martedì 31 dicembre 2013

Il Verbo era la vera luce

“Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente (è venuta) dal cielo, dal tuo trono regale” (Sap 18, 14-15). Questo testo della Scrittura designa il tempo santissimo in cui la Parola onnipotente di Dio è venuta fino a noi a parlare della salvezza. Dal più intimo segreto del Padre è discesa nel seno di una madre… 
 “A metà della notte”: tutto era immerso nel silenzio “intermedio” - tra i profeti che non parlavano più e gli apostoli che stavano per farlo… Che splendido evento, in questo silenzio intermedio, per un “mediatore fra Dio e gli uomini” (1Tim 2,5)…, che si fa mortale per salvare i mortali, e salverà i morti con la sua morte ! Nel ruolo di mediatore, “ha operato la salvezza nella nostra terra” (Sal 74,12): è morto su una croce, “elevato da terra” (Gv 12,32), tra cielo e terra, simbolo della riconciliazione tra il cielo e la terra… 
 “La notte era a metà del suo corso”. Di quale notte si tratta? Forse designa quel periodo in cui, dall’origine del mondo fino alla fine dei tempi, i figli di Adamo vivono in quell’Egitto ottenebrato, nelle dense tenebre dell’ignoranza e totalmente incapaci di vedersi gli uni gli altri (Es 10,21ss). Infatti, come si possono vedere gli altri se non si vede il proprio cuore? Approfittando delle tenebre che coprono i cuori, la menzogna e l’errore si insediano.… E’ in questa notte, fra “coloro che abitano nelle tenebre” (Lc 1,79; Is 42,7), che è venuta “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” . E’ lei che scaccerà veramente tutte le tenebre quando “metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori” (1Cor 4,5). 
Giuliano di Vézelay (ca 1080 - ca 1160), monaco benedettino 
Prima omelia per Natale
------

Preghiera del mattino 31/XII/2013

Signore, medito sulle tue parole nel silenzio di una trasparente mattina d'inverno e il mio cuore è pieno di stupore. 
Tutte le cose furono create dal Verbo eterno, espressione della tua saggezza e della tua potenza. 
Per mezzo del Verbo che si è fatto carne, l'umanità caduta venne riscattata e fu rinnovata. 
Mentre ormai l'oscurità si allontana, fammi restare nella luce del tuo Verbo, che risplende nella creazione tutta. 
Immergimi in questa luce, affinché la bellezza del volto del tuo Figlio prediletto mi investa, facendomi rinascere nella sua immagine sempre più luminosa.
-----

lunedì 30 dicembre 2013

Anna parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione

Lc 2,36-40 
C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuel e, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzareth. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. 

Alla parola dura di condanna, di contraddizione e di spada di Simeone, subentra la parola di felicitazione, di conforto e di sostegno. Il nome della profetessa e quelli dei suoi avi significano salvezza e benedizione. Anna vuol dire: Dio fa grazia; Fanuele: Dio è luce; Aser: felicità. 
I nomi non sono privi di significato. E qui il loro significato illumina e immerge tutto nello splendore della gioia, della grazia e della clemenza di Dio. Il tempo messianico è tempo di luce piena. Anna è tratteggiata come luminoso esempio delle vedove cristiane. "Colei che è veramente vedova ed è rimasta sola, ha messo la speranza in Dio e si consacra all'orazione e alla preghiera giorno e notte" (1Tm 5,5). 
Illuminata dallo Spirito Santo, Anna riconosce il Messia nel bambino che Maria porta al tempio. Facendo seguito a Simeone, loda Dio e parla continuamente di Gesù a tutti quelli che aspettano "la redenzione di Gerusalemme" (v. 38). Nel tempio di Gerusalemme si svelano due aspetti: la contraddizione nei confronti di Gesù e l’accoglienza nella fede, la condanna e la salvezza, la caduta e la risurrezione. 
Da Gerusalemme, nel cui tempio viene innalzato il segno, s’irradia la luce che rischiara i pagani e si manifesta la gloria d’Israele. Ciò accade ora, mentre Gesù viene nel tempio; e accadrà ancora più chiaramente quando sarà "assunto" in Gerusalemme, cioè innalzato nella gloria. Allora si radunerà il nuovo popolo di Dio, e i suoi messaggeri da Gerusalemme si diffonderanno in tutto il mondo per raccogliere i popoli attorno al segno di Cristo. 
Padre Lino Pedron
----

Preghiera del mattino 30/XII/2013

Signore Gesù,, ti ringrazio per l'esempio che oggi Anna mi offre: nella sua vecchiaia, si fa portatrice della Buona Novella della salvezza e intercede per la salvezza del suo popolo. 
In questo decennio di evangelizzazione, riempi anche me di fervore, fede e forza d'animo, perché a chi incontro proclami la Buona Novella, a parole e a fatti, e perché preghi con convinzione per la conversione del mondo.
---

domenica 29 dicembre 2013

Prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto

Mt 2,13-15.19-23 
 Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del pro- feta: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nella terra d'Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino».Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d'Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzareth, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno». 

L’occasione per il ritorno in patria è data dalla morte di Erode. L’ordine impartito dal Signore per mezzo dell’angelo sottolinea la guida di Dio. Il passaggio al plurale «sono morti» (v. 20) costituisce un’evidente imitazione della storia di Mosè (Es 4,19). 
La famiglia di Gesù non va più a Betlemme, in Giudea, ma a Nazaret, in Galilea. Il motivo è costituito dal nuovo assetto politico avvenuto dopo la morte di Erode. Il regno di Erode fu diviso tra tre dei suoi figli. Archelào ottenne la Giudea, la Samaria e l’Iduméa; Erode Antipa la Galilea e la Perea; e Filippo i territori ad oriente e a settentrione del lago di Genèzaret. 
Di tale cambiamento Giuseppe viene a conoscenza al suo arrivo in Israele. L’ordine che riceve in sogno gli comanda di recarsi in Galilea. L’ingresso di Gesù in terra d’Israele è travagliato. 
Fin d’ora si incomincia ad avvertire il rifiuto da parte della sua gente. Nazareth diventa la patria di Gesù. Di questa località non abbiamo nessuna notizia né nell'Antico Testamento né nel giudaismo contemporaneo, e questo è un indizio della sua irrilevanza (Gv 1,46). Evidentemente Nazareth, quale patria di Gesù, costituiva un elemento del conflitto che opponeva il cristianesimo al giudaismo. L’obiezione giudaica era questa: il Messia non poteva provenire da questo paesino (Gv 7,40-43). 
Infatti, come si poteva dimostrare che questa provenienza era conforme alla Scrittura, se Nazareth non ricorre affatto nell’Antico Testamento? La risposta sta nel v. 23. Il nome Nazoreo ricorre 13 volte nel Nuovo Testamento. Da questo si può dedurre che nel cristianesimo primitivo era stato una designazione frequente di Gesù. In un solo passo del Nuovo Testamento i discepoli di Gesù sono chiamati Nazorei (At 24,5). Luca usa indistintamente i te rmini Nazoreo e Nazareno (4,34; 24,19). Matteo, invece, evita sempre il termine Nazareno: per lui Nazoreo significa uomo di Nazaret. Il primo capitolo si era concluso con l’imposizione di un nome, Gesù, il secondo si conclude con l’imposizione di un altro nome, Nazoreo. Ci sono e vengono discusse altre due possibilità. Gesù sarebbe presentato da Matteo come nazir, nazireo, con- sacrato a Dio, santo di Dio (Nm 6,3ss). Ma l’immagine del nazireo si adattava meglio a Giovanni Battista che a Gesù, al quale si rimproverava di essere un mangione e un beone Mt 11,19). Più persuasiva è l’interpretazione messianica del nome Nazoreo. Essa si fonda sull’affinità fonetica di questo nome con nezer, il virgulto messianico atteso dal profeta: «Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse e un ‘virgulto’ darà frutto dalle sue radici» (Is 11,1). L’evangelista che ha in centrato l’annunzio della nascit a sull’oracolo dell’Emmanuele attint o da Is 7,14, forse vi ritorna con questa citazione finale. «Sarà chiamato Nazoreo» (nezer: Is 11,1) potrebbe essere una citazione parallela a: «Sarà chiamato Emmanuele» (Is 7,14). L’appellativo «nazoreo» che, al momento in cui Matteo scriveva il suo vangelo, serviva a deridere il Messia e i suoi discepoli (c f. Gv1,46) e che apparirà sulla croce come motivo di con- danna del Cristo (Gv 19,19) trova qui la sua piena giustificazione biblico-profetica. 
Gesù Nazoreo è il vero re dei giudei annunciato dalle Scritture e che i fatti della sua infanzia dimostrano come tale. Con quest’ultimo accenno l’autore finisce di tratteggiare la figura e di rievocare la missione di Gesù. In lui si riassume quanto di positivo si trova nella precedente storia biblica. 
Scrive E. Galbiati: «Mosè e l’Esodo, il periodo dei giudici e dei carismatici; gli splen- dori del regno e la sapienza di Salomone; l’esilio e la speranza della restaurazione: tutta questa storia è in funzione di Gesù. Appunto per questo Matteo ha voluto presentare l’infanzia di Gesù in funzione di questa idea». 
Padre Lino Pedron
------

Preghiera del mattino 29/XII/2013


sabato 28 dicembre 2013

Preghiera per la famiglia

Ti preghiamo, Signore, per la nostra famiglia e per tutte le famiglie della terra. 
Fa' che tra di noi ci sia sempre il dialogo e il rispetto, e che sappiamo accettarci così come siamo, senza mai rinfacciarci il bene che ci siamo dati. 
Fa' che abbiamo cura dei nostri momenti di unità, del nostro ritrovarci insieme a tavola e non attorno alla televisione o da soli al computer. 
Fa' che a nessuno di noi sfuggano i bisogni dell'altro e fa' che sappiamo aiutare chi tra di noi è stanco o è preoccupato. 
Facci anche litigare, ma facci fare la pace. 
Facci avere opinioni diverse, ma facci ricercare il bene che non ci divide. 
Fa' che ognuno sia se stesso e che non impedisca all'altro di esprimersi per quello che è nella sua natura. 
Fa', o Signore, che viviamo insieme momenti di allegria, di gioia e di festa. 
E fa' che nei momenti di prova e di tristezza non perdiamo mai la fiducia in Te. 
E quando per qualche nostro familiare arriverà il momento di lasciare questa terra, fa', Signore, che siano le tue mani a sorreggere i suoi passi nel viaggio che porta alla Tua casa di luce, dove un giorno ci ritroveremo uniti in Te 
e come una grande famiglia sarà festa per sempre. 
Amen.

Don Angelo Saporiti

-------

Angelo Custode/68

Alla tua fede unisci la virtù, frutto dello sforzo. Approfondisci continuamente la conoscenza della tua fede, e raggiungi su questa strada la perseveranza. Corona tutto con l’amore, è il consiglio di Pietro, il primo detentore delle chiavi del Regno (cfr. 2 Pt 1,3-11). Sarai allora gradito a Dio.
------

Avanzo sulla mia strada

Avanzo sulla mia strada 
con la forza di Dio come unico appoggio 
con la potenza di Dio per proteggermi 
con la saggezza di Dio per orientarmi, 
l'occhio di Dio per guidarmi, 
l'orecchio di Dio, testimone del mio parlare. 
Cristo davanti a me, dietro a me, 
Cristo in me e ai miei fianchi, Cristo attorno e dappertutto, 
Cristo alla mia sinistra e Cristo alla mia destra, 
Cristo con me al mattino e con me alla sera, 
Cristo in ogni cuore che penserà a me, 
Cristo in ogni sguardo che si poserà su di me, 
Cristo in ogni orecchio che mi ascolterà. 

San Patrizio

-----

Madre Teresa di Calcutta/56

L’avvenimento più importante che ho vissuto nella mia vita è stato l’incontro con Cristo. Egli è il mio sostegno e la mia vita. Egli è l’amore che va amato, la via che deve essere percorsa, la verità che va proclamata e la vita che va vissuta.
-----

Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme

Mt 2,13-18  
Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del pro- feta: Dall'Egitto ho chiamato mio figlio. Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più. 

L’Egitto ha sempre rappresentato nella storia d’Israele il luogo di rifugio per coloro che erano minacciati in patria (cfr Dt 23,8; 1Re 11,40). Le relazioni politiche tra i due paesi lo consentivano. L’iniziativa di Erode di eliminare il bambino, anticipa l’iniziativa dei farisei (Mt 12,14), dei grandi sacerdoti e degli anziani (Mt 27,20), che alla fine si compirà con l’aiuto della folla. 
Il profeta Osea esalta l’amore di Dio per il suo popolo con l’immagine del padre e del figlio, scorgendo nella liberazione dalla schiavitù dell’Egitto l’inizio degli speciali rapporti tra Dio e Israele. Per l’evangelista Matteo il profeta ha parlato di Gesù. 
Il testo profetico gli ha dato la possibilità di far valere quello che per lui è l’essenziale attributo di "figlio", attribuendolo a Gesù. L’uccisione di tutti i bambini a Betlemme e dintorni fino a due anni di età vuole illustrare il furore di un potere terreno offeso più che il numero dei bambini uccisi. Il carattere di Erode, nella descrizione di un simile fatto di sangue, è colto con precisione. La funesta strage dei bambini non è, al pari della fine del traditore Giuda in Mt 27,9, lo scopo diretto del piano divino. 
Secondo Geremia (31,15ss), Rachele, moglie prediletta di Giacobbe, si lamenta per i figli deportati in esilio. Nella sua qualità di progenitrice essa portava già in grembo questi figli di una lontana generazione, quelli appunto sterminati da Erode. Rama, nelle cui vicinanze Rachele fu sepolta, si trova sulla strada per Efrata, a nord di Gerusalemme. Ancora in epoca veterotestamentaria la tradizione della tomba di Rachele si è spostata nella regione a nord di Betlemme, come presuppone il testo di Matteo. Secondo l’evangelista, Rachele eleva anticipatamente un lamento sul suo popolo d’Israele non credente. 
La strage dei bambini di Betlemme diventa la prefigurazione del futuro giudizio su Gerusalemme. Sul massacro di Betlemme riferisce anche Macrobio, sc rittore romano vissuto verso il 400 d.C. (Sat.2,4,11): "Quando Augusto ebbe la notizia che coi bambini inferiori ai due anni, che il re dei giudei Erode aveva fatto uccidere in Siria, sarebbe stato soppresso lo stesso figlio del re, disse: ‘È meglio essere un maiale (in greco ùs) di Erode che suo figlio (in greco uiòs). Il gioco delle parole ùse uiòs presuppone la polemica antigiudaica e il divieto giudaico di mangiare carne di maiale. 
Nel regno di Erode è più al sicuro il maiale che lo stesso figlio del re. Lo storico Flavio Giuseppe (Ant. 17,121) descrive Erode co me un uomo "il quale infieriva con tutti senza differen- za con la stessa crudeltà, non conosceva misura nell’ira e si riteneva al di sopra del diritto e della giustizia" 
Padre LIno Pedron
------

Preghiera del mattino 28/XII/2013

Signore Gesù, il vangelo di oggi mi esorta a pregare per i bambini. 
Poiché nella tua infanzia hai conosciuto le amorose attenzioni di tua madre e di san Giuseppe, benedici i bambini di tutto il mondo. 
Il tuo spirito aiuti il tuo popolo a cambiare la morale della società, affinché i valori cristiani siano mantenuti e i bambini siano protetti da ogni abuso e da ogni male. 
Imparino a conoscere il tuo amore per loro e a trovare la gioia di contraccambiarlo.
-----

venerdì 27 dicembre 2013

L’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro

Gv 20,2-8 
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

Maria Maddalena si reca al sepolcro per rimanere presso la tomba di Gesù, come una persona che non vuole separarsi da colui che ama intensamente neppure dopo la morte. Questa discepola è animata da un forte amore umano per Gesù come dimostra eloquentemente il suo pianto inconsolabile presso il sepolcro del Signore. 
L'annotazione "mentre era ancora buio" potrebbe avere un significato simbolico, per indicare le tenebre provocate dall'assenza di Gesù. Ma ben presto apparirà il Cristo-luce che illumina il mondo e sarà contemplato per prima proprio da Maria Maddalena. 
La Maddalena, giunta al sepolcro, constata che la pietra della tomba di Gesù è stata rimossa e, pensando a una manomissione del sepolcro, corre da Simone Pietro e dal discepolo che Gesù amava. Il discepolo amato corse più velocemente di Pietro e arri vò per primo al sepolcro, forse perché era più giovane; non è improbabile però che questo dettaglio voglia insinuare un maggiore amore per Gesù. 
Infatti, se il correre è proprio di chi ama, corre più velocemente chi ama di più. Il discepolo amato arrivò per primo alla tomba, ma non entrò e si limitò a chinarsi e a vedere i lenzuoli per terra. Egli attese Pietro per entrare nel sepolcro. Forse con questo gesto si vuole insinuare il primato di Pietro. Nel capitolo seguente troveremo la scena del conferimento del primato pastorale a Pietro (Gv 21,15ss). Pietro entrò nel sepolcro e vide i lenzuoli per terra come aveva visto l'altro discepolo, ma vide anche il sudario, che era stato sul capo di Gesù, piegato a parte. Tale constatazione suscitò la fede nel discepolo amato. La presenza di due uomini per testimoniare la verità del sepolcro vuoto risponde alle esigenze del diritto ebraico secondo il quale per la validità di una testimonianza devono essere almeno due i testimoni oculari (Dt 1915; Mt 18,16; 2Cor 13,1ss). 
L'associazione tra il vedere e il credere (v. formerà una delle tematiche centrali della seconda parte di questo capitolo, dove Tommaso pretenderà di vedere per credere (v. 25) e il Risorto esaudirà la sua richiesta, proclamando però beati quelli che crederanno senza aver visto (v. 29). Il discepolo vide e credette alla Scrittura che prediceva la risurrezione di Gesù (v. 9). L'ignoranza della Scrittura da parte dei discepoli implica una certa difficoltà a credere (Gv 20,8; 1,26; 7,28; 8,14). 
Dopo aver constatato la tomba vuota, Pietro e l'altro discepolo fecero ritorno dagli altri discepoli nel cenacolo: lì li troverà Gesù riuniti, a porte chiuse, la sera di quello stesso giorno (20,19ss). "Nella Chiesa che va alla ricerca dei segni ci sono divers i temperamenti, diverse mentalità: c'è l'affetto di Maria, l'intuizione di Giovanni, la massiccia lentezza di Pietro; si tratta di diversi tipi, di diverse famiglie di spiriti che cercano i segni della presenza del Signore. Ma tutti, se sono veramente nella Chiesa, hanno in comune l'ansia della presenza di Gesù tra noi. Esistono quindi nella Chiesa diversi doni spirituali, da cui hanno origine diverse disposizioni: al- cuni sono più veloci, altri più lenti; tutti comunque si ai utano a vicenda, rispettandosi reciprocamente, per cercare insieme i segni della presenza di Dio e comunicarceli, nonostante le diversità delle reazioni di fronte al mistero. 
In questo episodio troviamo l'esempio della collaborazione nella diversità: ciascuno comunica all'altro quel poco che ha visto, e insieme ricostruiscono l'orientamento dell'esistenza cristiana, laddove i segni della presenza del Signore, di fronte a gravi difficoltà o a situazioni sconvolgenti, sembrano essere scomparsi... 
Quando manca la presenza dei segni visibili del Signore, bisogna scuotersi, muoversi, correre, cercare, comunicare con altri, con la certezza che Dio è presente e ci parla. Se nella Chiesa primitiva M addalena non avesse agito in tal modo, comunicando ciò che sapeva, e se non ci si fosse aiutati l'un l'altro, il sepolc ro sarebbe rimasto là e nessuno vi sarebbe andato; sarebbe rimasta inutile la risurrezione di Gesù. 
Soltanto la ricerca comune e l'aiuto degli uni agli altri portano finalmente a ritrovarsi insieme, riuniti nel riconosci mento del Signore" (C. M. Martini, Il vangelo secondo Giovanni, Roma 1980,157-158) 
Padre Lino Pedron
-------

Preghiera del mattino 27/XII/2013

Signore, con la tua nascita nel mondo, ci è apparsa una nuova vita: illumina il mio cuore col farmi conoscere la tua verità. 
Nel tuo amore per gli uomini, tu hai dato la vita per vincere la morte: rendimi fedele alla tua vita e porta a compimento l'opera del tuo amore. 
Risorgendo dai morti, tu sei stato restituito ai tuoi discepoli: risveglia in me la fede perché io riceva la gioia della tua presenza.
------

giovedì 26 dicembre 2013

Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro

Mt 10,17-22 
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe;  e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 

La fedeltà a Cristo mette i discepoli in contrasto anche con i parenti e i connazionali che non vogliono accogliere l’annuncio del vangelo: "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome" (v. 22). 
Il discepolo, quando è perseguitato, deve perseverare fino alla fine (v. 22). Non c’è alternativa per essere salvati. Il vangelo impegna a tempo pieno e per sempre. La persecuzione fa parte della storia della salvezza: è la via della croce che continua. Il mondo ha odiato il Cristo e continua a odiarlo nei suoi discepoli. 
La ragione del l’odio è sempre la stessa: "per causa mia" (v. 18). 
Il mondo odia i discepoli di Cristo perché con la loro esistenza lo mettono in questione, lo turbano e lo contestano. 
La persecuzione è una magnifica occasione per testimoniare Cristo davanti a tutti (v. 18). Gesù non promette ai suoi missionari il successo e il prestigio, ma prospetta loro un destino di sofferenza e di persecuzione. 
Essi non devono preoccuparsi di fronte alle aggressioni, ma attendere e avere fiducia nell’azione di Dio. Il discepolo è chiamato a percorrere la strada della testimonianza nella sofferenza, prendendo come modello Gesù, il crocifisso risorto. 
Padre Llino Pedron
--------

mercoledì 25 dicembre 2013

Messaggio Medjugorje a Jakov 25 dicembre 2013

Figlioli, 
Gesù oggi in particolar modo desidera abitare nei vostri cuori e condividere con voi ogni vostra gioia e ogni dolore. 
Perciò figlioli in special modo guardate nel vostro cuore e chiedetevi se veramente la pace e la gioia con la nascita di Gesù ha conquistato il vostro cuore. 
Figlioli non vivete nel buio, ma cercate di andare verso la luce e verso la salvezza di Dio. 
Figli decidetevi per Gesù e donate a lui la vostra vita e i vostri cuori, solo così l’Onnipotente potrà lavorare con voi e per mezzo di voi.
---

Messaggio Medjugorje a Marija 25 dicembre 2013

Cari figli! 
Vi porto il Re della pace perché Lui vi dia la Sua pace. 
Voi, figlioli, pregate, pregate, pregate. 
Il frutto della preghiera si vedrà sui volti delle persone che si sono decise per Dio e per il Suo Regno. 
Io con il mio figlio Gesù vi benedico tutti con la benedizione della pace. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
----

Et Verbum caro factum est

Et Verbum caro factum est: il Verbo si fece carne…

È un’espressione che ci fa cadere in ginocchio, ci fa raccogliere il capo fra le mani e ci fa tacere, pregando. È un colpo di folgore per l’Inferno che nella carne umana aveva posto il suo dominio, e che tuttora la infetta come un bruco avvelenato per mezzo dell’impurità. È una melodia che fa rimanere estatici e adoranti gli angeli, espressione della più grande opera di Dio. È per essi il compimento della loro gloria che cominciò proprio con un’adorazione al Verbo che doveva incarnarsi. 
La Chiesa non sa pronunciare queste santissime parole senza chinare il capo o genuflettere; esse sono piene di maestà divina, sono la sintesi della storia dei secoli che rifluì tutta verso il Redentore, e che da Lui prese le mosse per un nuovo cammino.
A queste parole divine fa eco la Chiesa, esultando come essa sola sa fare, e noi non possiamo trattenerci dal raccogliere almeno qualcuno dei suoi canti plaudenti al Verbo fatto carne: «Lieto esulti il coro fedele, il Re dei re venne fuori dalla Vergine intatta, o miracolo! L’Angelo del consiglio è nato da una Vergine pura, un sole da una stella. Un sole che non tramonta mai, una stella sempre fulgente. Come la stella dà il raggio, così la Vergine dà alla luce il Figlio; né la stella è alterata dal raggio né la Madre dal Figlio. L’alto cedro del Libano si è reso piccolo come l’issopo nella nostra valle; il Verbo, Figlio dell’Altissimo, si è degnato di prendere un corpo umano ed incarnarsi.
Rallegrati, o Vergine Madre, del tuo parto gioioso; rallegrati, perché il tuo casto e fecondo seno ha portato un Figlio divino. Scorre il latte dal puro tuo petto, o Maria, con liliale candore, e Tu ne sostenti le tenere membra del Figlio, o Vergine pura. L’Unigenito Figlio del Padre, per cui tutto fu fatto, viene in terra come uomo, sottomesso ad una Madre poverella.
Nei cieli sostenta gli angeli con la sua felicità, e in terra Egli soffre la fame e la sete, infante poverello.
In alto regge tutto, e in terra è retto dalla Madre, in alto comanda e in terra obbedisce alla sua serva.
In alto è assiso sulle sublimi altezze del suo trono, e in terra avvolto da fasce, vagisce nel presepe.
Ricordati, o uomo, e considera quanto sono grandi le opere della divina clemenza.
Non disperare del perdono anche se hai molto peccato, innanzi allo spettacolo di tanta meravigliosa carità.
Cerca in Maria rifugio, cerca il perdono, poiché Ella tiene in grembo la fonte della misericordia; salutala spesso con fiduciosa speranza, dicendole in ginocchio: Salve, o piena di grazia!
Quante volte, o Maria, calmavi il pianto del tuo divin Figlio col tuo petto! Placalo ancora con le tue preghiere, oggi che Egli è irato per le nostre colpe.
Guarda, o Gesù, quelli che son caduti nel peccato, e per le preghiere della Madre tua rendili puri, rendili degni della Patria eterna. Amen».
Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis. Abitò prima nel seno immacolato di Maria, e poi in una piccola grotta, fredda e disadorna, per puro amore. Si umiliò ma non perse la sua gloria, e per questo san Giovanni esclama: Abbiamo visto la sua gloria, gloria veramente dell’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità.
E la Chiesa fa eco alle parole dell’evangelista nella sua liturgia, riguardando nel piccolo Infante il Re pacifico magnificato al di sopra dei re della terra. Lo acclama e lo invoca Figlio di Dio, luce e splendore del Padre, Creatore di tutte le cose. Lo contempla nel mistero della generazione eterna come sposo che esce dalla camera nuziale, sulle cui labbra è diffusa la grazia. Lo riconosce fonte di misericordia e di pace, luce di verità e splendore di giustizia. Lo ammira nella sua bellezza divina, e nello splendore della sua grazia.
È conquisa dalla sua potenza regale, contro la quale invano fremono le genti e macchinano i popoli infedeli. Lo vede trionfante alla destra del Padre, nella letizia dei cieli e nell’esultanza della terra. Egli è luce che brilla su tutto l’universo; è l’Ammirabile, è Dio, è il principe della pace, è il padre del secolo futuro, il cui regno inaugurato nello splendore del suo amore non avrà mai fine.
Egli, nascendo, inaugura il suo regno, rivestito di splendore divino nella sua povertà, e di arcana fortezza nella sua medesima piccolezza, Egli è il benedetto che viene nel Nome del Signore, è il Signore Dio apparso fra noi, è il Re santo e Salvatore del mondo, nel quale esulta la Chiesa ed esulta la terra.
Et Verbum caro factum est. È nato bambino, è nato piccolo piccolo, ma ha sugli omeri suoi il principato del mondo, ed è l’Angelo del gran consiglio, l’inviato dal Padre, l’eterno cantico di gloria a Lui che risuona sulla terra esaltandone le meraviglie. Il Verbo si è fatto carne, il Signore ha manifestato il Salvatore promesso, ha rivelato la sua giustizia innanzi alle nazioni, ha fatto discendere una gran luce sulla terra, e l’ha diffusa fino agli ultimi confini del mondo.
Et Verbum caro factum est. La Chiesa esulta, e canta gioiosa su note dolcissime: Il Bambino è nato a Betlemme, alleluia! Perciò gode tutta Gerusalemme, alleluia, alleluia! Nel giubilo del cuore adoriamo il Cristo che è nato, con un cantico nuovo.
Assunse la carne il Figlio di Dio, alleluia! Il Figlio di Dio Padre altissimo, alleluia, alleluia! Nel giubilo del cuore adoriamo il Cristo che è nato, con un cantico nuovo.
Al messaggio di Gabriele, alleluia! La Vergine concepì il Figlio, alleluia, alleluia! Nel giubilo del cuore adoriamo con un cantico nuovo il Cristo che è nato.
Qui giace nel presepe, alleluia! Colui che regna in eterno, alleluia, alleluia! Nel giubilo del cuore adoriamo con un cantico nuovo il Cristo che è nato.
E l’angelo ai pastori, alleluia! Rivela che è nato il Signore, alleluia, alleluia, il Cristo che è nato.
Vengono i re da Saba, alleluia! Offrono l’oro, l’incenso e la mirra, alleluia, alleluia! Nel giubilo del cuore adoriamo con un cantico nuovo il Cristo che è nato.
In questo gaudio natalizio, alleluia! Benediciamo il Signore, alleluia, alleluia! Nel giubilo del cuore adoriamo con un cantico nuovo il Cristo che è nato.
Sia lodata la Santa Trinità, alleluia! Benediciamo Dio, alleluia, alleluia! Nel giubilo del cuore adoriamo con un cantico nuovo il Cristo che è nato.
Il Verbo si è fatto carne per amore, e la Chiesa canta piena di gratitudine profonda con soavissimi accenti: O beata infanzia per la quale è riparata la vita del genere umano! O amabilissimi e deliziosi vagiti, per i quali abbiamo evitato il pianto eterno! O pannicelli felici, per i quali furono mondate le colpe dei peccatori! O splendida mangiatoia, nella quale non solo sta il fieno degli animali, ma il cibo degli angeli! Alleluia! Accorrete, o fedeli, lieti e trionfanti, venite, venite a Betlemme, vedete il nato Re degli angeli, venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo il Signore!
Ecco, lasciato il gregge, gli umili pastori chiamati alla culla si appressano. Andiamo anche noi con fretta, con passo gioioso alla culla; venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo il Signore!
Noi vedremo l’eterno splendore del Padre velato dalla carne, vedremo il Dio Infante ravvolto nei panni. Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo il Signore!
Riscaldiamo con strette d’amore Colui che per noi si è fatto povero, e riposa sul fieno. Chi non amerà Colui che così ci ha amati? Venite adoriamo, venite adoriamo; venite adoriamo il Signore!
Et Verbum caro factum est, et habitavit in nobis! Risponde alle voci della Chiesa la voce del mondo, e nel tempo natalizio ascendono al cielo i canti più belli, modulati su versi dolcissimi e su note soavi, espressi nell’arte muta dei presepi splendidi, ripetuti sull’umile cornamusa che dolcifica il cuore, e dalle labbra chiassose dei piccoli. Chi può misurare il valore di queste parole: Il Verbo si è fatto carne ed abitò fra noi?
Un Dio, un Dio reso come uno di noi, disceso su questa povera terra, accomunato alle nostre pene, immolato per nostro amore! Un Dio fatto carne, fatto Vittima, fatto Cibo d’amore! Io non so come rispondere a tanto amore, e ripeto con la Chiesa questa bellissima invocazione, risposta all’amore che si dona:
O Padre, o Figlio, o Spirito Santo, o Santissima Trinità! O Gesù, o Maria, o san Giuseppe, o trinità terrena! O angeli, o santi, o sante del Paradiso, o trinità celeste! Impetratemi queste grazie che imploro per il prezioso Sangue di Gesù: che io compia sempre la volontà di Dio, e rimanga sempre in unione con Lui. Che io ami sempre Dio solo e compia tutto per Dio. Che io cerchi solo la gloria di Dio, e tenda alla santità per Dio solo. O Padre, o Figlio, o Spirito Santo, o Santissima Trinità!
Per questo il Verbo si è fatto carne ed ha abitato tra noi, ed io debbo rispondere al suo amore facendomi spirito nella santità e abitando nei cieli. Egli si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria, gloria veramente dell’Unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità; dobbiamo perciò vivere della sua vita, vivere per la gloria di Dio, vivere nella sua grazia e vivere nella luce della sua verità, fedeli alla Chiesa nostra Madre. Si è fatto carne per salvarci, e non possiamo noi abbrutirci nella carne per perderci, riducendoci come bruti. Questa carne, nobilitata da Lui, deve angelicarsi, dev’essere come arpa d’amore che accompagna i cantici mesti dell’esilio, e come cetra gioiosa che si unisce ai canti eterni della gloria. 
Padre Dolindo Ruotolo

-------

Preghiera del mattino 25/XII/2013

"Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato". 
Ecco che l'ingenerato genera e la Vergine concepisce, il tempio della sua verginità è rimasto inviolato poiché è Dio che viene al mondo, è la luce stessa che vede il giorno, il tempo e lo spazio sono trascesi in modo definitivo e quest'oggi è un giorno che decide del domani. 
Gesù entrerà nella stanza dove si nasconderanno i discepoli, pur essendo chiuse porte e finestre, egli entra allo stesso modo nel nostro mondo poiché la luce vince l'opacità della materia. 
Luce da luce, Dio vero da Dio vero! 
Ormai ti manifesterai quando vorrai e non sarà miracolo ma semplice realtà della presenza. 
Che meraviglia fu per noi il Signore! Bambino, io ti adoro.
------

martedì 24 dicembre 2013

Natale del Signore

Dall'Omelia di S.S. Benedetto XVI Basilica Vaticana Giovedì, 25 dicembre 2008  

Cari fratelli e sorelle! 
 “Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a guardare nei cieli e sulla terra?” Così canta Israele in uno dei suoi Salmi (113 [112], 5s), in cui esalta insieme la grandezza di Dio e la sua benevola vicinanza agli uomini. Dio dimora nell’alto, ma si china verso il basso… Dio è immensamente grande e di gran lunga al di sopra di noi. È questa la prima esperienza dell’uomo. La distanza sembra infinita. Il Creatore dell’universo, Colui che guida il tutto, è molto lontano da noi: così sembra inizialmente. Ma poi viene l’esperienza sorprendente: Colui al quale nessuno è pari, che “siede nell'alto”, Questi guarda verso il basso. Si china in giù. Egli vede noi e vede me. Questo guardare in giù di Dio è più di uno sguardo dall’alto. Il guardare di Dio è un agire. Il fatto che Egli mi vede, mi guarda, trasforma me e il mondo intorno a me. Così il Salmo continua immediatamente: “Solleva l’indigente dalla polvere…” Con il suo guardare in giù Egli mi solleva, benevolmente mi prende per mano e mi aiuta a salire, proprio io, dal basso verso l’alto. “Dio si china”. Questa parola è una parola profetica. Nella notte di Betlemme, essa ha acquistato un significato completamente nuovo. Il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito e prima inimmaginabile. Egli si china – viene, proprio Lui, come bimbo giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell’amore umano. Dio è nella stalla. [...] 
Il racconto del Natale secondo san Luca, che abbiamo appena ascoltato nel brano evangelico, ci narra che Dio ha un po’ sollevato il velo del suo nascondimento dapprima davanti a persone di condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società erano piuttosto disprezzate: davanti ai pastori che nei campi intorno a Betlemme facevano la guardia agli animali. Luca ci dice che queste persone “vegliavano”. Possiamo così sentirci richiamati a un motivo centrale del messaggio di Gesù, in cui ripetutamente e con crescente urgenza fino all’Orto degli ulivi torna l’invito alla vigilanza – a restare svegli per accorgersi della venuta del Signore ed esservi preparati. [...] San Luca ci racconta inoltre che i pastori stessi erano “avvolti” dalla gloria di Dio, dalla nube di luce, si trovavano nell'intimo splendore di questa gloria. Avvolti dalla nube santa ascoltano il canto di lode degli angeli: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini della sua benevolenza”. E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i vigilanti, quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo cercano guardando verso di Lui da lontano? 
[...] La gloria di Dio è nel più alto dei cieli, ma questa altezza di Dio si trova ora nella stalla, ciò che era basso è diventato sublime. La sua gloria è sulla terra, è la gloria dell’umiltà e dell’amore. E ancora: la gloria di Dio è la pace. Dove c’è Lui, là c’è pace. Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo della terra il paradiso, servendosi a tal fine della violenza. Egli è con le persone dal cuore vigilante; con gli umili e con coloro che corrispondono alla sua elevatezza, all’elevatezza dell’umiltà e dell’amore. A questi dona la sua pace, perché per loro mezzo la pace entri in questo mondo. 
Il teologo medioevale Guglielmo di S. Thierry ha detto una volta: Dio – a partire da Adamo – ha visto che la sua grandezza provocava nell'uomo resistenza; che l’uomo si sente limitato nel suo essere se stesso e minacciato nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova. È diventato un Bambino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del nostro amore. Ora – ci dice quel Dio che si è fatto Bambino – non potete più aver paura di me, ormai potete soltanto amarmi. 
Con tali pensieri ci avviciniamo in questa notte al Bambino di Betlemme – a quel Dio che per noi ha voluto farsi bambino. Su ogni bambino c’è il riverbero del bambino di Betlemme. Ogni bambino chiede il nostro amore. Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei bambini ai quali è rifiutato l’amore dei genitori. Ai bambini di strada che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece di poter essere portatori della riconciliazione e della pace. Ai bambini che mediante l’industria della pornografia e di tutte le altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profondo della loro anima. Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello rivolto a noi, di fare tutto il possibile affinché finisca la tribolazione di questi bambini; di fare tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli uomini. Soltanto attraverso la conversione dei cuori, soltanto attraverso un cambiamento nell’intimo dell’uomo può essere superata la causa di tutto questo male, può essere vinto il potere del maligno. Solo se cambiano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini hanno bisogno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo così inaspettato è entrata nella nostra notte. 
E parlando del Bambino di Betlemme pensiamo anche alla località che risponde al nome di Betlemme; pensiamo a quel Paese in cui Gesù ha vissuto e che Egli ha amato profondamente. E preghiamo affinché lì si crei la pace. Che cessino l’odio e la violenza. Che si desti la comprensione reciproca, si realizzi un’apertura dei cuori che apra le frontiere. Che scenda la pace di cui hanno cantato gli angeli in quella notte. 
[...] Nel Sacramento dell’Eucaristia Egli si dona a noi – dona una vita che giunge fin nell’eternità. In quest’ora noi aderiamo al canto di lode della creazione e la nostra lode è allo stesso tempo una preghiera: Sì, Signore, facci vedere qualcosa dello splendore della tua gloria. E dona la pace sulla terra. Rendici uomini e donne della tua pace. Amen.
---------

Ci visiterà un sole che sorge dall’alto

Lc 1,67-79 
Zaccaria, suo padre, fu colmato di Spirito Santo e profetò dicendo: «Benedetto il Signore, Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace». 

Con questo inno Luca ribadisce per il lettore non giudeo la lezione già data nel cantico di Maria: come leggere la storia con gli occhi della fede, secondo la promessa fatta ad Abramo. È un cantico di benedizione per il passato e di profezia per il futuro. Il brano si divide in due parti. Nella prima (vv. 68-75) Zaccaria ringrazia per il Messia che Dio ha donato al suo popolo. Nella seconda (vv. 76-79) profetizza la funzione di suo figlio, che avrà il compito di precedere colui che " verrà a visitarci dall’alto come sole che sorge" (v. 78). È un inno liturgico che ringrazia Dio per il dono delle sue promesse realizzate in Cristo. 
Anche in questo cantico viene messa in evidenza soprattutto la fedeltà di Dio alla sua promessa di salvezza, e il lettore è invitato a conoscere meglio la storia della salvezza per entrarvi di persona e aderirvi sempre meglio. È lo Spirito Santo che dà a Zaccaria la fede e gli apre la bocca per annunciare la parola di Dio. E Zaccaria vede la realtà con gli occhi di Dio e ne parla come parlerebbe Dio, anzi è Dio che parla attraverso di lui. La prima parola che lo Spirito Santo mette sulle labbra di Zaccaria è quella della benedizione e della lode a Dio. 
La lode si differenzia dal semplice ringraziamento, in cui si è grati a Dio per i suoi doni; essa va oltre i doni stessi e arriva al Donatore. Dietro le cose e i fatti l’uomo di fede vede Dio stesso che in essi si esprime come dono. Allora gode di Dio stesso, partecipa della sua gioia e ringrazia che Dio sia Dio. Il potere di Dio è quello di dare la salvezza. La salvezza è Cristo, discendente della casa di Davide (2Sam 7). Il motivo di lode è solo e sempre Cristo: è lui il bene totale che il Padre ci ha dato ed è per questo dono che benediciamo Dio. Ciò di cui i profeti hanno parlato è sempre la salvezza. È in essa che l’uomo può conoscere Dio nel suo amore per lui. 
In Gesù vediamo il vero volto di Dio, che è amore, tenerezza, compassione e sevizio: egli si immerge nel nostro male, come la medicina nel corpo del malato, se ne fa carico, dà la vita per noi e ci libera da ogni paura di Dio. Il dio nemico dell’uomo, presentato dal serpente (Gen 3), non è Dio, ma lo stesso demonio. Da questa falsa immagine di Dio nasce la ribellione dell’uomo. La religione che impaurisce l’uomo, l’ateismo, il nihilismo hanno la stessa unica radice: la falsa immagine di un dio nemico, da affermare, da negare o da trascurare. Da questa inimicizia e sfiducia nasce la necessità che ogni uomo provveda a sé stesso: nasce l’egoismo, la paura della morte e l’ansia della vita. Da qui deriva ogni alienazione e schiavitù dell’uomo a tutti i livelli: psicologico, economico, politico, religioso… Così l’uomo diventa peccatore, ossia fallito (in ebraico "peccare" significa mancare il bersaglio, fallire la meta). Il Signore è venuto a liberarci da satana e da tutte le schiavitù nelle quali ci aveva precipitati. 
L’ultimo nemico ad essere vinto sarà la morte (1Cor 15,26). La paura di essa è la mano del nemico "che ha il potere sulla morte" e che "nel timore della morte" tiene gli uomini "soggetti a schiavitù per tutta la vita " (Eb 2,14). Senza la paura di Dio, la morte non ci avrebbe fatto paura. L’avremmo accettata per quello che è: il ricongiungimento con Dio, sorgente della nostra vita. Dio concede misericordia salvando l’uomo di tutti i tempi. Egli si ricorda di essersi impegnato unilateralmente con l’umanità per mezzo della sua alleanza con Abramo (Gen 15). Il giuramento fatto ad Abramo è un impegno unilaterale: anche se l’uomo viene meno ai suoi impegni, Dio rimane fedele. Dio ha giurato su sé stesso di essere fedele alla sua promessa. Per servire il Signore bisogna essere liberi dalla paura e passare dalla schiavitù dei nemici alla perfetta libertà. 
Questo servizio a Dio si esprime nella pietà e nella giustizia, cioè in una vita da cui traspare la gloria del volto di Dio (cfr Lc 6,27-38). Dopo aver benedetto Dio per Cristo, Zaccaria parla di suo figlio: la realtà di Giovanni, come quella di ogni uomo, è comprensibile solo dopo Cristo e alla sua luce. Per mezzo di Giovanni viene data la conoscenza della salvezza, l’esperienza del Salvatore. Questa conoscenza è concessa nella remissione dei peccati. Solo lì l’uomo peccatore conosce il Signore (cfr Ger 31,31-34). Il peccato è la nostra realtà di cui il Battista ci fa prendere coscienza sulle rive del Giordano. Solo alla luce del perdono e della misericordia di Dio possiamo conoscere la nostra realtà di menzogna. Questa conoscenza che si ottiene nel perdono è fare esperienza delle viscere materne della misericordia del nostro Dio dalle quali scaturisce. È Gesù il perdono dei peccati e la manifestazione della misericordia del Padre. Il sole Gesù appare ad ogni uomo che è prigioniero del nemico, incatenato nel carcere del proprio peccato e in preda al terrore della morte. Illuminati da questa luce, diventiamo noi stessi luce. 
Gesù ha detto: "Io sono la luce del mondo: chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). Solo in questa luce possiamo "dirigere i nostri passi sulla via della pace" (v. 79). 
Padre Lino Pedron
---------

Preghiera del mattino 24/XII/2013

Meraviglia! 
Che cosa vedremo in questo bambino? 
Il mistero della nostra redenzione, su cui si chinano gli angeli, ci dà uno sguardo acuto quanto quello di Zaccaria sul proprio figlio, quando dice: "E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo"... 
Noi siamo, tramite lo Spirito, contemporanei della Natività, ma siamo già seduti con Cristo nei cieli. 
Ecco perché noi ti contempliamo, Bambino posto in una mangiatoia, tu sei il Dio, l'Altissimo; indicibile è la bellezza del tuo volto; nella tua mano sinistra stringi l'universo tutto, mentre con la destra benedici.
----

lunedì 23 dicembre 2013

Madre Teresa di Calcutta/55

“La venuta di Gesù a Betlemme portò gioia al mondo e a ogni cuore d’uomo. Lo stesso Gesù continua a venire nei nostri cuori durante la santa Comunione. Vuole donare la stessa gioia, la stessa pace. In questo Natale possa la sua venuta portare a ciascuno di noi quella pace e quella gioia che Egli brama di darci. Preghiamo molto per la venuta di questa grazia di pace e di gioia nel nostro cuore, nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie e nella Chiesa”.
------

Angelo Custode/67

Ovunque vai, spandi la pace di Cristo che è in te. Non partecipare mai alla discordia. Per Gesù era una grande sofferenza vedere certi discepoli che seminavano la discordia su ciò che riguardava lo spirito degli scribi e dei farisei che lo volevano contrastare. Ad ogni modo, l’umiltà e la dolcezza sono il rimedio più efficace. Progredisci sempre nella conoscenza e nell’applicazione di tale rimedio.
--------

Nascita di Giovanni Battista

Lc 1,57-66 
Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in le i la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All'istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». 

E davvero la mano del Signore era con lui. L’attuazione della salvezza comincia con la nascita di Gi ovanni. Essa riempie gli animi di gioia e li spinge ad elevare un canto di ringraziamento a Dio e a ricolmare di felicitazioni la madre del bambino. 
Il centro di questo racconto è la questione del nome da dare al bambino. Il nome indica la natura della persona, la sua missione, il suo valore unico e irripetibile. Giovanni significa "Dio fa grazia"; significa dono, grazia, amore di Dio. Il rito della circoncisione è movimentato. Tutto serve per mettere in rilievo la vocazione e la missione di Giovanni. 
Nel suo nome, che significa "Dio fa grazia", c’è tutto il programma che è chiamato a realizzare. Esso indica che Dio sta per dare una prova inaudita della sua misericordia verso gli uomini. L’uso ebraico di imporre al neonato il nome del genitore o di un antenato voleva indicare la continuità con il passato. Qui viene interrotto perché questo bambino ha un cammino proprio da percorrere indipendentemente dalla parentela o discendenza carnale. 
Ogni vita, ogni nascita è dono di Dio. 
La nascita di un uomo non è mai un caso, è sempre il compimento di un disegno d’amore di Dio. Il Signore mi ha disegnato con amor e sul palmo della sua mano (Is 49,16), fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome (Is 49,1), è lui che ha creato le mie viscere e mi ha tessuto nel grembo di mia madre (Sal 139,13). 
L’uomo è il prodigio dell’amore di Dio: "Ti lodo perché mi hai fatto come un prodigio" (Sal 139,14). Dio dice ad ogni uomo: "Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e ti amo" (Is 43, 4). La nostra dignità si comprende solo se guardiamo a Colui dal quale abbiamo avuto inizio e al quale ritorniamo: alla fine Dio sarà tutto in tutti (1Cor 15,28). Ogni nascita è una dilatazione dell’amore e della misericordia del Signore, la cui tenerezza si espande su tutte le creature (Sal 145,9). 
Solo se si capisce così una nascita, si può comprendere il vero valore e il vero spessore di una vita. I vicini e i parenti si rallegrano con Elisabetta perché il Signore ha manifestato in lei la sua grande misericordia. Il credente è colui che vede l’azione di Dio dove il non credente vede solo l’azione dell’uomo. Il nome di Giovanni viene da Dio (Lc 1,13). 
Il nome di ogni figlio, il suo essere, la sua vocazione, il suo destino vengono da Dio. La meraviglia di tutti (v. 63) sta nella scoperta che Dio è grazia, misericordia e tenerezza. Il v. 66 ci presenta un tema caro a Luca: l’ascolto della parola di Dio deve mettere radice nel cuore, crescere e fruttificare (cfr Lc 8,12ss). 
Nel bambino Giovanni si manifestano la potenza e la mano di Dio per portare avanti la sua crescita e così prepararlo convenientemente ai suoi compiti futuri. 
Padre Lino Pedron
-----

Preghiera del mattino 23/XII/2013

"Purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'oblazione secondo giustizia". 
Nasce in me una preghiera ardente per tutti i sacerdoti. 
Il mistero di Natale è il mistero inaudito di Dio affidato alle nostre braccia. Dio, così piccolo, in balia dell'uomo. 
Signore, fa' che tutti i sacerdoti della terra accolgano questa purificazione dell'intelligenza e del cuore affinché conoscano la meraviglia del Natale e la comunichino! 
Davide ha danzato davanti all'Arca, eppure il pane in essa contenuto non poteva dare la vita. 
La loro anima sacerdotale ti accolga in una danza di fuoco e ti culli così come ti ha cullato Maria.
-----

domenica 22 dicembre 2013

Gesù nascerà da Maria, sposa di Giuseppe, della stirpe di Davide

Mt 1,18-24 
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo;  ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. 

Per il commento vedi Qui 
-------

Madre Teresa di Calcutta/54

Qual è...
 
Il giorno più bello? - ..... Oggi
La cosa più facile? - ..... Sbagliare
L'ostacolo più grande? - ..... La paura
Lo sbaglio peggiore? - ... Arrendersi
La radice di tutti i mali? - ... L'egoismo
La distrazione più bella? - ... Il lavoro
La peggiore sconfitta? - ... Lo scoraggiamento
I migliori insegnanti? - ... I bambini
La prima necessità? - ... Parlare con gli altri
La cosa che fa più felici? - ... Essere di aiuto agli altri
Il Mistero più grande? - ... La morte
Il peggiore difetto? - ... Il malumore
La persona più pericolosa? - ... Il bugiardo
Il sentimento più dannoso? - ... Il rancore
Il regalo più bello? - ... Il perdono
La cosa di cui non si può fare a meno? - ... La casa
La strada più rapida? - ... Il cammino giusto
La sensazione più gratificante? - ... La pace interiore
Il gesto più efficace? - ... Il sorriso
Il migliore rimedio? - ... L'ottimismo
La maggiore soddisfazione? - ... Il dovere compiuto
La forza più potente del mondo? - ... La fede
Le persone più necessarie? - ... I genitori
La cosa più bella di tutte? - ... L'AMORE!!!

------------

sabato 21 dicembre 2013

A cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?

Lc 1,39-45 
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto». 

Dopo l’annunciazione dell’angelo, Maria si mette in cammino verso la montagna, con sollecitudine. Per Gesù è il primo viaggio missionario compiuto per mezzo della madre, che anticipa l’azione evangelizzatrice della comunità cristiana. Prende qui l’avvio il grande andare, che riempie tutto il vangelo di Luca e gli Atti degli apostoli. La parola di Dio va dal cielo alla terra, da Nazaret a Gerusalemme, da Gerusalemme in Giudea e fino ai confini della terra; va senza esitazioni, sempre in fretta. Nel saluto di Maria, che porta Gesù nel grembo, Elisabetta e Giovanni incontrano il Salvatore. L’arrivo di Maria in casa di Elisabetta suscita grande sorpresa e Elisabetta esprime la propria meraviglia con le parole pronunciate da Davide al sopraggiungere dell’Arca dell’Alleanza: "Come potrà venire da me l’arca del Signore?" (2Sam 6, 9). 
Nella casa di Zaccaria si realizza ciò che avverrà a Gerusalemme dopo la risurrezione del Signore. "Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno" (At 2,17-21; Gl 3,1-5). 
La storia dell’infanzia della Chiesa sarà la ripetizione e la continuazione dell’infanzia di Gesù. Elisabetta, "piena di Spirito Santo" (v. 41), conosce il segreto di Maria, e la proclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo" (v. 42). Dio ha benedetto Maria con la pienezza di tutte le benedizioni che sono in Cristo (cfr Ef 1,3). Maria viene considerata come l’arca dell’Alleanza del Nuovo Testamento: nel suo grembo porta il Santo, la rivelazione di Dio, la fonte di ogni benedizione, la causa prima della gioia della salvezza, il centro del nuovo culto. 
Il saluto di Maria provoca l’esultanza di Giovanni Battista. Il tempo della salvezza è il tempo della gioia. Il cantico di lode di Elisabetta finisce con le parole che esaltano Maria: "Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore" (v. 45). Maria è diventata la madre di Gesù perché ha obbedito alla parola di Dio. E quando una donna del popolo, rivolgendosi a Gesù, la proclamerà beata: "Beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!", Gesù preciserà e completerà l’espressione di lode, dicendo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!" (Lc 11,27-28). 
Con un atto di fede comincia la storia della salvezza d’Israele; Abramo parte per un paese sconosciuto con la moglie sterile, solo, perché Dio lo chiama e gli promette una discendenza benedetta (Gen 12). Con un atto di fede comincia la storia della salvezza del mondo; Maria crede alla parola del Signore: vergine, diventa la madre di Dio. La prima beatitudine del vangelo di Luca è l’esaltazione della fede di Maria. La fede è la virtù che ha accompagnato Maria nel suo cammino e l’ha radicata profondamente nel progetto di salvezza di Dio. 
Padre Lino Pedron
-----

venerdì 20 dicembre 2013

Ecco, concepirai e darai alla luce un figlio

Lc 1,26-38 
Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». 

E l'angelo si allontanò da lei. Nell’annunciazione di Giovanni Battista l’angelo Gabriele va al tempio di Gerusalemme. Nell’annunciazione di Gesù l’angelo va a Nazaret, territorio che era ritenuto pagano e trascurato da Dio, quella Galilea dalla quale "non era sorto alcun profeta" (Gv 7,52). Natanaéle si chiede: "Può venire qualcosa di buono da Nazaret?" (Gv 1,46). Dio sceglie ciò che non ha appariscenza, ciò che è umile e disprezzato dagli uomini. La legge dell’incarnazione è questa: "Gesù annientò sé stesso…umiliò sé stesso" (Fil 2,7-8). Ma a Gerusalemme, nel tempio, nel culto solenne, nel sacerdote che presiede la celebrazione Dio non trova la fede, cioè non trova amore, ubbidienza e accoglienza. 
A Nazaret invece, nella Galilea dei pagani, lontana dal tempio e dal culto, trova una fanciulla sconosciuta, la Maria, piena di grazia, di fede e di disponibilità. Nell’Antico Testamento Dio abita nel tempio, nel Nuovo elegge la sua dimora tra gli uomini (Gv 1, 14). Maria è il nuovo tempio, la nuova città santa, il popolo nuovo in mezzo al quale prende dimora Dio. Il nome di Gesù significa: Dio salva. "Jahvé, il tuo Dio, è dentro di te, potente salvatore" (Sof 3,17). Il nome nuovo che Maria riceve: "Piena-di-grazia" è l’investitura per una particolare missione nel piano di Dio, destinata a modificare la sua vita e il corso intero della storia. 
L’espressione "il Signore è con te" indica la protezione e l’assistenza che Dio le accorda in vista del compito che è destinata ad assolvere. Il turbamento di cui parla il vangelo (v. 29) indica la presenza di Dio e sottolinea l’origine divina della comunicazione che Maria riceve, ed è segno che le parole dell’angelo sono piene di mistero. Maria cerca di capirne il significato ponendosi delle domande, ma inutilmente. Alla fine deve chiederne la spiegazione all’angelo. 
L’angelo dà la spiegazione di ciò che ha affermato nel saluto iniziale. La grazia accordata a Maria è la nascita miracolosa di un figlio. Dio attuerà il suo disegno intervenendo con la potenza del suo Spirito. Le perplessità di Maria alle parole dell’angelo riecheggiano quelle di Abramo all’annuncio della nascita di suo figlio (Gen 18,14). La fede in Dio che può operare meraviglie e cose impossibili all’uomo, ha salvato dall’incredulità Abramo; la stessa fede salva Maria (v. 37). "Servi di Dio" sono coloro che hanno ricevuto una missione particolarmente importante e contemporaneamente danno prova di disponibilità, di remissività e di fede. 
Sulla bocca di Maria l’espressione "serva del Signore" riassume la sua missione e il coraggio con cui ha accettato l’invito divino che dà un significato nuovo e inatteso alla sua vita. "Serva del Signore" è il nome che ella stessa si attribuisce dopo quello datole dai genitori: Maria, e quello annunciatole dall’angelo: Piena-di-grazia. 
Maria è la serva del Signore perché accetta umilmente il disegno di Dio, anche se non riesce a comprenderne tutta la portata e tutte le conseguenze. L’espressione "avvenga a me", nel testo originale greco, è una forma verbale chiamata ottativo e contiene in sé un desiderio ardente e un entusiasmo vivo di vedere attuato quanto le è stato proposto. Maria ci insegna che la volontà di Dio va accolta con fede ed eseguita con gioia. 
Padre Lino Pedron
---------

giovedì 19 dicembre 2013

Se salvare il mondo...

Se salvare il mondo fosse una cosa facile e semplice, Dio non si sarebbe lasciato inchiodare ad una croce.
Penso a questo, Signore, stasera, che sento pesante, per la stanchezza che è dentro di me.
Anche tu hai provato la stanchezza e il senso di non farcela più.
Ti sei messo a sedere, sul pozzo di Sicar, con i piedi stanchi e la gola riarsa.
Angosciato, sei caduto a terra a Getsemani, chiedendo aiuto al Padre.
Anch'io sono stanco.
Stanco di lavorare perché vedo gli altri che non fanno niente.
Stanco di annunciare un messaggio che nessuno accetta di vivere.
Stanco di servire la gente che poi ti volta le spalle e fa finta di non averti riconosciuto.
Stanco di farmi in quattro ed essere sempre interpretato alla rovescia.
Non so, o Signore, se tutto questo è segno di quella povertà di cui parlavi sulla montagna quella mattina.

Ho udito parlare
di "chiesa della diaspora",
di "cammino nell'insicurezza",
di "navigazione a mare aperto",
di "viaggio tra le sabbie del deserto".
Ma dire queste cose è facile: difficile è viverle giorno per giorno.

Aiutami, o Signore, a guardare a lungo la notte,
così che possa scoprire quanto sono numerose le stelle.
A guardare al di là dell'impossibile umano,
ove incomincia il tuo possibile.
A non aver paura del male che vedo,
anche se è tanto.
A pensare al bene che esiste,
anche se non sempre si vede.

Più sono debole e più sono potente,
perché quanto più c'è meno posto per me, c'è più posto per te.
Dammi una mano, o Signore, perché io possa guardare con speranza i germogli di vita, che ogni giorno si aprono nel mondo.
Perché io possa camminare sulle strade di una speranza cristiana,
per essere dispensatore della tua parola che salva e redime anche i più delicati sospiri del mondo,
che partorisce il suo domani nella sofferenza e nella stanchezza dell'oggi...
Amen.
Anonimo 

---------

La nascita di Giovanni Battista è annunciata dall’angelo

Lc 1,5-25 
Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccaria svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l'usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l'offerta dell'incenso. Fuori, tutta l'assemblea del popolo stava pregando nell'ora dell'incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita,perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccaria disse all'angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio.Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini». 

Zaccaria ed Elisabetta sono santi perché sono giusti davanti a Dio. Osservano tutti i comandamenti della legge del Signore. Santità equivale a obbedienza a Dio. La storia di Giovanni Battista inizia nel tempio mentre si prega solennemente. 
L’inizio della buona notizia viene dal cielo, portata da un angelo. Egli appare alla destra dell’altare: la parte destra è di buon augurio, promette salvezza (cfr Mt 25,33-34). Quando Dio si rivolge a una persona, inizia a parlare con un incoraggiamento: "Non temere!". Dio vuole incoraggiare l’uomo, metterlo a suo agio, non spaventarlo o opprimerlo. Le preghiere di Zaccaria per avere un figlio sono state esaudite. 
Si conclude il tempo delle promesse e trovano compimento ogni speranza e ogni attesa umana. Dio stabilisce il nome al bambino che nascerà a Zaccaria. Dandogli il nome gli dà la sua missione e il suo potere. Il nome Giovanni significa "Dio fa grazia". 
Il tempo della visita di Dio portatrice di grazia, è prossimo; Giovanni annunzierà che il tempo della salvezza è vicino. La sua nascita porterà gioia per l’esaudimento della promessa ed esultanza per la salvezza. Giovanni ha la missione di chiudere il tempo della promessa e di proclamare il nuovo tempo della salvezza, apportatrice di gioia e di giubilo. "Egli sarà grande davanti al Signore" (v. 15). 
La sua missione nel piano della salvezza lo eleva al di sopra di tutti i grandi della storia sacra. Quelli vivevano nell’attesa del regno di Dio e della salvezza, Giovanni la precede immediatamente e ne proclama l’inizio. Poiché "sarà pieno di Spirito Santo" (v. 15) sarà profeta, annunciatore della parola e della volontà di Dio. 
Gli altri ricevettero il carisma profetico in età adulta, Giovanni è profeta fin dal primo istante della sua vita, già nel seno materno. Egli sarà un profeta di penitenza. Con lui si aprirà un movimento di conversione verso Dio. La predicazione di Giovanni ha lo scopo di preparare la venuta di Dio. Egli avrà lo spirito e la forza di Elia. La sua missione è quella di preparare al Signore che viene a visitare il suo popolo, una comunità di uomini retti e santi, pronti ad accoglierlo. 
L’obiezione di Zaccaria (v. 18) serve a provocare un approfondimento, una chiarificazione del discorso avviato. L’angelo Gabriele è stato inviato per portare un lieto annuncio, ma poiché Zaccaria ha stentato ad accoglierlo, la verità di quanto ha annunciato sarà garantita da un segno punitivo: "Sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno" (v. 20). Per l’evangelista il silenzio di Zaccaria e il nascondimento di Elisabetta (v. 23) servono a celare il disegno di Dio fino all’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria: il concepimento di Giovanni è un segreto che spetta a Dio svelare. 
Il miracolo che Dio ha operato in Elisabetta, le ridona la dignità e la gioia della maternità, e imprime un nuovo corso alla sua vita. Per Dio non è mai troppo tardi! 
Padre Lino Pedron
------