mercoledì 31 agosto 2011

533 - Preghiera del mattino

"Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto".
Hai passato tutta la notte a guarire, a dare conforto, a cacciare il demonio e vuoi ritirarti come se la tua umanità fosse stanca di questo lavoro di ri-creazione.
E questo per riprendere forza, come si pensa spesso?
Proprio come quando noi facciamo un ritiro per riprendere forza spirituale.
Tu ti ritiri innanzi tutto per rendere a Dio la gloria che gli è dovuta.
Tu fai salire al Padre, come ringraziamento, tutta la grazia manifestata nelle opere di misericordia, tutte le lodi del popolo guarito.
La tua vita non è forse un'Eucaristia?
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532 - È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città

Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli. Al calare del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano demoni gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo. Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. Egli però disse: «Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato». E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

Il breve racconto della guarigione della suocera di Pietro si conclude con un insegnamento importante: "Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli" (v. 39). Qui troviamo il significato di tutto il miracolo e di tutti i miracoli. Il fatto che essa si metta al servizio degli altri indica una guarigione molto più profonda di quella dalla semplice febbre del corpo. Essa è liberata da quella febbre che le impedisce di servire e la costringe a servirsi degli altri per essere servita. "Servire" è una parola carica di significati nel Nuovo Testamento. Gesù è il Servo di Dio e dei fratelli, il Giusto che per amore si fa carico del peso della debolezza altrui. Il servirsi degli altri è il principio di ogni schiavitù nel male, il servire gli altri è il principio di ogni liberazione dal male.
E' nel servire che l'uomo diventa se stesso e rivela la vera identità di Dio di cui è immagine e somiglianza.
Con la parola "servire" il Nuovo Testamento intende l'amore fraterno concreto "non a parole, né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Gv 3, 18). Questa è la caratteristica specifica e fondamentale di Gesù, lasciata in eredità ai suoi
discepoli prima di morire (Lc 22, 24-27; Gv 13, 1-17). La liberazione che Gesù ci ha portato non ottiene il suo risultato nella semplice professione della fede, come fanno i demoni (Lc 4, 34.41; Gc 2, 19), ma nel servire, che è la vera liberazione dal male profondo dell'uomo, l'egoismo, che lo fa essere il contrario di Dio che è amore (1Gv 4, 8.16). Alle tante domande "chi conta veramente nella Chiesa?; con quali occhi dobbiamo leggere la storia della Chiesa?; chi dobbiamo guardare per imparare dal vivo il vangelo?;...
la risposta è una sola: a quelle persone "insignificanti" per il mondo, ma tanto significative per i credenti, che servono con umiltà e nel nascondimento. Essi ed esse sono la presenza viva e costante del Signore in mezzo a noi, essi ed esse sono i nostri maestri di vita cristiana. Anche alla fine della sua vita Gesù chiamerà i suoi discepoli ad osservare una povera vedova che "dà tutta la sua vita"(Lc 21, 4) perché imparino da lei la lezione fondamentale del suo vangelo. Nei vv. 40-41 Gesù ci insegna come dobbiamo accostarci ai malati. Prima di tutto per Gesù il malato non è un numero: "egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva"; inoltre Gesù si occupa del malato, non del male. Il malato non è un caso clinico o un oggetto di studio: è una persona. All'arrivo di Gesù, il demonio, che è la causa del male, è sconfitto e fugge. Il diavolo conosce la vera identità di Cristo e la proclama, ma la vera fede che salva viene solo dall'adesione del cuore all'annuncio della salvezza (Rm 10, 8-10). E questa adesione del cuore e della vita il demonio non ce l'ha. Il popolo comincia a seguire Gesù, ma Gesù si sottrae da loro perché la volontà del Padre, che egli ha compreso a pieno di buon mattino nel luogo deserto dove aveva conversato filialmente col Padre suo, lo vuole altrove. Questa volontà del Padre è presentata con le parole: "Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato". Il regno di Dio è esattamente il contrario del regno dell'uomo. Questo regno ci viene donato da Dio in Gesù. Esso non viene né per azione, né per evoluzione, ma solo per umile invocazione: "Venga il tuo regno" (Lc 11, 12). Nei vv. 40-41 Luca ci offre un primo sommario di opere miracolose. Nella storia della salvezza Dio si è sempre rivelato con parole e azioni, e Gesù ora fa lo stesso. Un lungo discorso aveva aperto il suo ministero a Nazaret, una lunga serie di guarigioni conclude ora a Cafarnao la sua attività missionaria. Per la prima volta Gesù si incontra con una folla numerosa di malati, venuti o trasportati da ogni luogo.
I vangeli presentano più spesso Gesù attorniato da folle bisognose di guarigione che desiderose di ascoltare la parola di Dio. In questa circostanza egli appare come un medico premuroso che si prende cura di ciascuno e impone le sue mani ad uno ad uno dei malati e li guarisce.
I miracoli biblici sono stati visti spesso più come una manifestazione della potenza di Dio che come momenti della salvezza dell'uomo. Essi, invece, sono come delle piccole luci che Dio accende sul cammino dell'uomo per dimostrargli che fa storia con lui, che non l'abbandona a se stesso o in balia del male, ma che l'assiste sempre con la sua paterna presenza. Il miracolo ha pure un significato di protesta contro il male e di annuncio di salvezza presente e futura. Cristo combatte il male con tutte le sue forze e comanda a noi di continuare la sua missione facendo altrettanto, ossia il massimo.
La malattia, la miseria d'ogni genere non sono un bene, ma uno squilibrio che deve scomparire grazie all'operosità congiunta di Dio e dell'uomo. Gesù ha bisogno di solitudine e di raccoglimento. Deve incontrarsi con il Padre per comprendere le scelte da fare e il cammino da percorrere. L'inseguimento della folla è ben spiegabile, dopo i successi e i prodigi del giorno prima. Forse qui c'è anche un richiamo polemico ai suoi concittadini di Nazaret: qui a Cafarnao è trattenuto perché non parta, lì era stato cacciato con ira e con violenza, rischiando persino di essere spinto nel burrone. Gli uomini vogliono trattenerlo, ma la sua partenza è fuori discussione perché non dipende dalla sua volontà. Il suo cammino ha ben altre motivazioni e non può essere arrestato né dai nemici né tanto meno dagli amici. Nemmeno da lui stesso. L'incontro con il Padre suo, nel luogo deserto (cfr v. 42), gli ha rivelato con certezza la volontà di Dio:" Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato (dal Padre)". Il cammino che Gesù è chiamato ad intraprendere fin dal suo battesimo è quello del servo-figlio obbediente e non del signore. Gesù annuncia il regno di Dio. L'instaurazione di questo regno segnerà la fine del peccato, del male e di qualunque ingiustizia. Per Gesù "evangelizzare il regno di Dio" sintetizza tutta la sua missione. Evangelizzare i poveri significa aprire ad essi le porte del regno: qui la loro miseria finirà e le loro aspirazioni saranno pienamente esaudite. Il Signore non verrà a sedersi tra i sovrani della terra, accanto a quelli che opprimono gli uomini, ma instaurerà, in mezzo ai credenti e agli uomini che seguono onestamente i dettami della loro coscienza, lo stesso regime di vita, di pace, di santità che vige presso di lui in cielo. Il regno di Dio è già instaurato e la strada per arrivarci è quella percorsa da Cristo. Egli è il salvatore e il liberatore nel senso più pieno e totale della parola.


Padre Lino Pedron
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531 - Pensiero di Madre Teresa di Calcutta

Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe, i capelli diventano bianchi, i giorni si trasformano in anni.
Però ciò che é importante non cambia; la tua forza e la tua convinzione non hanno età. Il tuo spirito e` la colla di qualsiasi tela di ragno.
Dietro ogni linea di arrivo c`e` una linea di partenza.
Dietro ogni successo c`e` un`altra delusione.
Fino a quando sei viva, sentiti viva.
Se ti manca cio` che facevi, torna a farlo.
Non vivere di foto ingiallite insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni.
Non lasciare che si arruginisca il ferro che c`e` in te.
Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto.
Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce.
Quando non potrai camminare veloce, cammina.
Quando non potrai camminare, usa il bastone.
Pero` non trattenerti mai!
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martedì 30 agosto 2011

530 - Come va la tua presenza di Dio?

Ti manca vita interiore: perché non porti all'orazione le preoccupazioni dei tuoi e il proselitismo; perché non ti sforzi di veder chiaro, di trarre propositi concreti e di metterli in pratica; perché non hai visione soprannaturale nello studio, nel lavoro, nelle tue conversazioni, nei tuoi rapporti con gli altri... Come va la tua presenza di Dio, conseguenza e manifestazione della tua orazione? (Solco, 447)


Ogni volta che sentiamo nel cuore il desiderio di essere migliori, di corrispondere con più generosità al Signore, e cerchiamo una luce che ci guidi, un riferimento preciso per la nostra esistenza cristiana, lo Spirito Santo porta alla nostra memoria le parole del Vangelo: è necessario pregare sempre, senza stancarsi [Lc 18, 1]. L'orazione è il fondamento di ogni atti vita soprannaturale; l'orazione ci rende onnipotenti, e se prescindessimo dalla sua potenza non otterremmo nulla.
Vorrei che oggi, in questa nostra meditazione, ci persuadessimo una volta per sempre della necessità di avviarci ad essere anime contemplative, nel bel mezzo della strada e del lavoro, grazie ad un colloquio costante con il nostro Dio, che non deve mai venir meno lungo tutta la giornata. Se vogliamo seguire lealmente le orme del Maestro, è questa l'unica via.
È molto importante — perdonatemi se insisto — osservare il comportamento del Messia, perché Egli è venuto a mostrarci la via che conduce al Padre. Assieme a Lui scopriremo come è possibile dare rilievo soprannaturale alle attività in apparenza più insignificanti; impareremo a vivere ogni istante con vibrazione d'eternità e comprenderemo con crescente profondità che la creatura ha bisogno di momenti di colloquio intimo con Dio, per stargli vicino, per invocarlo, per lodarlo, per prorompere in rendimento di grazie, per ascoltarlo o, semplicemente, per stare con Lui. (Amici di Dio, nn. 238-239)
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529 - Preghiera del mattino

"Lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio".
Tu hai fatto di noi un popolo di profeti che riempi di Spirito Santo.
Se solo prestiamo attenzione a questo mistero e se viviamo secondo lo Spirito, tu ci concedi di partecipare al piano divino.
Sulle ali della preghiera noi giungiamo al cuore della Trinità; noi preghiamo infatti attraverso lo Spirito di Cristo.
Così, in modo prodigioso, noi scrutiamo l'altezza, la profondità e tutta l'estensione del suo amore.
Signore, fa' di noi degli uomini come quelli di cui è scritto: Adonai non fa nulla senza prima parlarne ai suoi servi, i profeti.
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528 - Io so chi tu sei: il santo di Dio!

Poi discese a Cafarnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente. Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità. Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!». Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?». E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

Dopo averci offerto una sintesi della predicazione di Gesù, Luca ci offre un saggio della sua attività di guaritore. Egli non solo insegna con autorità, ma comanda agli spiriti maligni con autorità e potenza (v. 46). La potenza di Gesù è la potenza dello Spirito santo che è in lui e lo rende forte contro satana (cfr 4, 1-13). I demoni sono i "teologi" di Cristo. Qui ne troviamo una conferma. Lo spirito maligno dice a Gesù:" Io so chi tu sei: il Santo di Dio" (v. 34). Il messia Gesù è venuto a sconfiggere le potenze del male. Questo primo miracolo ne è la L'insegnamento di Gesù che aveva suscitato l'ira degli abitanti di Nazaret, qui a Cafarnao suscita un'esplosione di entusiasmo. Gesù stupisce per quello che dice, ma soprattutto per come lo dice, perché ha la capacità di rendere la sua parola credibile e accettabile ai suoi ascoltatori. Matteo scrive: "Egli insegnava loro come uno che ha autorità e non come i loro scribi" (7, 29).
Il demonio riconosce che Gesù è il Santo di Dio, perché, dovunque andava, Gesù rimuoveva e distruggeva tutto ciò che era immondo, impuro: il male, il peccato, le infermità, la morte. Il riconoscere che Gesù è il Santo di Dio, da parte del demonio, è la dichiarazione di una coscienza lucida che sa, ma che è staccata dal cuore, che vuole il contrario. Questo conoscere il bene e la verità con la mente, e volere il contrario, questa scissione tra mente e cuore, tra verità e bene, è la stessa rottura che il demonio ha prodotto nell'uomo. Gli uomini devono essere liberati da questo male che impedisce loro di volere il bene. Gesù è venuto a liberare l'uomo da tutte le forme di male. Questa liberazione è prodotta dalla potenza della sua parola. Ogni giorno possiamo fare esperienza anche noi di questa potenza di salvezza, se ascoltiamo con fede umile e sincera la parola del Dio vivente.


Padre Lino Pedron
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lunedì 29 agosto 2011

527 - Due richieste di preghiere

Assunta manda questa richiesta di preghiera: chiedo a Voi tutti di pregare affinchè Nostro Signore mi aiuti a poter continuare a far lavorare me e 20 padri di famiglia che lavorano con me, ho molta fede e prego tutti i giorni il Sigore che mi aiuti, sono molto stanca di questa situazione spero che succeda veramente qualche cosa di buono. Ringrazio tutti e prego anch'io per Voi tutti. Grazie di nuovo.


Edoardo manda questa richiesta di preghiera: Carissimi fratelli e sorelle ho bisogno delle vostre preghiere per mio fratello Camillo, gravemente ammalato di tumore al polmone e per mia figlia Elvira, che malgrado ogni possibile sforzo, non riesce ad ottenere una gravidanza. Vi abbraccio tutti e tutti porterò nel mio cuore giovedì prossimo nel mio viaggio annuale a Medjugorje
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526 - Scusare tutti

Ricordo, anche questa volta, che questo post, come tutti quelli con etichetta "Angolo dello Spirito", riporta testi di san Josemaría Escrivá
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Sarai buono solo se saprai vedere le cose buone e le virtù degli altri. — Pertanto, se devi correggere, fallo con carità, nel momento opportuno, senza umiliare... e con la disposizione di imparare e di migliorare tu stesso in ciò che correggi. (Forgia, 455)


Una delle prime manifestazioni concrete della carità consiste nel dischiudere all'anima i cammini dell'umiltà. Se riteniamo sinceramente di essere nulla; se ci rendiamo conto che, senza l'aiuto divino, la più debole, la più inconsistente delle creature sarebbe migliore di noi; se ci vediamo capaci di tutti gli errori e di tutti gli orrori; se sappiamo di essere peccatori anche se combattiamo con impegno per prendere le distanze da tante infedeltà..., come possiamo pensar male degli altri, come possiamo alimentare nel cuore il fanatismo, l'intolleranza, l'alterigia?
L'umiltà ci conduce quasi per mano a quel modo di trattare il prossimo, che è il migliore di tutti: comprendere tutti, saper convivere con tutti, scusare tutti, non creare divisioni né barriere; comportarsi — sempre! — da strumenti di unità. Non invano in fondo all'uomo esiste un forte anelito alla pace, all'unità con i propri simili, al reciproco rispetto dei diritti della persona, in una prospettiva che conduce alla fraternità. È un riflesso di ciò che vi è di più prezioso nella condizione umana: se tutti siamo figli di Dio, la fraternità non si riduce a luogo comune o a ideale illusorio: risplende come meta difficile, ma reale.
Nell'orazione, con l'aiuto della grazia, la superbia può trasformarsi in umiltà. E germoglia nell'anima la vera gioia, pur dovendo costatare che ancora portiamo del fango sulle ali, la melma della nostra triste miseria, che comincia a essiccarsi. Più tardi, con l'aiuto ella mortificazione, quel fango cadrà, e potremo volare molto in alto, perché il vento della misericordia di Dio ci sarà favorevole. (Amici di Dio, nn. 233. 249)
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525 - Preghiera del mattino

Ti lodo, Signore, per il lavoro dell'uomo, che, essendo partecipazione alla tua opera continua di creazione, porta a compimento il mondo che tu costruisci come una cattedrale.
Non lasciare che i tuoi figli siano oppressi dal peso di un lavoro divenuto disumano, o peggio, in cui ci si adopera per la morte.
Abbi pietà dell'alterazione dell'immagine di Dio nei tuoi figli quando il lavoro non è più originato nell'amore e non mira più alla realizzazione di ogni tuo figlio, ma piuttosto alla tirannia, quando il denaro è Dio.
Signore, ascolta i tuoi figli e le loro grida, come già li ascoltasti un tempo in Egitto. Posa la tua mano di Salvatore sulla terra, continuamente in fase di creazione.
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524 - Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista

Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni,sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le fece questo giuramento: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». La ragazza uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: «Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista». Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del
giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto. Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Questo brano del vangelo ci dà la versione "religiosa" della morte del Battista. Flavio Giuseppe ci dà quella "politica". Leggiamo in Antichità giudaiche 18, 119: "Erode, temendo che egli con la sua grande influenza potesse spingere i sudditi alla ribellione (sembrando in effetti disposti a fare qualsiasi cosa che egli suggerisse loro), pensò che era meglio toglierlo di mezzo prima che sorgesse qualche complicazione per causa sua, anziché rischiare di non potere poi affrontare la situazione. E così, per questo sospetto di Erode, egli fu fatto prigioniero, inviato nella fortezza di Macheronte e qui decapitato". Quando i profeti mettono il dito sulla piaga e arrivano al nocciolo della questione, vengono tolti di mezzo senza scrupoli. La testa di Giovanni Battista su un vassoio, nel pieno svolgimento di un banchetto, può sembrare una "portata" insolita. A pensarci bene, non è poi un "piatto" tanto raro: quante decapitazioni durante pranzi, cene…! Questo brano, posto dopo l’invio in missione dei Dodici, indica il destino del missionario, del testimone di Cristo. In greco, testimone si dice "martire". La morte di Giovanni prelude la morte di Gesù e di quanti saranno inviati. Ciò può sembrare poco confortante, ma l’uomo deve comunque morire. La differenza della morte per cause naturali e martirio sta nel fatto che la prima è la fine, il secondo è il fine della vita. Il martire infatti testimonia fin dentro ed oltre la morte, l’amore che sta a principio della vita. Il banchetto di Erode nel suo palazzo fa da contrappunto a quello imbandito da Gesù nel deserto, descritto immediatamente di seguito (Mc 6, 30-44). Il primo ricorda una nascita festeggiata con una morte; il secondo prefigura il memoriale della morte del Signore, festeggiato come dono della vita. Gli ingredienti del banchetto di Erode sono ricchezza, potere, orgoglio, falso punto d’onore, lussuria, intrigo, rancore e ingiustizia e, infine, il macabro piatto di una testa mozzata. La storia mondana non è altro che una variazione, monotona fino alla nausea, di queste vivande velenose. Il banchetto di Gesù invece ha la semplice fragranza del pane, dell’amore che si dona e germina in condivisione e fraternità.


Padre Lino Pedron
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domenica 28 agosto 2011

523 - Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te

Questo post, come tutti quelli con etichetta "Angolo dello Spirito" riportano i testi di san Josemaría Escrivá (editi in Italia dalla casa editrice Ares).

Perché tu non abbia a imitarlo, ricopio da una lettera questo esempio di viltà: « Le sono senz'altro molto grato del suo ricordo, perché ho bisogno di molte preghiere. Ma le sarei anche grato se, nel supplicare il Signore di farmi “apostolo”, non si impegnasse molto nel chiedergli di esigere da me il dono della mia libertà». (Solco, 11)


Capisco molto bene quelle parole del vescovo di Ippona, che sono un meraviglioso inno alla libertà: Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te [Sant'Agostino, Sermo CLXIX, 13]. Infatti, ciascuno di noi — tu, io — conserva la possibilità — la triste sventura — di ribellarsi a Dio, di respingerlo — forse implicitamente, con il comportamento — o di esclamare:Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi [Lc 19, 14].
Vuoi considerare — anch'io mi sto esaminando — se mantieni immutabile e ferma la tua scelta per la vita? Se rispondi liberamente di sì alla voce di Dio, amabilissima, che ti stimola alla santità? Rivolgiamo lo sguardo a Gesù, mentre parlava alla folla nelle città e nelle campagne di Palestina. Non vuole imporsi. Se vuoi essere perfetto... [Mt 19, 21], dice al giovane ricco. Quel ragazzo respinse l'invito e, dice il Vangelo, abiit tristis [Mt 19, 22], se ne andò triste. Aveva perso la gioia, perché aveva rifiutato di dare a Dio la sua libertà. (Amici di Dio, 23-24)
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522 - Richiesta di preghiere 33/2011

105) Virginie, dalla Costa d'Avorio, ci chiede di pregare per una persona che si è infortunata


aide, assistance et protection pour une accidentée

106) Giampietro dal Veneto: Carissimi fratelli in Cristo Gesu',vi chiedo una preghiera per me,e per la mia famiglia,ho 2 figli,sto cercando lavoro ma non capace di trovarlo. Vi chiedo un Ave Maria che il buon Dio nella sua infinita bonta' e nella sua Divina provvidenza mi aiuti.
Che la Regina dell 'Amore vi benedica tutti....
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521 - La famiglia che prega resta unita

Se facciamo entrare la preghiera in famiglia, essa si unirà sempre più; si ameranno gli uni agli altri.
Riunitevi per pregare anche solo per cinque minuti e da lì nascerà la vostra forza.


(Madre Teresa di Calcutta)
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520 - Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso

Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

Dopo aver comandato ai suoi discepoli di non dire che egli era il Cristo, perché la loro concezione del Messia non era ancora adeguata, Gesù compie un passo avanti decisivo nella sua vita: annuncia che è giunta l’ora della sua passione, della sua morte e della sua risurrezione. La dichiarazione di Gesù costituisce un’autentica tentazione per Pietro che protesta e sgrida Gesù. Questa idea di un Messia sofferente è insopportabile per Pietro, e non solo per Pietro. Invece di accettare la rivelazione del Padre (v.17) ossia il pensiero di Dio (v. 23), egli proietta su Gesù la propria concezione del Messia. Facendo da maestro a Gesù e anteponendosi a lui, egli diviene satana, tentatore del suo Signore. Non è per nulla casuale la presenza nel medesimo brano di due aspetti fortemente contrastanti: la professione di fede di Pietro e la sua incomprensione del mistero di Gesù, l’autorità affidata a Pietro e il rimprovero rivoltogli da Gesù. L’evangelista sottolinea intenzionalmente questo contrasto per indicarci che Pietro è la roccia sulla quale Cristo fonda la sua Chiesa non per le sue qualità naturali, ma per grazia e per elezione divina. Il punto centrale della seconda parte del brano è questo: ogni atteggiamento deve porsi in riferimento a Gesù. Nessuna rinuncia è chiesta per se stessa, ma solo per il Cristo. I tre verbi (rinunciare a se stessi, prendere la croce e seguire Gesù) indicano in che cosa consiste essere discepoli di Gesù. La rinuncia a se stessi esige che il discepolo non cerchi più se stesso, ma viva per Cristo e per i fratelli. Prendere la propria croce significa andare fino alle estreme conseguenze della vita cristiana. Seguire Cristo non è un fatto puramente esteriore, ma un’adesione del cuore e della mente. L’espressione: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" non è un invito a disprezzare la vita, ma a spenderla per amore. La frase: "Quale vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria vita?" evoca l’opposizione tra la salvezza che cerca l’uomo nel possesso di sé e delle cose e la salvezza offerta da Dio che consiste nel dono di sé e delle cose. Giocare tutta la propria vita su Cristo non è un atto eroico di orgoglio, ma un gesto di umiltà profonda di chi accetta di ricevere la propria vita da un Altro. Il v. 27 parla del giudizio in base alle opere. La persona operante riceverà la ricompensa per ciò che è diventata vivendo secondo il Vangelo.


Padre Lino Pedron
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519 - Preghiera del mattino

Signore, atteso dai popoli, noi ti lodiamo per la pazienza che dimostri verso di noi, uomini di poca fede. Ti lodiamo soprattutto per avere invaso il regno di Satana e per avere distrutto la morte e il peccato.
Insegnaci a vederti là dove sei, nella sofferenza e nel dolore, in coloro che sono abbandonati, traditi e soli.
Tu sei più mirabile e più bello di quanto avremmo mai potuto immaginare. Nel tuo corpo crocifisso ci riveli il volto autentico dell'amore.
Concedici di conoscerti, almeno un po', perché cominciamo a considerare gli uomini e gli avvenimenti come tu li consideri.
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sabato 27 agosto 2011

518 - Pensieri di San Pio

Non temete per le suggestioni di Satana, armatevi contro di esse con il disprezzo.
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517 - Quando ti sei svegliato

Quando ti sei svegliato questa mattina ti ho osservato e ho sperato che tu mi rivolgessi la parola anche solo poche parole, chiedendo la mia opinione o ringraziandomi per qualcosa di buono che era accaduto ieri.
Però ho notato che eri molto occupato a cercare il vestito giusto da metterti per andare a lavorare.
Ho continuato ad aspettare ancora mentre correvi per la casa per vestirti e sistemarti e io sapevo che avresti avuto del tempo anche solo per fermarti qualche minuto e dirmi "Ciao".
Però eri troppo occupato.
Per questo ho acceso il cielo per te, l'ho riempito di colori e di dolci canti di uccelli per vedere se così mi ascoltavi però nemmeno di questo ti sei reso conto.
Ti ho osservato mentre ti dirigevi al lavoro e ti ho aspettato pazientemente tutto il giorno.
Con tutte le cose che avevi da fare, suppongo che tu sia stato troppo occupato per dirmi qualcosa.
Al tuo rientro ho visto la tua stanchezza e ho pensato di farti bagnare un po' perché l'acqua si portasse via il tuo stress.
Pensavo di farti un piacere perché così tu avresti pensato a me ma ti sei infuriato e hai offeso il mio nome,
io desideravo tanto che tu mi parlassi, c'era ancora tanto tempo.
Dopo hai acceso il televisore, io ho aspettato pazientemente, mentre guardavi la tv, hai cenato, però ti sei dimenticato nuovamente di parlare con me, non mi hai rivolto la parola.
Ho notato che eri stanco e ho compreso il tuo desiderio di silenzio e così ho oscurato lo splendore del cielo, ho acceso una candela, in verità era bellissimo, ma tu non eri interessato a vederlo.
Al momento di dormire credo che fossi distrutto.
Dopo aver dato la buonanotte alla famiglia sei caduto sul letto e quasi immediatamente ti sei addormentato.
Ho accompagnato il tuo sogno con una musica, i miei animali notturni si sono illuminati, ma non importa, perché forse nemmeno ti rendi conto che io sono sempre lì per te.
Ho più pazienza di quanto immagini.
Mi piacerebbe pure insegnarti ad avere pazienza con gli altri, ti Amo tanto che aspetto tutti i giorni una preghiera, il paesaggio che faccio è solo per te.
Bene, ti stai svegliando di nuovo e ancora una volta io sono qui e aspetto senza niente altro che il mio amore per te, sperando che oggi tu possa dedicarmi un po' di tempo.
Buona giornata.
Tuo papà Dio.
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516 - Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

Il regno dei cieli è un capitale che Dio ha messo nelle nostre mani: non possiamo lasciarlo improduttivo. Questo racconto ci insegna la vera natura del rapporto che deve intercorrere tra Dio e l'uomo. E' tutto il contrario di quel
timore servile che cerca rifugio e sicurezza contro Dio stesso in una esatta osservanza dei suoi comandamenti. E' invece un rapporto di amore dal quale possono e devono scaturire coraggio, generosità e libertà. Il servo buono e
fedele è colui che, superando ogni timore servile e la gretta concezione farisaica del dovere religioso, traduce il vangelo in atti concreti, generosi e coraggiosi. Attendere il Signore significa assumere il rischio della propria
responsabilità. A coloro che si muovono nell'amore e si assumono il rischio delle proprie decisioni, si aprono prospettive sempre nuove (v. 28). Chi invece resta inerte e inoperoso (v. 25) diventa sterile e improduttivo, e gli sarà
tolto anche quello che ha ( v. 29). Non basta non fare il male, bisogna fare positivamente tutto il bene e a tutti. La paralisi operativa del cristiano è provocata dalla paura nei confronti del suo Signore. Il cristiano vero conosce Dio come amore infinito, e questo lo porta ad agire con entusiasmo e dedizione."Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo. Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone il castigo e chi teme non è perfetto nell'amore" (1Gv 4, 17-18).
Il dono dei talenti che Dio ci ha dato è un atto di fiducia nelle nostre reali capacità e nella nostra buona volontà. Egli non vuole che siamo dei semplici dipendenti o esecutori ignari e deresponsabilizzati, ma dei collaboratori coscienti e coscienziosi nella gestione dei suoi beni. L'osservazione maleducata, ingiusta e malvagia che il servo fannullone butta in faccia al suo padrone:" So che sei un uomo duro e mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso" (v. 24) contiene una preziosa informazione sul conto di Dio, perché riconosce la laboriosità e la capacità di questo Signore che sa trarre profitto anche dove gli altri non riescono (Dio sa trarre il bene anche dal male, perfino dal peccato!). E vuole che i suoi servi siano come lui. Il servo fannullone non è solo pigro, ma anche stolto. Il suo giudizio sul padrone è falso e malevolo. La sua colpa non è solo la pigrizia, l'infingardaggine, la mancanza di capacità di rischio, ma la disistima e la mancanza d'amore
verso il suo padrone: non l'ha compreso, non si è fidato della sue proposte.
Il racconto rappresenta la comunità cristiana impegnata nelle sue varie mansioni. La vocazione cristiana è un capitale a rischio: un dono che bisogna far fruttificare con industriosità, saggezza e amore. Ogni fedele deve dare, con responsabilità e coraggio, la propria prestazione. Il premio, espresso nel raddoppiamento dei talenti e nella partecipazione alla gioia del Signore, contiene un richiamo alla comunione di vita con Cristo. La condanna è l'esclusione dal banchetto di questa intimità. Fuori dalla sala delle nozze eterne il servo sarà condannato all'oscurità, al freddo, al pianto.
Il momento attuale decide la nostra sorte eterna. Matteo mette in guardia i suoi lettori contro il rischio del disimpegno che sarà condannato come mancanza di fede e di fiducia nel Signore. La paura è il contrario della fede, come la pigrizia è il contrario dell'impegno fruttuoso. L'intenzione di Matteo è questa: motivare un serio impegno dei cristiani nella vita presente con la prospettiva del giudizio finale, della ricompensa e del castigo. L'esperienza di fede per Matteo è una relazione personale con il Signore, che si esprime e si concretizza nella fedeltà operosa come risposta alla sua iniziativa gratuita.
L'immagine di Dio è deformata dalla paura. Essa paralizza l'iniziativa dell'uomo, gli impedisce di essere attivo e di rischiare.
*** Il terzo servo, invece di presentare i suoi guadagni, fa leva sulla severità del suo padrone, di cui ha un pessimo concetto, per motivare la sua totale mancanza di intraprendenza nel far fruttare il capitale ricevuto. In altre parole: la colpa è del Signore, non sua ( vv. 24-25). La risposta del Signore si apre con due appellativi," malvagio e pigro", che sono l'opposto di quelli usati per i primi due servi laboriosi e intraprendenti," servo buono e fedele". Il Signore risponde riprendendo le stesse parole del servo:"Sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso". Il dialogo si conclude con l'ordine di cacciare il servo malvagio e pigro. Con tale conclusione il racconto diventa un avvertimento per tutti coloro che nell'attesa della venuta del Signore non si impegnano con costanza e fedeltà. Il terzo servo non ha fatto, apparentemente, nulla di male, ma, in realtà, il non corrispondere alle attese del Signore è il massimo dei mali, se merita tanto castigo. La vita non ci è stata donata per non fare del male, ma per fare il bene, diversamente i cadaveri sarebbero migliori di noi: non uccidono, non commettono adulterio, non rubano, non fanno falsa testimonianza...
La frase: "A chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha" (v. 29) può sembrare un principio ingiusto; in realtà mette in evidenza come nel seguire il Signore ci sia un crescendo di intimità, di senso reciproco di appartenenza, che si intensifica e si approfondisce sempre di più. Questo racconto non è una spinta all'imprenditorialismo o all'accumulo di capitali: i talenti sono i "misteri del regno di Dio", non i denari. Il seguire Gesù rimane spesso bloccato perché ci si lascia dominare dalla paura, che è esattamente il contrario della fede ardimentosa che sposta le montagne. Per concludere, esemplifichiamo: paura di sposarsi, accettando la definitività di questa unione indissolubile per volontà di Dio; paura di fare i preti a vita; paura di consacrarsi definitivamente a Dio nella vita religiosa; paura, paura e sempre paura... perché abbiamo paura di Dio.


Padre Lino Pedron
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515 - Preghiera del mattino

O Dio Padre nostro, per mezzo di tuo figlio Gesù Cristo tu hai dato la salvezza al mondo.
Fa' che io riconosca il bene che, oggi, si trova davanti a me come un compito da portare a termine.
La luce dello Spirito Santo mi permetta di essere vigile, al servizio del tuo amore, tu che vivi e regni nei secoli.
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514 - La religione è la più grande ribellione dell'uomo

Oggi, quando l'ambiente è pieno di disobbedienza, di mormorazione, di intrighi, di inganni, dobbiamo amare più che mai l'obbedienza, la sincerità, la lealtà, la semplicità: il tutto, con senso soprannaturale, che ci renderà più umani. (Forgia, 530)


La religione è la più grande ribellione dell'uomo che non sopporta di vivere da bestia, che non si rassegna — non trova riposo — finché non conosce ed entra in rapporto con il Creatore. Vi voglio ribelli, liberi da ogni legame, perché vi voglio — Cristo ci vuole! — figli di Dio. Schiavitù o filiazione divina: questo è il dilemma della nostra vita. O figli di Dio, o schiavi della superbia, della sensualità, dell'egoismo angoscioso in cui tante anime si dibattono.
L'Amore di Dio indica il cammino della verità, della giustizia, del bene. Se ci decidiamo a rispondere al Signore: «La mia libertà è per te», ci troviamo liberati da tutte le catene che ci avevano legati a cose senza importanza, a ridicole preoccupazioni, ad ambizioni meschine. E la libertà — tesoro incalcolabile, perla meravigliosa da non gettare alle bestie [Cfr Mt 7, 6] — va interamente impiegata ad imparare a fare il bene. (Amici di Dio, 37-38)
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venerdì 26 agosto 2011

513 - Ecco lo sposo! Andategli incontro!

Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

La storia raccontata in questo pezzo di vangelo ci presenta dieci ragazze che attendono lo sposo. Chi è lo sposo e chi sono le dieci ragazze? Lo sposo è Cristo, le dieci ragazze sono la comunità cristiana. La storia non parla della sposa, perché le dieci ragazze sono la sposa e attendono l'arrivo non di uno sposo, ma del loro sposo. Queste dieci ragazze sono la sposa di Cristo, la Chiesa (cfr Ef 5,22-32).
Queste dieci ragazze si dividono in due categorie: cinque sono sagge e cinque sono stolte. In che cosa si manifesta la saggezza delle prime cinque? Hanno calcolato che l'attesa dello sposo sarebbe andata per le lunghe: per questo"
insieme con le lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi" (v.4).
Avevano capito che la vita ha una durata troppo lunga per poter conservare sempre la stessa carica di fede e di carità senza fare rifornimento. Le lampade accese significano la costante vigilanza che occorre per non perdersi nella notte della dimenticanza e dell'infedeltà in questo mondo.
Tema di questo racconto è l'attesa del Signore che viene. Ciò non significa che la vita presente sia una sala d'attesa della vita eterna, ma che deve essere vissuta come vita responsabilizzata in vista del Signore che viene. L'attendere
Dio presuppone la fede. L'olio delle lampade è la fede con le opere.
Le cinque ragazze sagge, che rappresentano i buoni cristiani, non sembrano poi tanto buone, anzi, sembrano decisamente scostanti e cattivelle. Alle amiche stolte che le supplicano: "Dateci del vostro olio, perché le nostre
lampade si spengono rispondono: "No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene" (vv.8-9).
Le ragazze sagge non possono dare il loro olio alle stolte perché nessuno può essere vigilante al posto di un altro, nessuno può amare Cristo al posto di un altro: è un affare personale, è un assegno"non trasferibile". Questo racconto istruttivo ha lo scopo di esortare a tenersi pronti all'arrivo del Signore: un arrivo di cui non conosciamo né il giorno né l'ora, ma che non è lontano ed è certissimo e inevitabile. Queste ragazze stolte che chiamano Gesù: "Signore, Signore" ( v.11) hanno dimenticato l'insegnamento che egli aveva già impartito al capitolo 7, 22-23 di questo vangelo:" Molti mi diranno in quel giorno (il giorno del giudizio finale): Signore, Signore ... Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità". Queste parole non condannano la preghiera, non proibiscono di invocare Cristo come "Signore", ma ci insegnano che la preghiera deve essere congiunta alla pratica della vita cristiana. Bisogna fare la volontà del Padre, diversamente la preghiera non serve. Nell'attesa del grande giorno della venuta del Signore bisogna vegliare e non comportarsi come i cristiani di Tessalonica che nel prolungarsi dell'attesa della venuta del Signore cominciarono a darsi all'ozio e al vagabondaggio (1Ts 4,11; 2Ts 3,6-12). Così le ragazze del racconto evangelico (cioè noi cristiani!) devono essere impegnate, operose e diligenti. Matteo ha dato a questo racconto edificante una conclusione che concorda con la finale del discorso della montagna (Matteo, capitoli 5-6-7). Anche là troviamo la contrapposizione tra il saggio e lo stolto. Nel discorso della montagna essere saggio significa: non limitarsi ad ascoltare le parole di Gesù, ma metterle anche in pratica. Questa disposizione viene trasferita anche al presente racconto delle dieci ragazze che rappresentano la comunità cristiana. Sono pronti ad andare incontro al Signore quei cristiani che fanno la volontà di Dio come l'ha insegnata Gesù nel discorso della montagna. Vigilare nell'attesa del Signore che viene in maniera improvvisa, vuol dire essere pronti; ed essere pronti significa essere fedeli alla volontà del Padre, facendo quelle opere di amore sulla base delle quali verrà fatto il giudizio finale. Questa è la vera "saggezza" cristiana: attuare con perseveranza la volontà del Padre che il Signore Gesù ha definitivamente rivelato. Nella parabola del giudizio finale ( Matteo 25, 31-46) il Signore ci indicherà dettagliatamente quali sono le opere buone che dobbiamo fare nell'attesa della sua venuta.


Padre Lino Pedron
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512 - Preghiera del mattino

Ti ringrazio, Dio di bontà, del fatto che posso di nuovo, al mio risveglio, contemplare il mondo alla luce del sole, che tu hai creato.
Signore, sii allo stesso modo la luce che spazza la nebbia dal mio spirito e dalla mia anima.
A coloro che sono morti la notte scorsa concedi, Gesù misericordioso, la grazia di dimorare nella luce eterna che è la tua esistenza, che non ha né inizio né fine.
Amen.
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511 - Signore, tante anime lontane da te!

Vedo la tua Croce, Gesù mio, e godo della tua grazia, poiché il premio del tuo Calvario è stato per noi lo Spirito Santo... E ti dai a me, ogni giorno, innamorato — pazzo! — nell'Ostia Santissima... E mi hai fatto figlio di Dio!, e mi hai dato tua Madre. Non mi basta ringraziare: il mio pensiero corre altrove: Signore, Signore, tante anime lontane da te! Alimenta nella tua vita desideri ardenti di apostolato, perché lo conoscano..., e lo amino..., e si sentano amati! (Forgia, 27)


Che rispetto, che venerazione, che affetto dobbiamo provare per ogni singola anima, di fronte all'evidenza che Dio la ama come qualcosa di suo! (Forgia, 34)


Di fronte all'apparente sterilità dell'apostolato, ti assalgono le avvisaglie di un'ondata di scoraggiamento, che la tua fede respinge con fermezza... — Però ti rendi conto d'aver bisogno di più fede, umile, viva e operativa.
Tu, che desideri la salvezza delle anime, mettiti a gridare come il padre di quel ragazzo malato, posseduto dal demonio: “Domine, adiuva incredulitatem meam!” — Signore, aiuta la mia incredulità!
Non dubitare: si ripeterà il miracolo. (Forgia, 257)
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giovedì 25 agosto 2011

510 - Messaggio Medjugorje 25/8/2011

Cari figli, oggi vi invito a pregare e a digiunare per le mie intenzioni, perché satana vuole distruggere il mio piano.
Ho iniziato qui con questa parrocchia e ho invitato il mondo intero.
Molti hanno risposto ma è enorme il numero di coloro che non vogliono sentire ne accettare il mio invito.
Perciò voi che avete pronunciato il SI, siate forti e decisi.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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509 - Preghiera del mattino

Signore, oggi fammi "crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti", che è la radice di quella santità irreprensibile che tu chiedi ad ognuno dei tuoi figli.
Poiché tu non ci chiedi nulla che sia al di là delle nostre forze e poiché tu stesso sei l'amore dell'anima, liberami da ogni noia del vivere, liberami dall'"accidia", dalla tristezza che porta alla disperazione, tristezza che i Padri consideravano peccato.
La tua gioia avvolga la nostra vita come una veste.
Apri i nostri cuori a quella fiamma che l'acqua non può spegnere.
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508 - Se ti manca slancio apostolico, diventerai insipido

Come vuole il Maestro, tu devi essere — ben inserito in questo mondo, nel quale ci tocca vivere, e in tutte le attività degli uomini — sale e luce. — Luce, che illumina le intelligenze e i cuori; sale, che dà il sapore e preserva dalla corruzione. Pertanto, se ti manca slancio apostolico, diventerai insipido e inutile, defrauderai gli altri e la tua vita sarà un'assurdità. (Forgia, 22)


Molti, come per autogiustificarsi, si domandano: — Ma io, perché dovrei intromettermi nella vita degli altri?
— Perché hai l'obbligo, in quanto cristiano, di intrometterti nella vita degli altri, per servirli!
— Perché Cristo si è intromesso nella tua vita, e nella mia!
(Forgia, 24)


Se sei un altro Cristo, se ti comporti da figlio di Dio, lì dove sei appiccherai il fuoco: Cristo infiamma, non lascia indifferenti i cuori. (Forgia, 25)
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507 - Tenetevi pronti

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà. Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto? Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni. Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti.

La morte arriva imprevedibile per noi, ma al momento esatto previsto da Dio. Perché vigilare? Per essere trovati pronti; per non essere esclusi dalla sala delle nozze eterne. Questa ignoranza dell’ora si iscrive nella nostra natura: la nostra vita ci sfugge, siamo un mistero per noi stessi, non ci possediamo, siamo del Signore. Vigilare, essere pronti significa porsi davanti al Signore sempre presente (solo apparentemente assente) e vivere coerentemente secondo questa fede.
Nella parabola del servitore preposto ai servizi del suo padrone, la vigilanza prende la forma di una fedeltà responsabile verso una missione affidata dal Signore. Seguendo il tenore del testo, bisogna porre l’accento sulla parusìa. Ci sono delle persone a cui sono state affidate responsabilità particolari nella Chiesa. La funzione dei detentori di cariche è qualificata come servizio. Coloro che sono affidati alle loro cure sono compagni di servizio. I detentori di cariche non sono padroni posti al di sopra degli altri. Tutti hanno un unico Signore sopra di sé. L’abuso della carica merita la massima condanna, come vuol far capire la punizione severissima. L’attesa del Cristo deve suscitare l’impulso all’azione morale, a non sprecare il tempo, a comportarsi come servi di tutti e padroni di nessuno
Padre Lino Pedron
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mercoledì 24 agosto 2011

506 - È davvero breve il tempo che abbiamo per amare

Un figlio di Dio non ha paura della vita e non ha paura della morte, perché il fondamento della sua vita spirituale è il senso della filiazione divina: Dio è mio Padre, egli pensa, ed è l'Autore di ogni bene, è tutta la Bontà. — Ma tu e io, agiamo davvero da figli di Dio? (Forgia, 987)


La fugacità del cammino su questa terra dovrebbe incitare noi cristiani a trarre maggior profitto dal tempo, non certo ad aver paura del Signore, e ancor meno a considerare la morte una tragica fine. Un anno che passa — lo si è detto in mille modi, più o meno poetici —, con la grazia e la misericordia di Dio, è un passo avanti verso il Cielo, nostra Patria definitiva.
Pensando a questa realtà, comprendo molto bene l'esclamazione di san Paolo ai corinzi:Tempus breve est! [1 Cor 7, 29], come è breve la durata del nostro passaggio sulla terra! Queste parole, per un cristiano coerente, risuonano nel più intima del cuore come un rimprovero per la propria mancanza di generosità, come un costante invito a essere leale.
È davvero breve il tempo che abbiamo per amare, per dare, per riparare. Non è giusto perciò che lo sperperiamo, che gettiamo irresponsabilmente questo tesoro dalla finestra: non possiamo sprecare il momento del mondo che Dio ha affidato a ciascuno di noi.
Verrà anche per noi quel giorno che sarà l'ultimo e che non ci spaventa: con ferma fiducia nella grazia di Dio, siamo pronti, fin da questo momento, con generosità, con fortezza, con amore alle cose piccole, ad accorrere all'appuntamento con il Signore portando le lampade accese. Perché ci attende la grande festa del Cielo. (Amici di Dio, 39-40)
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505 - Preghiera del mattino

Accresci, Signore, la nostra gioia nel cercarti ogni giorno; sopprimi le nostre paure e i complessi, che ci impediscono di manifestare la nostra fede nella comunità.
Fa' che i poveri, i semplici e i non credenti siano interpellati mediante la tua grazia, che agisce nella Chiesa.
San Bartolomeo ci aiuti a purificare quello che facciamo e che siamo, ogni giorno, in modo tale che siamo la luce che spinge a seguire Gesù, Via, Verità e Vita.
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504 - Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità

Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret». Natanaèle esclamò: «Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo».

Filippo incontra Natanaele e comunica all’amico di avere trovato il Messia nella persona di Gesù. L’annuncio di Filippo è una professione di fede che si fonda sulla Scrittura. Egli riconosce in Gesù l’Atteso di Israele (cfr Dt 18, 18-19). La reazione di Natanaele esprime il suo scetticismo: il Messia non può avere la sua patria in un villaggio insignificante come Nazaret. Filippo non tenta di chiarire o risolvere il dubbio dell’amico, ma cerca di invitarlo ad un’esperienza personale con il Maestro, la stessa da lui vissuta in precedenza e che ha cambiato la sua vita. Solo la fede è capace di far superare i motivi di scandalo e di autosufficienza umana. E Gesù la suscita in ogni uomo che si mette in ascolto della sua parola, come ha fatto Natanaele, che acconsentì ad accogliere il mistero che Filippo gli proponeva con il semplice invito: "Vieni e vedi" (v. 46). Gesù, che legge nel cuore dell’uomo, riconosce la prontezza, la ricerca sincera e il desiderio di Natanaele di incontrarsi con lui. E Gesù, vedendolo arrivare così aperto e disponibile, lo previene e lo saluta come un autentico rappresentante d’Israele in cui non c’è falsità. Secondo la spiegazione di qualcuno, Natanaele sarebbe chiamato da Gesù "israelita", cioè degno del nome di Israele, perché questo nome significa "colui che vede Dio" e a Natanaele viene promessa la visione degli angeli che scendono e salgono sul figlio dell’uomo (v.51). Gesù conosce bene Natanaele, anche se lo incontra per la prima volta, perché egli conosce tutti (2,24) e sa cosa c’è nell’uomo (2,25). E Gesù dà a Natanaele una prova di conoscerlo bene: egli l’ha visto quando era sotto il fico. Sedere sotto il fico significa meditare e insegnare la Scrittura. Natanaele, dunque, è un uomo applicato allo studio della Scrittura che cerca e attende la venuta del Messia. Anche mentre ascoltava la spiegazione delle Scritture, era accompagnato e sostenuto dallo sguardo amoroso di Dio. Natanaele, toccato nell’intimo del suo cuore per la conoscenza che Gesù ha di lui (nota solo a Dio), riconosce in Gesù il Messia ed esclama: "Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele" (v.49). Con la sua fede nel Messia, Natanaele è già disposto ad un’ulteriore rivelazione di Gesù, che gli dice: "Vedrai cose maggiori di queste!" (v. 50). Gesù parla di una rivelazione continua del Padre, di un movimento di salita e discesa degli angeli, richiamando la scena di Giacobbe, nella quale il patriarca "fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa" (Gen 28,12). Il salire e scendere è un richiamo alla realtà umana e divina di Gesù. Egli, pur essendo tra gli uomini, è in comunione col Padre, è il "luogo" dove si manifesta il Padre, è la "casa di Dio", è la "porta del cielo"(cfr Gen 28,17). Gesù è la rivelazione del Padre, è il punto di unione tra cielo e terra, è il mediatore tra Dio e gli uomini, è la nuova scala di Giacobbe di cui Dio si serve per dialogare con l’uomo. In Gesù l’uomo trova il luogo ideale per fare esperienza di Dio che salva. La piena e definitiva rivelazione di Dio si avrà solo in Gesù risorto e seduto alla destra del Padre nei cieli, dove salgono e scendono gli angeli di Dio. Natanaele è stato trasformato dall’incontro con Gesù perché in lui non c’è falsità; si è accostato a Gesù con cuore sincero e semplice.


Padre Lino Pedron
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martedì 23 agosto 2011

503 - Devi pensare alla tua vita, e chiedere perdono

Con serenità, senza scrupoli, devi pensare alla tua vita, e chiedere perdono, e fare il proposito fermo, concreto e ben deciso, di migliorare in questo e in quel punto: in questo particolare che ti costa, e in quello che abitualmente non porti a compimento come devi, e lo sai. (Forgia, 115)


Riémpiti di buoni desideri, che è cosa santa, e Dio la loda. Ma non accontentarti di questo! Devi essere anima — uomo, donna — di realtà concrete. Per realizzare questi buoni desideri, devi formulare propositi chiari, precisi.
— E, dopo, figlio mio, àpplicati a lottare, per metterli in pratica, con l'aiuto di Dio! (Forgia, 116)


Considera attentamente la tua condotta. Vedrai che sei pieno di errori, che danneggiano te e forse anche coloro che ti stanno accanto.
— Ricorda, figliolo, che i microbi non sono meno importanti delle bestie feroci. E tu coltivi questi errori, questi sbagli — come si coltivano i microbi in un laboratorio —, con la tua mancanza di umiltà, con la tua mancanza di orazione, con le tue omissioni nel compimento del dovere, con la poca conoscenza di te stesso... E, poi, questi focolai infettano l'ambiente.
— Hai bisogno di un buon esame di coscienza quotidiano, che ti conduca a propositi concreti di miglioramento, affinché tu senta un vero dolore per le tue mancanze, per le tue omissioni e per i tuoi peccati.
(Forgia, 481)
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502 - Preghiera del mattino

Come il tuo apostolo Paolo che, "in mezzo a grandi lotte", ha proclamato il Vangelo e non dottrine false, senza "torbidi motivi", senza "frode alcuna", aiutaci a parlare di te, con grande chiarezza, senza vergogna e senza raggiri umani, aiutaci a annunciarti in ogni momento, opportuno e importuno.
"Guai a me se non evangelizzassi".
Che nessuno scoglio faccia fallire la missione che ci affidi.
Concedici di essere fedeli, di non svignarcela, di darci da fare invece con perseveranza, come un vignaiuolo nella sua vigna, senza indugi e con determinazione, perché tu ci hai infiammati col fuoco della tua Parola.
Se questa prova ci distrugge, facci restare in piedi, dandoci sempre conforto e speranza.
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501 - Queste erano le cose da fare, senza tralasciare quelle

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l'esterno del bicchiere e del piatto mentre all'interno sono pieni di rapina e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere, perché anche l'esterno diventi netto!

In questo brano Gesù continua a smascherare l’ipocrisia, o meglio gli ipocriti. L’ipocrita è un uomo che recita. Ama la pubblicità. Ogni suo gesto ha il solo scopo di attirare l’attenzione su di sé (cfr Mt 6, 1-6). La radice profonda dell’ipocrisia è la ricerca di sé, il fare tutto per sé, non per gli altri o per Dio. E’ l’egoismo, l’esatto contrario dell’amore (cfr 1Cor 13, 1-7). Il quarto "guai" è rivolto contro il capovolgimento dell’ordine dei valori. Gli scribi e i farisei ritenevano più importanti le prescrizioni esterne che i doveri morali fondamentali. Il pagamento della decima della menta, dell’aneto e del cumino, le erbe aromatiche più in uso, pare un’esagerazione. Nella legge era previsto solo il pagamento della decima per l’olio, il mosto, i cereali, che poi fu esteso al raccolto in genere (cfr Nm 18, 22; Dt 14, 22-23; Lv 27, 30). Le cose più importanti nella legge sono il diritto, la misericordia, la fede. Il quinto "guai" riguarda quelli che non tengono in debito conto il nesso inscindibile tra interno ed esterno. In termini concreti si parla di pulire il bicchiere e la scodella, come prevedevano le prescrizioni farisaiche sulla purità. Ma lo scopo del discorso è la pulizia della coscienza piena di rapina e di iniquità. La cura della pulizia del bicchiere viene utilizzata per evidenziare la discutibilità di un comportamento morale che si preoccupa solamente dell’apparenza esterna e non della realtà interiore. L’esortazione rivolta al fariseo cieco, a pulire anzitutto l’interno del bicchiere, è ora un invito ad allontanare dal cuore e dalla vita ogni malvagità.


Padre Lino Pedron
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lunedì 22 agosto 2011

500 - Esàminati: lentamente, con coraggio

Al momento dell'esame sta' in guardia contro il demonio muto. (Cammino, 235)


Esàminati: lentamente, con coraggio. —Non è vero che il tuo malumore e la tua tristezza senza motivi —apparentemente, senza motivi— derivano dalla tua mancanza di decisione nel rompere i lacci sottili, ma “concreti”, che ti ha teso —accortamente, con palliativi— la tua concupiscenza? (Cammino, 237)


Concludi sempre il tuo esame con un atto d'Amore dolore d'Amore : per te, per tutti i peccati degli uomini... —E considera la paterna premura di Dio che ha rimosso gli ostacoli perché non inciampassi. (Cammino, 246)


C'è un nemico della vita interiore, piccolo, sciocco; ma molto efficace, purtroppo: il poco impegno nell'esame di coscienza. (Forgia, 109)


Non attendere la vecchiaia per essere santo: sarebbe un grande sbaglio!
— Comincia adesso, seriamente, di buon grado, con gioia, attraverso i tuoi doveri, il tuo lavoro, la tua vita quotidiana...
Non attendere la vecchiaia per essere santo, perché, oltre a essere un grande sbaglio — insisto —, non sai se per te arriverà. (Forgia, 113)
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499 - Guai a voi, guide cieche

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: Se si giura per il tempio non vale, ma se si giura per l'oro del tempio si è obbligati. Stolti e ciechi: che cosa è più grande, l'oro o il tempio che rende sacro l'oro? E dite ancora: Se si giura per l'altare non vale, ma se si giura per l'offerta che vi sta sopra, si resta obbligati. Ciechi! Che cosa è più grande, l'offerta o l'altare che rende sacra l'offerta? Ebbene, chi giura per l'altare, giura per l'altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che l'abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso.

Attraverso i "guai" rivolti agli scribi e ai farisei, Gesù istruisce la folla e i discepoli. Egli mette in guardia i discepoli dai cattivi comportamenti che vengono segnalati, perché anch’essi vi potrebbero incappare. Il senso del "guai a voi!" è "ahimè per voi!": non esprime una minaccia, ma il dolore per la situazione dell’altro. E’ un’espressione di sincero amore, non di aggressività né tanto meno di cattiveria. E’ un lamento. L’ipocrisia è la differenza tra l’essere e l’apparire, il non riconoscere l’ordine dei valori, ciò che è più importante e ciò che lo è meno, ciò che è centrale e ciò che è periferico. L’immagine del chiudere presuppone che essi siano i detentori del potere delle chiavi, ossia che possiedano l’autorità dell’insegnamento. Essi, servendosi della propria autorità, sbarrano agli uomini loro sottomessi l’accesso al regno dei cieli. Le autorità giudaiche impediscono l’accettazione del vangelo di Gesù. Viene messa in discussione anche la loro attività missionaria. Flavio Giuseppe in Ap. 2, 10.39 attesta i successi dell’attività missionaria dei giudei della diaspora dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 d. C. L’appellativo "guide cieche" evidenzia nuovamente la loro smania di fare proseliti. Probabilmente Matteo si riferisce all’attributo onorifico "guide di ciechi" che si dava ai missionari giudei (cfr Rm 2, 19). Il "guai" del v. 16 riguarda anche l’abuso del giuramento. La situazione era questa: si usavano diverse formule di giuramento. Questo avveniva per rispetto verso il nome santo di Dio. Per non pronunciarlo si giurava per il cielo, per Gerusalemme o per altro (cfr Mt 5, 34-35). Probabilmente ne derivò la triste conseguenza che coloro che giuravano il falso, quando erano scoperti, replicavano di non aver giurato per Dio e quindi non erano tenuti a mantenere il giuramento. Gesù non approva le cautele casuistiche adottate nel giuramento. Esse sono espressione di stoltezza e di cecità. I vv. 21-22 sottolineano l’unità di tempio, cielo e Dio. Il tempio e il cielo appartengono a Dio, sono la sua casa e il suo trono (cfr 1Re 8, 13; Sal 26, 8; Is 66, 1; Mt 5, 34). Ogni giuramento è chiamare Dio come testimone, quindi l’abuso del giuramento è contro Dio.


Padre Lino Pedron
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498 - Pregiera del mattino

Dio onnipotente, senza del quale nulla vi è di forte e nulla vi è di santo, fa' che non contiamo sulle nostre forze, ma che cerchiamo di fare sempre la tua volontà, considerandoci tuoi servitori, chiamati, non per i nostri meriti, ma per la tua bontà amorosa, a prendere parte all'opera della nostra stessa redenzione.
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497 - Chi è venuto dall'aldilà? San Domenico Savio

San Domenico Savio, alunno salesiano morto nel 1857 e santificato nel 1954, dopo la sua morte apparve a San Giovanni Bosco.
Questi narrava così l'apparizione ai suoi giovani e ai Superiori della Congregazione:

«Mi trovavo a Lanzo ed ero nella mia stanza. D'un tratto mi vidi sopra una collina. Il mio sguardo si perdeva nell'immensità di una pianura. Essa era divisa da larghi viali in vastissimi giardini. I fiori, gli alberi, i frutti erano bellissimi, e tutto il resto corrispondeva a tanta magnificenza.
Mentre contemplavo tanta bellezza, ecco diffondersi una musica soavissima. Erano centomila strumenti e tutti davano un suono differente l'uno dall'altro. A questi si univano i cori dei cantori.
Mentre estatico ascoltavo la celeste armonia, ecco apparire una quantità immensa di giovani che veniva verso di me. Alla testa di tutti avanzava Domenico Savio. Tutti si fermarono davanti a me alla distanza di otto-dieci passi... Allora brillò un lampo di luce, cessò la musica e si fece un grande silenzio. Domenico Savio si avanzò solo di qualche passo ancora e si fermò vicino a me. Come era bellissimo! Le sue vesti erano singolari; la tunica bianchissima, che gli scendeva fino ai piedi, era trapuntata di diamanti ed era intessuta d'oro. Un'ampia fascia rossa cingeva i suoi fianchi, ricamata di gemme preziose così che una toccava quasi l'altra. Dal collo gli scendeva una collana di fiori mai visti, sembrava che fossero diamanti uniti. Questi fiori risplendevano di luce. Il capo era cinto di una corona di rose. La capigliatura gli scendeva ondeggiante giù per le spalle e gli dava un aspetto così bello, così affettuoso, così attraente che sembrava.., sembrava un Angelo.
Io ero muto e tremante.
Allora Domenico Savio disse:
- Perché te ne stai muto e sgomento?
- Non so cosa dire - risposi - Tu dunque sei Domenico Savio?
- Sono io! Non mi riconosci più?
- E come va che ti trovi qui?
- Sono venuto per parlarti. Fammi qualche interrogazione.
- Sono naturali tutte queste meraviglie che vedo?
- Sì, abbellite però dalla potenza di Dio.
- A me sembrava che questo fosse il Paradiso!
- No, no! Nessun occhio mortale può vedere le bellezze eterne.
- E voi dunque cosa godete in Paradiso?
- Dirtelo è impossibile. Quello che si gode in Paradiso non vi è uomo mortale che possa saperlo, finché non sia uscito di vita e riunito al suo Creatore.
- Orbene, mio caro Savio, dimmi quale cosa ti consolò di più in punto di morte?
- Ciò che mi confortò di più in punto di morte fu l'assistenza della potente e amabile Madre del Salvatore, Maria Santissima. E questo dillo ai tuoi giovani: che non dimentichino di pregarla finché sono in vita!».
(Vita di S. Giovanni Bosco - Lemoyne).
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496 - Contro le bestemmie

Gesù rivelò alla Serva di Dio Suor Saint-Pierre, carmelitana di Tours (1843), l'Apostola della Riparazione: Il mio Nome è da tutti bestemmiato: gli stessi fanciulli bestemmiano e l'orribile peccato ferisce apertamente il mio Cuore.
Il peccatore con la bestemmia maledice Dio, lo sfida apertamente, annienta la Redenzione, pronuncia da sé la pro­pria condanna. La bestemmia è una freccia avvelenata che mi penetra nel Cuore.
Io ti darò una freccia d'oro per cicatrizzar­mi la ferita dei peccatori, ed è questa:

Sempre sia lodato, benedetto, amato, adorato, glorificato, il Santissimo, il Sacratissimo, l'adoratissimo, eppure incomprensibile Nome di Dio in cielo, in terra e negli inferi, da tutte le creature uscite dalle mani di Dio. Per il Sacro Cuore di nostro Signore Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento dell'altare. Amen.

Ogni volta che ripeterai questa formula ferirai il mio Cuore d'amore.


Tu non puoi comprendere la malizia e l'orrore della be­stemmia. Se la mia Giustizia non fosse trattenuta dalla Miseri­cordia, schiaccerebbe il colpevole verso il quale le stesse cre­ature inanimate si vendicherebbero, ma io ho l'eternità per punirlo! Oh, se sapessi quale grado di gloria ti darà il Cielo dicendo una volta sola:


O ammirabile Nome di Dio! - in spirito di riparazione per le bestemmie!.


Gesù e Maria Vi amo, salvate tutte le anime
Sia benedetta la Santa Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria ora e nei secoli


Ripetiamo sovente queste preghiere riparatrici, specie dopo aver sentito qualcuno bestemmiare, Gesù ci renderà un grandissimo merito se lo consoliamo e ammoniamo con amore e rispetto i nostri fratelli bestemmiatori
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domenica 21 agosto 2011

495 - I dodici privilegi di Maria Ss

1. Predestinazione di Maria
 "Quando non esistevano gli abissi, io fui generata" (Prv 8,24)

Contemplazione: Il Divin Padre, dall'eternità ideava la sua opera creatrice, ammirando la perfezione che avrebbe impressa nelle sue creature, e si compiaceva del capolavoro sommo, della gemma più preziosa, vagheggiando nel suo pensiero la Madre che avrebbe preparato al suo Figlio.


Invocazione: O Gloria della Trinità Santissima: aiutami ad accogliere e a portare a compimento il disegno d'amore che il Padre ha su di me.

Ave Maria

Sia benedetta, lodata e ringraziata la SS. Trinità per le grazie concesse alla Vergine Maria


2. L'Immacolata concezione di Maria.
"Io porrò inimicizia tra te e la donna" (Gn 3,15)

Contemplazione: I primissimi chiarori dell'alba della Redenzione, dopo la promessa fatta nell'Eden, eccoli nell'immacolato concepimento di Maria. Al primo apparire della stella del mattino, l'umanità cominciò a godere le primizie della riconciliazione con Dio, poiché la cortina di separazione da lui, in forza del primo palpito della Creaturina eletta, si strappò, lasciando traboccare dall'alto la misericordia dell'Altissimo.


Invocazione: O piena di grazia: sii la mia forza per vincere il peccato e crescere in sapienza e grazia.

Ave Maria.
Sia benedetta, ...........

3. La perfetta conformità di Maria al volere di Dio.
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38)

Contemplazione: L'anima di Maria era un vero paradiso di delizia per il Figlio e il più bell'ornamento di gloria per la SS. Trinità. Ella sapeva innalzarsi nelle limpide regioni della fede ove vedeva il suo Dio e adorava la sua volontà santissima ripetendogli il "fiat" di una dedizione piena e perfetta.


Invocazione: Madre della Fede: fa che io sia pronto e gioioso nei miei Si quotidiani alla santa volontà del Padre.

Ave Maria.
Sia benedetta, ....

 4. L'eminente Santità di Maria.
"Senza macchia né ruga ma Santa e Immacolata" (Ef 5,27b)

Contemplazione: La santità della Madonna è tutta un tessuto d'oro sulla semplice trama della perfetta fedeltà ai suoi doveri e nello stato di vita più semplice e comune, quali si presta ad essere imitata.


Invocazione: O modello di santità: salvami dall'ipocrisia della virtù apparente, insegnami umiltà, amore, preghiera profonda.

Ave Maria.
Sia benedetta, ....

5. L'annunciazione.
"Ave, o piena di grazia, il Signore è con te". (Lc 1,28).

Contemplazione: Maria, nel momento in cui venne annunziata all'Arcangelo, era assorta nella preghiera. La sua anima diede tre splendori: adorazione ñ amore ñ dedizione, così perfetti ed elevati da attrarre le compiacenze di Dio, che di quella meravigliosa Creatura formò la Sede dell'Eterna Sapienza.


Invocazione: O Eletta fra le donne: donami la semplicità del tuo cuore, la tua generosità, la tua fiducia incrollabile nella Parola del Signore.

Ave Maria.
"Sia benedetta, ....

6. La maternità divina di Maria.
"Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù". (Lc 1,31).

Contemplazione: Nel gran momento in cui il Verbo si vestì di carne in Maria, la sua anima benedetta e tutto l'essere suo rimasero adombrati dallo Spirito Santo che la consacrava Madre di Dio. Quale estasi fu la sua! La felicità del Padre la compenetrava e si arricchiva della sua gioia materna.


Invocazione: O Madre del Verbo: disponimi ad accogliere i doni dello Spirito Santo, affinché io diventi conforme a Gesù e figlio ubbidiente della Chiesa.

Ave Maria.
Sia benedetta, ....

 7. La verginità perfetta di Maria.
"Come avverrà questo? Non conosco uomo". (Lc 1,35).

Contemplazione: La Vergine benedetta è la gloria più fulgida delle creature, che ha straordinariamente nobilitato innalzando per prima il candido vessillo della verginità. Le anime che a lei si affidano imitandola, possono divenire a loro volta templi vivi di Dio.


Invocazione: Sei Madre e sei vergine, o Maria: a Dio nulla è impossibile. Trasfigura la mia anima e il mio corpo con la tua dolce e candida luce.

Ave Maria.
Sia benedetta, ...

 8. Il martirio del cuore.
"Stava presso la Croce la Madre di Gesù". (Gv 19,25).
Il cuore trafitto di Maria. (Cf. Lc 2,35).

Contemplazione: Maria per la forza e la delicatezza dell'amore materno, precedeva i passi di Gesù, tenendosi in una perfetta dedizione a tutte le disposizioni del Padre in ordine al compimento dell'opera redentivi, perfino a donarsi senza riserve insieme a Lui, immedesimata agli stessi palpiti del suo cuore in maniera da formare una sola vittima di espiazione.


Invocazione: Nel dolore mi hai generato, Regina dei martiri. Sostieni la mia incostanza nel perseverare e insegnami a consolare chi soffre.

Ave Maria.
Sia benedetta, ...


9. Il gaudio di Maria alla resurrezione e ascensione di Gesù.
"L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore". (Lc 1,46).

Contemplazione: Gesù riversò con radiosa pienezza il suo gaudio in Maria nel momento della resurrezione. Per una Madre come lei, il vedere con i propri occhi l'esaltazione del Figlio che adorava, la felicità e le ricchezze del Regno del quale entrava in possesso, era motivo di grande gioia.


Invocazione: Madre di Gesù, Agnello immolato, sei ora esultante con Lui nella gloria. Portami ad adorare lo splendore della sua divinità nel dono dell'Eucarestia.

Ave Maria.
Sia benedetta, ...


10. L'assunzione in cielo di Maria.
"Oggi l'arca sacra e vivente del Dio vivo ha trovato il riposo nel tempio del Signore" (1 Cr 16).

Contemplazione: Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, rapiti di amore per la loro figlia, madre e sposa, finito il corso della sua vita terrena, la assunsero alla celeste gloria in anima e corpo, accompagnata dagli angeli osannati, fino alle altezze del trono di Dio, dal quale ricevette la massima glorificazione.


Invocazione: Non sei lontana, Donna vestita di sole: sei qui, operante con tenerezza materna, accanto a ciascuno di noi in cammino verso il cielo.

Ave Maria.
Sia benedetta, ...

 11. La regalità di Maria.
"Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre, e il suo regno non avrà mai fine". (Lc 1,32-33).

Contemplazione: In Cielo Maria è il Paradiso della Trinità santa, nel quale il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo prendono le loro compiacenze. Di quale potere è insignita questa gran Regina! E tutto a vantaggio nostro. Quale inestimabile dono ci ha fatto Iddio dandocela per Madre!

Invocazione: Sei Regina e sei Ancella: per te e per Gesù regnare non ha significato altro che servire. Educami, o madre, ad essere regale nel testimoniare verità e giustizia.

Ave Maria.
Sia benedetta, ...

12. La mediazione di Maria e la potenza della sua intercessione.
"Chi trova me trova la vita e ottiene favore dal Signore". (Prv 8,35).
Maria riceve la grazia di Gesù e la effonde su tutte le creature. (Cf. Gv 7,37-38).

Contemplazione: Vedo Maria Santissima davanti all'Altissimo per ottenere la salvezza dei suoi figli peccatori. Ricevendo tutte le grazie discendenti della Prima Sorgente, fatta dal Mediatore vera mediatrice, ella trasmette le grazie ai suoi figli e la sua larghezza nel dare aumenta continuamente le sue ricchezze.


Invocazione: La SS. Trinità ti ha affidato la missione della maternità universale: io ti accolgo, come Giovanni, con amore filiale e spontaneo, consacrandomi al tuo Cuore Immacolato.

Ave Maria.
Sia benedetta, ...----------------------------