martedì 30 settembre 2014

Richiesta preghiere 29/9/2014

Carissimi vi chiedo preghiere per i miei figli Gabriele e Michele che oggi festeggiano il loro onomastico, affinché il Signore, anche per intercessione degli arcangeli Gabriele e Michele, faccia loro ritrovare la fede. 
Grazie. ardea da Trieste
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Commento al Vangelo 29-09-2014

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,47-51)
In quel tempo, Gesù, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità”. Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”. Gli replicò Natanaele: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!”. Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo”. 

COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON 
Gesù, che legge nel cuore dell'uomo, riconosce la prontezza, la ricerca sincera e il desiderio di Natanaele di incontrarsi con lui. E Gesù, vedendolo arrivare così aperto e disponibile, lo previene e lo saluta come un autentico rappresentante d'Israele in cui non c'è falsità. Secondo la spiegazione di qualcuno, Natanaele sarebbe chiamato da Gesù "israelita", cioè degno del nome di Israele, perché questo nome significa "colui che vede Dio" e a Natanaele viene promessa la visione degli angeli che scendono e salgono sul figlio dell'uomo (v.51). 
Gesù conosce bene Natanaele, anche se lo incontra per la prima volta, perché egli conosce tutti (2,24) e sa cosa c'è nell'uomo (2,25). E Gesù dà a Natanaele una prova di conoscerlo bene: egli l'ha visto quando era sotto il fico. Sedere sotto il fico significa meditare e insegnare la Scrittura. 
Natanaele, dunque, è un uomo applicato allo studio della Scrittura che cerca e attende la venuta del Messia. Anche mentre ascoltava la spiegazione delle Scritture, era accompagnato e sostenuto dallo sguardo amoroso di Dio. Natanaele, toccato nell'intimo del suo cuore per la conoscenza che Gesù ha di lui (nota solo a Dio), riconosce in Gesù il Messia ed esclama: "Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele" (v.49). 
Con la sua fede nel Messia, Natanaele è già disposto ad un'ulteriore rivelazione di Gesù, che gli dice: "Vedrai cose maggiori di queste!" (v. 50). Gesù parla di una rivelazione continua del Padre, di un movimento di salita e discesa degli angeli, richiamando la scena di Giacobbe, nella quale il patriarca "fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa" ( Gen 28,12). Il salire e scendere è un richiamo alla realtà umana e divina di Gesù. Egli, pur essendo tra gli uomini, è in comunione col Padre, è il "luogo" dove si manifesta il Padre, è la "casa di Dio", è la "porta del cielo"(cfr Gen 28,17). 
Gesù è la rivelazione del Padre, è il punto di unione tra cielo e terra, è il mediatore tra Dio e gli uomini, è la nuova scala di Giacobbe di cui Dio si serve per dialogare con l'uomo. In Gesù l'uomo trova il luogo ideale per fare esperienza di Dio che salva. La piena e definitiva rivelazione di Dio si avrà solo in Gesù risorto e seduto alla destra del Padre nei cieli, dove salgono e scendono gli angeli di Dio. 
Natanaele è stato trasformato dall'incontro con Gesù perché in lui non c'è falsità; si è accostato a Gesù con cuore sincero e semplice.
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domenica 28 settembre 2014

Richiesta preghiere 26/9/2014

Carissimi, vi chiedo preghiere per Michela ed Alessandro. 
Sono sposati da 17 anni, ma c'è qualcosa ora che...non va. Aiutiamo questa famiglia a ritrovare la serenità, perché Michela sta soffrendo moltissimo, in quanto ama suo marito. 
Vi chiedo di rinnovare le preghiere per Tiziana (mia nuora) perchè la sua malattia tra alti e bassi, ora sta raggiungendo nuovamente dei picchi alti che causano anche malesseri nelle figlie di 9 e 13 anni, ed io ho molta difficoltà a continuare a seguirla. 
Pregate anche per me che il Signore mi aiuti in questo difficile compito. 
Grazie, ardea da Trieste
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Commento al Vangelo 28-09-2014 XXVI dom. t.ord. A

Dal Vangelo secondo Matteo (21,28-32)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».  

COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON 
Matteo ha fatto confluire in questa parabola elementi molto diversi: oltre all'opposizione tra il dire e il fare che concludeva il discorso della montagna (7,21; cfr 23,3), si vede apparire quello del pentimento, mentre viene ripresa l'allusione a Giovanni Battista e alla fede (cfr 21,23-27); il tutto nel quadro di una vigna che richiama la parabola degli operai (19,30-20,16) e annuncia quella dei vignaioli omicidi (21,33-46). 
Nel regno di Dio contano i fatti, non le parole. I due figli sono i "giusti" e i "peccatori" (cfr 9,13). Un detto rabbinico insegna: "I giusti promettono poco e fanno molto; gli empi parlano molto e non fanno nulla". Il test è la docilità o meno all'appello di Giovanni Battista. I pubblicani e le prostitute, che in un primo tempo avevano rifiutato la volontà del Padre manifestata nelle legge, hanno creduto a Giovanni Battista e, tramite lui, hanno scoperto la via della salvezza nel regno annunciato da Gesù, mentre i capi d'Israele non lo ascoltarono e non gli credettero. 
Questo brano trasmette molta consolazione e fiducia. Nessun peccatore deve scoraggiarsi. Questo testo annuncia un nuovo ordinamento di Dio, che contrasta con il modo di vedere umano e lo supera.
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venerdì 26 settembre 2014

Messaggio di Medjugorje del 25 settembre 2014

Cari figli! 
Anche oggi vi invito perché anche voi siate come le stelle che con il loro splendore danno la luce e la bellezza agli altri affinché gioiscano. 
Figlioli, siate anche voi splendore, bellezza, gioia e pace e soprattutto preghiera per tutti coloro che sono lontani dal mio amore e dall'amore di mio Figlio Gesù. 
Figlioli, testimoniate la vostra fede e preghiera nella gioia, nella gioia della fede che è nei vostri cuori e pregate per la pace che è dono prezioso di Dio. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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Quando Dio visita

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA DOMUS SANCTAE MARTHAE 

Quando Dio visita
Martedì, 16 settembre 2014
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.211, Merc. 17/09/2014)

Con la sua testimonianza il cristiano deve mostrare agli altri gli stessi atteggiamenti di Dio che visita il suo popolo: la vicinanza, la compassione, la capacità di restituire la speranza. Lo ha affermato Papa Francesco durante la messa celebrata stamani, martedì 16 settembre, nella cappella della Casa Santa Marta. 
«Dio ha visitato il suo popolo» è una espressione «che si ripete nella Scrittura», ha fatto subito notare il Pontefice riferendola all’episodio evangelico della risurrezione del figlio della vedova di Nain raccontato da Luca (7, 11-17). Sono parole che, ha precisato, hanno «un senso speciale», diverso da quello di espressioni come «Dio ha parlato al suo popolo» oppure «Dio ha dato i Comandamenti al suo popolo» o ancora «Dio ha inviato un profeta al suo popolo».
Nell’affermazione «Dio ha visitato il suo popolo», ha ribadito, «c’è qualcosa in più, c’è qualcosa di nuovo». Nella Scrittura la si trova, per esempio, in relazione alla vicenda di Noemi, della quale — ha fatto notare il Papa — si dice: «Dio l’ha visitata nella sua vecchiaia e l’ha resa nonna». E lo stesso, ha aggiunto, «si dice di Elisabetta, la cugina di Maria: Dio l’ha visitata e l’ha resa madre».

Dunque «quando Dio visita il suo popolo, vuol dire che la sua presenza è specialmente lì». E, ha sottolineato Francesco richiamando l’episodio di Nain, «in questo passo del Vangelo, dove si racconta questa risurrezione del ragazzo, figlio della madre vedova, il popolo dice questa parola: Dio ci ha visitato». 
Perché usa proprio questa espressione? Solo perché Gesù — si è chiesto il Pontefice — «ha fatto un miracolo?». In realtà c’è «di più». Infatti la questione fondamentale è comprendere «come visita Dio».
Egli, ha evidenziato il vescovo di Roma, visita «prima di tutto con la sua presenza, con la sua vicinanza». Nel brano evangelico proposto dalla liturgia «si dice che Gesù si recò in una città chiamata Nain e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla». In sostanza «era vicino alla gente: un Dio vicino che riesce a capire il cuore della gente, il cuore del suo popolo». Poi, racconta Luca, «vede quel corteo e si avvicina». Perciò «Dio visita il suo popolo», è «in mezzo al suo popolo, avvicinandosi». La «vicinanza è la modalità di Dio».
Inoltre, ha osservato ancora il Pontefice, «c’è un’espressione che si ripete nella Bibbia tante volte: “Il Signore fu preso da grande compassione”». Ed è proprio «la stessa compassione che, dice il Vangelo, aveva quando ha visto tanta gente come pecore senza pastore». È un fatto, allora, che «quando Dio visita il suo popolo gli è vicino, gli si avvicina e sente compassione: si commuove». Egli «è profondamente commosso, come lo è stato davanti alla tomba di Lazzaro». E commosso come il padre, nella parabola, quando vede tornare a casa il figliol prodigo.
«Vicinanza e compassione: così il Signore visita il suo popolo» ha rimarcato Francesco. E «quando noi vogliamo annunciare il Vangelo, portare avanti la parola di Gesù, questa è la strada». Invece «l’altra strada è quella dei maestri, dei predicatori del tempo: i dottori della legge, gli scribi, i farisei». Personaggi «lontani dal popolo», che «parlavano bene, insegnavano la legge bene». Eppure erano «lontani». E «questa non era una visita del Signore: era un’altra cosa». Tanto che «il popolo non sentiva questo come una grazia, perché mancava la vicinanza, mancava la compassione e cioè patire con il popolo».
A «vicinanza» e «compassione» il Papa ha aggiunto «un’altra parola che è propria di quando il Signore visita il suo popolo». Scrive Luca: «Il morto si mise seduto e incominciò a parlare, ed egli — Gesù — lo restituì a sua madre». Dunque «quando Dio visita il suo popolo, restituisce al popolo la speranza. Sempre!».
In proposito Francesco ha fatto notare che «si può predicare la parola di Dio brillantemente» e «ci sono stati nella storia tanti bravi predicatori: ma se questi predicatori non sono riusciti a seminare speranza, quella predica non serve. È vanità».
Proprio l’immagine proposta dal Vangelo di Luca, ha suggerito, può far capire fino in fondo «cosa significa una visita di Dio al suo popolo». Lo comprendiamo «guardando Gesù in mezzo a quella grande folla; guardando Gesù che si avvicina a quel corteo funebre, la madre che piange e lui le dice “non piangere”, forse l’ha accarezzata; guardando Gesù che restituì alla mamma il figlio vivo». Così, ha concluso il Pontefice, possiamo «chiedere la grazia che la nostra testimonianza di cristiani sia portatrice della visita di Dio al suo popolo, cioè di vicinanza che semina la speranza».

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Le sono perdonati i suoi molti peccati

La Chiesa a tutti offre la possibilità di percorrere la strada della santità, che è la strada del cristiano: ci fa incontrare Gesù Cristo nei Sacramenti, specialmente nella Confessione e nell’Eucaristia; ci comunica la Parola di Dio, ci fa vivere nella carità, nell’amore di Dio verso tutti. Chiediamoci, allora: ci lasciamo santificare? Siamo una Chiesa che chiama e accoglie a braccia aperte i peccatori, che dona coraggio, speranza, o siamo una Chiesa chiusa in se stessa? Siamo una Chiesa in cui si vive l’amore di Dio, in cui si ha attenzione verso l’altro, in cui si prega gli uni per gli altri?

    Un’ultima domanda: che cosa posso fare io che mi sento debole, fragile, peccatore? Dio ti dice: non avere paura della santità, non avere paura di puntare in alto, di lasciarti amare e purificare da Dio, non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. Lasciamoci contagiare dalla santità di Dio. Ogni cristiano è chiamato alla santità (cfr Vaticano II L.G., 39-42); e la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio. E’ l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia, è avere fiducia nella sua azione che ci permette di vivere nella carità, di fare tutto con gioia e umiltà, per la gloria di Dio e nel servizio al prossimo. C’è una celebre frase dello scrittore francese Léon Bloy; negli ultimi momenti della sua vita diceva: «C’è una sola tristezza nella vita, quella di non essere santi». 
Papa Francesco 
Udienza generale del 02/10/2013
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Commento al Vangelo della XXV Domenica t.ord. 21/9/2014

Gli operai del regno di Dio 
Gesù Cristo, parlando della mercede che avrebbero avuto i suoi fedeli seguaci, aveva detto che molti dei primi sarebbero stati gli ultimi, e molti degli ultimi i primi (19,30). Queste parole erano indirettamente la risposta a quella certa presunzione che aveva avuto san Pietro, domandando quale premio sarebbe spettato loro per aver lasciato tutto. San Pietro aveva parlato in quel modo per sconsideratezza, e Gesù, nella sua dolcezza, non lo aveva rimproverato, anzi gli aveva risposto secondo il suo desiderio; Egli, però, non poteva far passare senza una rettifica quella pretesa di avanzare un diritto di fronte alle elargizioni della grazia e, con una parabola, spiegò anche meglio come i primi potevano essere gli ultimi e gli ultimi - i quali, senza pretendere nulla, si rimettono con umiltà alla generosità del Signore -, potevano diventare i primi. Egli, così, rivelava un segreto dell'economia della grazia che è sempre misericordia, e della nostra corrispondenza che ha per fondamento l'umiltà e il servire al Signore per amore. 
In tutte le parabole, Gesù Cristo utilizzava o un fatto realmente successo o le circostanze degli usi locali, in modo da presentarli con i caratteri psicologici di un fatto reale, e renderne più completa l'applicazione che voleva farne. 
La parabola che raccontò per mostrare che gli ultimi sarebbero stati i primi e i primi gli ultimi forse ebbe come fondamento la scena reale di operai che attendevano lavoro su una delle piazze per le quali Egli passò. Anticamente, infatti, gli operai si trattenevano in piazza con gli arnesi del loro mestiere, e si offrivano pronti a chi li avesse reclutati, dopo aver pattuito il prezzo della giornata. Gesù, nel vedere quell'assembramento, o riferendosi all'uso che vigeva, rivolto ai suoi cari, disse: Il regno dei cieli è simile ad un padre di famiglia, il quale uscì di buon mattino per assoldare lavoratori per la sua vigna. Trovò sulla piazza i primi che vi si erano radunati e, pattuita con essi la mercede di un denaro, cioè di circa 78 centesimi, li mandò nella sua vigna. La paga, per quei tempi, era normale e poteva dirsi anche vistosa. Non bastandogli ancora gli operai reclutati, uscì verso l'ora terza, cioè alle nove, per chiamare altri e, trovatili disoccupati, promise loro una giusta mercede, e li mandò nella sua vigna. Lo stesso fece all'ora sesta e nona, cioè alle dodici e alle tre. È evidente, dal contesto della parabola, che il padrone reclutò gli altri operai anche per un sentimento di misericordia, vedendoli disoccupati, e perciò verso l'undicesima ora, cioè un'ora prima del tramonto, ritornò in piazza e, visti degli operai che oziavano perché nessuno li aveva chiamati, li mandò nella sua vigna a fare almeno l'ultima ora di lavoro. 
Venuta la sera, il padrone ordinò al suo fattore di pagare gli operai, cominciando dagli ultimi, e dando loro un denaro. Egli volle, in tal modo, aiutarli nella loro povertà, e supplire, con la sua generosità, al lavoro che essi non avevano potuto fare per non essere stati chiamati in tempo. I primi venuti si aspettavano una paga maggiore, ma ebbero anch'essi un denaro, secondo il patto stabilito. Ricevutolo, cominciarono a mormorare contro il padrone e lo tacciarono d'ingiustizia verso di loro, mentre egli era stato solo misericordioso verso gli altri. Ascoltando quelle mormorazioni, il padrone si rivolse a uno che forse parlava a nome di tutti, e gli fece riflettere che non aveva ragione di lamentarsi, avendo avuto quello che gli spettava né doveva essere cattivo solo perché il padrone era buono. 
Gesù chiuse la parabola dicendo: Così gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi, poiché molti sono i chiamati ma pochi gli eletti. Queste ultime parole: molti sono i chiamati ma pochi gli eletti, mancano nei codici più antichi, e si trovano in altri. Alcuni credono che formino la conclusione di un'altra parabola (22,14) e che qui siano spostate; esse, invece, formano la chiusa logica del pensiero altissimo che Gesù intese dire nella parabola, come subito vedremo. 
È evidente, infatti che la moralità del racconto del Redentore sta in quelle parole: Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi, e che l'accenno ai chiamati e agli eletti si riferisce al pensiero del Redentore che nella parabola esponeva l'ordine della divina provvidenza e della divina grazia nell'elezione delle anime. 
Padre Dolindo Ruotolo
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mercoledì 17 settembre 2014

Richiesta preghiere 17/9/2014

Cari fratelli e sorelle in Cristo e nel cuore Immacolato di Maria, 
vi chiedo preghiere di intercessione per la guarigione di Giuliana affetta da tachicardia, anemia e flussi di sangue frequenti al mese. 
Inoltre per Lucia, affetta da tumore al colon sarà operata alla fine di settembre. 
Che il Signore e la nostra Mamma celeste le aiujtino a ritrovare la salute e a restare coi loro famigliari tanto amati. 
Grazie a tutti voi. Che Dio vi benedica. 
Vostro fratello Sergio.
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Pregate per poter accettare la croce

Se ci domandiamo che cosa ha detto qui la Madonna sulla croce, sulla sofferenza, non troveremo molto, ma troveremo molti punti come inviti. Una volta - era un Venerdì Santo - ha detto in un messaggio: « Non abbiate paura di portare la vostra croce, mio Figlio Gesù è con voi ». La Madonna sa che noi abbiamo la croce, ma ci invita a portarla, perché non siamo soli: « Mio Figlio Gesù è con voi ». L'anno scorso, prima della festa della Croce, ha detto: « Vi invito, pregate davanti alla Croce, perché dalla Croce vengono grandi grazie », e ci ha tutti invitati anche a consacrarci. Consacrarsi alla Croce perché, come? La Madonna non ci ha spiegato come ci si deve consacrare alla Croce, ma noi possiamo sapere cosa significa consacrare. Su questo punto ci aiuta anche la tradizione della Chiesa, l'esperienza mistica di tanti santi. Consacrarsi alla Croce, consacrarsi attraverso la Croce al Signore, significa abbandonarsi, dare la propria vita. Nel consacrarsi alla Croce è molto importante questo: domandarci se questa Croce mi parla. In ogni famiglia cristiana e sicuramente anche nella tua famiglia c'è la Croce o sul muro o sul Rosario. Quante volte noi vicino alla Croce bestemmiamo, ci comportiamo male, egoisticamente, con orgoglio, offendiamo, non vogliamo riconciliarci. Se è così - e tante volte è così - significa che non siamo consacrati alla Croce, cioè la Croce non ci parla, perché la parola della Croce è sempre: riconciliatevi, perdonate, amate senza condizioni. 

Se abbiamo capito la Croce capiremo tutto. Se non capiamo la Croce non capiremo mai niente della nostra vita cristiana. La Madonna vuole che noi capiamo la Croce, perché Lei stessa l'ha capita, non perché è fuggita dalla Croce, ma l'ha accettata, con suo Figlio Gesù. 

Nell'ultimo messaggio ha parlato sulla Croce e sulla sofferenza, esprimendo un desiderio: « Desidero che per voi la vostra croce sia gioia ». Se la Madonna lo desidera significa che è possibile. La Madonna non dice mai una parola vuota, e se dice che desidera, è possibile che per me e per te, la mia e la tua sofferenza, le nostre croci diventino gioia. Ci ha mostrato anche la via per la quale si può arrivare: « In modo particolare, cari figli, pregate per poter accettare la croce, la sofferenza, con amore ». 

Non ci invita ad accettare subito, ma a pregare per poter accettare. Noi se abbiamo tristezza, molti problemi, molta sofferenza, se siamo disperati, forse a questo punto non possiamo accettare questo messaggio. Forse ci fa anche rabbia se dice: « Prendete con gioia, accettate con gioia la vostra croce, con amore ». Possiamo domandarci: quando abbiamo pregato l'ultima volta per la grazia di poter accettare la croce, la sofferenza con amore come Gesù? È questo il punto che dobbiamo capire, ma lo possiamo solo attraverso la preghiera. La Madonna non è contenta se noi soffriamo, non è sicuramente felice se noi portiamo le croci. Non dobbiamo aver paura davanti a questo invito. 

« Accettate con amore la sofferenza ». La Madonna ci vuole insegnare una strategia con la quale possiamo lottare contro la croce, contro la sofferenza. Noi abbiamo già trovato tante volte dei falsi mezzi nei confronti della sofferenza. Allora quando noi proviamo a fuggire dalla sofferenza, dalla croce, non vogliamo accettarla, ogni croce non accettata diventa doppia. La Madonna invitandoci ad accettare la sofferenza ci indica una strada, un cammino di guarigione. Infatti dice più avanti: « Solo così posso con la gioia darvi le grazie e guarigione che Gesù mi permette ». 

Vedete, quando si accetta la sofferenza con amore, come Gesù, questa è l'ultima condizione per essere guariti. 

Vi vorrei dire ancora una parola e discernere due fonti della sofferenza. Esiste una sofferenza che ci viene perché amiamo e un'altra perché non vogliamo amare, cioè perché facciamo il peccato, perché odiamo. Quando uno ama, con l'amore è sempre collegata la sofferenza, la croce, perché l'amore sempre ci guida verso gli altri e negli altri incontriamo sempre tanta sofferenza. Se li amiamo soffriamo, ma questa sofferenza ci fa maturare, ci aiuta e aiuta gli altri. Per esempio, quando una mamma ama il suo bambino e questo è ammalato, ha delle sofferenze, la mamma stando con lui sicuramente diventa una mamma più matura e il suo amore si purifica. È sempre così. Questa sofferenza accompagna sempre l'amore e a questo punto possiamo forse più facilmente capire da dove veniva la sofferenza di Gesù e la sofferenza della Madonna. 

Umanamente parlando la Madonna dice che soffre e tante volte l'hanno vista piangere. Chi è in Cielo non può soffrire, ma in questo modo la Madonna ci dice che ci ama e ci vuole educare all'amore per poter capire la sofferenza, per poterla portare e per poter aiutare gli altri ad essere salvati dalla sofferenza. Da questa sofferenza che viene perché si ama, non possiamo essere salvati, perché Gesù stesso non era salvato. Ma c'è un'altra sofferenza. Se uno odia, non vuole perdonare, qual è la sua sofferenza? Il rancore. Non può essere mai contento, non può essere mai felice, perché l'odio distrugge, non può portarci la vita. Questa sofferenza è pericolosa, perché distrugge personalmente coloro che portano odio e che non vogliono riconciliarsi e queste persone distruggono le altre. Pensate ad un ubriaco, ad uno che beve molto, quale è la sua sofferenza? Qual è la sofferenza della sua famiglia? Diventa un problema, diventa una sofferenza grande. Se uno prende la droga, quanta sofferenza! Vedete il discernimento? Se noi cristiani capissimo questa sofferenza che viene dal peccato capiremmo che dobbiamo lasciare il peccato per poter avere l'amore. Quando abbiamo l'amore, io vi dico, non ci interessa più la sofferenza, ci interessa solo una cosa: amare in ogni momento, in ogni situazione. E qui, oggi, festeggiando, celebrando la Croce dovremmo capire questo punto della vita cristiana. Allora la Madonna ci invita ad avvicinarci alla Croce, a pregare davanti alla Croce, a consacrarci alla Croce. E non ha paura perché sa quale significato hanno avuto la Croce e la sofferenza nella sua vita e nella vita di suo Figlio. La Madonna ha capito il suo dovere: siamo nati proprio sotto la Croce quando Gesù ha detto: « Madre ecco il tuo figlio » e al discepolo: « Ecco la tua Madre ». Possiamo dire che in quel momento è nata la nostra Chiesa, la nostra comunità. Come ogni madre, Maria vuole educarci e come Regina dei profeti non poteva nasconderci la Croce, non poteva non parlare sulla sofferenza e doveva invitarci alla conversione, perché tutti i profeti dovevano fare così. Solo i falsi profeti hanno promesso la pace, non hanno parlato della sofferenza, non hanno parlato del bisogno della conversione. 

La Madonna, come Regina dei profeti, ci invita a pregare per poter accettare le croci e per poter, con la croce, con la nostra sofferenza, ottenere un mondo nuovo. 

(P. Slavko Barbaric - 14 settembre 1986) 

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Commento al Vangelo 17-09-2014

Dal Vangelo secondo Luca (7,31-35)
In quel tempo, il Signore disse: “A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato: vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli”. 

COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON 
La gente del tempo di Gesù rifiuta il gioco di Dio e contrasta il suo disegno. Dio li chiama alla conversione e alla serietà per mezzo di Giovanni il Battista e non accettano perché lo ritengono pazzo. Li chiama alla gioia e alla festa per mezzo di Gesù e non accettano perché vogliono un Dio severo. Sono persone adulte che si comportano come bambini capricciosi. In realtà chi non accetta il messaggio di conversione proposto da Giovanni il Battista, riconoscendosi peccatore, non può accogliere l'invito alla gioia proposto da Gesù. 
Gli umori capricciosi dei giudei di allora si rivelano nel giudizio che essi danno di Giovanni e di Gesù. Il Battista è troppo severo, e lo definiscono pazzo. Gesù è poco santo, molto mondano; coltiva amicizie con gente poco raccomandabile, con scomunicati e peccatori. Luca si è compiaciuto di ricordarci che Gesù è amico dei pubblicani e delle prostitute, rivelandoci così, che le compagnie preferite da Gesù non erano proprio le più onorate e le più raccomandabili. Una domanda pertinente: la scelta delle nostre amicizie assomiglia a quella di Gesù? 
Per quanto misteriose possano sembrare le vie di Dio nella storia della salvezza, esse sono sempre determinate dalla sua sapienza. E la sapienza di Dio può essere riconosciuta come tale solo da chi è generato, trasformato e compenetrato da lei; da chi pensa e giudica come pensa e giudica lei. L'uomo per poter riconoscere in Giovanni e in Gesù due inviati di Dio, deve possedere la sapienza divina e rinunciare a una logica puramente umana. Deve convertirsi e cambiare mentalità; non prendere più se stesso, ma Dio, come misura delle cose: deve uscire da sé e lasciarsi illuminare dalla parola di Dio. Deponendo la sua sapienza umana, deve farsi piccolo e povero, perché Dio annuncia il suo vangelo ai piccoli e ai poveri.
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lunedì 15 settembre 2014

Richiesta di preghiere 14/9/2014

Carissimi 
vi chiedo una preghiera per il mio parroco don Umberto che, dopo 15 anni lascia la parrocchia per iniziare una nuova attività come parroco presso un'altra comunità. 
Il Signore lo accompagni e lo Spirito Santo effonda su di lui ogni grazia necessaria al suo nuovo incarico. 
Anche don Christian contemporaneamente lascia la mia parrocchia per un nuovo incarico ad Albano per un delicato corso di preparazione per le varie e difficili problematiche della famiglia. 
Anche per lui chiedo una preghiera affinchè il Signore lo accompagni in questo delicato compito e lo Spirito Santo lo assista e gli dia forza e coraggio per affontare questo nuovo incarico. 
Chiedo inoltre una preghiera per don Andrea e don Karol che vengono a sostituire questi sacerdoti che ci lasciano. Il Signore li aiuti ad affontare con coraggio questo nuovo incarico e la comunità possa accoglierli e con loro proseguire il cammino verso il Signore. 
Grazie. ardea da Trieste
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Preghiamo per Roberto e per Antonio

Buona sera a tutti. 
Vorrei raccomandare alle vostre e nostre preghiere, oltre a Roberto, di cui vi parlavo nel mio precedente messaggio, anche Antonio, il suocero d'un mio amico, che, dopo un improvviso ricovero in ospedale a Napoli, è stato colpito da una paralisi generale, in conseguenza della quale non può muovere nemmeno un dito. 
Ora Antonio è sotto l'effetto di farmaci sedativi, sicché non s'è ancora reso conto della sua terribile situazione; i medici temono per il suo equilibrio psichico, quando si sveglierà e capirà. 
Se ho capito bene, non c'è nessuna speranza (umana) di guarigione.
Invochiamo la Madonna che scioglie i nodi per Roberto, e sant'Antonio di Padova per Antonio: che il Signore gli conceda la guarigione, o, se non è questa la sua volontà, gli dia consolazione, pace, fede, speranza, carità; e conforti e aiuti tutti i suoi. 
Grazie delle vostre preghiere. 
Sempre uniti in Gesù e Maria. 
Tommaso
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Commento al Vangelo 14-09-2014

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,13-17)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». 

COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON 
Gesù è l'unico rivelatore delle cose del cielo. Egli, pur continuando ad avere la sua dimora nel Padre, si è fatto uomo per comunicare agli uomini la vita di Dio. Questo mistero di abbassamento e di rivelazione sarà compiuto sulla croce, quando Gesù sarà innalzato nella gloria, perché "chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (v.15). 
Allora l'umanità potrà comprendere l'evento scandaloso e sconcertante della salvezza per mezzo della croce e guarire dal suo male, come gli ebrei un tempo nel deserto guarirono dai morsi dei serpenti velenosi guardando il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto innalzare come segno di vita (Nm 21,4-9). Anche allora tuttavia non era il serpente di bronzo che salvava, ma come scrive il libro della Sapienza, 17,7: "Chi si volgeva a guardarlo era salvato non da quel che vedeva, ma solo da te, salvatore di tutti". Bisogna sempre oltrepassare le apparenze del segno e guardare con fede alla misericordia e alla potenza di Dio. La salvezza è sottomettersi a Dio e rivolgere lo sguardo al Cristo crocifisso. 
Questo è il vero atto di fede che ci comunica la vita eterna (cfr Gv 19,37). 
La nuova vita generata in noi dallo Spirito è esposta quotidianamente ai morsi del serpente, il diavolo. Il rimedio contro il peccato e la morte è il Cristo morto sulla croce. La fonte della salvezza e della vita eterna è l'amore del Padre che ci dona il Figlio per distruggere il peccato e la morte. 
I vv.16-17 esprimono molto bene il carattere universale della salvezza operata dal Cristo, che trova la sua origine nell'iniziativa misteriosa dell'amore di Dio per gli uomini. Il fatto che il Padre ha mandato a noi il suo Figlio per salvarci è la più alta manifestazione di Dio che è Amore (cfr 1Gv 4,8-16). La missione di Gesù è quella di portare agli uomini la salvezza:" Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (v.16). 
La scelta fondamentale dell'uomo è questa: accettare o rifiutare l'amore del Padre che si è rivelato in Cristo. Questo amore non giudica e non condanna il mondo, ma lo salva:" Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (v.17).
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domenica 14 settembre 2014

Papa Francesco: esegesi indispensabile per capire la Bibbia

Papa Francesco ha incontrato stamani (12-09-2014) nella Sala Clementina, in Vaticano, i membri dell’Associazione Biblica Italiana al termine della 43.ma Settimana Biblica Nazionale. Un appuntamento che inaugura le celebrazioni per il 50.mo anniversario della Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II sulla Divina Rivelazione “Dei Verbum”, promulgata il 18 novembre 1965. Competenza e docilità allo Spirito Santo, i due requisiti indicati da Francesco per l’esegeta cattolico. 

Dobbiamo essere grati per le aperture che ci ha offerto il Concilio riguardo all'accesso alla Sacra Scrittura. “Il cristiano ne ha bisogno oggi più che mai, sollecitato com’è da contrastanti provocazioni culturali”. Lo dice il Papa sottolineando che la fede, per risplendere, dev’essere nutrita costantemente dalla Parola di Dio. Francesco esprime stima e riconoscenza per il lavoro svolto dall'Associazione e approfitta dell’occasione per ribadire l’importanza dell’esegesi biblica per il Popolo di Dio. Cita ciò che la Pontificia Commissione Biblica scriveva in un documento del 1993: 

"L’esegesi biblica adempie, nella Chiesa e nel mondo, un compito indispensabile. Voler fare a meno di essa per comprendere la Bibbia sarebbe un’illusione e dimostrerebbe una mancanza di rispetto per la Scrittura ispirata (...) Per parlare agli uomini e alle donne, Dio ha sfruttato tutte le possibilità del linguaggio umano, ma nello stesso tempo ha dovuto sottomettere la sua Parola a tutti i condizionamenti di questo linguaggio. Il vero rispetto per la Scrittura ispirata esige che si compiano tutti gli sforzi necessari perché si possa cogliere bene il suo significato ... questo compito è affidato proprio agli esegeti". 
In occasione dell’uscita di quel documento, san Giovanni Paolo II aveva ricordato, dice Papa Francesco, che l’esegesi cattolica deve “aiutare il popolo cristiano a percepire in modo più nitido la parola di Dio in questi testi”. Ciò può accadere però solo se lo stesso esegeta sa percepire in essi la Parola divina e questo è possibile se la sua vita spirituale è ricca di dialogo con il Signore: 
"Perciò alla competenza accademica, all'esegeta cattolico è richiesta anche e soprattutto la fede, ricevuta e condivisa con tutto il popolo credente che nella sua totalità non può sbagliare". 
Papa Francesco cita ancora San Giovanni Paolo II che raccomandava: 
"Per arrivare ad un’interpretazione pienamente valida delle parole ispirate dallo Spirito Santo, dobbiamo noi stessi essere guidati dallo Spirito Santo, per questo bisogna pregare, pregare molto, chiedere nella preghiera la luce interiore dello Spirito e accogliere docilmente questa luce, chiedere l’amore, che solo rende capaci di comprendere il linguaggio di Dio, che è amore"
 Alla fine Papa Francesco indica il modello dell’esegeta: è la Vergine Maria che "insegna ad accogliere pienamente la Parola di Dio, non solo attraverso la ricerca intellettuale, ma in tutta la nostra vita". 
Radio Vaticana
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martedì 9 settembre 2014

Richieste di preghiere 9/9/2014

Carissimi, giovedì prossimo 11 settembre la mia carissima amica Lucia dovrà subire un delicato intervento chirurgico. 
Chiediamo al Signore ed a Maria Santissima una preghiera affinché guidino le mani del chirurgo che dovrà operare. 
Inoltre una preghiera affinché il Signore con l'intercessione di Maria la nostra Mamma del cielo conceda a Lucia la guarigione del corpo e la pace e la serenità alla sua anima. 
Grazie. Ardea da Trieste
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Commento al Vangelo 9-09-2014

Dal Vangelo secondo Luca (6,12-19)
In quei giorni, Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidóne, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti. 

COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON 
Gesù ha compiuto la sua prima manifestazione, ha avuto il suo primo incontro con il popolo e le autorità religiose del paese; ora ha bisogno di una lunga notte di riflessione, di preghiera e di contatto con il Padre. L'opera che ha avviato è destinata a sopravvivere nel tempo, per questo egli deve scegliere degli uomini che condividano la sua causa e la portino avanti nei secoli. 
Secondo il vangelo di Luca, la Chiesa e la sua organizzazione essenziale provengono direttamente da Cristo. Gesù sale sul monte per trovare nell'incontro con il Padre la chiarezza necessaria per scegliere i dodici apostoli. Il numero dodici richiama quello dei patriarchi dell'Antico Testamento. Si delinea così la nascita del nuovo popolo di Dio. La preghiera sta all'origine di ogni scelta e azione apostolica di Gesù e della Chiesa. Il giorno della Chiesa spunta dalla notte di Gesù passata in comunione col Padre. 
Ciò non vuole assolutamente dire che le scelte che il Padre e il Figlio fanno, chiamando i dodici e gli altri dopo di loro lungo i secoli, saranno le migliori secondo la nostra logica umana. La struttura portante della Chiesa è zoppicante fin dall'inizio, sempre aperta al tradimento e al rifiuto del Signore. Pietro e Giuda ne sono le figure emblematiche. E tutto questo non è uno spiacevole imprevisto, ma è una realtà che fa parte del progetto di salvezza. Il motivo che spinge la gente verso Gesù è il bisogno di ascoltare la parola di Dio e di essere guarita. Come la parola del serpente portò il male e la morte (cfr Gen 3), così la parola di Dio guarisce dal male e dà la vita. C'è infatti una stretta connessione tra l'ascolto della parola di Dio e la guarigione, come tra la disobbedienza alla parola di Dio e la morte (cfr Dt 11,26-32). "Il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte" (Rm 5,12) perché l'uomo ha ascoltato il serpente. 
L'uomo diventa ciò che ascolta. Se ascolta Dio diventa figlio di Dio, se ascolta il diavolo diventa figlio del diavolo. Come la gente di allora, anche noi possiamo toccare e sperimentare la potenza di Gesù se ascoltiamo la sua parola. La parola di Dio infatti "è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). Infatti "è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione" (1Cor 1,21).
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lunedì 8 settembre 2014

Commento al Vangelo 8-09-2014

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1,1-16.18-23 - forma breve: Mt 1,18-23) 
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, Asaf generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. 
[Ecco poi come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele”, che significa “Dio con noi”]. 

COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON 
Questa genealogia si ispira al primo libro delle Cronache 1,34; 2,1-15; 3,1-18; e al libro di Rut 4,18-22. Per l'ebreo la storia si esprime in termini di genesi, di generazione. Nella Bibbia c'è una sola storia, quella di una promessa fatta da Dio ad Abramo, padre dei credenti (cfr Is 51,1-2), manifestatasi nel re Davide (cfr Is 9,6; 11,1-9) e adempiuta in Gesù (cfr Gal 3,28-29). Il primo versetto di questo brano è il titolo della genealogia, ma può essere contemporaneamente il titolo di tutto il vangelo. L'espressione "libro della genesi" richiama il titolo del primo libro della Bibbia e suggerisce che il vangelo è il racconto della nuova creazione. L'evangelista Giovanni si pone sulla stessa linea mettendo all'inizio del suo vangelo le parole "in principio", riprese direttamente dal libro della Genesi 1,1. 
Come figlio di Davide, Gesù porta a pieno compimento le promesse che Dio aveva fatto per mezzo dei profeti (2Sam 7,1ss; Is 7,14ss). Come figlio di Abramo realizza perfettamente la promessa fatta al capostipite del popolo di Dio: "In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra... Ti renderò molto, molto fecondo; ti farò diventare nazioni e da te nasceranno dei re" (Gen 17,6; cfr Gal 3,8-29). La genealogia mette in evidenza la continuità tra la storia d'Israele e la missione di Gesù e ci prepara a capire il vangelo, secondo il quale la Chiesa fondata da Gesù (Mt 16,18) è il vero Israele di Dio e l'erede di tutte le sue promesse. Al versetto 16 la struttura dell'albero genealogico bruscamente si spezza. Stando al susseguirsi delle generazioni precedenti, avremmo dovuto leggere: Giacobbe generò Giuseppe e Giuseppe generò Gesù. Leggiamo invece:" Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale fu generato (da Dio) Gesù chiamato il Cristo". Questo verbo in forma passiva "fu generato" (in greco eghennethe) esprime l'azione di Dio, che verrà richiamata esplicitamente nel brano seguente:" Quel che è generato in lei viene dallo Spirito santo" (Mt 1,20). Nel versetto 17 Matteo attribuisce una grande importanza al numero 14. Questo numero è la somma di valori numerici delle tre lettere dell'alfabeto ebraico che formano il nome di Davide (daleth, waw, daleth = 4+6+4). Questo versetto esprime una tesi teologica: sottolineando la cifra di Davide moltiplicata per tre (la cifra tre è simbolica: esprime la realtà dell'uomo nella sua continuità, nel suo permanere nell'essere), Matteo pone l'accento su Davide e sulla continuità della sua discendenza, argomento che svilupperà nel brano seguente. Nella genealogia di Gesù Cristo, Matteo ci ha dato una visione teologica del susseguirsi della generazioni. Ora prosegue questa sua concezione presentando il ruolo e la missione di Giuseppe dal punto di vista di Dio. Giuseppe è un uomo giusto (v.9). Il suo problema non è principalmente la situazione nuova che si è creata con la sua promessa sposa Maria, ma il suo rapporto con questo bambino che sta per nascere e la responsabilità che egli sente verso di lui. Giuseppe è detto giusto perché sintetizza nella sua persona l'atteggiamento dei giusti dell'Antico Testamento e in particolare quello di Abramo (cfr Mt 1,20-21 con Gen 17,19). La giustizia di Giuseppe non è quella "secondo la legge" che autorizza a ripudiare la propria moglie, ma quella "secondo la fede" che chiede a Giuseppe di accettare in Maria l'opera di Dio e del suo Spirito e gli impedisce di attribuirsi i meriti dell'azione di Dio. Di sua iniziativa Giuseppe non ritiene di poter prendere con sé una persona che Dio si è riservata. Egli si ritira di fronte a Dio, senza contendere, e rinuncia a diventare lo sposo di Maria e il padre del bambino che sta per nascere; per questo decide di rinviare segretamente Maria alla sua famiglia. Giuseppe è giusto di una giustizia che scopriremo nel seguito del vangelo, quella che si esprime nell'amore dato senza discriminazioni a chi lo merita e a chi non lo merita (Mt 5,44-48) ed è riassunto nella "regola d'oro": "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12). L'uomo giusto è misericordioso come Dio è misericordioso. La crisi di Giuseppe ha lo stesso significato dell'obiezione di Maria in Luca 1,29. Maria era turbata perché non sapeva che cosa significasse il saluto dell'angelo. Giuseppe è incerto perché non sa spiegarsi ciò che è avvenuto in Maria. Maria può chiedere la spiegazione all'angelo, ma Giuseppe non sa a chi rivolgersi; per questo decide di mettersi in disparte aspettando che qualcuno venga a liberarlo dalle sue perplessità. Matteo mette in rilievo l'identità messianica di Gesù affermando la sua discendenza da Davide, al quale Dio aveva promesso un discendente che avrebbe regnato in eterno sulla casa di Giacobbe (cfr Lc 1,33; 2Sam 7,16). Quindi, secondo la genealogia, Gesù è il discendente di Davide non in virtù di Maria, ma di Giuseppe (v.16). E' per questo che Matteo presenta Giuseppe come destinatario dell'annuncio con il quale gli viene dato l'ordine di prendere Maria con sé e di dare il nome a Gesù. Giuseppe, riconoscendo legalmente Gesù come figlio, lo rende a tutti gli effetti discendente di Davide. Gesù verrà così riconosciuto come figlio di Davide ( Mt 1,1; 9,27; 20,30-31; 21,9; 22,42). Il nome di Gesù significa "Dio salva". La promessa di salvezza contenuta nel nome di Gesù viene presentata in termini spirituali come salvezza dai peccati (v. 21). Anche per Luca la salvezza portata da Gesù consiste nella remissione dei peccati (Lc 1,17). In queste parole c'è il netto rifiuto di un messianismo terreno: Gesù non è venuto a conquistare il regno d'Israele o a liberare la sua nazione dalla dominazione straniera. La singolarità dell'apparizione dell'angelo consiste nel fatto che essa avviene in sogno. Matteo forse presenta Giuseppe secondo il modello del patriarca Giuseppe, viceré d'Egitto (Gen 37,5ss). La cosa importante è che l'apparizione dell'angelo chiarisce con sicurezza che la direttiva viene da Dio. Nel versetto 22 troviamo la prima citazione dell'Antico Testamento. Questa è preceduta dalla formula introduttiva: "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta". Con questa espressione Matteo vuol darci l'idea del compimento delle intenzioni di Dio contenute nella Scrittura. E' importante notare che attraverso il profeta ha parlato Dio. Con la citazione di Isaia 7,14 Matteo presenta la generazione di Gesù come un parto verginale. Gesù quale Emmanuele, Dio con noi, costituisce un motivo centrale del vangelo di Matteo. Questa citazione di Isaia forma un'inclusione con l'ultima frase del vangelo: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Preghiera del mattino 8/IX/2014

Alla tua nascita, o Purissima, Gioacchino e Anna, figli di Abramo e di Sara, sono stati liberati dal disonore di una vita spirituale apparentemente sterile, divenendo la fonte di una nuova generazione di uomini e di donne. 
O Immacolata, Adamo ed Eva vedono levarsi l'alba dell'affrancamento dalla corruzione e dalla morte. Il tuo popolo, che festeggia questa nascita, liberato dal peso del peccato, grida verso di te: colei che era sterile ha messo al mondo la madre di Dio, nutrice della nostra vita. 
La tua nascita, o Madre di Dio, ha annunciato la gioia a tutto l'universo, poiché da te si è levato il Sole di giustizia, Cristo nostro Dio che, togliendo la maledizione e annientando la morte, ci ha donato la vita eterna.
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Natività della Beata Vergine Maria

« La celebrazione odierna – si legge nel brano dei Discorsi di S. Andrea di Creta proclamato nell'odierno Ufficio delle Letture - onora la natività della Madre di Dio. Però il vero significato e il fine di questo evento è, l'incarnazione del Verbo. Infatti Maria nasce, viene allattata e cresciuta per essere la Madre del Re dei secoli, di Dio ».
È questo del resto il motivo per cui di Maria soltanto (oltre che di S. Giovanni Battista e naturalmente di Cristo) non si festeggia unicamente la “nascita al cielo”, come avviene per gli altri santi, ma anche la venuta in questo mondo.
In realtà, il meraviglioso di questa nascita non è in ciò che narrano con dovizia di particolari e con ingenuità gli apocrifi, ma piuttosto nel significativo passo innanzi che Dio fa nell'attuazione del suo eterno disegno d'amore. Per questo la festa odierna è stata celebrata con lodi magnifiche da molti santi Padri, che hanno attinto alla loro conoscenza della Bibbia e alla loro sensibilità e ardore poetico. Leggiamo qualche espressione del secondo Sermone sulla Natività di Maria di S. Pier Damiani: Dio onnipotente, prima che l'uomo cadesse, previde la sua caduta e decise, prima dei secoli, l'umana redenzione. Decise dunque di incarnarsi in Maria.
Come quasi tutte le solennità principali di Maria anche la Natività è di origine orientale. Nella Chiesa d'occidente l'ha  introdotta il papa orientale san Sergio I alla fine del sec. VII. Originariamente doveva essere la festa della dedicazione dell'attuale basilica di sant'Anna in Gerusalemme.
La Tradizione, infatti, indicava quel luogo come la sede dell'umile dimora di Gioacchino ed Anna, lontani discendenti di Davide, genitori di Maria. Occorre cercare in questo culto della Natività di Maria una profonda verità: la venuta dell'uomo-Dio sulla terra fu lungamente preparata dal Padre nel corso dei secoli.
La personalità divina del Salvatore supera infinitamente tutto ciò che l'umanità poteva generare, però la storia dell'umanità fu come un lento e difficile parto delle condizioni necessarie all'Incarnazione del figlio di Dio.
La devozione cristiana ha voluto perciò venerare le persone e gli avvenimenti che hanno preparato la nascita di Cristo sul piano umano e sul piano della grazia: la sua Madre, la nascita di essa, la sua concezione, i suoi genitori e i suoi antenati (vangelo: Mt 1,1-16.18-23).
Credere nei preparativi dell'incarnazione significa credere nella realtà dell'incarnazione e riconoscere la necessità della collaborazione dell'uomo all'attuazione della salvezza del mondo.
Il Beato Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) concluse la sua omelia, a Frascati l’8/09/1980, nei seguenti termini : 
« O Vergine nascente, speranza e aurora di salvezza al mondo intero, / volgi benigna il tuo sguardo materno a noi tutti, / qui riuniti per celebrare e proclamare le tue glorie!
O Vergine fedele, che sei stata sempre pronta e sollecita ad accogliere, conservare e meditare la Parola di Dio, / fa’ che anche noi, in mezzo alle drammatiche vicende della storia, / sappiamo mantenere sempre intatta la nostra fede cristiana, / tesoro prezioso tramandatoci dai Padri!
O Vergine potente, che col tuo piede schiacci il capo del serpente tentatore, / fa’ che realizziamo, giorno dopo giorno, le nostre promesse battesimali, con le quali abbiamo rinunziato a Satana, alle sue opere ed alle sue seduzioni, / e sappiamo dare al mondo una lieta testimonianza della speranza cristiana.
O Vergine clemente, che hai sempre aperto il tuo cuore materno alle invocazioni dell’umanità, talvolta divisa dal disamore ed anche, purtroppo, dall’odio e dalla guerra, fa’ che sappiamo sempre crescere tutti, secondo l’insegnamento del tuo figlio, nell’unità e nella pace, per essere degni figli dell’unico Padre celeste.
Amen! »
S. Leonardo Murialdo, grande devoto della Madonna, diceva : “Maria, Madre nostra, è la più amante, la più affettuosa delle madri. È madre di Dio, quindi ottiene tutto. È madre nostra, quindi non ci nega niente. È madre di misericordia: gettiamoci nelle sue braccia”.
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giovedì 4 settembre 2014

Commento al Vangelo 4-09-2014

Dal Vangelo secondo Luca (5,1-11)
In quel tempo, mentre la folla faceva ressa intorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio, egli vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano. Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: “Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini”. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono. 

COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON 
Sullo sfondo dell'attività di Cristo appaiono Pietro e i suoi colleghi. Essi sono i collaboratori di un fatto prodigioso, ma rimangono pur sempre le povere persone che erano in precedenza. Pietro lo confessa a nome proprio e dei colleghi dichiarandosi peccatore. Davanti alla verità di Dio, Pietro scopre la propria verità e si sente indegno. 
Non c'è rivelazione di Dio senza coscienza del proprio peccato. 
Possiamo conoscere l'infinita grandezza di Dio solo contemporaneamente alla scoperta della nostra bassezza. L'efficacia della pesca miracolosa non è dovuta alla loro abilità, ma al comando impartito da Gesù. Tutto il loro merito è di aver creduto alla sua parola. L'inutilità della fatica notturna indica la vanità di tutti gli sforzi umani fatti di propria iniziativa per instaurare il regno di Dio. Solo nell'obbedienza alla parola del Signore si può ottenere ciò che è impossibile alle forze umane. 
La fede non ha altro appoggio che la parola di Dio. Proprio per questa fede Gesù cambia il nome di Simone in Pietro e gli dà un incarico nuovo:" D'ora in poi sarai pescatore di uomini" (v.10). Pietro riceve la sua missione proprio mentre si riconosce peccatore. 
Ciò vuol dire che essa non decadrà neanche per il suo peccato di infedeltà, perché si fonda sulla fedeltà di Dio. Simone diventerà Pietro e riceverà l'incarico di confermare nella fede i suoi fratelli proprio quando avrà consumato fino in fondo la propria esperienza di debolezza, di infedeltà, di peccato ( Lc 22,31-34). 
Non sarà quindi "pietra" per le sue qualità, ma per la fedeltà di Dio. Questi pescatori, che hanno creduto nella parola di Cristo, lasciano subito barche e reti e si mettono a seguire Gesù. Egli li manda a liberare gli uomini dal potere della morte e a trasferirli nel regno della vita, nel regno di Dio. L'azione missionaria di Gesù passerà a dei poveri, sprovveduti pescatori di Galilea, i quali lasciano il loro mestiere e si avventurano sui mari tempestosi del tempo per salvare dalla morte eterna tutti i popoli della terra. 
Ma per essere veri discepoli di Gesù bisogna lasciare tutto, incominciando a lasciare se stessi per diventare proprietà esclusiva di Cristo.
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mercoledì 3 settembre 2014

Messaggio di Medjugorje del 2 settembre 2014 a Mirjana

Cari figli, 
io vostra madre vengo di nuovo in mezzo a voi dall'Amore che non ha fine, dall'incommensurabile amore dell’incommensurabile Padre Celeste. 
Mentre guardo nei vostri cuori vedo che molti di voi mi accolgono come madre e con cuore puro e sincero desiderano essere miei apostoli, ma io sono la madre anche di voi che non mi accogliete e nella durezza del vostro cuore non desiderate conoscere l’amore di mio Figlio. 
Non sapete quanto soffre il mio cuore e quanto prego mio Figlio per voi. 
Lo prego affinché guarisca le vostre anime perché Lui può farlo. 
Io prego affinché vi illumini col miracolo dello Spirito Santo per smettere di continuare sempre ad offenderLo, bestemmiarLo e ferirLo. 
Con tutto il cuore prego affinché comprendiate che solo mio Figlio è la salvezza e la luce del mondo. 
Voi, figli miei, apostoli miei cari, portate sempre mio Figlio nel vostro cuore e nei vostri pensieri e così porterete amore. 
Tutti coloro che non lo conoscono, lo riconosceranno attraverso il vostro amore. 
Io sarò sempre accanto a voi. In modo particolare, sarò accanto ai vostri pastori, perché mio Figlio li ha chiamati a guidarvi sulla via verso l’eternità. 
Vi ringrazio, apostoli miei per i vostri sacrifici e per il vostro amore.
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Non sapete quanto il mio Cuore soffre e quanto prego mio Figlio per voi

La Madonna ci scuote energicamente perché vuole assicurarci la Salvezza e , per questo, chiede la nostra collaborazione perché siamo figli ingrati e distratti, non sentiamo il bisogno di Dio, della preghiera e dei Comandamenti. Abbiamo a disposizione i mezzi di salvezza: i Sacramenti, la penitenza, la carità ma non riusciamo a santificarci perché il nostro cuore è lontano dall'amore di Dio. Maria ci ama, è nostra Madre e, come tale, ci vuole tutti salvi e ci offre, ancora una volta, la possibilità di utilizzare questo tempo secondo il fine per cui Dio ci ha creati, conoscerLo, amarLo e servirLo in questa vita per poi goderLo in Paradiso. Bisogna guardarci intorno, e osservare dove va il mondo che pensa di fare tutto senza il Padre e che vaga nella tenebra. Noi non seminiamo per raccogliere, ma solo per trarre rendimento e godimento a nostro favore, senza amore e senza timore di Dio. Ci comportiamo come se il Signore non esistesse. Ma non facciamoci illusioni perché quello che abbiamo seminato quello sarà il nostro raccolto... Se vogliamo veramente aiutare coloro che sono lontani dall'amore di Dio dobbiamo prima convertire seriamente e sinceramente il nostro cuore, liberarlo da tutte quelle ferite che ci impediscono di vedere la luce.
Dobbiamo essere santi, abbandonare la vita mondana, i divertimenti, il sesso sfrenato, il fumo, le molte ore passate al computer, la inutile politica e allentare le catene del successo e del piacere.
Cerchiamo di essere seri e veri cristiani e preoccuparci non di dove siamo ma dove stiamo andando, "là dove tutti sono diretti" (Gv 23,14), verso l'eternità. Gesù ci ha raccomandato molte volte nel Vangelo di farci trovare spiritualmente svegli e operosi: "Beati quei servi che il suo padrone al suo arrivo troverà desti!". (Lc 12,37).
Essere pronti, significa vivere sempre in grazia di Dio, evitando il peccato e chiedendo perdono mediante la Confessione per tutte quelle volte che siamo inciampati nella rete del male. Invochiamo lo Spirito Santo affinché ci illumini e ci sostenga con la sua forza, affinchè non ci lasciamo più dominare dall'avidità e dall'egoismo, ma operiamo sempre alla luce di Dio. Maria, nostra guida, ci faccia essere fiaccole che ardono davanti al Signore e testimoni coerenti della nostra vita.
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