amata che non la propria uccisione che avviene per mano dell’amata. E’ la manifestazione suprema del suo amore. E’ l’amore dello Sposo che piange il male della sposa che l’uccide. E’ importante la rivelazione anticipata di questo amore che, pur prevedendo il peggio, si offre senza condizioni. La vista di un Dio che ci ama fino a morire per noi sarà l’offerta estrema d’amore che rende possibile la conversione (Lc 23,48; Gv 12,32).
L’immagine che Gesù dà di sé, paragonandosi a una chioccia, è la più umile e la più bella di tutte. Richiama le parole di Dio del Sal 91,4: "Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio". Esprime la forza della sua tenerezza: l’aquila potente che salva (Dt 32,11) qui si fa chioccia. L’amore materno di Dio è tanto forte da renderlo debole, tanto sapiente da renderlo stolto, fino a dare la vita per noi: "Egli infatti fu crocifisso per la sua debolezza" (2Cor 13,4).
L’ultima frase di questo capitolo lascia ancora aperta la possibilità al ravvedimento. Queste parole si riferiscono all’ingresso di Gesù in Gerusalemme (Lc 19,38), ma soprattutto all’ultimo ritorno di Cristo alla fine dei tempi. Anche i giudei saluteranno questo ritorno, perché allora saranno convertiti (Rm 11,25-31).


Padre Lino Pedron
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679 - Non perdere mai di vista il nostro fine soprannaturale

Un rimedio contro queste tue inquietudini: avere pazienza, rettitudine d'intenzione, e guardare le cose con prospettiva soprannaturale. (Solco, 853)


Vedendo dunque Dio dietro ogni evento, cerchiamo di non perdere mai di vista il nostro fine soprannaturale, sia di fronte a cose gradevoli che sgradevoli, sia di fronte alla consolazione che allo sconforto per la morte di una persona cara. Prima di tutto, la conversazione con Dio Padre, la ricerca del Signore nel centro della nostra anima. Non è cosa piccola, o di poca importanza: è la manifestazione chiara della vita interiore costante, dell'autentico dialogo d'amore. È un esercizio che non provocherà alcuna deformazione psicologica, giacché, per un cristiano, deve essere del tutto naturale, come il battito del cuore. (Amici di Dio, 247)
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mercoledì 26 ottobre 2011

678 - Preghiera del mattino

Dio, Padre onnipotente, tu non vuoi che l'uomo stia lontano da te, isolato dagli altri e estraneo persino a se stesso.
Il tuo amore cerca la sua compagnia.
Ti rendiamo grazie per l'amore che hai per noi e che manifesti in tuo figlio Gesù Cristo.
Fa' che non dimentichiamo la gravità della tua parola con il pretesto del tuo amore.
Non permettere che di te ci fabbrichiamo un'immagine a noi conveniente, per poterla presentare agli altri uomini facilmente e con successo.
Gli accadimenti di ogni giorno la spazzerebbero via facilmente, come il vento, e ci ritroveremmo di nuovo nella nostra solitudine.
Rendici pronti a metterci in cammino seguendo quanto ci ordina la parola del Figlio tuo, facci infine rinunciare a volerne dare un'interpretazione interessata volta a censurare quanto di essa non ci piace troppo. Perché soltanto lui è il testimone veritiero, il "Figlio unigenito, che è nel seno del Padre" (Gv 1,18).
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677 - Verranno da oriente a occidente e siederanno a mensa nel regno di Dio

Passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: «Signore, aprici!». Ma egli vi risponderà: «Non so di dove siete». Allora comincerete a dire: «Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze». Ma egli vi dichiarerà: «Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!». Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Questo brano parla della lotta per entrare nella salvezza. La porta è Gesù: attraverso di lui tutti gli uomini sono salvati. Unico biglietto d’ingresso è il bisogno; unico impedimento, la falsa sicurezza e la presunta giustizia.
Per entrarvi basta riconoscersi peccatori e accettare il perdono di Dio. Nessuno si salva per i propri meriti, ma tutti sono salvati dalla misericordia di Dio.
La porta è dichiarata stretta perché l’io e le sue presunzioni non vi passano: devono morire fuori. La Bibbia ci insegna che l’uomo non può salvarsi con le sue forze (Lc 18,26-27), ma tutti siamo salvati dall’amore gratuito del Padre.
Quindi la porta della salvezza è strettissima perché nessuno si salva, ma è larghissima perché tutti veniamo salvati.
"Dio, nostro salvatore, vuole che tutti gli uomini siano salvati" (1Tm 2,4).
La salvezza è un dono. Costa solo la fatica di aprire il cuore e la mano per accoglierla. Ma è una grande lotta, perché il cuore è duro e la mano rattrappita (Lc 6,6ss). Il dono non toglie l’iniziativa: è un pegno che impegna. Bisogna fare come se tutto dipendesse da noi, sapendo che tutto dipende da Dio. Solo in questo modo si eliminano la pusillanimità e l’ansietà, la superbia e la presunzione.
La salvezza ha come porta l’umiltà. Convertirsi è accettare di vivere della misericordia di Dio. E’ la morte dell’io per vivere di Dio.
Il giusto più si accanisce ad accrescere il suo bagaglio di giustizia, più è impedito ad entrare attraverso la porta della salvezza, che è dono e grazia.
L’interlocutore anonimo aveva chiesto se erano pochi quelli che si salvano. Gesù risponde di stare attenti a non rimanere fuori dalla sala del Regno. Il tempo per decidersi ad entrare è poco. Da un momento all’altro il padrone chiuderà per sempre la porta.
Gli esclusi non sono i tradizionali nemici della salvezza, come siamo abituati a pensare, ma gli ascoltatori di Gesù. Il motivo della condanna non è la loro ignoranza di Cristo, ma l’inadempienza dei propri doveri morali. La fede non è, prima di tutto, conoscenza di Cristo, teoria o teologia, ma vita vissuta in consonanza con i comportamenti di Gesù.
Di fronte all’indifferenza degli ascoltatori Gesù, e l’evangelista con lui, ha creduto opportuno far ricorso alle minacce.
La prospettiva di un castigo irreparabile può risvegliare dall’incoscienza e dalla superficialità.
Nel v.28 viene descritta la sorte opposta di chi sta dentro e di chi sta fuori dal Regno. I patriarchi e i lontani saranno nel Regno perché hanno avuto fede e si sono convertiti al dono di Dio.


Padre Lino Pedron
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martedì 25 ottobre 2011

676 - Messaggio Medjugorje del 25/10/2011

Cari figli, vi guardo e nei vostri cuori non vedo la gioia.
Oggi io desidero darvi la gioia del Risorto perché Lui vi guidi e vi abbracci con il suo amore e con la sua tenerezza.
Vi amo e prego incessantemente per la vostra conversione davanti al mio figlio Gesù.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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675 - Il granello crebbe e divenne un albero

Diceva dunque: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami». E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Il brano precedente ci ha presentato il regno di Dio che è già all’opera nel mondo. Ora si dice come. Agisce nella storia secondo lo stile di Gesù: nella povertà e nella poca considerazione religiosa e politica. Dio realizza il suo disegno con ciò che è piccolo, disprezzato e nulla (cfr 2Cor 2, 4ss). Come il chicco di senape, anche Gesù fu preso e buttato sotto terra. Ma così divenne l’albero della vita offerta a tutti gli uomini. Egli fu preso e nascosto in fretta, come immondo, la vigilia della Pasqua ebraica (cfr Gv 19, 31-32). Ma così divenne fermento di novità che lievitò la terra, aprendone i sepolcri (cfr Mt 27, 52-53).
Queste parabole ci aiutano a vedere e a capire il disegno di Dio come lo vede Dio. Come capitò a Gesù, così deve capitare alla Chiesa e al singolo cristiano. Il seme cresce solo se muore (cfr Gv 12, 24), produce la vita solo se muore. Mentre tutto il resto, morendo, marcisce per sempre, il seme, morendo, diventa pianta, fiore, frutto. La morte non può vincerlo, ma lo realizza; lo fa essere ciò che è: vita che vince la morte.
Il seme è messo sotto terra, il lievito è nascosto nella pasta. L’efficacia del regno di Dio non è efficienza umana,ma continuazione della storia di Gesù umiliato, rigettato e sepolto nella terra. L’ostentazione e la grandezza sono contrarie al regno di Dio e rovinano la Chiesa e la sua missione nel mondo. Il lievito che deve fermentare la pasta che è il mondo, è la sapienza di Cristo crocifisso. La pasta del mondo deve passare dal lievito dei farisei (cfr Lc 12,1) a quello di Cristo attraverso la povertà, l’umiltà e l’umiliazione. Diversamente non si fa che intralciare il lavoro di Dio nella storia.
Il regno è la comunità di Gesù e degli uomini che vi appartengono. E’ una piccola realtà che deve affrontare il grande compito di evangelizzare e salvare il mondo, ma non deve perdere la forza aggressiva del lievito, ossia non deve stemperare il messaggio di Cristo. Gli uomini che hanno accettato la proposta di Cristo e si sono assunti il compito di far fermentare l’intera umanità, non possono rimanere segregati dal mondo. La comunità cristiana non sempre capisce, o vuole capire, la sua realtà di lievito del mondo, anche perché il prendere coscienza di questa missione non lascia tranquilli nella propria pigrizia, ma sveglia e impegna fino all’estremo delle forze.
Gesù non ha guardato l’uomo dall’alto, non si è tenuto fuori dalla società a cui si è rivolto, ma ha cercato di lievitarla dal di dentro. I cristiani ripiegati su se stessi, come singoli o come gruppi, che incentrano tutto sui propri interessi, anche spirituali, sono la negazione dello spirito e degli intendimenti della parabola del lievito.


Padre Lino Pedron
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674 - Preghiera del mattino

Signore, ti prego per il mistero dell'unione intima degli esseri, per il mistero della donna, affinché sia rispettata come un'icona vivente dell'amore materno di Dio per l'umanità, per l'impossibile amore del Padre verso la sua creatura divenuto possibile attraverso l'unione nelle nozze di Cristo con la Chiesa.
Concedi a tutte le coppie di capire che il loro centro è in te, fonte di ogni amore, di ogni paternità e di ogni vita.
Mostra loro il significato profondo ed elevato di questa vocazione che li supera.
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673 - Richiesta di preghiere 38/2011

128) Giampietro dal Veneto: Carissimi Fratelli e Sorelle in Cristo Gesù vi chiedo una preghiera perchè non trovo lavoro, ho 2 figli, che il Signore vi benedica


129) Silvia dalla Lombardia: Sono silvia ho bisogno di preghiere per la mia guarigione spirituale e fisica(schizofrenia depressione tumore tiroide colicisti valori sballati)


130) Luigi dalla Lomabardia: Cari amici,pregate per la salute del mio caro vicino di casa,affetto da tumore,grazie.


131) Gian Maria dalla Campania: Chiedo copiose e fervide preghiere per papà Marcello, il quale ha subito
un intervento delicatissimo al cervello a causa di un tumore maligno, con una conseguente emorragia cerebrale...
Quattro giorni fa è stato trasferito nuovamente nel reparto di rianimazione, in quanto ha avuto un collasso a causa dell'inappetenza ( pesa 40kg e rischia la vita), che gl' impedisce di ricevere le ulteriori cure mediche...
Ciò che mi preoccupa, dopo i due interventi subiti, è la mancanza di memoria a breve ed a lungo termine:
Purtroppo chiama noi familiari con altri nomi e sembra non riconoscerci..
L'altro elemento fortemente negativo è l'incapacità di produrre un linguaggio pertinente al contesto di cui si parla...: papà risponde con parole prive di senso ed incomprensibili...( afasia )
Il medico sostiene che tale compromissione possa rientrare nel decorso post-operatorio, oppure che possa essere un deficit...,il quale potrà essere confermato nel tempo...
Vi supplico di pregare... di ricordarla nella Santa Messa quotidiana e di far pregare... affinchè papà Marcello venga restituito alla vita da sano...
Grazie di cuore, Gian Maria.


132) Giuseppe dalla Campania: Vi supplico di ricordarmi nelle vostre orazioni e lodi per i miei gravosi bisogni materiali (in speciale modo il lavoro e la salute) e spirituali. Grazie, altrettanto intercedo per voi con la Mamma Celeste presso il Trono della Grazia
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lunedì 24 ottobre 2011

672 - Signore, non so nemmeno come cominciare!

Mi hai scritto: “Pregare è parlare con Dio. Ma, di che cosa?”. —Di che cosa? Di Lui, di te: gioie, tristezze, successi e insuccessi, nobili ambizioni, preoccupazioni quotidiane..., debolezze! E atti di ringraziamento e suppliche: e Amore e riparazione. In due parole: conoscerlo e conoscerti: “stare insieme”! (Cammino, 91)


Come fare orazione? Posso assicurare, senza paura di sbagliare, che vi sono molte, direi anzi, infinite maniere di pregare. Ma io vorrei per tutti noi la vera orazione dei figli di Dio, non la verbosità degli ipocriti a cui è rivolto l'ammonimento di Gesù: Non chiunque mi dice: «Signore, Signore!» entrerà nel regno dei cieli [Mt 7, 21]. Coloro che sono mossi da ipocrisia potranno forse ottenere il rumore dell'orazione — scriveva Sant'Agostino — ma non la sua voce, perché in essi manca la vita [Sant'Agostino, Enarrationes in Psalmos, 139, 10], perché manca la disposizione di compiere la volontà del Padre. Il nostro invocare il Signore vada dunque unito al desiderio efficace di tradurre in realtà le mozioni interiori che lo Spirito Santo suscita nella nostra anima (...).
Non mi sono mai stancato di parlare di orazione e, se Dio mi dà la grazia, non me ne stancherò mai. Verso il 1930 quando venivano a me, giovane sacerdote, persone di tutte le condizioni — universitari, operai, sani e malati, ricchi e poveri, sacerdoti e laici — che volevano seguire il Signore più da vicino, consigliavo sempre: «Pregate». E se qualcuno mi rispondeva: «Non so nemmeno come cominciare», gli raccomandavo di mettersi alla presenza del Signore e di manifestargli la propria inquietudine, la propria ansia, con quelle stesse parole: «Signore, non so nemmeno come cominciare!». E tante volte, in quelle umili confidenze, prendeva consistenza l'intimità con Cristo, il rapporto assiduo con Lui. (Amici di Dio, nn. 243-244)
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671 - Preghiera del mattino

Mio Signore, morto e risuscitato per me, e che per me "hai versato quella goccia di sangue", voglio vivere come figlio della luce.
Poiché devo ereditare da te, fa' di me, fin d'ora, un figlio di Dio, riempiendo le mie tenebre della tua luce ammirabile, la mia umanità della tua divinità.
Prendi possesso della tua eredità, invadimi, Signore.
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domenica 23 ottobre 2011

670 - Meditazione. Per un tempo fisso e a ora fissa

Meditazione.- Per un tempo fisso e a ora fissa.- Altrimenti, finirà per adattarsi ai nostri comodi: questo è mancanza di mortificazione. E l'orazione senza mortificazione è poco efficace. (Solco, 446)


Vincete, se è necessario, la poltroneria, la convinzione falsa che l'orazione può attendere. Non rimandiamo mai questa fonte di grazie al domani. Adesso è il tempo opportuno. Dio, spettatore amoroso di tutta la nostra giornata, assiste alla nostra intima preghiera: e tu, e io — torno ad assicurarlo — dobbiamo riporre la nostra fiducia in Lui, come la si ripone in un fratello, in un amico, in un padre. Digli — come io gli dico — che Lui è tutta la Grandezza, tutta la Bontà, tutta la Misericordia. E aggiungi: è per questo che voglio innamorarmi di Te, nonostante la rozzezza dei miei modi, delle mie povere mani tribolate e maltrattate dalla polvere dei sentieri scoscesi della terra.
(…) Non manchino mai, nella nostra giornata, alcuni minuti dedicati in modo speciale a frequentare Dio, elevando verso di Lui il nostro pensiero, senza che le parole debbano affiorare alle labbra, perché cantano nel cuore. Dedichiamo a questa norma di pietà un sufficiente periodo di tempo, a ora fissa, se è possibile. E accanto al Tabernacolo, facendo compagnia a Colui che vi si è stabilito per Amore. Ma se questo non è possibile, in un luogo qualsiasi, perché il nostro Dio dimora in modo ineffabile nelle nostre anime in grazia. (Amici di Dio, nn. 246. 249)
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669 - Preghiera del mattino

Grazie, Signore.
La luce ha di nuovo abbattuto il muro della notte.
I colori ocra dell'autunno si schiariscono, la sinfonia della vita quotidiana incomincia il suo primo movimento.
Per tutto ciò che rende il mattino chiaro e gioioso, grazie, Signore...
Dalla finestra del Vangelo che si apre sulla liturgia io contemplo i tuoi gesti, ascolto le tue parole.
I farisei ti circondano, vogliono tenderti una trappola, comprometterti.
Ed io penso che anche oggi essi braccano noi che ti seguiamo, e cercano di confonderci, di deformare quello che tu hai detto...
Ma tu li hai battuti, Gesù. Concedici la tua forza e la tua luce affinché anche noi li affrontiamo con serenità e fermezza.
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sabato 22 ottobre 2011

668 - Se hai vinto nel piccolo, vincerai nel grande

Finché c'è lotta, lotta ascetica, c'è vita interiore. Il Signore ci chiede proprio questo: la volontà di volerlo amare coi fatti, nelle piccole cose di ogni giorno. Se hai vinto nel piccolo, vincerai nel grande. (Via Crucis, 3ª Stazione, n. 2)


Devo mettervi in guardia da un tranello che Satana non disdegna di impiegare — lui non va mai in ferie —, per strapparci la pace. In qualche momento può nascere un dubbio, una tentazione: pensare con sgomento che si va all'indietro o che si avanza appena; può anche prendere forza la convinzione che, nonostante l'impegno per migliorare, si peggiora. Vi assicuro che, ordinariamente, questo giudizio pessimistico riflette solo una falsa visione, un inganno che bisogna respingere. (…) Ricordatevi che la Provvidenza divina ci guida senza posa e non risparmia il suo aiuto — con miracoli portentosi e con miracoli spiccioli — per far progredire i suoi figli.
Militia est vita hominis super terram, et sicut dies mercenarii dies eius [Gb 7, 1], non è una milizia la vita dell'uomo sulla terra e i suoi giorni non sono come quelli d'un mercenario? Nessuno sfugge a questo destino, neppure i pigri che non si danno per intesi: disertano le file di Cristo e si affannano in altre lotte per soddisfare la loro comodità, la loro vanità, le loro ambizioni meschine; diventano schiavi dei loro capricci (...).
Rinnovate ogni mattina, con un serviam! deciso — ti servirò, Signore! —, il proposito di non cedere, di non cadere nella pigrizia o nella noncuranza, e di affrontare i doveri con più speranza, con più ottimismo, ben persuasi che se in qualche scaramuccia saremo vinti, potremo superare lo smacco con un atto di amore sincero. (Amici di Dio, 217)
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667 - Preghiera del mattino

No, Signore, non sono il fico che hai maledetto, sono piuttosto quello a cui è ancora concesso un anno... "Se no, lo taglierai".
Io non so se ho portato frutti; in ogni caso non è nulla di fronte alla fame del mondo, e questo frutto dov'è?
Tu ci hai mandato per portare molti frutti, e frutti che restino.
Colpito da questa scadenza, voglio di nuovo darmi a te, innestarmi in te nell'orazione al fine di ricevere da te la linfa.
Voglio vivere dei sacramenti per ricevere il tuo Corpo e il tuo Sangue vivificanti.
E dare tutto ciò che mi accorderai.
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666 - Se sei caduto, rialzati con più speranza

Se sei caduto, rialzati con più speranza... Solo l'amor proprio non capisce che l'errore, quando lo si corregge, aiuta a conoscersi e a umiliarsi. (Solco, 724)


Avanti, qualunque cosa succeda! Ben protetto dal braccio del Signore, considera che Dio non perde battaglie. Se ti allontani da Lui, quale ne sia il motivo, reagisci con l'umiltà di chi vuole cominciare e ricominciare; di chi vuoi fare da figlio prodigo tutti i giorni e anche molte volte nel corso delle ventiquattro ore; di chi vuole risanare il suo cuore contrito nella Confessione, vero miracolo dell'Amor di Dio. In questo sacramento meraviglioso, il Signore pulisce la tua anima e ti inonda di gioia e di forza per non venir meno nella lotta, e per ritornare instancabilmente a Dio anche quando tutto ti sembra oscuro. Inoltre, la Madre di Dio, che è anche Madre nostra, ti protegge con la sua materna sollecitudine, e ti guida nel tuo avanzare.
Dice la Sacra Scrittura che perfino il giusto cade sette volte [Pro 24, 16]. Tutte le volte che ho letto queste parole, la mia anima è stata scossa da un forte sussulto di amore e di dolore. Ancora una volta il Signore ci viene incontro, con il suo avvertimento divino, per parlarci della sua misericordia, della sua tenerezza, della sua clemenza, che mai si esauriscono. Siatene sicuri: Dio non ama le nostre miserie, ma non le rifiuta, e conta proprio su di esse per farci santi. (...)
Mi prostro davanti a Dio. e gli espongo con chiarezza la mia situazione. Subito ricevo l'assicurazione della sua assistenza, e sento in fondo al cuore che Lui mi ripete lentamente: «Meus es tu, tu mi appartieni [Is 43, 1]; sapevo — e so — come sei; avanti!». (Amici di Dio, nn. 214-215)
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665 - Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo

In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: «Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?». Ma quello gli rispose: «Padrone, lascialo ancora quest'anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l'avvenire; se no, lo taglierai»».

Il brano 13,1-5 ci presenta due fatti di cronaca: una uccisione e un incidente. Nel primo caso sono in gioco la libertà e la cattiveria dell’uomo; nel secondo la violenza del creato. Ma il problema è unico: quello della morte che l’uomo vive come un’indebita violenza.
Questi due avvenimenti richiamano in modo esemplare ciò che maggiormente scuote la fede del credente: perché Dio permette i soprusi e le violenze, i disastri e i terremoti?
La storia con le sue ingiustizie, e la natura con la sua insensatezza sembrano dominate dal maligno (cfr Lc 4,6).Il male, continuamente presente nella nostra esistenza, è il problema più rilevante ed è inspiegabile alla ragione. Esso costituisce un problema anche per la fede: la può spegnere o ingigantire. Solo conoscendo i "segni del tempo" possiamo
vedere nel male il Signore che viene a salvarci chiamandoci alla conversione.
Il problema vero della storia non è l’alternanza al potere del male, ma l’alternativa ad esso. Non basta cambiare i protagonisti: bisogna cambiare il gioco.
Gesù non condanna Pilato, ma non esalta neppure le sue vittime. Egli vuole portarci a un punto di vista superiore: Pilato e le sue vittime sono insieme vittime dello stesso peccato. Infatti hanno tentato lo stesso gioco: i galilei erano i più deboli e hanno perso.
Gesù ha rifiutato come mezzi del Regno quelli del nemico: la ricchezza, il potere e l’orgoglio. La violenza genera sempre altra violenza. L’unica arma per vincere tutti i mali è l’amore.
Lo stesso peccato, presente in Pilato e nelle sue vittime, è presente anche negli ascoltatori di Cristo. Al posto di Pilato si sarebbero comportati come Pilato, al posto dei guerriglieri galilei si sarebbero comportati come i guerriglieri galilei. Ma allora dove sta la verità? Essa sta solamente nel conformare i nostri comportamenti a quelli di Cristo che si fa carico del male di tutti.
Le calamità naturali non sono una punizione, ma un richiamo alla conversione. Il peccato che ha guastato l’uomo ha sottoposto all’insensatezza anche la natura che aveva in lui il suo fine Si è rotta l’armonia uomo-mondo e ogni evento insensato ci richiama a cercare nella conversione il senso di una vita che il peccato ha esposto al vuoto, al non senso (cfr Rm 8,20).
Discernere i segni del tempo presente significa leggere ogni fatto come appello a passare dal mondo vecchio al mondo nuovo portato da Cristo. In questo modo il male perde il suo carattere di fatalità e viene dominato dall’uomo che ne sa trarre un bene maggiore: la propria conversione.
Il brano 13,6-9 ci presenta la parabola del fico sterile: Questa ci aiuta a leggere la nostra storia alla luce di quella di Gesù. La parabola è trasparente. Il Padre e il Figlio si prendono cura dell’uomo e si attendono che egli risponda al loro amore. Ma come il fico è sterile, così l’uomo non fa frutti di conversione (cfr Lc 3,8). Ma Dio accorda una proroga all’uomo e prodiga la sua cura perché fruttifichi e non venga tagliato.
Il "quest’anno" del v. 8 indica tutti gli anni e i secoli delle generazioni che verranno. E’ l’anno della pazienza e della misericordia di Dio: "Egli usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 2,9). Ma non dobbiamo fare come gli "empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia di Dio" (Gd 4). Non ci si deve prendere gioco della ricchezza della bontà di Dio, della sua tolleranza e della sua pazienza, ma riconoscere che la bontà di Dio ci spinge alla conversione (cfr Rm 2,4).
La parabola pone l’accento sulla bontà di Dio. La cattiveria dell’uomo non può impedire a Dio di essere buono.


Padre Lino Pedron
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venerdì 21 ottobre 2011

664 - Preghiera del mattino

Signore, noi scrutiamo i segni del tempo ed ecco che si fanno brevi: la salvezza è più vicina a noi che al momento in cui abbiamo creduto.
La fine è vicina e noi non vogliamo temerla come una catastrofe, ma temere piuttosto che il termine arrivi senza che noi abbiamo perdonato, senza che ci siamo riconciliati con i nostri fratelli e con te.
Concedici senza sosta questo sentimento d'urgenza e di imminenza della tua venuta affinché, liberati dalle nostre passioni terrene, prepariamo le tue vie tra gli uomini.
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663 - Preghiera a S. Gaspare del Bufalo

San Gaspare, tu che hai amato la Chiesa perseguitata e nel nome di Gesù hai accettato obbrobri ed esilio.
Ti preghiamo di intercedere per la Chiesa, oggi: aiutaci a discernere come vivere e promuovere il messaggio del Vangelo.
Fà che siamo uniti a te, così che i nostri cuori abbiano veramente compassione per i poveri e gli abbandonati.
Aumenta in noi l'amore per il Sangue di Cristo, fino al punto di essere disponibili a rischiare la nostra stessa vita.
Ringraziamo Dio per le tue opere buone e per il tuo esempio.
Rafforza la nostra unione con te così che, non solo non ci indeboliamo, ma ci rafforziamo sempre più nella nostra vocazione, per la gloria di Dio e la salvezza dei nostri fratelli.
Amen.
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giovedì 20 ottobre 2011

662 - Preghiera del mattino

O Verbo di Dio, sei una spada che taglia i legami ingiusti, che ci libera dalle passioni più sottili, nascoste nelle più piccole pieghe del cuore.
Tu non vuoi la pace di cui parlano i falsi profeti quando il paese è minacciato dal nemico interno.
Tu sei venuto per una guerra sterminatrice del male, per mezzo del fuoco del tuo Spirito.
Quando avrai trionfato, ci apparirai come il Principe della pace dicendoci: "La pace sia con voi".
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661 - Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Gesù presenta la sua azione rinnovatrice nell’immagine del fuoco. Si tratta del fuoco del giudizio finale (cfr Lc 3,9) e del fuoco della Pentecoste (cfr At 2,3), perché il giudizio definitivo di Dio sul mondo è il dono dello Spirito Santo.
Lo Spirito Santo è l’amore di Dio per l’uomo, che sgorga dalla morte stessa del Figlio.
Gesù continua a parlare della sua missione, in particolare del traguardo che lo attende e che egli chiama "battesimo".
Il battesimo che egli prevede e desidera è l’immersione nel proprio sangue, nella propria morte. La morte non è un momento facile nella vita di Gesù; essa tiene angustiato tutto il suo animo, come rivelerà nel Getsémani e sulla croce. Il suo desiderio è di arrivarvi quanto prima e così porre fine al suo tormento, ai contrasti e ai conflitti che si alternano nella sua coscienza.
Le proposte di Gesù sono incendiarie, non lasciano indisturbati, provocano una rivoluzione in chi le accoglie, ma anche una violenta reazione in chi le rifiuta. Sono proposte radicali che chiedono risposte radicali. Gesù è il salvatore e il liberatore dell’uomo da ogni sua precedente oppressione, per questo deve provocare divisioni e rivolgimenti nelle strutture sociali e familiari. La scelta di Cristo e del suo vangelo produce reazioni anche violente da parte delle persone a cui il cristiano è legato. Senza esitazione occorre preferire Cristo agli amici e ai familiari. La profezia di Simeone che ha presentato Gesù come "segno di contraddizione" (Lc 2,34) trova anche qui la sua attuazione.
La proposta che il vangelo rivolge agli uomini di tutti i tempi è quella di una scelta radicale pro o contro Cristo. E non c’è spazio per i compromessi. Il cristiano urta non solo le situazioni familiari, ma spesso anche le strutture sociali e coloro che le reggono e le dominano a proprio vantaggio. La lotta contro di essi è inevitabile quando ci si trova schierati dalla parte di Cristo e del vangelo.
L’appartenenza a Cristo esige da noi una vita pasquale di morte e risurrezione con strappi e lacerazioni. Sono i costi della libertà e della vita nuova.


Padre Lino Pedron
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mercoledì 19 ottobre 2011

660 - Urge cristianizzare la società

Come vuole il Maestro, tu devi essere — ben inserito in questo mondo, nel quale ci tocca vivere, e in tutte le attività degli uomini — sale e luce. — Luce, che illumina le intelligenze e i cuori; sale, che dà il sapore e preserva dalla corruzione. Pertanto, se ti manca slancio apostolico, diventerai insipido e inutile, defrauderai gli altri e la tua vita sarà un'assurdità. (Forgia, 22)


Il Signore non ci ha creato per darci quaggiù una città definitiva [Cfr Eb 13, 14], perché questo mondo è la via all'altro, alla dimora senza dolore [Jorge Manrique, Coplas, V]. Senza dubbio, noi figli di Dio non dobbiamo disinteressarci delle attività terrene, nelle quali Dio ci colloca perché le santifichiamo, perché le impregniamo della nostra fede benedetta, l'unica che porta vera pace, autentica allegria alle anime e a tutti gli ambienti. Questa è stata la mia costante predicazione fin dal 1928: urge cristianizzare la società, portare a tutti i livelli della nostra umanità il senso soprannaturale, e poi impegnarci insieme a elevare all'ordine della grazia il dovere quotidiano, la propria professione, il proprio mestiere. Così, tutte le occupazioni umane saranno illuminate da una speranza nuova, che trascende il tempo e la caducità mondana. (Amici di Dio, 210)
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659 - Preghiera del mattino

Signore, tu mi hai dato tanto.
Che io non sia, nel giudicare, come un bambino, e comprenda con tutto il mio essere che mi sarà chiesto molto.
Perché quello che tu mi hai dato è una capacità maggiore di misericordia, e io cosa faccio per chi è in prigione e soffre?
Ciò che tu mi hai dato è la luce che illumina la zona di peccato in me, che tanti altri non vedono e ai quali tu non domanderai niente.
E io, io non ho imitato la peccatrice in lacrime che si prostrava ai tuoi piedi.
Perdonami, mio Dio.
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martedì 18 ottobre 2011

658 - In che cosa dobbiamo sperare?

Questo, come tutti i post con etichetta "Angolo dello Spirito", riporta testi di san Josemaría Escrivá

Davanti a un panorama di uomini senza fede, senza speranza; davanti a cervelli che si agitano, al limite dell'angoscia, per cercare una ragione d'essere alla vita, tu hai trovato una meta: Lui! E questa scoperta inietterà per sempre nella tua esistenza un'allegria nuova, ti trasformerà, e ti presenterà ogni giorno un'immensità di cose belle che ti erano sconosciute, e che mostrano la gioiosa ampiezza del sentiero ampio che ti conduce a Dio. (Solco, 83)


Forse più d'uno si chiede: noi cristiani, in che cosa dobbiamo sperare? Il mondo ci offre molti beni, appetibili dal nostro cuore, che reclama la felicità e insegue con ansia l'amore. Inoltre vogliamo seminare la pace e la gioia a mani piene; non ci sentiamo soddisfatti di ottenere la prosperità personale, e cerchiamo che siano contenti tutti coloro che ci stanno vicino.
Disgraziatamente, alcuni, con una prospettiva rispettabile ma piatta, con ideali del tutto caduchi e fugaci, dimenticano che gli aneliti del cristiano devono essere orientati verso traguardi più elevati, infiniti. Ci interessa l'Amore stesso di Dio, per goderlo pienamente, con un godimento senza fine. Abbiamo costatato in tanti modi che la realtà di quaggiù passerà per tutti, quando terminerà questo mondo: e termina per ciascuno con la morte, perché nel sepolcro non ci accompagnano né le ricchezze né gli onori. Perciò, sull'ala della speranza, che anima i nostri cuori a elevarsi fino a Dio, abbiamo appreso a pregare: in te Domine speravi, non confundar in aeternum [Sal 30, 2]; in te, o Signore, mi sono rifugiato, mai sarò deluso: spero in Te, perché tu mi diriga con le tue mani ora e sempre nei secoli dei secoli. (Amici di Dio, 209).
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657 - Non mancherò mai di praticare la carità

Questo, come tutti i post con etichetta "Angolo dello Spirito", riporta testi di san Josemaría Escrivá


Non è compatibile amare Dio con perfezione e lasciarsi dominare dall'egoismo o dall'apatia nel rapporto col prossimo. (Solco, 745)


La vera amicizia comporta anche uno sforzo cordiale per comprendere le convinzioni dei nostri amici, anche se non giungiamo a condividerle, né ad accettarle. (Solco, 746)


Non permettere mai che cresca l'erba cattiva sul cammino dell'amicizia: sii leale. (Solco, 747)


Un fermo proposito nell'amicizia: nel mio pensiero, nella mia parola, nelle mie opere, riguardo al prossimo - chiunque esso sia -, non mi comporterò più come ho fatto finora: e cioè, non mancherò mai di praticare la carità, non darò mai spazio nella mia anima all'indifferenza. (Solco, 748)


La tua carità dev'essere adeguata, adattata, alle necessità degli altri...; non alle tue. (Solco, 749)


Figli di Dio! Una condizione che ci trasforma in qualcosa di meglio che non in persone che si sopportano reciprocamente. Ascolta il Signore: «Vos autem dixi amicos!» - siamo suoi amici, che, come Lui, danno volentieri la vita gli uni per gli altri, nei momenti eroici e nell'abituale convivenza. (Solco, 750)
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656 - Non basta essere buono: devi anche sembrarlo

Questo, come tutti i post con etichetta "Angolo dello Spirito", riporta testi di san Josemaría Escrivá


Non basta essere buono: devi anche sembrarlo. Che diresti di un roseto che non produce altro che spine? (Solco, 735)


Hai compreso il senso dell'amicizia quando sei giunto a sentirti come il pastore di un piccolo gregge, che avevi lasciato in abbandono, e che adesso cerchi di riunire di nuovo, impegnandoti a servirli a uno a uno. (Solco, 730)


Non puoi essere soltanto un elemento passivo. Devi diventare un vero amico dei tuoi amici: «aiutarli». Anzitutto, con l'esempio della tua condotta. E poi, con il tuo consiglio e con l'ascendente che l'intimità conferisce. (Solco, 731)


Meditalo bene, e agisci di conseguenza: le persone alle quali risulti antipatico smetteranno di pensarlo quando si renderanno conto che le ami «sul serio». Dipende da te. (Solco, 734)


Ti consideri amico perché non dici una sola parola sgarbata. È vero; ma non vedo neppure un'opera buona di esempio, di servizio...
Questi sono gli amici peggiori. (Solco, 740)
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655 - Preghiera del mattino

Signore, tu ci rendi giusti per mezzo della fede e ogni volta che mi rivolgo a te nell'intercessione, mi ricordo che tu hai detto che la preghiera del giusto aveva una grande efficacia.
Io non posso avvalermi delle mie azioni, e neppure della mia fedeltà per reclamare da te qualcosa, ma invoco la tua giustizia, invoco te che vivi in me e mi trasformi a poco a poco in una nuova creatura.
Tu, dall'interno, fai rialzare ciò che è caduto e raddrizzi ciò che è storto.
È così che io posso comprendere: "Il giusto vivrà per mezzo della fede".
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654 - La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa!». Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui,altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio».

Questo brano di vangelo ci vuole ricordare che anche i discepoli sono stati incaricati e inviati dal Signore ad annunciare il regno di Dio. Il numero settantadue ricorda i popoli della "tavola delle nazioni" nel libro della Genesi; capitolo 10, in pratica tutti gli uomini della terra. I missionari di Cristo vanno a due a due per dare maggior credito alla loro predicazione, perché nella testimonianza di due o tre c’è la garanzia di ogni verità (cfr Dt 17,6; 19,15), Rispetto all’estensione del campo e del raccolto che si annuncia, il numero degli operai del vangelo è sempre esiguo. Bisogna andare con urgenza e andare tutti. I verbi sono imperativi: "pregate" e "andate" (V.3). La missione degli inviati non è facile, come non è stata facile per Gesù. I messaggeri del vangelo sono per definizione portatori di buone notizie (cfr Is 52, 7-9). Gesù li paragona agli agnelli, simbolo di mansuetudine, che devono andare in mezzo ai lupi, cioè in mezzo agli uomini violenti e assassini. Il loro compito è quello di portare a tutti, casa per casa, la benedizione e la pace.
Gesù manda i suoi discepoli come il Padre ha mandato lui (cfr Gv 20,21). La missione nasce dall’amore del Padre per tutti i suoi figli e termina nell’amore dei figli per il Padre e tra di loro. L’inizio di questo brano di vangelo ci invita a grandi cose: "La messe è molta" (v.2), cioè tutta l’umanità attende da noi il gioioso annuncio che Dio è Padre e vuole che tutti gli uomini siano salvati. Chi conosce il cuore del Padre è sollecito verso tutti i fratelli.


Padre Lino Pedron
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giovedì 13 ottobre 2011

653 - Preghiera del mattino

Signore, mio Dio, mentre incomincio questa nuova giornata lodo la tua maestà e la tua bontà paterna.
Ti ringrazio per la notte passata e ti consacro il giorno che viene.
Aiutami a essere caritatevole verso tutti, per la tua gloria, per la salvezza della mia anima e per il bene degli uomini.
Affido alla tue mani, o mio Dio, questo giorno della mia vita.
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652 - Sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa

47 Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. 48 Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite.49 Per questo la sapienza di Dio ha detto: «Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno», 50 perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo: 51 dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. 52 Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l'avete impedito». 53 Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, 54 tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.

I farisei erano gli scolari docili e fedeli dei dottori della legge. Essi realizzavano nella vita ciò che questi insegnavano. I rimproveri rivolti ai farisei colpiscono dunque anche i dottori della legge. Essi si ponevano sullo stesso piano dei profeti ed esigevano di essere ascoltati come Mosè, come la legge stessa. Gesù aveva già detto: "Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno"(Mt 23,2-3).
Nel brano di oggi Gesù rivolge ai dottori della legge due rimproveri:
1) Essi costruiscono monumenti funebri ai profeti uccisi dai loro antenati perché annunciavano la parola di Dio; e intanto cercano di uccidere il più grande dei profeti, Gesù.
2) Si arrogano il diritto esclusivo di spiegare la Scrittura e di interpretare la volontà di Dio e, di conseguenza, si credono le uniche guide autorizzate che conducono alla conoscenza di Dio e alla vita eterna; e intanto rifiutano Gesù e impediscono che altri lo riconoscano e giungano tramite il suo vangelo e la sua opera, alla conoscenza di Dio e alla vita eterna.
I rimproveri diretti contro i dottori della legge hanno il loro motivo più profondo nel rifiuto di Gesù. Egli è il profeta di Dio che riassume e supera la parola di tutti i profeti. Egli solo ha la chiave della conoscenza e dà la conoscenza: "Nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Lc 10,22). La colpa più grave dei dottori della legge è questa: non solo non riconoscono Gesù, ma impediscono anche al popolo di riconoscerlo. Tutti i difetti e i delitti dei dottori della legge trovano la loro radice nel fatto che preferirono la loro sapienza umana alla sapienza di Dio, manifestata in Gesù.
I loro padri hanno ucciso i profeti per non convertirsi; i contemporanei di Gesù uccideranno la Parola stessa, il Cristo. La sapienza di Dio è sempre perseguitata e rifiutata, perché è la sapienza della croce, del bene che vince il male portandolo, sopportandolo e perdonandolo.
Ai contemporanei di Gesù verrà chiesto conto del sangue di tutti i giusti e di tutti i profeti, dall’inizio del mondo. Infatti il mistero dell’iniquità raggiunge il culmine nell’ora della sua passione (cfr Lc 22-23). Ma nella passione di Gesù raggiunge il culmine anche il mistero della bontà di Dio. Questo "ahimè per voi" che Gesù rivolge ai dottori della legge è la sua stessa croce, dove porta su di sé la maledizione della legge e paga il conto di ogni nostro delitto. Se il sangue di Abele, il primo giusto ucciso, grida dalla terra a Dio (Gen 4,10), quello di Gesù la lava da ogni macchia.
Zaccaria, l’ultimo profeta ucciso, muore dicendo: "Il Signore ve ne chieda conto" (2Cr 24,20ss), Gesù crocifisso dirà: "Padre, perdona loro" (Lc 23,24). La giustizia della legge infatti denuncia e fa vedere il peccato davanti a Dio; la sapienza del vangelo, invece, lo perdona e se ne fa carico.
I dottori della legge tolgono la chiave della conoscenza di Dio, perché danno l’immagine di un Dio senza misericordia.
Stanno lontani loro e tengono lontani anche gli altri. Ma la sapienza di Dio si servirà della loro insipienza: la croce che essi leveranno sarà l’unica, vera chiave per entrare nella conoscenza di Dio.


Padre Lino Pedron
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651 - La più grande rivoluzione di tutti i tempi

Questo, come tutti i post con etichetta "Angolo dello Spirito", riporta testi di san Josemaría Escrivá


Se noi cristiani vivessimo davvero secondo la nostra fede, si verificherebbe la più grande rivoluzione di tutti i tempi... L'efficacia della corredenzione dipende anche da ciascuno di noi! - Meditalo. (Solco, 945)


Ti sentirai pienamente responsabile quando comprenderai che, di fronte a Dio, hai solo dei doveri. Provvede Lui a concederti i diritti! (Solco, 946)


Un pensiero che ti aiuterà, nei momenti difficili: quanto più aumenterà la mia fedeltà, tanto più contribuirò alla crescita degli altri in questa virtù. Ed è così avvincente sentirci sostenuti gli uni dagli altri! (Solco, 948)


Corri il grande pericolo di accontentarti di vivere o di pensare che devi vivere come un «bambino buono», che abita in una casa ordinata, senza problemi, e che conosce soltanto la felicità.
Questa è una caricatura della casa di Nazaret: Cristo, proprio perché portava la felicità e l'ordine, è uscito per propagare questi tesori fra gli uomini e le donne di tutti i tempi (Solco, 952)
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