giovedì 31 gennaio 2013

Non crearti esigenze

Non lo dimenticare: possiede di più chi ha meno bisogni. —Non crearti esigenze. (Cammino, 630) 

Molti anni fa — più di venticinque — frequentavo una mensa di carità, per mendicanti che non avevano altro pasto giornaliero che quello che lì veniva distribuito. Era un locale spazioso, amministrato da un gruppo di buone signore. Dopo la prima distribuzione, venivano altri mendicanti a raccogliere qualcosa che avanzava e, in questo secondo gruppo, un povero attirò la mia attenzione: era proprietario di un cucchiaio di peltro! Lo cavava di tasca con circospezione, con cupidigia, lo guardava avidamente e, dopo aver assaporato la sua razione, guardava di nuovo il cucchiaio con occhi che gridavano: è mio!, gli dava un paio di leccate per pulirlo e, soddisfatto, lo riponeva di nuovo tra le pieghe dei suoi cenci. Effettivamente, quel cucchiaio era suo! Il misero mendicante, in mezzo a quella gente, ai suoi compagni di sventura, si riteneva ricco. 
Nella stessa epoca conoscevo una signora, con titolo nobiliare, Grande di Spagna. Davanti a Dio, questo non significa niente: siamo tutti uguali, tutti figli di Adamo e di Eva, creature deboli, con virtù e difetti, capaci — se il Signore ci abbandona — di compiere i delitti più gravi. Da quando Cristo ci ha redenti, non ci sono differenze di razza, di lingua, di colore, di lignaggio, di censo...: siamo tutti figli di Dio. La signora di cui sto parlando abitava in un palazzo aristocratico, ma per se non spendeva neppure due pesetas al giorno. Invece, retribuiva molto bene la servitù, e il resto lo destinava all'aiuto dei bisognosi, assegnando a se stessa privazioni di ogni genere. A questa donna non mancavano i beni che molti ambiscono, ma personalmente era povera, molto mortificata, completamente distaccata da tutto. Avete capito? Del resto, è sufficiente ascoltare le parole del Signore: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli [Mt 5, 3]. 
Se vuoi raggiungere questo spirito, ti consiglio di essere parco con te stesso e molto generoso con gli altri; evita le spese superflue per lusso, per capriccio, per vanità, per comodità...; non crearti esigenze. In una parola, impara con san Paolo a essere povero e a essere ricco, a essere sazio e ad aver fame, a essere nell'abbondanza e nell'indigenza. Tutto posso in colui che mi dà forza [Fil 4, 12-13]. E, come l'Apostolo, anche noi risulteremo vincitori nel combattimento spirituale, se manteniamo il cuore distaccato, libero da legami. (Amici di Dio, nn. 123)
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Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi

Mc 4,21-25 
Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!».  Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». 

La lampada è la parola di Dio: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Sal 119,105; cfr 2Pt 1,19). La parola del vangelo è come una luce posta sul candelabro: essa illumina tutto ciò che è nascosto nel cuore dell’uomo. 
Nella Lettera agli Ebrei 4,12-13 si legge: "Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto". 
E’ la parola che mostra chiaramente se l’uomo è simile a un buon terreno o a un terreno pieno di pietre o di spine. Essa ha la funzione di giudice: è l’espressione del giudizio di Dio. 
Ognuno faccia dunque attenzione al proprio modo di ascoltare, perché l’ascolto è la misura del messaggio ricevuto: ognuno infatti intende solo ciò che può o vuole intendere. 
L’uomo si giudica da se stesso, secondo il modo e la misura del suo ascolto. 
La frase finale: "A chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha" si chiarisce alla luce del contesto: ciò che si tratta di avere sono, anzitutto, delle orecchie in grado di ascoltare. Ritroviamo qui il tema sapienziale della capacità di accoglienza della conoscenza; questa aumenta a misura della disponibilità. 
La sapienza divina è principio di comprensione sempre più profonda per chi si lascia ammaestrare da lei: "Ascolti il saggio e aumenterà il sapere" (Pr 1,5), ma diventa progressivamente impenetrabile per chi la rifiuta: "Il beffardo ricerca la sapienza, ma invano" (Pr 14,6). 
Come nella parabola del seminatore si sottolinea la necessità di non soffocare il seme del regno di Dio, annunciato dalla parola di Gesù, così in questo brano siamo invitati a non chiudere gli occhi dinanzi alla luce che si manifesta e che, se accolta, diventerà sempre più sfolgorante. 
Padre Lino Pedron
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Consiglio di San Giovanni Bosco

" Il mio consiglio sia scolpito nella vostra mente e nel vostro cuore, di invocare sempre il nome di Maria, specialmente con questa giaculatoria: 
Maria Aiuto dei cristiani, prega per noi
È una preghiera, non tanto lunga, ma che si è sperimentata molto efficace. Io l'ho già consigliata a molti, e tutti, o quasi tutti, mi dissero che avevano ottenuti felici risultati. 
Tutti noi abbiamo delle miserie, tutti abbiamo bisogno di aiuto. Quando dunque vogliate ottenere qualche grazia spirituale, prendete come abitudine di recitare di quando in quando questa giaculatoria. 
Per grazia spirituale si può intendere la liberazione da tentazioni, da afflizioni di spirito, da mancanza di fervore, da vergogna nella confessione che renda troppo pesante la manifestazione dei peccati. 
Se qualcuno di voi vuol far cessare qualche ostinata tentazione, vincere qualche passione, schivare molti pericoli di questa vita, o acquistare qualche grande virtù, non ha da fare altro che invocare Maria Ausiliatrice. 
(San Giovanni Bosco)
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Dimenticare le vecchie ferite

Una delle cose più difficili della vita è dimenticare le vecchie ferite. 

Spesso diciamo, o almeno pensiamo: 
«Quello che hai fatto a me e alla mia famiglia, 
ai miei antenati o ai miei amici non posso dimenticarlo né perdonarlo... Un giorno dovrai pagare per questo».

Talvolta i nostri ricordi sono vecchi di decenni, persino di secoli, e continuano a chiedere vendetta.
Imputare le colpe alle persone crea spesso un muro impenetrabile. 

Ma ascoltate Paolo: 
«Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco, sono diventate nuove. 
Tutto questo viene da Dio» (2 Corinzi 5,17-18).

Difatti noi non ríusciamo a dimenticare le vecchie ferite, ma Dio lo può. 

Paolo dice: 
« È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe» (2 Corinzi 5,19). 
È opera di Dio, ma noi siamo suoi ministri, poiché il Dio che ha riconciliato il mondo a Dio ci ha affidato «il messaggio della riconciliazione» (2 Corinzi 5,19). 

Questo messaggio ci invita a dimenticare le nostre ferite nel Nome di Dio. È il messaggio che il nostro mondo ha più bisogno di ascoltare.

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Preghiera davanti al Crocifisso di San Francesco

O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio.

Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda. 

Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. 

Amen. 

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Preghiera del mattino del 31/I/2013

Signore, essere chiamati a partecipare alla tua luce e alla tua vita è un dono meraviglioso. 
Ed essere scelti per annunciare il tuo messaggio di luce è un immeritato privilegio. 
Noi ti chiediamo, Signore, di moltiplicare oggi nella tua Chiesa i maestri, gli evangelisti e i profeti che diffondono la tua luce nella notte del mondo. 
Fa' che, una volta illuminati, perseveriamo nella partecipazione alle assemblee di fede, coraggiosi e colmi di speranza, in attesa del tuo Giorno.
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mercoledì 30 gennaio 2013

Epistolario di san Pio/5

17) Aspetta che Dio ti parli, perchè un giorno ti dirà parole di pace e di consolazione, ed allora conoscerai che i tuoi patimenti saranno stati impiegati bene, e la tua pazienza utile. 

18) Gesù sole di giustizia, rifulga sempre nel tuo spirito, sì duramente provato dalla paterna bontà. 

19) Gesù vi benedica, sia sempre il re dei vostri cuori e vi tratti come a Lui piace. 

20) Sottoponi spesso la tua volontà a quella di Dio, essendo pronta ad adorarla tanto quando ti manderà delle tribolazioni, come al tempo delle consolazioni. 

21) Non temere la tempesta che rugge a te d'intorno, poichè a misura che l'inverno sarà più rigido, la primavera più bella e più ricca di fiori ed il raccolto più abbondante. 

22) La vera pace non consiste nel combattere, ma nel vincere. Quelli che sono stati vinti non combattono più e nondimeno non hanno la vera pace.
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Il seminatore uscì a seminare

Mc 4,1-20 
Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un'altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto.Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato». E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Il seminatore semina la Parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l'ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l'accolgono con gioia, ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l'accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno».

Fino a questo punto l’insegnamento di Gesù si era reso visibile nel suo agire: insegnava con i fatti: Ora esprime la sua dottrina in parabole, cioè con degli esempi, con dei paragoni illustrativi. 
Le parabole evangeliche non nascono semplicemente da un’esigenza didattica preoccupata della chiarezza e della vivacità. Nascono da un’esigenza teologica, dal fatto che non possiamo parlare direttamente del regno di Dio che è oltre le nostre esperienze, ma solo in parabole, indirettamente, mediante paragoni presi dalla vita quotidiana. 
La parabola del seminatore inizia e termina con il comandamento dell’ascolto: "Ascoltate!", "Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti". La parola di Gesù è il seme immortale che ci rigenera: "Siete stati rigenerati non da un seme incorruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna" (1Pt 1,23). 
Il regno di Dio è paragonato costantemente al seme, la cui forza vitale è attiva proprio nella morte. La morte non distrugge il seme, ma anzi è la condizione perché germini e si manifesti in tutta la sua potenza, a differenza di tutte le altre cose che marciscono e finiscono. 
L’oggetto dell’insegnamento di Gesù è la sua stessa vita, spiegata con similitudini. Queste parabole, mentre illustrano la storia di Gesù, ci danno anche il criterio di discernimento per essere tra i suoi e appartenere al suo regno: Non dobbiamo cercare il successo (vv. 3-9), la fama e la rilevanza (vv. 21-25), il protagonismo e la grandezza (vv. 26-32). 
L’opera di Dio passa attraverso le difficoltà, il fallimento, il nascondimento, l’irrilevanza, l’attesa paziente e la piccolezza, Queste sono le qualità del seme da cui nasce l’albero del Regno. Esso è come un chicco, che porta frutto abbondante non "nonostante" la morte, ma proprio perché muore (cfr Gv 12,24). Sono parabole di speranza contro ogni speranza, di una fede che sa che la parola di Dio è un seme che produce sempre il frutto e l’effetto per cui è mandata (cfr Is 55,11). 
Le resistenze che incontra, rappresentate dai vari tipi di terreno, fanno parte del progetto di Dio. Gesù è il seminatore, il seme e il raccolto, perché chi l’ascolta si identifica con lui. 
Il risultato di questa semina sembra disastroso. Sembra che la parola di Gesù non riesca a entrare nel cuore dell’uomo; e, se entra, non mette radici; e, se mette radici, è soffocata. Eppure lui va avanti nella sua semina. "Egli disse loro: Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto" (Mc 1,38). 
Noi oggi vediamo quanto Gesù abbia avuto ragione. Il suo seme è germinato in tutto il mondo. Gesù è la parola di Dio seminata in noi. Il mistero del regno di Dio nella storia è quello del seme, che rivive in noi la sua stessa vicenda di allora. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 30/I/2013

Come figli noi ci riuniamo intorno a te, Signore, per ascoltare la tua parola, che dà la vita e produce frutti. 
Fa' che riceviamo il tuo messaggio nel più profondo di noi stessi con fede e apertura. 
Fa' che portiamo frutti di santità e di giustizia alla tua presenza durante le nostre giornate. 
Fa' che restiamo uniti a te, come i tralci alla vite, per renderti gloria e portare frutti abbondanti nella Chiesa.
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martedì 29 gennaio 2013

L' Eucaristia Comunione con Cristo e Tra Noi

Signore, quando sento che i miei problemi personali mi sconvolgono la vita e uccidono la speranza, vienimi incontro e donami il tuo amore, rinnova le mie forze per proseguire nel cammino. 
Signore, solo tu sei la mia speranza!
p. Antonio Genziani

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Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre

Mc 3,31-35 
Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo. Attorno a lui era seduta una folla, e gli dissero: «Ecco, tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle stanno fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre». 

Gesù si era allontanato dalla madre e dai parenti per seguire il richiamo di Dio, e ora mostra di essersi separato da essi anche interiormente non per freddezza d'animo o per disprezzo dei legami familiari, ma per appartenere completamente a Dio: egli ha compiuto personalmente quanto esige anche dai suoi discepoli: "Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me" (Mt 10,37). 
Ma la sua risposta non ha solo questo significato; essa riguarda soprattutto la consapevolezza che la comunità cristiana deve avere di sé. 
Gesù si è scelto un'altra famiglia al posto di quella naturale: una famiglia spirituale. 
Il problema proposto dal brano è il discernimento se siamo con lui o contro di lui; se siamo dentro o fuori dalla comunità di Gesù. 
La vera famiglia di Gesù è composta da coloro che compiono la volontà di Dio: "Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre" (v. 35). 
Il compimento della volontà del Padre che è nei cieli sarà l'elemento discriminante anche nel giorno del giudizio finale: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli" (Mt 7,21). 
Padre Lino Pedron
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lunedì 28 gennaio 2013

Satana è finito

Mc 3,22-30 
Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: «Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni». Ma egli li chiamò e con parabole diceva loro: «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi; se una casa è divisa in se stessa, quella casa non potrà restare in piedi. Anche Satana, se si ribella contro se stesso ed è diviso, non può restare in piedi, ma è finito. Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire i suoi beni, se prima non lo lega. Soltanto allora potrà saccheggiargli la casa. In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito impuro».

La seconda risposta degli uomini al problema fondamentale: "Chi è Gesù?" è data dagli scribi venuti da Gerusalemme. Sono persone importanti, hanno una posizione ufficiale nel mondo religioso giudaico, sono esperti della legge di Dio che hanno studiato a Gerusalemme, il centro culturale d'Israele. Essi tengono una specie di consulto, al termine del quale esprimono la loro diagnosi: "E' posseduto da Beelzebùl, principe dei demoni" (v. 22), "è posseduto da uno spirito immondo" (v. 30). 
Queste due risposte, che definiscono Gesù pazzo e indemoniato, hanno una cosa in comune: definiscono Gesù indegno di essere preso in considerazione. Lui che guarisce i malati è giudicato malato; lui che scaccia i demoni è giudicato posseduto dal demonio. 
C'è nell'uomo qualcosa di demoniaco quando si ripiega su se stesso e rifiuta la luce dello Spirito Santo. 
L'accusa degli scribi non è solamente una calunnia, ma anche una bestemmia. Attribuire a satana la potenza di cui Gesù dispone, significa opporsi all'azione dello Spirito Santo e rendere inefficace la misericordia divina. 
L'unico caso in cui il perdono può essere inefficace è il rifiuto di lasciarsi perdonare: è questo il peccato contro lo Spirito Santo
Peccare contro lo Spirito santo significa rifiutare di credere che in Gesù agisce Dio salvatore. Questo rifiuto è il peccato più grande che l'uomo possa commettere. 
Finché l'uomo rimane in simile situazione di rifiuto, la salvezza è impossibile. 
"In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4,12). 
Solo la fede in Gesù può eliminare la tragedia della situazione umana, altrimenti l'uomo "non avrà il perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna" (v. 29). 
Dio perdona sempre tutti. 
Il peccato contro lo Spirito Santo è rifiutare il perdono che Dio ci offre. 
Se questo nostro rifiuto rimane per sempre, il peccato e la conseguente dannazione, dureranno per sempre. 
Non è Dio che non perdona; è l'uomo che non vuole essere perdonato. 
Gesù denuncia questo peccato "eterno" non per condannare gli scribi, ma per chiamarli a conversione, mostrando loro la gravità di quanto stanno facendo. Ogni "minaccia" di Dio nella Bibbia è di questo tipo, e raggiunge il suo effetto quando non si avvera perché ha provocato la conversione. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 28/I/2013

Cristo, luce del Padre, illuminaci al nascere di questo nuovo giorno e dissipa le ombre delle menzogne per mezzo della luce della tua verità. 
Tu, che hai distrutto il nostro peccato con il tuo sacrificio per salvare definitivamente coloro che sperano in te, difendendoci come tua carne e tue ossa contro le insidie del male. 
Noi crediamo nella tua potenza e nella tua vittoria, perché Dio è con te, e tu stai davanti a lui, per intercedere per noi. 
Noi vogliamo vivere la tua vittoria sul male.
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domenica 27 gennaio 2013

Accorri con perseveranza davanti al Tabernacolo

Accorri con perseveranza davanti al Tabernacolo, fisicamente o con il cuore, per sentirti sicuro, per sentirti sereno: ma anche per sentirti amato..., e per amare! (Forgia, 837) 

Trascrivo alcune parole di un sacerdote, rivolte a coloro che lo seguivano nella sua impresa apostolica: “Quando contemplate l'Ostia Santa esposta nell'ostensorio sull'altare, pensate che amore, che tenerezza è quella di Cristo. Io me lo spiego per l'amore che vi porto; se, lavorando lontano, potessi stare allo stesso tempo accanto a ciascuno di voi, come lo farei volentieri! 
Cristo, invece, può farlo! Ed Egli, che ci ama con un amore infinitamente superiore a quello che tutti i cuori della terra possono albergare, è rimasto affinché possiamo unirci sempre alla sua Santissima Umanità, e per aiutarci, per consolarci, per fortificarci, affinché siamo fedeli”. (Forgia, 838) 

Le manifestazioni esterne dell'amore devono nascere dal cuore, e continuare in una testimonianza di vita cristiana. Il rinnovamento che si opera in noi, al ricevere il Corpo del Signore, deve essere manifestato nelle opere. Rendiamo dunque sinceri i nostri pensieri: che siano pensieri di pace, di donazione, di servizio. Rendiamo le nostre parole vere, chiare, opportune: che sappiano consolare e aiutare, che sappiano soprattutto portare agli altri la luce di Dio. Rendiamo le nostre azioni coerenti, efficaci, appropriate: abbiano il bonus odor Christi, il profumo di Cristo, che ce ne richiama il comportamento e la vita. (E' Gesù che passa, 156)
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Oggi si è compiuta questa Scrittura

Lc 1,1-4; 4,14-21 
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. 
Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore.  Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». 

Luca inizia la sua opera con un prologo, come si addice a uno scrittore del suo tempo. Possiamo confrontare questo inizio del vangelo con il prologo del medico Dioscorides (vissuto al tempo di Nerone), al suo libro sulla medicina: "Poiché molti, non soltanto degli antichi ma anche dei contemporanei, hanno scritto sulla preparazione e sull'efficacia delle medicine…, carissimo Areios, anch'io voglio tentare…". In questa lunga frase del prologo, accuratamente meditata, Luca parla del motivo, del contenuto, delle fonti, del metodo e del fine del suo vangelo. La fonte della narrazione di Luca e di quelle dei suoi predecessori è la "tradizione della Chiesa", che risale ai testimoni oculari. 
Essi hanno visto i grandi avvenimenti della redenzione. 
Questi testimoni sono diventati anche ministri della Parola. Dio li ha autorizzati e dotati dei doni necessari per mettersi a disposizione della divina grandezza della Parola. Attraverso la parola di coloro che hanno visto, possiamo entrare in comunione "con il Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo" (1Gv 1,3). 
La nostra fede non è fondata su miti o su leggende inventate, ma su precisi eventi storici. Ciò che si crede e si vive nella Chiesa ha la sua causa prima in Gesù Cristo, che visse e operò in questo mondo in un momento storico ben determinato. 
E' importante conoscere la vita di Gesù attraverso un "racconto di seguito", cioè ordinato: in questo modo si rendono ben visibili i lineamenti storici del suo volto. 
Luca li contempla e li descrive perché il lettore possa ricordare e riprodurre in sé il vero volto di Dio, rivelato nel volto di Gesù. Dove si trascura di leggere il racconto dei testimoni oculari, il volto di Dio rimane sconosciuto e la vera rivelazione di Dio viene sostituita da false immagini di Cristo. Nascono così volti deformi di Cristo e del cristianesimo che non hanno nulla della verità trasmessa dai testimoni oculari. 
Il destinatario del racconto di Luca è Teofilo, nome che significa "amato da Dio" e "amante di Dio". Il discepolo è amato da Dio per diventare amante di Dio. Luca si rivolge quindi al cristiano che vuole diventare adulto nella fede e consapevole della sua responsabilità davanti al mondo e alla storia. 
Teofilo è un nome greco: destinatario dell'opera di Luca non è l'ebreo-cristiano, ma tutti coloro che "Dio ha voluto scegliere tra i pagani" (At 15,14), ossia ogni uomo di buona volontà nel quale c'è la presenza amante di Dio. 
Gesù ha cominciato la sua vita per opera dello Spirito Santo, ora comincia la sua opera nella potenza dello stesso Spirito Santo. 
Lo Spirito lo conduce in Galilea: Là era iniziata la sua vita, là comincia la sua opera. Nella disprezzata "Galilea dei pagani" zampilla la salvezza per la forza dello Spirito. L'operare dello Spirito Santo provoca ammirazione e fama, che si diffonde per tutti i paesi all'intorno. Lo Spirito agisce in estensione: la sua forza vuole mutare il mondo, santificarlo, riportarlo a Dio. 
In una città della Galilea, di nome Nazaret, Gesù fu concepito e allevato, giunse a maturità e dovette cominciare la sua opera secondo la volontà dello Spirito. Il suo inizio porta l'impronta di questa città insignificante e non credente, che si scandalizza del suo messaggio e cerca di assassinarlo. 
Il suo inizio parte dal nulla, dalla mancanza di fede dei suoi compaesani, dal peccato, dal rifiuto… 
Eppure Gesù comincia! 
Comincia nella sinagoga annunciando che lo Spirito Santo è sopra di lui e che Dio l'ha mandato a portare la salvezza ai poveri, ossia a tutti, perché tutti siamo poveri. Alla lettura segue la spiegazione, che è riassunta in una frase piena di penetrazione e di forza: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (v. 21). 
La parola di Dio ha la sua radice nel passato, ma si realizza nell'"oggi", ogni volta che la Parola è annunciata. La Scrittura trova il suo compimento nell'orecchio dell'uditore che ascolta e obbedisce. 
Anche per il lettore del vangelo il problema dell'attualizzazione della Parola consiste prima di tutto nell'ascolto del vangelo: l'obbedienza ad esso ci rende attuali all'oggi di Dio, contemporanei di Gesù, moderni, perché in Cristo ogni uomo trova il suo compimento. 
Gesù annunzia e insieme porta il tempo della salvezza. Che il tempo della salvezza sia iniziato e che il Salvatore sia ormai presente, lo si può comprendere solo accogliendo questo messaggio. Non lo si vede né lo si sperimenta. Il messaggio della salvezza esige la fede; e la fede viene dall'ascolto, è risposta a una proposta. 
Tutto il vangelo è un ascolto della parola di Gesù che ci rende contemporanei a lui: nell'obbedienza della fede, accettiamo in lui l'oggi di Dio che ci salva. La profezia, che ora si compie, è il programma di Gesù. Egli non se l'è scelto da sé, ma gli è stato preparato dal Padre. 
Egli è l'Inviato del Padre. In lui il Padre visita gli uomini. 
Gesù opera con la parola e con i fatti, con l'insegnamento e la potenza. Il tempo della grazia è sorto per i poveri, per i prigionieri e per gli oppressi. Il grande dono portato da Gesù è la libertà: libertà dalla cecità fisica e spirituale, libertà dalla miseria e dalla schiavitù, libertà dal peccato. Finché Gesù rimane in terra, dura l'"anno di grazia del Signore". 
Cristo è anzitutto il donatore della salvezza, non il giudice che condanna. E' il centro della storia, la più grande delle grandi opere di Dio. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 27/I/2013

O Dio, nostro Padre, in questo nuovo oggi ti preghiamo: fa' che esso sia abitato e agito dallo Spirito di Gesù. 
Fa' che oggi, tra le tante parole che diciamo e sentiremo, siamo resi capaci di trovare il tempo per ascoltare la parola della tua Scrittura. 
Aiutaci a colmare le ore di oggi della tua presenza di misericordia, perché anche la nostra presenza sia in mezzo a chiunque dono di misericordia. 
Non ti preghiamo per domani, Signore. 
Solo per oggi. 
Amen.
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sabato 26 gennaio 2013

Un incontro personale con Dio

Quando lo ricevi, digli: Signore, spero in Te; ti adoro, ti amo, aumenta la mia fede. Sii il sostegno della mia debolezza, Tu che sei rimasto nell'Eucaristia, inerme, per porre rimedio alla debolezza delle creature. (Forgia, 832) 

Non faccio davvero una scoperta se dico che alcuni cristiani hanno un'idea assai povera della Santa Messa, e che altri la vedono solo come un rito esteriore, se non addirittura come una forma di convenzionalismo. È la meschinità del nostro cuore che ci fa accogliere come per abitudine il più grande dono che Dio potesse fare agli uomini. Nella Messa — in questa Messa che stiamo celebrando adesso — interviene in modo particolare, ripeto, la Santissima Trinità. Per corrispondere a tanto amore ci si richiede una totale donazione, del corpo e dell'anima: noi infatti ascoltiamo Dio, gli parliamo, lo vediamo, lo gustiamo. E quando le parole non ci sembrano sufficienti cantiamo, incitando la nostra lingua —Pange,lingua! — a proclamare davanti a tutta l'umanità le meraviglie del Signore. 
Vivere la Santa Messa significa rimanere in preghiera continua, con la convinzione che per ciascuno di noi si tratta di un incontro personale con Dio: lo adoriamo, lo lodiamo, gli chiediamo tante cose, lo ringraziamo, facciamo atti di riparazione per i nostri peccati, ci purifichiamo, ci sentiamo una cosa sola, in Cristo, con tutti i cristiani. (E' Gesù che passa, nn. 87-88)
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La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai

Lc 10,1-9 
Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa!». Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio». 

Questo brano di vangelo ci vuole ricordare che anche i discepoli sono stati incaricati e inviati dal Signore ad annunciare il regno di Dio. 
Il numero settantadue ricorda i popoli della "tavola delle nazioni" nel libro della Genesi; capitolo 10, in pratica tutti gli uomini della terra. 
I missionari di Cristo vanno a due a due per dare maggior credito alla loro predicazione, perché nella testimonianza di due o tre c'è la garanzia di ogni verità (cf. Dt 17,6; 19,15). 
Rispetto all'estensione del campo e del raccolto che si annuncia, il numero degli operai del vangelo è sempre esiguo. Bisogna andare con urgenza e andare tutti. 
I verbi sono imperativi: "pregate" e "andate" (v. 3). 
La missione degli inviati non è facile, come non è stata facile per Gesù. I messaggeri del vangelo sono per definizione portatori di buone notizie (cf. Is 52,7-9). 
Gesù li paragona agli agnelli, simbolo di mansuetudine, che devono andare in mezzo ai lupi, cioè in mezzo agli uomini violenti e assassini. Il loro compito è quello di portare a tutti, casa per casa, la benedizione e la pace. 
Gesù manda i suoi discepoli come il Padre ha mandato lui (cf. Gv 20,21). La missione nasce dall'amore del Padre per tutti i suoi figli e termina nell'amore dei figli per il Padre e tra di loro. 
L'inizio di questo brano di vangelo ci invita a grandi cose: "La messe è molta" (v. 2), cioè tutta l'umanità attende da noi il gioioso annuncio che Dio è Padre e vuole che tutti gli uomini siano salvati. 
Chi conosce il cuore del Padre è sollecito verso tutti i fratelli. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 26/I/2013

Colui che annuncia la verità deve essere disposto a non essere compreso. 
Fa', Signore, che nei momenti di incomprensione sappiamo metterci al tuo posto. 
Fortificaci in modo tale che siamo coerenti rispetto a ciò a cui crediamo. 
Accordaci la grazia di vivere a volto scoperto, e non permettere che cediamo alla tentazione della viltà: le viltà che si affermano come rivelazioni, o quelle che si nascondono come tradimenti. 
Infondi nella nostra vita la luce della verità e fa' che sia nostra guida sul cammino della giustizia.
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venerdì 25 gennaio 2013

Messaggio di Medjugorje a Marja del 25/1/2013

Cari figli! 

Anche oggi vi invito alla preghiera. 

La vostra preghiera sia forte come pietra viva affinché con le vostre vite diventiate i testimoni. 

Testimoniate la bellezza della vostra fede. 

Io sono con voi e intercedo presso il mio Figlio per ognuno di voi. 

Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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Dio al primo posto

Dio deve essere il centro della nostra vita, l'apice dei nostri pensieri. In Gesù, Dio è entrato nella storia dell'uomo. Il Figlio di Dio è morto per noi, perché credendo in Lui vivessimo per sempre; é diventato, nel tempo, quello che noi siamo, perché nell'eternità partecipassimo alla Sua Gloria (Gv 17,24); è risorto da morte per donarci la speranza della vita immortale. Gesù è la vita dell'anima e del corpo. Dio è diventato Figlio dell'uomo perchè noi potessimo diventare figli di Dio. L'Istituzione dell'Eucaristia è la più grande meraviglia operata da Gesù, è il miracolo d'Amore da Lui operato per l'intera umanità. Gesù diede ai Sacerdoti il potere di compiere questo miracolo "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19). Ecco perché la benedizione sacerdotale è importante perché il Sacerdote è elevato a strumento vivo di Gesù, eterno Sacerdote. Dobbiamo riconoscerci come membri attivi della famiglia di Dio, che ci ha concesso la libertà di scegliere, sempre e comunque...senza catene, ma tenendoci per mano. Siamo liberi di capire da soli dove si annida il male e dove fiorisce il bene...abbiamo il compito di scegliere per il meglio e di fare in modo che anche chi ci è accanto faccia la scelta giusta...Tutti noi, appartenenti alla stessa grande famiglia, abbiamo il dovere di fungere da guida per i nostri fratelli...perché la fede non è individualismo ma è partecipazione, nella preghiera e nell'amore.
Ave Maria!
Maria M.
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Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo

Mc 16,15-18 
E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 

La finale del vangelo di Marco insiste sulla missione di portare il vangelo in tutto il mondo, unendo strettamente la testimonianza della parola a quella delle opere, dei segni. 
Con l'esortazione alla missione universale si congiunge l'affermazione che per la salvezza sono richiesti la fede e il battesimo. Inoltre agli annunciatori del vangelo viene promesso che la loro predicazione missionaria sarà sostenuta e confermata dai miracoli compiuti da Gesù risorto. 
La trasmissione delle parole di Gesù è al centro del testo e ha lo scopo di fare cristiani tutti i popoli. 
La missione, l'andare da tutti gli uomini, è un incarico che va capito bene. Se la missione è trasmettere agli uomini la parola di Gesù e le sue direttive per fare di loro, mediante il battesimo, dei discepoli, ciò esclude due malintesi. 
Il primo è il malinteso della rivendicazione del potere politico. Una concezione utopistica è quella di W. Soloviev che ritiene il regno di Dio come uno stato teocratico in questo mondo, e vede questa concezione radicata nella volontà di Gesù. Sulla terra vi sarebbe un unico potere, e questo non apparterebbe a Cesare, ma a Gesù Cristo. 
L'altro malinteso è la relativizzazione dell'incarico missionario, che arriva a sostenere che il compito dell'evangelizzazione consiste nell'aiutare i buddisti a diventare buddisti migliori, i musulmani a diventare più ferventi musulmani, e via dicendo. 
Il dialogo necessario con le religioni mondiali non elimina la necessità dell'annuncio e della testimonianza della fede cristiana e del battesimo. E' il Cristo risorto al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra (cf. Mt 18,28), che manda i cristiani a predicare il vangelo ad ogni creatura. La missione è necessaria per volontà di Dio, che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti. 
Padre Lino Pedron
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giovedì 24 gennaio 2013

Epistolario di san Pio/4

13) Non temere ne di naufragare e neppur chiedere, dov'è il Signore, perchè egli è in te, ed in Lui e sulle sue braccia non si è soggetti a iattura di sorta. 

14) Sii sempre semplice, perchè la vera semplicità e' sempre buona e grata a Dio. 

15) Persuadiamoci di questa verità: l'amor proprio non muore prima di noi. 

16) Apriamo i nostri cuori alla fiducia e alla speranza. La madonna arriva con le mani piene di grazie e di benedizioni. Dobbiamo anche noi fare qualche sacrificio,eccolo; amare nostra madre celeste con costanza e perseveranza. Se glielo promettiamo, questa Mamma non ci farà più soffrire a partire da questo momento.
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Chiesi a Dio...


Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi: Egli mi rese debole per conservarmi nell'umiltà.
Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare grandi imprese: egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.

Gli domandai la ricchezza per possedere tutto: mi ha fatto povero per non essere egoista. 
Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me: egli mi ha dato l'umiliazione  perché io avessi bisogno di loro.

Domandai a Dio tutto per godere la vita: mi ha lasciato la vita perché potessi apprezzare tutto.
Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,  ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà.
Le preghiere che non feci furono esaudite.
Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini nessuno possiede quello che ho io!
Kirk Kilgour

Preghiera scritta dal famoso campione olimpionico di pallacanestro, rimasto paralizzato nel '76  a seguito di un incidente durante un allenamento.  La preghiera è stata letta dall'autore in sedia a rotelle, di fronte al Papa, durante il Giubileo dei malati a Roma
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Preghiera del mattino del 24/I/2013

Fa' di noi, Signore, degli uomini disposti a seguire il migliore Maestro, e ad essere dei buoni apprendisti del messaggio evangelico, dei testimoni viventi del suo amore e della sua donazione. 
Accordaci la grazia di vivere nella fede e di gridare a tutti che Gesù Cristo è il Figlio di Dio. 
Concedici la forza di essere suoi discepoli e di non rinnegare mai questa chiamata.
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mercoledì 23 gennaio 2013

Epistolario di san Pio/3

9) Combatti dunque, da forte e avrai il premio che Dio ha riservato alle anime forti. 

10) Nei momenti di estremo sconforto prega anche tu il Celeste Padre che ti conforti, che ti consoli. 

11)Non amate, se è possibile, la volontà di Dio perchè è conforme alla vostra, ma amate la vostra quando e perchè saranno conforme a quella di Dio. 

12) Espandi l'anima tua dinanzi a questo divin sole e non temere i suoi infuocati raggi, altrimenti il bozzolo non schiuderà e non potrà venir fuori la formosissima farfalla. 
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Consummati in unum

Chi aspira all'unità, deve porsi di fronte a Cristo che prega affinché siamo consummati in unum, perfetti nell'unità. La sete di giustizia deve guidarci alla sorgente da cui scaturisce la concordia fra gli uomini: l'essere e il sapersi figli del Padre, e quindi fratelli. (E' Gesù che passa, 157) 

Triste ecumenismo quello che sta sulla bocca di cattolici che maltrattano altri cattolici! (Solco, 643) 

Dissi una volta al Santo Padre Giovanni XXIII, incoraggiato dal fascino affabile e paterno della sua persona: "Padre Santo, nella nostra Opera tutti gli uomini, siano o no cattolici, hanno trovato sempre accoglienza: non ho imparato l'ecumenismo da Vostra Santità". Egli rise commosso, perché sapeva che, fin dal 1950, la Santa Sede aveva autorizzato l'Opus Dei ad accogliere come associati cooperatori i non cattolici e perfino i non cristiani. 
E in effetti sono parecchi - né mancano fra di loro dei pastori e addirittura dei vescovi delle rispettive confessioni - i fratelli separati che si sentono attratti dallo spirito dell'Opus Dei e collaborano ai nostri apostolati. E sono ogni giorno più frequenti - man mano che si intensificano i contatti - le manifestazioni di simpatia e di intesa cordiale che nascono dal fatto che i membri dell'Opus Dei hanno come cardine della loro spiritualità il semplice proposito di dare responsabile attuazione agli impegni e alle esigenze battesimali del cristiano. Il desiderio di tendere alla santità cristiana e di praticare l'apostolato, procurando la santificazione del proprio lavoro professionale; il vivere immersi nella realtà secolari rispettando la loro autonomia, ma trattandole con lo spirito e l'amore delle anime contemplative; il primato che nell'organizzazione delle nostre attività diamo alla persona, all'azione dello Spirito nelle anime, al rispetto della dignità e della libertà che nascono dalla filiazione divina del cristiano (Colloqui con Monsignor Escrivá, 22)
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È lecito in giorno di sabato salvare una vita o ucciderla?

Mc 3,1-6 
Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all'uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire 

Un altro episodio ancora riguardo al sabato. Questa volta però non sono i discepoli di Gesù che trasgrediscono la legge, ma Gesù stesso. 
Il criterio di Gesù è questo: "Fare il bene, salvare una vita" (v. 4). 
Proprio a questo deve servire la legge del sabato: per la libertà e per il bene dell’uomo, per evitargli una vita da schiavo e da forzato. "Rattristato per la durezza dei loro cuori" (v. 5). Gesù aveva cercato di evitare questa situazione; si era sforzato di rompere le barriere cercando il dialogo, perché fossero loro a dire ciò che si poteva fare in giorno di sabato, "ma essi tacevano" (v. 5). A questo punto Gesù fece la sua scelta: scelse l’uomo e lo guarì. Non lasciò passare quel giorno di festa senza che diventasse anche per quel malato un segno concreto di libertà. 
Gesù ha sempre amato la libertà per sé e per gli altri. "Tennero consiglio contro di lui per farlo morire" (v. 6). Perché Gesù deve morire se guarisce la gente e cerca il vero bene dell’uomo? Per gli scribi la vera immagine di Dio può essere soltanto quella del giudice che condanna il colpevole (e, in questo, ben volentieri, gli darebbero una mano: cfr anche Gv 8,3-11). 
E’ abissale la differenza tra la loro concezione di Dio e il vero Dio, manifestato da Gesù: un Dio che sana, perdona, riconcilia, ama. Nel contrasto tra Gesù e coloro che detengono il potere, sono in gioco due diverse concezioni di Dio. Facciamo una breve digressione sulla logica dei farisei. 
Essi non hanno approvato la guarigione di un malato in giorno di sabato per timore di violare la legge, ma non hanno scrupolo, in giorno di sabato, di decidere la morte di una persona innocente, del Salvatore, di Dio stesso. Guarire e far vivere è un delitto che merita la morte, far morire è un’opera buona che rende gloria a Dio. 
Strana logica, strana morale: è la "morale" dell’odio che si oppone alla morale dell’amore. I farisei avevano fatto di Dio il nemico dell’uomo: il colmo dell’opera diabolica (cfr Gen 3; Gv 8,44). 
In Gesù si rivela Dio-con-noi-e-per-noi: questa è la grande novità della rivelazione. Ma gli uomini spesso rifiutano un Dio amico che li ama e li libera, e gli preferiscono un falso dio che li spadroneggi. Di fronte alla durezza di cuore dei farisei, Gesù prova indignazione e tristezza. Il Cristo manifesta contemporaneamente la collera di Dio e la sua compassione che non viene mai meno di fronte alle sue creature incapaci di aprirsi alle sue sollecitazioni. 
Il miracolo della guarigione dell’uomo che aveva la mano secca costerà la vita a Gesù. La croce si profila ormai chiaramente. E’ il prezzo del dono che ci fa guarendo la nostra mano incapace di accogliere e di donare. Le sue mani inchiodate scioglieranno la nostra mano rigida. Si scorge all’orizzonte l’albero dal quale penderà Gesù, il frutto della vita, verso cui possiamo e dobbiamo tendere la mano per diventare come Dio (cfr Gen 3). 
Questo racconto chiude una tappa del vangelo in cui Gesù ci ha rivelato chi è lui per noi in ciò che ha fatto per noi. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 23/I/2013

Gesù, noi siamo tutti figli di Dio. 
Facci sentire la vicinanza del Padre, in modo tale da vedere in ogni uomo e in ogni donna i nostri fratelli. 
Le leggi fredde e rigide possono velare questo rapporto di carità con gli altri. 
Dacci un cuore di carne e distruggi quello di pietra, in modo da essere sempre uniti a coloro che ne hanno bisogno.
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martedì 22 gennaio 2013

Servire te

Lascerò tutti gli onori,
ma non l'onore di servire te. 
Chiamerò tutti il giorno in cui potrò trovare
un granello della polvere dei tuoi piedi.

Non potrò nascondere
le parole della tua chiamata.
In tutte le parole, in tutte le azioni 
proclamerò la tua adorazione. 
Lascerò tutti gli onori, 
ma non l'onore di servire te.

Gli onori che ho ricevuto nel lavoro 
se ne andranno tutti lontano.
Solo il tuo onore, ad una voce,
risuonerà nel mio corpo, nel mio spirito.

Quando me ne starò,
distratto alla finestra del mondo, 
anche il viandante della strada 
vedrà nel mio volto la tua parola.

Lascerò tutti gli onori,
ma non l'onore di servire te.

RABINDRANATH TAGORE
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Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!

Mc 2,23-28 
Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell'offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni! ». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato». 

Leggiamo nel Libro del Deuteronomio 5,12-15: "Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come il Signore tuo Dio ti ha comandato. Sei giorni faticherai e farai ogni lavoro, ma il settimo giorno è il sabato per il Signore Dio tuo: non fare lavoro alcuno né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, perché il tuo schiavo e la tua schiava riposino con te. Ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di sabato". 
Il sabato è il giorno del riposo settimanale, consacrato a Dio che ha riposato nel settimo giorno della creazione (cfr Gen 2,2-3; Es 20,11). A questo motivo religioso si unisce una preoccupazione umanitaria: è necessario che i non-liberi, gli schiavi, sentano almeno ogni sette giorni la gioia della libertà. Inoltre, gli israeliti devono ricordare che essi sono liberi perché Dio li ha liberati dalla schiavitù. Il sabato è quindi una festa-ricordo, un memoriale di ciò che Dio ha fatto per loro e di come Dio vuole l’uomo: lo vuole libero. 
"I discepoli cominciarono a strappare le spighe". La legge permetteva esplicitamente questo gesto: "Se passi tra la messe del tuo prossimo, potrai coglierne spighe con la mano, ma non mettere la falce nella messe del tuo prossimo" (Dt 23,26), però non faceva allusione al sabato. 
La Mishnah (la legge orale, per distinguerla da quella scritta, cioè la Bibbia) che codificò le leggi sabbatiche sviluppate dalla tradizione ebraica, elenca trentanove attività proibite, fra le quali figurano le varie attività agricole, compresa la spigolatura. Era anche precisato che non si poteva strappare le spighe, ma solo sgranarle con le dita. 
Qual è l’interpretazione della legge che meglio rivela le intenzioni di Dio, il volto di Dio? Dio sta dalla parte di Gesù. E Gesù stabilisce un principio: "Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!". 
Nell’ambiente in cui viveva Gesù, la legge valeva assai più dell’uomo. 
Gesù non ha abolito la legge, ma ha contestato le false interpretazioni di essa e ha indicato il principio che dà valore ad ogni legge: la legge è per l’uomo. Non l’avesse mai fatto! E’ noto, infatti, che il potere costituito fa, quasi sempre, della legge la sua forza. Guai a chi la tocca! Chi tocca muore! E Gesù è morto anche perché, secondo loro, violava la legge del sabato. "Il sabato è fatto per l’uomo" significa anzitutto che ogni legge, anche la più sacra, è a vantaggio dell’uomo. 
Nella creazione tutto fu fatto per l’uomo, compreso il sabato che è figura del Signore stesso della vita. L’uomo è per Dio perché Dio per primo è per l’uomo. La libertà di coscienza di Gesù, che è vera adesione alla volontà di Dio, esprime un annuncio di salvezza altrettanto beatificante quanto quello contenuto nelle parole "il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra" (Mc 2,10). 
Infatti il perdono dei peccati e la liberazione dalla grettezza umana esprimono ugualmente bene la stessa potenza di salvezza. I comandamenti di Dio sono stati dati per amore dell’uomo, per il suo vero bene. 
Unicamente la coscienza di una responsabilità nei riguardi di questo Dio, a cui dovremo rendere conto di ogni nostra azione e di ogni nostra parola (cfr 2Cor 5,10), ci dà anche il diritto a una coraggiosa libertà come quella di Gesù.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 22/I/2013

Solo colui che percorre il cammino dell'amore che tu ci hai indicato può trovare la via. 
Fa', o Signore, che siamo attenti a rispettare tutti gli uomini. 
Non sono le leggi in se stesse che danno valore all'uomo. 
L'uomo lo porta dentro di sé. 
La filiazione divina supera qualsiasi legge. 
Accordaci, in questo giorno, la grazia di non lasciarci sottomettere alle leggi che privano della dignità umana. 
Concedici la forza di vivere nella speranza che ci assicura tuo Figlio Gesù Cristo e di costruire così l'umanità nuova che ci ha promesso.
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lunedì 21 gennaio 2013

Sei triste, figlio mio?

Non scoraggiarti mai, se sei apostolo. —Non c'è ostacolo che tu non possa superare. —Perché sei triste? (Cammino, 660) 

La vera virtù non è triste e antipatica, bensì amabilmente allegra. (Cammino, 657) 

Se le cose riescono bene, rallegriamoci, benedicendo Dio che ci mette l'incremento. —Riescono male? —Rallegriamoci, benedicendo Dio che ci fa partecipi della sua dolce Croce... (Cammino, 658) 

Per porre un rimedio alla tua tristezza, mi chiedi un consiglio. —Ti darò una ricetta che proviene da buone mani: dall'apostolo Giacomo. —“Tristatur aliquis vestrum?” —Sei triste, figlio mio? —“Oret!” —Fa' erosion! Prova e vedrai. (Cammino, 663) 

Non essere triste. —Abbi una visione più... “nostra” —più cristiana— delle cose. (Cammino, 664) 

“Laetetur cor quaerentium Dominum”. — Si rallegri il cuore di coloro che cercano il Signore. —Ecco una luce, per indagare sui motivi della tua tristezza. (Cammino, 666)
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Lo sposo è con loro

Mc 2,18-22 
I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore.E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!». 

Una festa di nozze è l’occasione classica per darsi all’allegria. Le nozze diventano così una figura del tempo della salvezza, come leggiamo anche nel libro di Isaia: "Dio gode con te come lo sposo con la propria sposa" (62,5; cfr 61,10). 
Questa immagine è ancora più rafforzata dall’applicazione del Cantico dei cantici ai rapporti tra Dio e la nazione ebraica. Gesù, presentandosi come lo Sposo, spiega la sua presenza in terra come il sopraggiungere del tempo della salvezza in cui si adempie la beatificante promessa di Dio, 
In questo tempo di nozze non è immaginabile che gli invitati facciano digiuno.
Fin dal principio la Chiesa ha compreso questo insegnamento, e nella sua liturgia risuona l’eco della sua allegrezza: "Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo" (At 2,46-47). 
La risposta di Gesù è chiarissima, però è anche scandalosa per i discepoli di Giovanni e per i farisei, perché Gesù si presenta come lo Sposo, richiamandosi ai profeti dell’Antico Testamento: "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio Compiacimento e la tua terra Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te" (Is 62,4-5). 
Gesù si identifica con lo Sposo-Dio innamorato del suo popolo, evocato dai profeti (cfr Os 2,18; 3,3-5; Ez 16,8-14; Is 54,5-6; ecc.). I "giusti" digiunano perché ignorano l’amore gratuito di Dio che mangia con i peccatori e i non meritevoli. Tutti intenti a meritare l’amore di Dio con le loro opere, non si accorgono che l’amore meritato non è né gratuito né amore; se ne escludono proprio con il loro sforzo per conquistarlo. 
Questo brano ci fa fare un passo in avanti rispetto al brano precedente: il nostro mangiare da peccatori perdonati con il Signore non è un banchetto qualunque, è un pranzo di nozze. Questa è la gioia inesprimibile che nessuno avrebbe osato sperare: in Gesù si celebrano le nozze di Dio con l’umanità. 
Lui si è unito a noi per unirci a sé. Si è fatto come noi per farci come lui. "Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio" (s. Ireneo). 
Ora i due vivono in comunione e intimità di vita, formano una carne sola e hanno un unico Spirito. "Il principale motivo della venuta del Signore è quello di rivelare l’amore di Dio per noi e di inculcarcelo profondamente… Cristo è venuto soprattutto perché l’uomo sappia quanto è amato da Dio" (s. Agostino). Dalle prime pagine della Bibbia fino alle ultime, Dio si presenta come il nostro unico interlocutore, il nostro Sposo geloso. Il rapporto donna-uomo è figura del rapporto uomo-Dio. 
Egli ci ama di un amore eterno. Il vero cristiano è colui che ha conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per lui (1Gv 4,16) e dice il suo sì matrimoniale a Colui che da sempre gli ha detto sì, e vive nella gioia dell’unione sponsale con lui. Se nel passato digiunava nell’attesa dello Sposo, ora gode della sua presenza e celebra il pranzo delle nozze. 
Anche lui conoscerà il digiuno (v. 20) nei giorni in cui lo Sposo gli sarà strappato con violenza nella morte di croce. 
Il discepolo è unito al suo Signore come la sposa allo sposo. L’altra parte dell’uomo, la costola che gli manca e che freneticamente cerca e ricerca, è Dio. Questo mistero è grande (Ef 5,32): è il più grande mistero dell’universo. L’amore nuziale è il più bel modo di esprimere il nostro amore con Dio. Con la venuta di Gesù si compie la promessa di Dio alla sposa infedele: "Ti farò mia sposa per sempre… e tu conoscerai (amerai) il Signore (Os 2,21-22). Chiamandosi sposo, Dio ci ha dato la più bella presentazione di sé e di noi. Sposo e sposa sono due termini relativi, dei quali l’uno non può stare senza l’altro. Colui che liberamente ci ha creati, necessariamente ci ama di amore eterno (Ger 31,3) e ci comanda: "Amami con tutto il cuore" (cfr Dt 6,4), perché anch’io ti amo e non posso non amarti. 
L’Amore vuole essere liberamente amato. La grandezza dell’uomo è amare Dio. E uno diventa ciò che ama. Lo stesso amore che ha fatto diventare Dio uomo, fa diventare l’uomo Dio. 
Con le parabole del nuovo e del vecchio (vv. 21-22), Gesù individua una prima fondamentale resistenza nei confronti del suo messaggio. Si può rifiutare la conversione evangelica in nome dell’equilibrio, della saggezza, del buon senso, della tradizione, del "si è sempre fatto così": valori più che sufficienti per mettere in pace la coscienza. 
Tutte queste cose significano attaccamento al proprio schema e rifiuto di rinnovarsi: esattamente il contrario del "convertitevi e credete nel vangelo" (1,15). 
Gesù Cristo è stoffa nuova, vino nuovo. Non si può appiccicare Cristo e il suo vangelo su una mentalità vecchia, su un modo vecchio di vivere: si perderebbe la tranquillità di prima senza acquistare la gioia della conversione. La venuta dello Sposo rinnova a tal punto l’uomo, che egli non può pensare di adattarsi in qualche maniera a questa radicale novità. 
Aprirsi ad essa significa accettare che tutto ciò che è vecchio crolli per far posto al nuovo. Tutte le religioni, compresa quella ebraica, e le comunità dei discepoli di Giovanni Battista, sono otri vecchi, incapaci di contenere il vino nuovo che è la vita nuova in Cristo, lo Spirito Santo, l’amore stesso di Dio, la vita di Dio. 
Il cuore di pietra era l’otre vecchio per la lettera che uccide; il cuore di carne è l’otre nuovo per lo Spirito che dà la vita (cfr 2Cor 3,6). 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 21/I/2013

Colui il cui cuore è aperto è capace di ospitare la vita nuova che viene dalla fonte dell'amore di Dio. 
Fa' che noi ti apparteniamo, Signore. 
Sì, noi ci allontaniamo talvolta dalla fede e deformiamo i tuoi disegni. 
Concedici il tuo Spirito. 
Concedici la grazia di riempire di vino nuovo le botti nuove, cioè di spirito di amore e di misericordia, per aprire nel nostro mondo le vie della giustizia, della solidarietà e della pace.
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domenica 20 gennaio 2013

Epistolario di san Pio/2

5) Gesù Bambino rinasca nel vostro cuore, vi stabilisca la sua stabile dimora e vi renda sempre più degna dei suoi divini amplessi. 

6) Orsù, tieniti fortemente e costantemente a Dio unita, consacrandogli tutti i tuoi affetti, tutti i travagli, tutta te stessa, attendendo con pazienza il ritorno del bel sole. 

7) Quando non riesci a camminar a gran passo per la via che a Dio conduce, contentati dei piccoli passi ed aspetta pazientemente che abbi gambe per correre, o meglio ali per volare. 

8) Umiliati amorosamente avanti a Dio ed agli uomini perchè Iddio parla a chi tiene le orecchie basse.
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Epistolario di san Pio/1

1) Vi sono dei rosai sia spirituali che corporali: in questi le spine sono continue e le rose terminano, ed in quelli le spine passeranno ma le rose persisteranno. 

2) La religione e' un ospedale di infermi spirituali, che vogliono essere guariti e per esserlo si sottopongono a soffrire tutte le amarezze della medicina. 

3) Cammina sempre, benchè lentamente, farai sempre del cammino. 

4) Facciamo del bene, aderiamo alla volontà di Dio, sia questa la stella sopra la quale si fissano i nostri sguardi in questa navigazione. 
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Preghiera del mattino del 20/I/2013

Maria, conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come sorgente.
Creami un cuore dolce e umile che ami senza esigere di essere riamato. 
Un cuore grande e indomabile che nessuna ingratitudine possa chiudere e nessuna indifferenza stancare. 
Un cuore assetato di Gesù e pieno di tenera compassione. 
Amen.
(Liberamente adattata da una preghiera del P. Grandmaison)
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sabato 19 gennaio 2013

Il comandamento nuovo dell'amore

Gesù nostro Signore ha tanto amato gli uomini, che si è incarnato, ha preso la nostra natura ed è vissuto in contatto quotidiano con poveri e ricchi, con giusti e peccatori, con giovani e vecchi, con gentili e giudei. Ha dialogato costantemente con tutti: con quelli che gli volevano bene e con quelli che cercavano solo il modo di travisare le sue parole, per condannarlo. — Cerca di comportarti anche tu come il Signore. (Forgia, 558) 

Si comprendono benissimo l'impazienza, l'ansia, i desideri inquieti di coloro che, con un'anima naturalmente cristiana, non si rassegnano di fronte all'ingiustizia personale e sociale che il cuore umano è capace di creare. Sono tanti i secoli della convivenza degli uomini, e tanto è ancora l'odio, tante le distruzioni, tanto il fanatismo accumulato in occhi che non vogliono vedere e in cuori che non vogliono amare. 
Vediamo i beni della terra divisi tra pochi e i beni della cultura chiusi in cenacoli ristretti. Fuori, c'è fame di pane e di dottrina; e le vite umane, che sono sante perché vengono da Dio, sono trattate come cose, come numeri statistici. Comprendo e condivido questa impazienza: essa mi spinge a guardare a Cristo che continua a invitarci a mettere in pratica il comandamento nuovo dell'amore. 
Occorre riconoscere Cristo che ci viene incontro negli uomini, nostri fratelli. Nessuna vita umana è isolata; ogni vita si intreccia con altre vite. Nessuna persona è un verso a sé: tutti facciamo parte dello stesso poema divino che Dio scrive con il concorso della nostra libertà. (E' Gesù che passa, 111)
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