sabato 31 marzo 2012

Il Signore cerca il mio povero cuore

Quanti anni di comunione quotidiana! —Un altro sarebbe diventato santo —mi hai detto—, io invece sempre lo stesso! —Figliolo —ti ho risposto—, prosegui nella Comunione quotidiana e pensa: che cosa sarei, se non mi fossi comunicato? (Cammino, 534)


Assaporando nel vostro intimo l'infinita bontà di Dio, pensate che Cristo, alle parole della Consacrazione, si fa realmente presente nell'Ostia, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Adoratelo con riverenza e devozione; rinnovate in sua presenza l'offerta sincera del vostro amore; ditegli senza timore che lo amate, rendetegli grazie per questa prova quotidiana della sua amabile misericordia, e crescete nel desiderio di avvicinarvi con fiducia alla Comunione. Io mi commuovo dinanzi a questo mistero d'Amore: il Signore cerca il mio povero cuore per farne il suo trono, per non abbandonarmi, a condizione che io non mi allontani da Lui.
Ricreàti dalla presenza di Cristo, rifocillati dal suo Corpo, sapremo essere fedeli in questa vita terrena per chiamarci poi vincitori nel Cielo, accanto a Gesù e a Maria sua Madre. Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. (E' gesù che passa, 161)
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Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi

Gv 11,45-56
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da sé stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Questo brano illustra la reazione opposta al segno della risurrezione di Lazzaro: molti spettatori del miracolo credono in Gesù, i capi del popolo decretano la sua morte, ostinandosi nella loro cecità volontaria. Gv 11,45-57 prepara la passione e la crocifissione del Cristo. Questo brano ha un profondo significato teologico. Non solo determina che Gesù deve morire, ma stabilisce anche lo scopo e l'effetto di questa morte: egli muore "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (v 52). Questo è uno dei pochi brani del vangelo di Giovanni che parla del valore salvifico della morte di Gesù.
Il prodigio della risurrezione di Lazzaro ha favorito la fede di molti giudei venuti da Maria. I segni operati da Gesù devono favorire la fede (cfr Gv 20,30-31). Bisogna credere nel Figlio di Dio almeno per i segni eccezionali da lui operati (cfr Gv 14,11). Tuttavia la fede profonda deve prescindere dal vedere, per cui Gesù proclama beati i discepoli che credono senza aver visto (cfr Gv 20,29). Non tutti i giudei presenti a Betània hanno creduto, anzi alcuni andarono subito ad informare i sommi sacerdoti e i farisei i quali prendono occasione da questa notizia per radunare d'urgenza il consiglio supremo. I sommi sacerdoti e i farisei mostrano la loro preoccupazione per il comportamento di Gesù e implicitamente riconoscono la loro impotenza dinanzi ai segni operati da lui. L'ammissione che Gesù compie molti prodigi non stimola i giudei a credere, ma al contrario li spinge a prendere misure repressive nei suoi confronti. La preoccupazione maggiore dei capi religiosi degli ebrei è di carattere politico: essi temono di perdere il potere. Quando Giovanni scriveva il suo vangelo, la deportazione degli ebrei e la distruzione di Gerusalemme operata dai romani era un fatto compiuto. I capi del popolo che temevano dei disastri sociali a motivo della fede in Cristo, non previdero che questi mali sarebbero stati una conseguenza della loro incredulità, un castigo per aver rifiutati il loro Messia (cfr Lc 19,41-44). Caifa nel suo intervento dichiara che è conveniente sacrificare un uomo per evitare la rovina dell'intera nazione. Per l'evangelista queste espressioni di Caifa acquistano un significato molto profondo. Gesù muore a favore dell'intera umanità, per donare la vita al mondo (cfr Gv 6,51), per salvare il gregge di Dio (cfr Gv 10, 11. 15), per santificare i discepoli nella verità (cfr Gv 17,19).
I figli di Dio sono i discepoli di Gesù, generati da Dio (cfr Gv 1,12-13). Il loro distintivo è la fede e l'amore. Questo popolo che è stato acquistato dal Signore (cfr 1Pt 1,19) è la Chiesa, la sposa santa e immacolata di Cristo (cfr Ef 5,25-27). La morte di Cristo ha una finalità salvifica perché raduna in unità i dispersi figli di Dio. Il peccato è divisione, la salvezza è vita in unità con Dio e con i fratelli. La morte di Gesù realizza l'oracolo di Ezechiele 34, 12-13 che prediceva la riunione delle pecore del Signore, radunandole da tutte le regioni nelle quali erano state disperse, per formare un solo gregge condotto da un solo pastore.
Dopo la decisione del sinedrio Gesù si ritira ai margini del deserto di Giuda. Questi avvenimenti si verificarono a pochi giorni dalla Pasqua. I giudei che abitavano in campagna salivano qualche giorno prima della solennità per purificarsi secondo le prescrizioni della legge, sottoponendosi ai riti di aspersione con il sangue degli agnelli (cfr 2Cr 30,15ss). Questi pellegrini cercano Gesù. La loro ricerca era sincera. Questi pii campagnoli osanneranno Gesù in occasione del suo ingresso trionfale in Gerusalemme (cfr Gv 12,12).
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 31/III/2012

Signore Gesù, rafforza la nostra fede, nel momento in cui entriamo con te nel mistero pasquale. Fa' che non ci scandalizziamo della croce.
Tutti i nostri sforzi mirino alla stessa direzione, perché i figli di Dio siano riuniti. 
Signore, concedici questa grazia, affinché possiamo invitarti, con cuore accogliente, a vivere con noi la festa della risurrezione.
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venerdì 30 marzo 2012

Cercavano di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani

Gv 10,31-42
Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamatodèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: «Tu bestemmi», perché ho detto: «Sono Figlio di Dio»? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Il dialogo con i giudei, riportato nei capitoli 7 e 8 aveva avuto come epilogo il tentativo di uccidere Gesù a sassate. Qui tentano ancora una volta di lapidarlo. Le parole di Gesù di essere una cosa sola con Dio si rivelano scandalose agli orecchi degli increduli giudei. Gesù dimostra di essere il Figlio di Dio con una duplice argomentazione, quella della Scrittura e quella delle opere straordinarie compiute nel nome del Padre. Gesù reagisce in modo pacato al gesto violento dei suoi avversari: "Vi ho mostrato molte opere buone da parte del Padre; per quale di queste opere mi lapidate?" (v.32). I giudei replicano che lo vogliono lapidare per la bestemmia pronunciata, perché si proclama Dio. Gesù argomenta dal Sal 81, di valore incontestabile per i giudei, che se dei semplici uomini sono chiamati dèi e figli dell'Altissimo, quanto più è Figlio di Dio colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo per essere il rivelatore definitivo e il salvatore universale. La seconda argomentazione di Gesù a prova della sua divinità è costituita dalle opere eccezionali compiute nel nome del Padre (cfr Gv 10,37-38). È il Padre che, nel Figlio, compie le sue opere (cfr Gv 14,10-11). I giudei sarebbero senza colpa se Gesù non avesse compiuto opere che nessun altro al mondo ha mai fatto; ma ora non sono scusabili per questo peccato (cfr Gv 15,23-25). Le opere eccezionali compiute da Gesù hanno una finalità ben precisa: favorire la fede nella sua divinità: "Credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io sono nel Padre (Gv 10,38). Gesù si ritira a Betània, non il villaggio di Lazzaro, ma una località situata sulla sinistra del Giordano dove il Battista aveva svolto il suo primo ministero (cfr Gv 1,28). Questo ritorno di Gesù nel luogo dove aveva avuto inizio la sua rivelazione pubblica forma un'inclusione solenne tra Gv 1,28ss e 10,40ss. Forse l'evangelista vuole insinuare che la sua manifestazione davanti al mondo iniziata a Betaina si conclude, dopo essersi infranta contro il muro dell'incredulità dei giudei. Queste persone che vanno da Gesù (v.41) indicano il movimento della fede. I nuovi discepoli constatano che le cose dette da Giovanni Battista sul conto di Gesù erano vere. Queste persone che credono esistenzialmente nel Figlio di Dio si rivelano come pecore di Cristo: ascoltano la sua voce e lo seguono (cfr Gv 10,27).
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 30/III/2012

Noi crediamo in te, Signore Gesù, che sei venuto dal Padre per mostrarci il suo amore.
Dio ha tanto amato il mondo che ha mandato il suo unico Figlio a salvarlo.
Gesù, noi crediamo che tutto quello che tu hai fatto e detto aveva per scopo la nostra salvezza.
Padre, sii onorato per l'opera di tuo Figlio che ci fai conoscere per mezzo dello Spirito Santo.
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giovedì 29 marzo 2012

Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno

Gv 8,51-59
In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli disseroallora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: «Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno». Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: «È nostro Dio!», e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranzadi vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

Gesù riprende la tematica dell'immortalità derivante dall'osservanza della sua parola. In 5,24 aveva assicurato il passaggio dalla morte alla vita per chi ascolta la sua parola, cioè crede nella sua rivelazione e vive secondo essa.
Cristo è la risurrezione e la vita, perciò chi crede in lui, anche se sperimenterà la morte temporale, eviterà la morte eterna, cioè l'inferno (cfr Gv 11,25-26).
Gesù fa dipendere la vita eterna e l'immortalità dall'ascolto della sua parola, dall'adesione esistenziale e pratica al suo messaggio. In antitesi con il diavolo menzognero che ingannò i nostri progenitori con la sua parola falsa (cfr Gen 2,17; 3,2ss) e portò nel mondo la morte (cfr Sap 2,24), Gesù, con la sua parola divina, è fonte di vita e di immortalità. La reazione dei giudei è scomposta e oltraggiosa. L'affermazione di Gesù è veramente inaudita per un semplice uomo, perché anche i personaggi più grandi della storia della salvezza sono morti. Se Gesù non fosse il Figlio di Dio, la sua pretesa di donare l'immortalità sarebbe assurda. La risposta pacata di Gesù fa vedere la sua grandezza eccezionale. Nella frase finale di questo dialogo drammatico (v.58), Gesù proclama esplicitamente la sua divinità e quindi anche la sua superiorità anche di fronte al più grande patriarca del popolo ebraico, Abramo. L'affermazione dei giudei che ritengono Dio loro padre è falsa. Essi ignorano del tutto Dio perché non osservano la sua parola. La conoscenza di Dio infatti non si riduce alla sfera speculativa, ma si acquista e si dimostra osservando i suoi comandamenti. La conoscenza vera di Dio e del suo Figlio si riduce all'amore concreto e operativo.
Alla domanda dei giudei: "Sei tu forse più grande del nostro padre Abramo?", Gesù risponde che il padre del popolo ebraico era completamente orientato verso il tempo del Messia e visse in funzione di lui. La nascita dl suo figlio Isacco fu motivo di gioia (cfr Gen 18,1-15; 21,1-7) perché in lui si realizzavano le promesse messianiche. All'annuncio di questo lieto evento il patriarca rise (cfr Gen 17,17), ossia si rallegrò e gioì, perché nella nascita di suo figlio previde la discendenza dalla quale sarebbe nato il Cristo. Abramo vide il giorno di Gesù, come Isaia vide la sua gloria (cfr Gv 12,41) e Mosè scrisse di lui (cfr Gv 5,46): tutto l'Antico Testamento è in funzione di Gesù. "Gli dissero allora i giudei: 'Non hai ancora quarant'anni e hai visto Abramo?'". Questo intervento finale dei giudei prepara la solenne proclamazione della divinità di Gesù. Notiamo che essi deformano e capovolgono l'affermazione di Gesù. Egli ha detto che Abramo vide il suo giorno. Essi rovesciano il soggetto e l'oggetto e fanno dire a Gesù di aver visto Abramo. Per gli increduli giudei è inconcepibile che Gesù sia oggetto della contemplazione di Abramo, tanto sono lontani dal comprendere la vera identità del Figlio di Dio.
"In verità in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono". La risposta di Gesù è il vertice di tutto il dialogo drammatico del capitolo 8. Essa contiene la proclamazione esplicita della divinità di Gesù. Contrapponendosi al più grande patriarca dell'Antico Testamento, del quale la Scrittura descrive la vita e la morte, Gesù si presenta come l'"Io sono", il Vivente, il vero Dio, Jahvè in persona. La reazione dei giudei conferma il significato divino dell'espressione usata da Gesù. Per loro è un bestemmiatore, perché si è proclamato Dio e quindi merita la lapidazione come prescrive la legge di Mosè (cfr Lv 24,16).
Questo nascondersi di Gesù ha un profondo significato teologico: è l'eclissi del Sole, che è il Logos incarnato, dinanzi all'incredulità dei suoi interlocutori.
Il capitolo 9 continuerà questo tema della luce di Cristo nell'episodio della guarigione del cieco.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 29/III/2012

Infondi in noi, Signore, lo Spirito Santo perché sappiamo scoprire le Sacre Scritture e vivere ogni giorno secondo questo spirito. 
Permettici, Signore, di vedere tutta la prospettiva di salvezza che tu ci mostri dai tempi della creazione dell'uomo, perché possiamo giungere alla tua dimora senza l'ombra di un dubbio.
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mercoledì 28 marzo 2012

Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero

Gv 8,31-42
Gesù allora disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: «Diventerete liberi»?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro èAbramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo.0Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l'ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.

La fede autentica non si riduce a un'adesione momentanea al Cristo, ma esige perseveranza e fedeltà con Gesù, Parola vivente del Padre. Il vero discepolo di Cristo si riconosce da questa permanenza continua e intima in Gesù. Solo allora si conosce la verità che libera da ogni schiavitù. Si tratta di una conoscenza esistenziale e vitale, di una comunione intima con il Figlio di Dio. La conoscenza della verità non è dunque qualcosa di speculativo. La verità è Gesù in persona (cfr Gv 14,6). La verità, ossia Cristo stesso, in quanto manifestazione della vita divina, opererà la liberazione dell'uomo, come è chiarito in 8,36. Quindi la libertà piena si vive nella fede, credendo esistenzialmente in Gesù.
Le parole di Gesù provocano la reazione dei suoi interlocutori, offesi per le affermazioni sulla liberazione operata dalla verità. I giudei si proclamano persone libere e figli di Abramo. Essi protestano di non essere mai stati schiavi di nessuno. Per Gesù la libertà e la schiavitù sono di ordine morale, mentre i suoi interlocutori intendono questi termini in chiave politica. Gesù parla della schiavitù e della libertà morale in relazione al peccato. Egli insegna che la vera schiavitù è quella di ordine religioso: è schiavo chi fa il peccato. In questi testi di Giovanni il peccato indica l'opzione fondamentale contro la luce, ossia l'incredulità. La frase "lo schiavo non rimane nella casa per sempre" contiene una velata minaccia di espulsione dei giudei dalla casa di Dio, dal regno e dall'amicizia con il Padre.
Nel v.35 il termine "figlio" è preso in senso generico, per essere applicato a tutti gli uomini; esso però è aperto al significato specifico divino, per indicare il Figlio unigenito del Padre. In realtà nel v.36 abbiamo questo passaggio. Qui si parla del Figlio liberatore. Gesù è il Logos incarnato, la verità personificata, che sola può liberare l'uomo dalla schiavitù del peccato. Egli è il Figlio di Dio che rimane per sempre nella casa del Padre.
Dopo aver sviluppato la tematica della vera schiavitù e della vera libertà, Gesù contesta l'affermazione dei giudei di essere discendenza di Abramo e dimostra loro che sono figli di un altro padre. È un linguaggio misterioso che sarà chiarito nella scena successiva (v.44). Per discendenza naturale gli ebrei sono figli di Abramo, ma per l'animo e i comportamenti sono figli del diavolo. Tentando di uccidere Gesù fanno un'opera diabolica perché il diavolo è omicida fin dal principio.
I giudei, con la loro incredulità, rinnegano la loro origine da Abramo, uomo di grande fede. Il loro intento omicida si spiega con il rifiuto della rivelazione divina del Cristo: "La mia parola non penetra in voi".
L'opposizione tra Gesù e i giudei sta nell'influsso dei rispettivi padri. Il Logos incarnato rivela ciò che ha visto e continua a vedere nel Padre. I giudei rivelano ciò che ispira loro il demonio.
I giudei, con gli atteggiamenti pratici, rinnegano la loro discendenza da Abramo. Essi non solo non compiono le opere del patriarca, caratterizzate da una fede profonda in Dio e dall'adesione incondizionata alla sua parola (cfr Gen 12,1ss; 15,1-7), ma addirittura si oppongono all'inviato del Padre e cercano di ucciderlo. L'allusione finale di Gesù sulla vera paternità dei giudei suscita la loro protesta. La fornicazione indica l'infedeltà idolatrica. I giudei quindi protestano la loro fedeltà all'alleanza mosaica e proclamano di non aver tradito il patto con Dio adorando altre divinità: "Abbiamo un solo padre, Dio". Questa espressione richiama l'inizio dello shemà: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo" (Dt 6,4). Nell'Antico Testamento Jahvé è presentato spesso come padre d'Israele. Se i giudei avessero un solo padre, Dio, essi dovrebbero amare Gesù perché è stato mandato dal Padre. Gesù vuole dimostrare che i giudei non sono figli di Dio, perché non amano l'inviato di Dio che è uscito dal Padre.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 28/III/2012

Dio onnipotente, concedici una fede salda come quella di Abramo.
Oggi, vogliamo perseverare nel tuo insegnamento per diventare tuoi veri discepoli.
Non vogliamo essere schiavi del peccato.
Guidaci, o Signore, alla casa del Padre, dove nella libertà ti ameremo per sempre.
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martedì 27 marzo 2012

Dio ama chi dona con gioia

Soffri! —Ebbene, ascolta: “Lui” non ha il Cuore più piccolo del nostro. —Soffri? È bene che sia così. (Cammino, 230)


Ti avverto che le grandi penitenze sono compatibili anche con le cadute spettacolari provocate dalla superbia. Invece, con il continuo desiderio di piacere a Dio nelle piccole battaglie personali — ad esempio, sorridere quando non se ne ha voglia; e vi posso assicurare che, talvolta, un sorriso costa più di un'ora di cilicio —, è difficile dar spago all'orgoglio, alla ridicola ingenuità di considerarci eroi illustri: ci vediamo come bambini capaci di offrire al loro padre soltanto delle cose da nulla, che però sono ricevute con immensa gioia. Allora il cristiano deve sempre essere mortificato? Sì, ma per amore.
Forse fino a questo momento non ci eravamo sentiti spinti a seguire così da vicino le orme di Cristo. Forse non ci eravamo resi conto che possiamo unire al suo sacrificio redentore le nostre piccole rinunce: per i nostri peccati, per i peccati degli uomini di ogni tempo, per il malvagio lavoro di Lucifero che continua ad opporre a Dio il suo non serviam! Come oseremo dire senza ipocrisia: «Signore, mi fanno male le offese che feriscono il tuo amabilissimo Cuore», se non saremo decisi a privarci di una piccola cosa, o ad offrire un piccolo sacrificio a lode del suo Amore? La penitenza — vera riparazione — ci lancia sul cammino della dedizione, della carità. Dedizione per riparare, e carità per aiutare gli altri, come Cristo ha aiutato noi.
Da ora in poi, abbiate fretta di amare. L'amore impedirà di lamentarci, di protestare. Perché spesso sopportiamo le contrarietà, è vero; però ci lamentiamo, e allora, oltre a sprecare la grazia di Dio, gli impediamo, in futuro, di esigerci ancora. Hilarem enim datorem diligit Deus [2 Cor 9, 7]. Dio ama chi dona con gioia, con la spontaneità che nasce da un cuore innamorato, senza le smancerie di chi si dona come per fare un piacere. (Amici di Dio, 139-140)
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Avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono

Gv 8,21-30
Di nuovo disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». Dicevano allora i Giudei: «Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: «Dovevado io, voi non potete venire»?». E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infattinon credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati». Gli dissero allora: «Tu, chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi hamandato è veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo». Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato è con me: non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli sono gradite». A queste sue parole, molti credettero in lui.

Gesù, per stimolare i suoi avversari a cambiare atteggiamento nei suoi confronti, diventa polemico e fa balenare la minaccia della morte nel peccato. Egli sta per tornare da Dio: con la sua passione e risurrezione passa da questo
mondo al Padre (cfr Gv 13,1); i suoi nemici non potranno raggiungerlo nella gloria eterna; anzi, con la morte nel peccato di incredulità, si separeranno eternamente da lui. La reazione dei giudei è molto più sarcastica che in 7,35. Lì i suoi avversari ipotizzavano il suo trasferimento in terra pagana, qui parlano di suicidio. L'idea che la fonte della vita e della luce possa suicidarsi è possibile solo ai figli del diavolo. In nessun altro passo del vangelo troviamo espressioni più sarcastiche e blasfeme contro il Figlio di Dio.
La risposta di Gesù all'insulto satanico dei giudei è tagliente e aspra: voi siete dal basso, dal mondo tenebroso del maligno, io sono dall'alto, di origine divina. In Gv 8,44 Gesù espliciterà maggiormente l'origine satanica dei suoi
avversari: il loro padre è il diavolo, l'omicida fin dal principio. Scrive Loisy: "I giudei pensano di deridere il Cristo; ma sono loro tragicamente ridicoli".
Se i giudei si ostinano a non aprirsi alla luce, che è Cristo, la loro sorte è segnata: essi moriranno nei loro peccati. L'ostinazione nel rifiuto della luce (cfr Gv 9,41), cioè l'opposizione fondamentale contro il Figlio di Dio, conduce alla morte eterna (cfr 1Gv 5,16-17). Questo è il peccato specifico del mondo tenebroso (cfr Gv 16,8-9). La risurrezione e la vita si trovano in Gesù; per non morire bisogna credere alla sua divinità (cfr Gv 11,25-26). Le parole "Io sono" indicano con chiarezza la divinità di Cristo. "Io sono" è la traduzione del nome ebraico di Jahvè, quindi esprime la divinità della persona di Gesù. Gli interlocutori di Gesù non hanno ancora afferrato la sua dichiarazione, davvero inaudita, di essere Dio. La comprensione piena dell'"Io sono" è riservata alla scena finale (vv.58-59). Per questo i giudei chiedono a Gesù: "Tu chi sei?". L'interrogativo: "Chi è Gesù" è fondamentale nel vangelo di Giovanni. La risposta di Gesù appare molto enigmatica. Fin dal principio il Logos è ciò che dice, ossia la parola di Dio (Gv 1,1), la manifestazione della vita e dell'amore del Padre. Il Logos incarnato non manifesta solo il mistero di Dio, ma conosce bene anche l'uomo; quindi può parlare dei suoi interlocutori senza sbagliarsi. Gesù rivela al mondo ciò che ha udito dal Padre che lo ha mandato. L'evangelista annota: i giudei non capirono che parlava loro del Padre. La divinità di Gesù sarà riconosciuta quando sarà innalzato sulla croce. Anche i giudei per avere la vita dovranno credere nel Logos incarnato esaltato sulla croce. Con l'esaltazione dell'uomo Gesù sulla croce non avverrà solo il riconoscimento della sua divinità, ma anche quello della sua funzione di rivelatore definitivo, in piena e perfetta dipendenza dal Padre. Il Padre e il Figlio vivono sempre intimamente uniti e formano una cosa sola per cui il Logos incarnato non può mai essere abbandonato da Dio. Questa unità perfetta tra Gesù e il Padre ha come conseguenza il perfetto compimento della volontà del Padre. Nella Trinità esiste una sola volontà divina. La pausa descrittiva sulla fede di molte persone in ascolto serve come passaggio a un'altra scena nella quale è svolta una nuova tematica teologica, quella della vera libertà dei figli di Abramo. Anche qui sembra trattarsi di una fede superficiale, come quella di Nicodemo e degli altri abitanti di Gerusalemme.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 27/III/2012

Signore Gesù, tu chiami noi tutti a te. Fa' che sentiamo la forza del tuo nome.
Come Mosè nel deserto innalzò su un'asta un serpente di bronzo, così era necessario che il Figlio dell'uomo fosse scacciato dalla terra perché chi crede in lui possa avere la vita eterna.
Concedici, Signore, la vita eterna in conformità alla nostra fede e alla tua misericordia.
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lunedì 26 marzo 2012

Preghiera del mattino 26/III/2012

Padre misericordioso, quando hai mandato fra noi tuo Figlio, nella pienezza dei tempi, per legarci a te con un amore eterno, tu hai guardato con amore particolare la Vergine di Nazaret.
Tu l'hai fatta nascere e crescere perché fosse la tua figlia prediletta, la Madre di tuo Figlio e il Tempio del tuo Spirito Santo.
Maria ha scoperto la meraviglia del tuo essere comunione di Persone infinite, così come ha appreso la verità altrettanto meravigliosa per cui le tre Persone aprivano ora la loro unità per accogliere lei con il resto dell'umanità.
Padre amoroso, ispiraci anche solo una parte della fede di Maria.
Per mezzo dello Spirito Santo, apri i nostri cuori di nuovo a Gesù, tuo Figlio e nostro Salvatore, perché in essi possa nascere, crescere e raggiungere la piena maturità.
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domenica 25 marzo 2012

Messaggio di Medjugorje del 25/3/2012

Cari figli!
Anche oggi con gioia desidero darvi la mia benedizione materna e invitarvi alla preghiera.


Che la preghiera diventi per voi bisogno affinché ogni giorno cresciate di più nella santità. 
Lavorate di più sulla vostra conversione perché siete lontani figlioli.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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Richiesta di preghiere 9/2012

17) Alain, dalla Francia:
chiede preghiere affinché riesca ad uscire dal "vicolo cieco" in cui dice di trovarsi e possa finalmente sperare in un avvenire migliore.
Seigneur Jésus, Ste Vierge Marie vous qui connaissez mon désespoir et ma détresse, exaucez mes prières. Ayez pitié de moi , sauvez moi de l'impasse où je me trouve. Que ce moment de Carême soit l'occasion de donner un meilleur sens à ma vie, d'aider davantage les autres et d'espérer en un avenir meilleur.


18) Maria Sonia dalla Toscana: 
Cari fratelli in Cristo la Mamma Celeste (a Zaro di Ischia ) ha chiesto di pregare la novena a San Michele Arcangelo per l'Italia e i tempi difficili che sta attraversando: vogliamo rispondere a questo appello ? motivi di preghiera per la cristianità, la patria, il Santo Padre e tutto ciò che la novena contempla ce ne sono tantissimi. Vi ringrazio fin da ora per la vostra disponibilità. Dio vi benedica.
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L’annunciazione del Signore

Come innamora la scena dell'Annunciazione! - Maria - quante volte l'abbiamo meditato! - è raccolta in orazione... applica i suoi cinque sensi e tutte le sue facoltà al colloquio con Dio. Nell'orazione conosce la Volontà divina; e con l'orazione la rende vita della sua vita: non dimenticare l'esempio della Vergine! (Solco, 481)


Non dimenticare, amico, che siamo bambini.
La Signora dal dolce nome, Maria, è raccolta in preghiera. Tu puoi essere, in quella casa, quello che preferisci: un amico, un servitore, un curioso, un vicino - Quanto a me, in questo momento non oso essere nessuno. Mi nascondo dietro di te e contemplo attonito la scena: l'Arcangelo pronuncia il suo messaggio Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco? Come avverrà questo, se io non conosco uomo? (Lc 1, 34)
Alle parole di nostra Madre si affollano nella mia memoria, per contrasto, tutte le impurità degli uomini, anche le mie.
Come detesto, allora, queste basse miserie della terra! Quanti propositi!
Fiat mihi secundum verbum tuum. Si faccia di me secondo la tua parola (Lc 1, 38). Nell'incanto di queste parole verginali, il Verbo si è fatto carne.
Sta per terminare la prima decina Ho ancora il tempo per dire al mio Dio, prima di ogni altro mortale: Gesù, ti amo. (Santo Rosario, I° mistero gaudioso)
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Se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto

Gv 12,20-33
Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci.Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l'anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome». Venne allora una voce dal cielo: «L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!». La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori.E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

L'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme fu notato non solo dai giudei e dai farisei, ma anche da un gruppo di greci, saliti a Gerusalemme per celebrare la Pasqua. Si tratta di incirconcisi, simpatizzanti dell'ebraismo. Questi pii pagani vogliono vedere Gesù. Per incontrare il Maestro si servono della mediazione di Filippo. Gesù, informato del desiderio dei greci, esclama: "È venuta l'ora che sia glorificato il figlio dell'uomo" (v.23). L'"ora" di Gesù indica il tempo della sua glorificazione con la passione, morte e risurrezione. La glorificazione del figlio dell'uomo è spiegata con il paragone della sorte del chicco di grano che per portare frutto deve morire. La glorificazione di Cristo avviene mediante la sua morte e sepoltura. Il seme per poter fruttificare deve morire sotto terra. Il chicco che non volesse morire è destinato alla sterilità. Il Cristo fu sepolto nella terra per risorgere, essere esaltato e attirare tutti a sé (v.32). La fecondità salvifica di Gesù deriva dall'accettazione del disegno divino che ha posto la sua glorificazione in dipendenza della sua passione e morte. L'amore per la propria vita, l'esagerato attaccamento alla vita, per cui per salvarsi si è disposti a rinunciare a tutti i valori, anche a quelli divini, è causa di perdizione. La disponibilità a morire per una causa superiore, quale è Cristo e il suo regno, è fonte di salvezza eterna. Gesù "odia" la sua anima in questo mondo, ossia è disposto a rinunciare alla vita terrena, per portare molto frutto, cioè per attirare a sé tutti gli uomini, compresi i pagani, rappresentati da questi greci che desiderano vederlo. Il suo discepolo fedele deve seguirlo su questa strada per essere dove l'ha preceduto Cristo. Nella casa del Padre (Gv 14,1-3).
La precedente affermazione sulla morte del chicco di grano e sull'odio per la propria anima viene applicata da Gesù a sé stesso. Tra poco inizierà la sua passione che culminerà sulla croce; per questo motivo Gesù è profondamente turbato (v.27). Giovanni anticipa all'epilogo della rivelazione pubblica questa scena che gli altri evangelisti collocano nel Getsémani (cf Mt 26,37-39). Gesù è tentato di domandare al Padre di salvarlo, cioè di liberarlo da questa prova angosciosa, ma scarta subito questa eventualità. Lo scopo della vita di Gesù è tutto incentrato su quest'"ora", perciò chiede al Padre di glorificare il suo nome. Il Figlio di Dio si è incarnato per rivelare l'amore di Dio; questa manifestazione raggiunge il culmine sulla croce. È nella morte di Gesù che gli uomini riconoscono la sua divinità: "Il centurione che stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" (Mc 15,39).
Nella scena conclusiva di questo brano il Padre interviene per autenticare la missione del Figlio. Gesù infatti spiega che la voce venuta dal cielo è diretta ai suoi uditori (v.30). Con tale manifestazione il Padre vuole presentare Gesù come la persona divina per mezzo della quale egli si rivela in modo perfetto e pieno. Con l'esaltazione di Gesù si attua il giudizio del mondo delle tenebre e la sconfitta del suo principe. Il giudizio di questo mondo si attua con la sconfitta di satana. Satana è sconfitto dalla morte gloriosa di Cristo sulla croce e dalla esaltazione-ascensione al cielo di Gesù (Gv 3,14; 8,28). L'elevazione di Gesù sul patibolo del Calvario costituisce l'inizio dell'esaltazione alla destra del Padre.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 25/III/2012

Signore, nostro Dio, facci morire alle cose di questo mondo per rinascere a una nuova vita in Cristo.
Durante tutta questa giornata fa' che ti serviamo in ogni cosa, seguendo fedelmente l'esempio di Cristo.
Le nostre azioni diano testimonianza della presenza di Cristo in noi affinché, come Filippo, aiutiamo gli altri a vedere Gesù e ad andare a lui. Contempliamo, con il mondo intero, Gesù Cristo in croce e lasciamoci guidare verso di lui, che è nostro Salvatore e nostro Signore.
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sabato 24 marzo 2012

Il Cristo viene forse dalla Galilea?

Gv 7,40-53
All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!». Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.

La parola "Cristo" indica il "consacrato" di Dio, che avrebbe realizzato le attese definitive del popolo di Dio, portando la pace e la pienezza dei beni della salvezza. Non tutti gli ascoltatori di Gesù vedono in lui il Cristo: alcuni ritengono impossibile tale riconoscimento per la sua provenienza dalla Galilea: la Scrittura infatti è molto esplicita a questo riguardo (cfr Gv 7,41-42).
Nella scena finale di questo capitolo, i sommi sacerdoti e i farisei argomentano allo stesso modo. La sentenza dei capi: "Dalla Galilea non sorge profeta" (v.52) chiude l'ultimo atto di questo dramma sull'origine del Messia.
In Gv 7,30 vi era già stato un tentativo per arrestare Gesù; esso però era andato a vuoto perché non era ancora giunta l'ora della sua passione e risurrezione. Anche in 7,44 il tentativo dei giudei non riesce.
La risposta delle guardie mette in risalto il fascino che emanava da Gesù. Nella loro semplicità questi uomini sono presi da stupore e da ammirazione per le parole di Gesù. I farisei invece reagiscono con stizza e manifestano
apertamente la loro animosità e il loro accecamento. Per essi Gesù è un seduttore che abbindola la gente ignorante (cfr Gv 7,12; Mt 27,63).
L'arroganza dei farisei raggiunge il colmo quando considera maledetto il popolo che non conosce la Legge: si trattava di contadini, di analfabeti, di servi. Questo disprezzo dei dotti per gli ignoranti e gli umili è bene documentato negli scritti giudaici. Non tutti i capi però condividevano questo atteggiamento ostile dei sommi sacerdoti e dei farisei. Nicodemo dissentì dal giudizio dei suoi colleghi ed ebbe il coraggio di prendere le difese di Gesù appellandosi alla legge mosaica.
Nella Legge è prescritto di ascoltare le cause di tutti i fratelli senza avere riguardi personali (Lv 19,15; Dt 1,16-17) e di indagare con diligenza per evitare false testimonianze (Dt 19,15-20). I capi del popolo reagiscono alla contestazione di Nicodemo circa la legalità del loro atteggiamento e lasciano trasparire sdegno e irritazione. In merito all'origine del Messia la Scrittura è chiara: il Cristo è un discendente di Davide (2Sam 7,12-16; Is 11,1-2; Ger 23,5-6; 33,15; Sal 89,5. 37) e deve sorgere da Betlemme di Giudea (Mi 5,1). Quindi il profeta di Nazaret non poteva essere assolutamente il Messia.
Giovanni ora può chiudere questa parte dello scontro tra Gesù e le autorità giudaiche, facendoci capire che la vita di Gesù è ormai volta verso l'epilogo della croce.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 24/III/2012

Signore, tu mi mandi oggi per fare il bene e difendere coloro che in un modo o nell'altro sono stati lesi.
Insegnami ad oppormi ad ogni giudizio di cui sarò testimone, sia che abbia come vittime singoli individui oppure gruppi o nazioni.
Aiutami ad essere solidale con tutti gli uomini, poveri e feriti, e a fare del bene a tutti.
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venerdì 23 marzo 2012

Ricorri subito alla Confessione

Se qualche volta cadi, figlio mio, ricorri subito alla Confessione e alla direzione spirituale: mostra la ferita!, perché te la curino a fondo, perché eliminino tutte le possibilità di infezione, anche se ti fa male come in un'operazione chirurgica. (Forgia, 192)


Ti riassumo la tua storia clinica: qui cado e lì mi rialzo...: quest'ultima cosa è ciò che conta. Ebbene, continua con quest'intima lotta, anche se procedi a passo di tartaruga. Avanti!
Sai bene, figlio mio, fino a che punto puoi arrivare, se non lotti: l'abisso chiama l'abisso. (Solco, 173)


Hai capito in che cosa consiste la sincerità quando mi hai scritto: «Sto cercando di abituarmi a chiamare le cose col loro nome e, soprattutto, a non cercare appellativi per ciò che non esiste». (Solco, 332)


«Abyssus, abyssum invocat...» un abisso chiama l'altro, te l'ho già ricordato. È la descrizione esatta del modo di agire dei bugiardi, degli ipocriti, dei rinnegati, dei traditori: trovandosi a disagio con il proprio modo di comportarsi, nascondono agli altri le proprie frodi, per andare di male in peggio, scavando una voragine fra loro e il prossimo. (Solco, 338)


La sincerità è indispensabile per progredire nell'unione con Dio.
— Se dentro di te, figlio mio, c'è un “rospo”, sputalo! Di' subito, come ti consiglio sempre, ciò che non vorresti che si sapesse. Dopo aver sputato il “rospo” nella Confessione, come si sta bene! (Forgia, 193)


Al momento dell'esame sta' in guardia contro il demonio muto. (Cammino, 236)
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Ricevimi, Signore misericordioso

Sono davanti alle porte della tua chiesa,
e non mi libero dai cattivi pensieri.
Ma tu, o Cristo,
che hai giustificato il pubblicano,
che hai avuto compassione dell'adultera,
e hai aperto al ladrone
le porte del Paradiso,
aprimi il tesoro della tua bontà
e poiché mi avvicino e ti tocco,
accoglimi come la peccatrice
e l'inferma che hai guarito.
Infatti questa, avendo toccato
il lembo del tuo vestito,
riebbe la salute;
e quella, avendo abbracciato
i tuoi piedi incontaminati,
ottenne il perdono dei peccati.


(S. Giovanni Damasceno)
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Cercavano di arrestare Gesù, ma non era ancora giunta la sua ora

Gv 7,1-2.10.25-30
Dopo questi fatti, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Ma quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. Intanto alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

La Festa delle Capanne nel Nuovo Testamento è ricordata solo qui. Si celebrava all'inizio dell'autunno; durava una settimana. In essa si ringraziava il Signore per i raccolti dei campi, e si invocava la pioggia. Durante questa settimana festiva i giudei vivevano nelle capanne, costruite nelle piazzette e sui terrazzi di Gerusalemme, per ricordare il soggiorno degli ebrei nel deserto durante l'esodo. Inoltre si celebravano processioni dalla fontana di Sìloe, dove si attingeva l'acqua, fino al tempio. Infine si dava molta importanza all'illuminazione notturna del tempio. Solo dopo la partenza dei suoi parenti, Gesù si reca a Gerusalemme, in forma privata Egli ha rifiutato la suggestione tentatrice dei parenti di far mostra di sé, di dare spettacolo. L'ingresso trionfale del Messia in Gerusalemme è riservato ad altro tempo, quando giungerà la sua ora (cfr Gv 12,12ss).
Gli abitanti di Gerusalemme sono al corrente del disegno omicida dei capi, per questo si meravigliano che Gesù parli liberamente in pubblico. Essi conoscono bene la teologia messianica e sanno che l'origine di Gesù dalla Galilea è una prova decisiva per escludere la sua messianicità. Ma l'origine di Gesù è un autentico mistero. Nonostante la sua apparente origine dalla Galilea, la patria terrena di Gesù è la Giudea; inoltre la fonte della sua vita e della sua missione non è un uomo, ma Dio.
Gesù riprende, a voce alta e con linguaggio ironico, le precedenti espressione degli abitanti di Gerusalemme sulla loro conoscenza della sua identità e della sua origine. Questi giudei sono molto sicuri della loro scienza, ma vivono nella più completa ignoranza della vera natura di Gesù. In questo contesto Gesù insinua la sua origine divina, proclamando di non essere venuto da sé, ma di essere stato inviato dal Verace. Colui che ha mandato Gesù è verace, cioè non inganna e si rivela in modo autentico nel suo inviato. Questa persona verace purtroppo non è conosciuta dai giudei; anche se si considerano figli di Dio, essi sono figli del diavolo omicida (cfr Gv 8,39-44) perché compiono le opere del padre loro cercando di uccidere Gesù. L'ignoranza di Dio e del suo inviato da parte dei nemici di Gesù è una tragica realtà, riconosciuta anche nei discorsi dell'ultima cena (cfr Gv 16,3; 17,25).
I nemici di Gesù non possono catturarlo perché non è ancora giunto il tempo della sua morte e risurrezione.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 23/III/2012

Signore, fa' che oggi io sappia giudicare tutte le cose con un giudizio equo, secondo il tuo pensiero, che io sappia riconoscere tutti quelli che mi mandi, e non limitare la mia fede al conformismo e ai segni esteriori.
Concedimi il coraggio di essere tuo testimone per mezzo della parola e del compimento del bene.
Resta con me, e non permettere che io mi allontani da te.
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giovedì 22 marzo 2012

Vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza

Gv 5,31-47
Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C'è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. ascolta. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l'amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall'unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».

A sostegno della sua missione divina Gesù presenta quattro testimoni: il Battista, le proprie opere, il Padre, le Scritture. Anzitutto Gesù si appella alla testimonianza di Dio, espressa prima in un personaggio misterioso e senza nome (v.32) e poi ripresa in seguito, in forma esplicita, con l'appellativo di Padre (vv.37-38). Gesù fa appello alla testimonianza del Padre: essa è vera, forte, inoppugnabile, incontestabile. L'uomo può ingannarsi nei suoi giudizi, Dio no. Il Battista ha reso testimonianza a Cristo che è la verità (Gv 14,6). Gesù non ha bisogno di una testimonianza umana; si è appellato alla testimonianza del Battista solo per favorire la salvezza dei suoi interlocutori.
La testimonianza del Battista ha avuto lo scopo di favorire la fede di tutti, soprattutto dei giudei (Gv 1,7). Il Battista ha preparato e favorito la rivelazione di Gesù a Israele (Gv 1,31).
Le autorità religiose di Gerusalemme vollero essere illuminate dalla parola del Battista, e per tale ragione gli mandarono un'ambasceria (Gv 1,19ss). Ma purtroppo non accettarono la sua testimonianza; non vollero riconoscere Gesù come Messia e Figlio di Dio, nonostante la proclamazione chiara ed esplicita del Battista (Gv 1,29ss). Dopo aver citato in suo favore la testimonianza del Battista, Gesù ne porta una maggiore: le opere che compie. Tra esse occupa un posto di primo piano la risurrezione dei morti.
I giudei non hanno mai sperimentato la presenza visibile di Dio e non sono in comunione con lui, perché non credono nel suo inviato. L'esperienza di Dio si concretizza nella dimora della sua parola nel cuore dell'uomo. Dio ha reso e continua a rendere testimonianza al Figlio suo nel cuore di ogni uomo. Solo chi accoglie la parola di Dio in sé, accoglie la testimonianza del Padre. Dopo la testimonianza del Padre, Gesù si appella alla testimonianza delle Scritture. L'Antico Testamento deve fornire la fede in Gesù, perché parla di lui. "La legge era uno strumento di preparazione. Coloro che la capivano veramente, coloro che per mezzo di essa entravano nel disegno di Dio e vi corrispondevano meglio che potevano, erano guidati verso il termine voluto dal Padre, Gesù Cristo, nel quale solo è offerta la vita eterna" (Giblet). I giudei che studiavano le Scritture avrebbero dovuto essere le persone più preparate ad accogliere Gesù. Ma purtroppo i giudei non vogliono credere in Gesù.
A differenza dei giudei che ricevono gloria gli uni dagli altri, e perciò non possono credere, Gesù non riceve gloria dagli uomini, non cerca il loro plauso. L'amore dei giudei per la gloria umana è l'amore dell'uomo per la falsa grandezza. Gli avversari sono ostinati nella mancanza di fede perché amano più la gloria degli uomini che quella di Dio (cfr Gv 12,43). Questi increduli ostinati avranno come accusatore il loro stesso profeta, Mosè, perché essi non credono neppure ai suoi scritti.
I giudei che non credono in Gesù, non credono neppure in Mosè, non sono veri figli di Abramo, ma sono discendenti del diavolo (cfr Gv 8,39-44): la loro mancanza di fede smentisce la venerazione che dicono di avere verso questi padri del popolo eletto.
Mosè ha scritto di Gesù: egli è il centro delle Scritture; la Legge e i Profeti parlano di lui (cfr Gv 1,45) e gli rendono testimonianza (Gv 5,39). I nemici di Gesù non credono agli scritti di Mosè: a maggior ragione non possono credere alle parole del Figlio di Dio. Rifiutando Cristo, i giudei dimostrano di non credere neppure in Mosè.
Gesù accusa i giudei di non credere nella sua persona divina perché non cercano la gloria di Dio, ma la propria (Gv 5,44). La condotta dei giudei è un ammonimento anche per noi perché non ci serviamo della religione per il nostro prestigio o tornaconto umano. Lo zelo religioso può essere talvolta un'occulta sublimazione del nostro orgoglio: ci serviamo di Dio invece di servire Dio.
La Chiesa, come Cristo, non deve cercare la gloria umana: "Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza... La Chiesa non è costituita per cercare la gloria della terra, bensì a diffondere, anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione" (Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, 8).
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 22/III/2012

Padre nostro che sei nei cieli, ti ringrazio di averci dato tuo figlio, Gesù Cristo.

Ti ringrazio di aver mandato i profeti che l'hanno annunciato, e gli apostoli che hanno testimoniato di lui.
Ti prego, Signore, rendi salda la mia fede e concedimi occhi capaci di vedere la Tua verità. 
Aiutami a cercare la Tua volontà e non la gloria umana. 
Non permettere che io mi allontani da te.
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mercoledì 21 marzo 2012

Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole

Gv 5,17-30
Ma Gesù disse loro: «Il Padre mio agisce anche ora e anch'io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da sé stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l'ora - ed è questa - in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in sé stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in sé stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

Per la tradizione rabbinica, solo Dio era dispensato dal riposo del sabato. Infatti, poiché l'uomo nasce e muore anche in giorno di sabato, Dio deve sempre dare la vita e giudicare. Egli, in questo giorno, non può rimanere inattivo, senza guidare la storia e il destino degli uomini, altrimenti il mondo avrebbe fine e sfuggirebbe al suo controllo. Questo è il senso della difesa che Gesù pronuncia davanti ai giudei: egli, come Figlio di Dio, ha gli stessi diritti divini del Padre. Va notato che il verbo operare è usato al presente e in senso assoluto sia per il Padre che per il Figlio, e indica uguaglianza e unica coordinazione nell'operare. Circa la controversia sul sabato, dunque, Giovanni chiarisce che la discussione di Gesù non verte tanto sulla relatività della legge del riposo, ma sulla sua personale autorità, che è superiore all'osservanza del precetto. Egli intende far riscoprire il senso profondo e teologico del sabato, riproponendo il valore di Dio e della salvezza. Se Gesù opera in giorno di sabato è perché egli, che è Figlio di Dio, è in relazione col Padre e ne segue l'agire. Come il Padre è superiore al sabato e può lavorare anche in questo giorno, anzi può operare sempre, così Gesù, essendo uguale al Padre (v.18), è padrone del sabato e può affermare: "Il Padre mio opera continuamente e anch'io opero" (v.17). Per Gesù, dare la vita e la libertà interiore all'uomo, non è trasgredire il sabato, ma realizzarlo in pienezza secondo la volontà del Padre.
Gesù è il Figlio del Padre, l'inviato per la salvezza dell'uomo, colui che compie la stessa attività di Dio, incarnandone la volontà e il progetto. Essere con Gesù è essere con Dio. Agire contro Gesù è agire contro Dio.
Ascoltare la parola di Gesù e credere nel Padre sono due atteggiamenti religiosi che conducono l'uomo alla fede. Credere in Gesù e nel Padre vuol dire accettare il messaggio di Dio, il suo piano di salvezza per l'uomo; è possedere la vita eterna, perché per mezzo della parola del Figlio, l'uomo entra in comunione col Padre e, quindi, nella vita divina. La strada da seguire per giungere alla vita eterna è unica: dall'ascolto alla fede, e dalla fede alla vita.
Tutti gli uomini morti spiritualmente per il peccato sono in grado di udire la voce del Figlio di Dio, ma solo quelli che ascoltano, aprendosi alla dinamica della fede, possono entrare nella vita.
Oltre il potere di dare la vita, il Figlio dell'uomo ha nelle mani anche il potere del giudizio. Tutti, alla fine dei tempi, udranno la voce del giudice universale, e i morti, uscendo dalle loro tombe, riceveranno il premio o il castigo secondo le opere di bene o di male compiute. Coloro che avranno scelto il bene e l'amore, risorgeranno per la vita, coloro che avranno scelto il male e le tenebre, risorgeranno per la condanna. In questo giudizio Gesù avrà un solo criterio di valutazione: la volontà del Padre.
Padre Lino Pedron
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martedì 20 marzo 2012

All’istante quell’uomo guarì

Gv 5,1-16
Dopo questi fatti, ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [..] Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all'istante quell'uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all'uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: «Prendi la tua barella e cammina»». Gli domandarono allora: «Chi è l'uomo che ti ha detto: «Prendi e cammina»?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell'uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

Gesù per la seconda volta sale a Gerusalemme in occasione di una festa ebraica non precisata. L'ambiente dove si svolge il miracolo è presso la porta delle pecore, un luogo riservato agli agnelli destinati ai sacrifici del tempio. Una piscina con cinque portici, accoglieva costantemente sul suo bordo "un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici" (v.3).
La piscina di Betzatà conserva resti di un culto pagano a divinità guaritrici. In questo luogo ci sono chiari segni di culto al Dio Asclepios-Serapis. L'attesa del moto dell'acqua ad opera di un angelo è forse il residuo di una leggenda popolare. Il movimento dell'acqua poteva essere il travaso da una vasca all'altra, o l'acqua che usciva a intermittenza dalla sorgente. L'angelo indicherebbe un incaricato al culto del Dio Asclepios.
Anche in questo caso è Gesù che prende l'iniziativa. Egli è presentato come padrone della salute e può guarire dalle malattie anche più gravi. La sua parola è tanto potente da produrre immediatamente la guarigione. Cristo è il vero guaritore di tutto l'uomo. In particolare il prodigio mette in luce che Gesù è il Salvatore dei più deboli, dei più abbandonati e trascurati da tutti.
Gesù guarendo di sabato imita la condotta del Padre, il quale opera continuamente, anche di sabato (Gv 5,17).
Secondo Gesù "il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato" (Mc 2,27-28). Egli contesta le tradizioni umane che sono in contrasto con la carità.
Alcuni esegeti vedono nell'acqua della piscina di Betzatà un'allusione alla legge mosaica che non può guarire, in contrasto con le parole di Gesù che invece guariscono. Scrive Loisy: "L'acqua di Betzatà, come il battesimo di Giovanni, raffigura il regime della legge, e il caso del paralitico è destinato a mostrare che questo regime non porta alla salvezza. Vi è una paralisi inveterata che Gesù solo può guarire; egli solo infatti rigenera l'umanità con il dono della vita eterna". Altri esegeti scoprono nei cinque portici della piscina una raffigurazione dei cinque libri della legge mosaica, mentre l'infermo che da trentotto anni attende la guarigione sarebbe tipo di quanti cercano invano la salvezza nella legge. Scrive Braun: "La cifra di trentotto anni verosimilmente è simbolica. Vi è una buona ragione di accostarla ai trentotto anni durante i quali, secondo Dt 2,15, gli israeliti avevano errato nel deserto, prima di giungere alle frontiere della terra promessa".
La guarigione dell'uomo infermo da trentotto anni, compiuta da Gesù, non è tanto un'opera di misericordia, quanto il manifestare l'opera di salvezza di Dio stesso, del Padre suo, attraverso la grazia del perdono e della salvezza.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino 20/III/2012

Signore, ti ringrazio per il dono dell'acqua battesimale.
Ti ringrazio perché continui a guarirci dal male che paralizza il cuore e la mente, e ci rendi di nuovo capaci di fare il bene.
Grazie per lo Spirito Santo che fa di noi dei figli del Padre, a tua somiglianza.
Fa' che io sia fedele a questi doni e che, oggi, compia la tua volontà e non la mia.
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lunedì 19 marzo 2012

Richiesta di preghiere 8/2012

15) Ron dalla Sicilia: Vi prego di pregare per me e Letizia, affinché possiamo trovare un lavoro, sposarci e formare una famiglia cristiana. Se continuiamo a non lavorare dovrò partire e abbandonare tutto: lei, la mia famiglia e la mia terra. Mi affido alla vostre preghiere. Grazie.


16) Giuseppina dall'Italia: Pregate per Bice una bambina di 7 anni che rischia di perdere la vista, Dio benedica tutti.
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Preghiera del mattino 19/III/2012

Caro san Giuseppe, sii per noi un padre.
Proteggi la nostra santa madre Chiesa, il corpo di Cristo, come un tempo hai protetto la santa Madre di Dio e il suo Figlio divino. 
Sostienici in tutte le prove con le tue preghiere.
Per i meriti che ti sei guadagnato prendendoti cura, in Egitto, di Maria e di suo Figlio, intercedi per tutti i rifugiati di oggi, che sono stati banditi dalla loro terra natale.
Durante il nostro esilio spirituale, mantieni il nostro cuore nella gioia; aiutaci a fare la volontà di Dio e ad accettare il suo insegnamento, facendo tacere, con spirito sottomesso, la nostra volontà, fino alla nostra ultima ora.
Caro padre, rimani al nostro fianco fino alla fine (che è una rinascita); implora per noi il dono della perseveranza finale, perché, una volta pagato il debito dei nostri peccati, possiamo (in compagnia della Madonna e di te stesso, con gli angeli e con i santi) condividere eternamente la gloria del tuo figlio adottivo che, dopo la sua morte sulla croce e la sua discesa agli inferi, ha voluto farti uscire dal limbo e dalla dimora di schiavitù.
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domenica 18 marzo 2012

Messaggio Medjugorje a Mirjana del 18 Marzo 2012

Cari figli! 
Vengo tra di voi perché desidero essere la vostra madre, la vostra interceditrice.
Desidero essere il legame tra voi e il Padre celeste, la vostra mediatrice.
Desidero prendervi per le mani e camminare con voi nella lotta contro lo spirito impuro.
Figli miei consacratevi a Me completamente.
Io prenderò le vostre vite nelle mie mani materne e vi insegnerò la pace e l’amore affidandole allora a mio Figlio.
Vi chiedo di pregare e digiunare perché soltanto così saprete testimoniare il mio Figlio per mezzo del mio cuore materno in modo giusto.
Pregate per i vostri pastori perché in mio Figlio possano sempre annunciare gioiosamente la Parola di Dio.
Vi ringrazio.

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Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui

Gv 3,14-21
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Gesù è l'unico rivelatore delle cose del cielo. Egli, pur continuando ad avere la sua dimora nel Padre, si è fatto uomo per comunicare agli uomini la vita di Dio. Questo mistero di abbassamento e di rivelazione sarà compiuto sulla croce, quando Gesù sarà innalzato nella gloria, perché "chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (v.15). Allora l'umanità potrà comprendere l'evento scandaloso e sconcertante della salvezza per mezzo della croce e guarire dal suo male, come gli ebrei un tempo nel deserto guarirono dai morsi dei serpenti velenosi guardando il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto innalzare come segno di vita (Nm 21, 4-9). Anche allora tuttavia non era il serpente di bronzo che salvava, ma come scrive il libro della Sapienza, 17,7: "Chi si volgeva a guardarlo era salvato non da quel che vedeva, ma solo da te, salvatore di tutti". Bisogna sempre oltrepassare le apparenze del segno e guardare con fede alla misericordia e alla potenza di Dio. La salvezza è sottomettersi a Dio e rivolgere lo sguardo al Cristo crocifisso. Questo è il vero atto di fede che ci comunica la vita eterna (cfr Gv 19,37).
La nuova vita generata in noi dallo Spirito è esposta quotidianamente ai morsi del serpente, il diavolo. Il rimedio contro il peccato e la morte è il Cristo morto sulla croce. La fonte della salvezza e della vita eterna è l'amore del Padre che ci dona il Figlio per distruggere il peccato e la morte. I vv.16-17 esprimono molto bene il carattere universale della salvezza operata dal Cristo, che trova la sua origine nell'iniziativa misteriosa dell'amore di Dio per gli uomini. Il fatto che il Padre ha mandato a noi il suo Figlio per salvarci è la più alta manifestazione di Dio che è Amore (cfr 1Gv 4,8-16).
La missione di Gesù è quella di portare agli uomini la salvezza: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (v.16). La scelta fondamentale dell'uomo è questa: accettare o rifiutare l'amore del Padre che si è rivelato in Cristo. Questo amore non giudica e non condanna il mondo, ma lo salva: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (v.17). Il giudizio è un fatto attuale: avviene nel momento in cui l'uomo si incontra con Cristo. Chi crede, aderendo esistenzialmente alla persona di Gesù, non è giudicato; chi lo rigetta è già giudicato e condannato, perché ha rifiutato questa persona divina. Chi accetta Gesù evita la perdizione e ottiene la vita, chi invece lo rifiuta è già condannato, perché si autoesclude dalla salvezza eterna.
Il giudizio di condanna avviene nel momento in cui gli uomini rifiutano la luce, preferendo le tenebre. Questo giudizio presente non esclude però il giudizio finale nell'ultimo giorno: chi crede in Gesù non va incontro al giudizio (v.24), ma i malvagi risorgeranno, nell'ultimo giorno, per il giudizio di condanna (v.29).
Le opere del mondo sono malvagie perché ispirate dal maligno. In realtà il mondo è completamente in balìa del maligno se non va verso Gesù. La radice di queste opere maligne è l'incredulità. Chi è sotto l'influsso del maligno odia Gesù, luce del mondo, e non vuole aderire alla sua persona perché aderisce al demonio. "Chi fa la verità" (v.21) è l'opposto di "chi fa il male". Fare la verità è assimilare la rivelazione di Gesù. La fede in Gesù è un dono del Padre e ha come scopo la vita di comunione con Dio. Le opere del discepolo sono fatte in Dio (v.21) perché hanno la loro origine nel Padre: Dio è l'origine e il fine della vita di fede.
Padre Lino Pedron
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