lunedì 30 aprile 2012

Che io mai più torni a volare rasoterra!

Signore mio Gesù: fa' che io senta, che assecondi a tal punto la tua grazia da svuotare il mio cuore..., perché lo possa riempire Tu, il mio Amico, il mio Fratello, il mio Re, il mio Dio, il mio Amore! (Forgia, 913) 


 Mi vedo come un povero uccellino che, abituato a volare soltanto da albero ad albero o, al più, fino al balcone di un terzo piano..., una sola volta ebbe l'ardire di arrivare fino al tetto di una casetta, che non era proprio un grattacielo... 
 Ma ecco che un'aquila afferra il nostro eroe — lo aveva scambiato per un pulcino della sua razza — e, fra i suoi artigli poderosi, l'uccellino sale, sale molto in alto, oltre le montagne della terra e le vette innevate, oltre le nubi bianche e azzurre e rosa, ancora più su, fino a guardare in faccia il sole... E allora l'aquila, liberando l'uccellino, gli dice: — Forza, vola! 
 — Signore, che io mai più torni a volare rasoterra! Che sia sempre illuminato dai raggi del Sole divino — Cristo — nell'Eucaristia!, che il mio volo non si interrompa, fino a trovare il riposo del tuo Cuore! (Forgia, 39)
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Io sono la porta delle pecore

Gv 10,1-10 
In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perchénon conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. 

Questo brano è la continuazione del capitolo precedente. Il discorso sulla porta e il buon Pastore spiega e interpreta il significato dell'epilogo drammatico della professione di fede del cieco guarito. Chi è espulso dalla sua comunità politica o religiosa, a motivo della sua testimonianza nel Signore Gesù, entra a far parte del gregge di Cristo e in esso trova vita abbondante e salvezza perfetta. 
I capi del popolo giudaico con il loro comportamento si sono manifestati ladri e briganti (v.8), non pastori d'Israele. Il cieco guarito, scomunicato dai giudei, non vivrà come pecora senza gregge e senza pastore; egli ha già incontrato il buon Pastore e con la sua professione di fede è già entrato nell'ovile del Signore attraverso la porta che è Gesù. 
L'espressione "In verità, in verità vi dico" (v.1) preannuncia rivelazioni molto importanti e profonde. L'immagine della porta (v.1) significa che per essere veri pastori del gregge di Dio bisogna passare per la porta che è Cristo. Egli infatti è il luogo della presenza di Dio, è la via d'accesso al Padre ed è il nuovo tempio definitivo. Chi ignora Cristo e rifiuta la sua persona è un ladro e un brigante, cioè non può guidare le pecore ai pascoli della vita eterna, ma causa rovina e morte. 
In concreto, i giudei e i farisei, che non vogliono accettare la mediazione salvifica di Gesù, sono ladri e briganti. Così pure i ribelli, gli zeloti e i guerriglieri come Barabba, che hanno provocato sommosse popolari, non essendo entrati nella comunità d'Israele attraverso la porta stabilita da Dio, sono causa solo di rovina e di morte. 
Il vero pastore del gregge di Dio entra per la porta che è Gesù e si mette in rapporto con le pecore attraverso Gesù. Con la frase "chiama le proprie pecore per nome e le conduce fuori" (v.3), Gesù fa capire la sua azione di condurre le sue pecore fuori dal recinto della sinagoga. Il cieco guarito, che è stato espulso dalla comunità giudaica, in realtà è stato condotto fuori dalla sinagoga dal buon Pastore ed è stato introdotto nell'ovile di Cristo che è la Chiesa. Come Dio ha condotto Israele fuori dall'Egitto, così Gesù si mette alla testa del suo gregge per farlo uscire dal giudaismo. 
Con questa azione la Chiesa è separata radicalmente dalla sinagoga. Data l'incomprensione delle sue parole enigmatiche, Gesù riprende le immagini precedenti e le chiarisce: la porta delle pecore è lui, i ladri e i briganti sono i falsi pastori d'Israele. Gesù è il mediatore per avere accesso al gregge di Dio, è la via per giungere al Padre (Gv 14,6), è la strada obbligata per mettersi in comunione con le sue pecore. La porta, nel linguaggio biblico, significa anche la città o il tempio (cfr Sal 87,1-2; 112,2; ecc.). Gesù quindi proclama di essere il luogo dove si trova la salvezza. Egli è stato mandato dal Padre nel mondo affinché l'umanità peccatrice fosse salvata per mezzo di lui (Gv 3,17). Perciò le pecore che vogliono avere la vita eterna in pienezza non possono fare a meno della sua azione mediatrice: devono entrare nella vita eterna per la porta che è Cristo. Questa mediazione salvifica non è qualcosa di oppressivo, ma il mezzo per godere perfetta libertà e per sperimentare la pienezza della vita. Il Figlio di Dio non è venuto nel mondo per uccidere e per portare alla rovina l'umanità, come fanno i falsi pastori, ma per salvare tutti. Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 30/IV/2012

Signore, tu solo sei il Buon Pastore e il vero re. 
La tua corona fu una corona di spine, il tuo scettro un simbolo di sacrificio.
Concedici la grazia di usare il nostro potere al servizio del prossimo e di essere, come il Buon Pastore, la porta attraverso la quale altri entreranno nel Regno.

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domenica 29 aprile 2012

Maria, ti sei fatta Libro

Tu, o Maria, sei fatta Libro nel quale oggi è scritta la regola nostra. In te oggi è scritta la sapienza del Padre eterno, in te si manifesta oggi la fortezza e libertà de l'uomo, perché se io guardo in te, Maria, veggo (= vedo) la mano dello Spirito Santo che ha scritta in te la Trinità, formando in te il Verbo incarnato, unigenito Figliuolo di Dio. 


Santa Caterina da Siena Orazioni O XI
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Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 10,11-18
Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore. E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio». 

Basilio di Seleucia ( ?-circa 468), vescovo Discorsi, 26 ; PG 44, 129 
Guardiamo il nostro pastore, Cristo... 
Si rallegra delle pecore che sono con lui e va a cercare quelle che si smarriscono. Montagne e foreste non gli fanno paura; supera i burroni per arrivare fino alla pecora perduta. Anche se la trova in un pessimo stato, non si arrabbia ma, mosso a compassione, la prende sulle spalle e, con la sua fatica, guarisce la pecora affaticata (Lc 15,4s). ... A ragione Cristo dichiara: «Io sono il Buon Pastore, andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata (Ez 34,16). 
Ho visto il gregge degli uomini colpito da malattia; ho visto i miei agnelli andarsene là dove stanno i demoni; ho visto il mio gregge sbranato dai lupi. L'ho visto e non l'ho guardato dall'alto. Per questo ho preso la mano inaridita, che il male, come un lupo, teneva stretta; ho liberato chi era colpito dalla febbre; ho dato la vista a chi aveva gli occhi chiusi fin dal grembo materno; ho tirato fuori dal sepolcro Lazzaro che vi giaceva da quattro giorni (Mc 3,5; 1,31; Gv 9,11). Poiché io sono il buon pastore; il buon pastore dà la vita per le sue pecore». ... 
 I profeti hanno conosciuto quel pastore quando, molto prima della sua Passione, egli annunciava quanto stava per accadere: «Era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca» (Is 53,7). Come una pecora, il pastore ha offerto la vita per le sue pecore... Con la sua morte, ha dato rimedio alla morte; con la sua tomba, ha svuotato le tombe... Le tombe sono 'pesanti' e la prigione chiusa finché il pastore, disceso dalla croce, non viene a portare alle pecore rinchiuse la gioiosa notizia della liberazione. Lo vediamo negli inferi dove «annuncia la salvezza» (1Pt 3,19); lo vediamo richiamare le sue pecore, dalla dimora dei morti alla vita. «Il buon pastore dà la vita per le sue pecore». Così egli vuole guadagnare l'affetto delle sue pecore, e quelle che sanno ascoltare la sua voce amano Cristo.

Preghiera del mattino del 29/IV/2012

Signore tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo, penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo. 
Ti sono note tutte le mie vie" (Sal 140).
O Buon Pastore, guidami sulla via della vita.

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sabato 28 aprile 2012

Richiesta di preghiere di un lettore 28/4/2012

Cari fratelli e sorelle in Cristo, sono Sergio, il marito di Elena di cui avevo richiesto preghiere di guarigione. Ebbene, purtroppo al peggio non c’è mai fine, le sono state riscontrate due metastasi nel cervello che hanno provocato i problemi di cui vi avevo accennato. 
La situazione è drammatica. 
Sono, ancora una volta a chiedervi preghiere nel Nome di Dio. 
Aiutatemi, cari fratelli e sorelle. Pur essendo convinto che tutto abbia un fine, anche nella sofferenza patita per Cristo, non vi nascondo che dopo quattro anni di tumori, cancri, speranze e cadute, la nostra fede è messa a dura prova. Ciò nonostante, ringraziamo il Signore ogni sera per quanto ci ha donato. 
A Lui ci affidiamo pazientemente e lo lodiamo. Grazie a tutti voi cari fratelli e sorelle per le preghiere che vorrete elevare per mia moglie. Che Dio vi benedica tutti. 
 Un caro saluto da Sergio.
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Preghiera davanti al Crocifisso

« O alto e glorioso Dio, 
 illumina le tenebre del cuore mio.
 Dammi una fede retta, speranza certa, 
 carità perfetta e umiltà profonda. 
 Dammi, Signore, senno e discernimento 
 per compiere la tua vera e santa volontà. 
 Amen. » 


 SAN FRANCESCO
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Le parole che vi ho dette sono spirito e vita

Gv 6,60-69 
Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? E' lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

San Giovanni Crisostomo (c. 345-407), sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa Omelia sul Vangelo di San Matteo, 82 ; PG 58, 743


 «Prendete e mangiate, dice Gesù, questo è il mio corpo, che è per voi» (cf 1 Cor 11,24). Perché i discepoli non sono stati turbati da queste parole? Perché Cristo aveva già detto loro molte cose in proposito (Gv 6)... Fidiamoci pienamente di Dio, anche noi. Non facciamogli obiezioni, anche se ciò che dice sembra contrario ai nostri ragionamenti e a ciò che vediamo. Piuttosto, la sua parola diventi guida e maestra della nostra ragione e del nostro stesso sguardo. Assumiamo questo atteggiamento di fronte ai misteri sacri: non guardiamo solo ciò che cade sotto i sensi, ma consideriamo soprattutto le parole del Signore. La sua parola non può ingannarci, mentre i sensi facilmente ci fanno sbagliare; essa non è mai errata, mentre quelli sbagliano molto spesso. Quando il Verbo dice: «Questo è il mio corpo», fidiamoci di lui, crediamo e contempliamolo con gli occhi dello spirito. ... Quanti oggi dicono: «Come vorrei vedere Cristo in persona, il suo volto, i suoi vestiti, le sue scarpe». Ebbene, nell'Eucaristia è lui che vedi, tocchi, lui che ricevi! Desideravi vedere i suoi vestiti; ed è lui stesso che si dona a te non solo per farsi vedere, ma perché tu possa toccarlo, mangiarlo, accoglierlo nel tuo cuore. Pertanto nessuno si avvicini con indifferenza e trascuratezza; piuttosto, tutti gli si accostino animati d'amore ardente.
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Preghiera del mattino del 28/IV/2012

Signore, oggi mi sono risvegliato più felice del solito. 
In questo fine settimana avrò più tempo - anche per la tua parola. 
Ma non sono molto sicuro di restare felice quando ti ascolterò parlare. 
Molti dei tuoi discepoli hanno trovato la tua parola troppo dura e si sono allontanati da te. 
È forse perché ti hanno ascoltato troppo intensamente o troppo superficialmente? 
Signore, poiché tu mi concedi del tempo, concedimi anche il coraggio di ascoltare la tua parola, e tienimi vicino a te. 
Amen.
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venerdì 27 aprile 2012

La saggezza è presso gli umili



«Quia respexit humilitatem ancillae suae» perché vide la bassezza della sua schiava... Ogni giorno di più mi persuado che l'umiltà autentica è la base soprannaturale di tutte le virtù! Parla con la Madonna, perché ci addestri a camminare per questo sentiero. (Solco, 289)

Se meditiamo la Sacra Scrittura, vedremo come l'umiltà è il requisito indispensabile per disporsi ad ascoltare Dio. La saggezza è presso gli umili [Pro 11, 2], dice il libro dei Proverbi. Umiltà significa vederci come siamo, senza palliativi, secondo verità. Costatando la nostra pochezza, ci apriremo alla grandezza di Dio: è questa la nostra grandezza.
Lo comprendeva bene la Madonna, la Santa Madre di Gesù, la creatura più eccelsa tra quante sono esistite ed esisteranno sulla terra. Maria glorifica il potere di Dio che ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili [Lc 1 , 52]. E aggiunge che in Lei si è realizzata ancora una volta questa divina volontà: Perché ha guardato l'umiltà della sua serva, d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata [Lc 1, 48].
Maria si mostra santamente trasformata, nel suo cuore purissimo, di fronte all'umiltà di Dio: Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio Di Dio [Lc 1, 35]. L'umiltà della Vergine è conseguenza dell'insondabile abisso di grazia che si opera con l'incarnazione della Seconda Persona della Trinità Beatissima nel seno di sua Madre sempre Immacolata. (Amici di Dio, nn. 96)

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La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda


Gv 6,52-59
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.


Questo brano riprende il tema del mangiare la carne di Gesù per richiamarlo e svilupparlo, e per associargli il tema del bere il suo sangue. Il mangiare la carne di Gesù e il bere il suo sangue hanno come effetto salvifico la vita eterna o il rimanere in comunione intima con la persona divina di Cristo.

Dopo le mormorazioni dei giudei, Gesù non attenua il suo linguaggio sulla necessità di mangiare la sua carne, anzi, rincara la dose aggiungendo anche la necessità di bere il suo sangue; e nel brano seguente sostituirà il verbo faghèin con il verbo tròghein, termine molto crudo che indica l'azione del masticare con i denti.

Le parole di Gesù sono di un verismo così accentuato che non possono essere interpretate solo nel senso di interiorizzazione della rivelazione. Questo linguaggio si applica sicuramente all'Eucaristia. Evidentemente la cena eucaristica non prescinde dalla fede; anzi, il mangiare la carne del Signore e il bere il suo sangue è una dimostrazione di fede.

Le parole di Gesù sulla condizione per possedere la vita eterna sono esplicite: bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue. La fede in Gesù si concretizza e si dimostra nel mangiare la sua carne e nel bere il suo sangue.
Con la comunione al corpo e al sangue di Cristo è seminato in noi il germe della risurrezione che porterà il suo frutto più maturo nell'ultimo giorno. "La risurrezione non farà che mettere in attività le forze che la comunione al corpo e al sangue del Salvatore ha deposto nell'uomo per la risurrezione finale del suo essere" (Loisy). L'alimento della carne e del sangue di Cristo nutre veramente e in modo perfetto e definitivo, perché è fonte di risurrezione e di vita eterna.
La comunione tra Gesù e il discepolo si concretizza in un'azione di vita. Il Cristo diventa fonte e fine dell'esistenza del cristiano che mangia la sua carne, in modo analogo a quanto avviene in seno alla Trinità. Come il Padre dà la vita al Figlio, così il Figlio dà la vita a colui che si nutre dell'Eucaristia.
Nel v.58 Gesù chiude il discorso confrontando l'effetto diverso del nutrimento della manna e del mangiare il pane del cielo che è la sua persona. Il contrasto tra il nutrimento perituro e imperfetto della manna - simbolo della legge mosaica - e la persona del Verbo incarnato, rivelazione definitiva e perfetta di Dio, è chiaro.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 27/IV/2012

Signore, è venerdì: è il mattino che segue la Cena, il giorno in cui deve manifestarsi che cosa significa offrire la propria carne e il proprio sangue. 
Io non potrò essere presente oggi quando la tua comunità si riunirà per annunciare la tua morte e lodare la tua risurrezione. 
Ma ti prego in questo giorno, fa' che tutta la mia vita sia segnata da questo dono: "Prendete". 
Amen.
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giovedì 26 aprile 2012

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo




Gv 6,44-51

Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».




La ragione ultima della fede si trova nell'attrazione del Padre perché gli uomini aderiscano al Figlio suo. La citazione dei profeti: "E tutti saranno ammaestrati da Dio" potrebbe ispirarsi a Ger 31,33-34 e a Ez 36,23-27, ma il testo più vicino a quello citato da Giovanni è Is 54,13: "E porrò... tutti i tuoi figli ammaestrati da Dio". Anche qui, come in Gv 6,31, la citazione non sembra trovarsi alla lettera nell'Antico Testamento. Giovanni adatta il testo alle sue prospettive teologiche, tra le quali spicca l'universalismo della salvezza. Egli infatti non parla solo di "tutti i figli di Gerusalemme", ma di " tutti" semplicemente, interpretando la nuova alleanza in prospettiva universalistica.

La fede è dono di Dio e affonda le sua radici nell'azione divina del Padre. Quindi crede in Gesù solo chi " ha ascoltato e imparato dal Padre" (v.45).
Gesù, dopo aver detto che il motivo ultimo della fede sta nell'attrazione del Padre, soggiunge: "Chi crede ha la vita eterna" (v.47). La vita eterna dipende dalla fede. E la fede consiste nell'ascoltare e mangiare Gesù, che è il pane celeste che fa vivere eternamente.
Dopo la solenne proclamazione di essere il pane della vita, Gesù fa il confronto tra la manna mangiata dai padri nel deserto e il pane che è la sua persona. La manna non procurò l'immortalità perché tutti nel deserto morirono, compreso Mosè, ma chi mangia Gesù non morirà mai.
L'azione del mangiare indica l'interiorizzazione della parola del Figlio di Dio e l'assimilazione della sua persona con una vita di fede profondissima. Il mangiare il pane vivente che è Gesù, significa far propria la verità del Cristo,
anzi la persona del Cristo che è la verità, ossia la rivelazione piena e perfetta del Padre. Nel v.51 Gesù aggiunge un nuovo elemento che preannuncia la tematica centrale dell'ultima sezione del discorso (vv.53-58): il pane della vita è la carne di Gesù per la vita del mondo. Il pane del cielo è la carne di Gesù, ossia la sua persona sacrificata per la salvezza dell'umanità con la passione e morte gloriosa.
L'amore di Dio per gli uomini raggiunge la sua massima espressione nella morte di Gesù in croce: sulla croce egli dona tutto se stesso per il mondo.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 26/IV/2012

Signore, mi sono sentito protetto durante questa notte; che cosa mi può inquietare in questo momento alla luce del giorno? 
Noto gli sguardi interrogativi dei miei amici e dei miei colleghi: "Come è possibile che uno si possa sentire così sicuro di sé quando si tratta di Dio?! 
Egli soccombe pietosamente alle sue proprie illusioni". 
Signore, non pensano male. 
Manifesta loro attraverso di me la tua potenza. 
Amen.
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mercoledì 25 aprile 2012

Messaggio Medjugorje del 25/4/2012

Cari figli! 
Anche oggi vi invito alla preghiera e ad aprire il vostro cuore verso Dio, figlioli, come un fiore verso il calore del sole.

Io sono con voi e intercedo per tutti voi. 


Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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Non dolerti se vedono le tue mancanze

Quanto più mi esaltano, Gesù mio, tanto più umiliami nel mio cuore, facendomi comprendere quello che sono stato e quello che sarei se tu mi lasciassi. (Cammino, 591)

Non dimenticare che sei... il bidone della spazzatura. —Perciò, se il Giardiniere divino ti utilizza, ti pulisce, ti lustra... e ti riempie di magnifici fiori..., né il profumo, né i colori che abbelliscono la tua bruttezza devono renderti orgoglioso.
—Umìliati: non sai che sei il secchio dei rifiuti? (Cammino, 592)

Non sei umile quando ti umilii, bensì quando ti umiliano e lo sopporti per Cristo.
(Cammino, 594)

Non dolerti se vedono le tue mancanze; l'offesa a Dio e lo scandalo che tu potresti cagionare: questo deve addolorarti.
—Quanto al resto, lascia che sappiano come sei e ti disprezzino. —Non ti dia pena essere niente, perché così è Gesù che dovrà darti tutto. (Cammino, 596)

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Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo



Mc 16,15-20 
E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.  

La finale del vangelo di Marco insiste sulla missione di portare il vangelo in tutto il mondo, unendo strettamente la testimonianza della parola a quella delle opere, dei segni. Con l'esortazione alla missione universale si congiunge l'affermazione che per la salvezza sono richiesti la fede e il battesimo. Inoltre agli annunciatori del vangelo viene promesso che la loro predicazione missionaria sarà sostenuta e confermata dai miracoli compiuti da Gesù risorto. 
La trasmissione delle parole di Gesù è al centro del testo e ha lo scopo di fare cristiani tutti i popoli. La missione, l'andare da tutti gli uomini, è un incarico che va capito bene. Se la missione è trasmettere agli uomini la parola di Gesù e le sue direttive per fare di loro, mediante il battesimo, dei discepoli, ciò esclude due malintesi. 
Il primo è il malinteso della rivendicazione del potere politico. Una concezione utopistica è quella di W. Soloviev che ritiene il regno di Dio come uno stato teocratico in questo mondo, e vede questa concezione radicata nella volontà di Gesù. Sulla terra vi sarebbe un unico potere, e questo non apparterebbe a Cesare, ma a Gesù Cristo. 
L'altro malinteso è la relativizzazione dell'incarico missionario, che arriva a sostenere che il compito dell'evangelizzazione consiste nell'aiutare i buddisti a diventare buddisti migliori, i musulmani a diventare più ferventi musulmani, e via dicendo. Il dialogo necessario con le religioni mondiali non elimina la necessità dell'annuncio e della testimonianza, della fede cristiana e del battesimo. E' il Cristo risorto al quale è stato dato ogni potere in cielo e in terra (cfr Mt 18,28), che manda i cristiani a predicare il vangelo ad ogni creatura. 
La missione è necessaria per volontà di Dio, che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti. 
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 25/IV/2012

Signore Gesù, tu che sei risuscitato e asceso alla destra del Padre e hai dato alla tua Chiesa il comandamento missionario, accompagnala con la tua forza e la tua presenza nel suo lavoro apostolico ed evangelizzatore, perché il mondo intero creda, sia battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, e che così sia salvato. 
Amen.
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martedì 24 aprile 2012

Servitore di tutti gli uomini


Quando si vive davvero la carità, non rimane tempo per cercare sé stessi; non c'è spazio per la superbia; non avremo in mente altro che occasioni di servire! (Forgia, 683)

Pensate un po, alle caratteristiche di un somaro, ora che ne restano così pochi. Non pensate all'animale vecchio e cocciuto, che sfoga i suoi rancori tirando calci a tradimento, ma all'asinello giovane, dalle orecchie tese come antenne, austero nel cibo, tenace nel lavoro, che trotta lieto e sicuro. Vi sono centinaia di animali più belli, più abili, più crudeli. Ma Cristo, per presentarsi come re al popolo che lo acclamava, ha scelto lui. Perché Gesù non sa che farsene dell'astuzia calcolatrice, della crudeltà dei cuori aridi, della bellezza appariscente ma vuota. Il Signore apprezza la gioia di un cuore giovane, il passo semplice, la voce non manierata, gli occhi limpidi, l'orecchio attento alla sua parola d'amore. Così regna nell'anima.
Se lasciamo che Cristo regni nella nostra anima, non saremo mai dei dominatori, ma servitori di tutti gli uomini. Servizio: come mi piace questa parola! Servire il mio Re e, per Lui, tutti coloro che sono stati redenti dal suo sangue. (E' Gesù che passa, nn. 181-182)

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Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo


Gv 6,30-35
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo ». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

I giudei pretendono di fondare la loro fede sull'esperienza di prodigi straordinari. Nella mentalità giudaica i segni sono visti nella linea delle opere e devono essere simili a quelli operati da Mosè quando liberò Israele dalla schiavitù dell'Egitto. I galilei citano uno dei prodigi dell'esodo per indicare a Gesù in quale direzione deva operare i suoi segni per esigere la loro fede. Egli deve compiere un prodigio simile a quello della manna. Il testo più vicino alla citazione è il Sal 78,24: "Fece piovere loro la manna da mangiare e diede loro il pane del cielo". Il cibo divino della rivelazione escatologica piena e perfetta non è dono di Mosè, ma è offerto dal Padre nel dono del suo Figlio. Questo pane dal cielo è chiamato veritiero perché contiene la verità, cioè la rivelazione definitiva della vita divina che si identifica con la persona di Gesù. Questo pane dal cielo è dunque una persona: è Gesù che dà la vita al mondo. Tutti gli uomini possono trovare vita e salvezza nel Figlio di Dio.
La replica finale dei giudei (v.34) sembra piena di fede. In realtà non credono affatto in Gesù e intendono il pane dal cielo come alimento terreno; non hanno afferrato per nulla il senso della rivelazione del Verbo incarnato nella sua persona divina. Appena il Maestro chiarirà ulteriormente il suo pensiero, proclamandosi come il pane della vita disceso dal cielo (vv.36ss), i giudei manifesteranno la loro incredulità (Gv 6,41-42).
Gesù chiarisce il suo pensiero dichiarando esplicitamente di essere il pane di Dio, fonte della vita. Ora non ci sono più equivoci: il pane di Dio, disceso dal cielo per dare la vita all'umanità, è Gesù. La frase: "Io sono il pane della vita" confrontata con "Io sono... la verità e la vita" (Gv 14,6) ci fa comprendere che il pane dal cielo è la parola, la rivelazione di Gesù, ossia la verità. Gesù è la verità della vita eterna, manifesta e comunica la vita di Dio.
Il Verbo incarnato è l'unica persona che può spegnere la fame e la sete di vita e di salvezza. Per questo motivo esorta tutti ad andare da lui per appagare il bisogno di felicità (Gv 7,37). "Chi viene a me" e "Chi crede in me" sono espressioni dell'unico atteggiamento di fede. La fede è l'orientamento della vita verso la persona di Gesù.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 24/IV/2012

Signore, tra qualche minuto, lascerò questa casa dove tu hai trascorso la notte con me. 
Sento già l'ironia di coloro che, tra i miei colleghi, ti prendono in giro. 
Niente è sacro per loro: né il tuo nome, né la tua Chiesa, né i tuoi servitori. 
Si ride delle persone che fanno il segno della croce prima di mangiare; ma ci piace che ci servano. 
Cosa fare di più per essere accettati? 
Tuttavia, io penso alle tue parole: "Il discepolo non è di più del suo padrone". 
Signore, non lasciare che oggi io mi indurisca. 
Amen.
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lunedì 23 aprile 2012

Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna


Gv 6,22-29
Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, vide che c'era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».


Questa gente che cerca Gesù sembra piena di fede, ma in realtà essa non crede nel Cristo. La loro non è fede, ma solo curiosità e simpatia superficiale, come risulterà nel seguito del racconto. Gesù denuncia il vero motivo del loro interesse per la sua persona e li invita a una ricerca meno egoistica e più spirituale. Egli li rimprovera per la loro superficialità: nella moltiplicazione dei pani non avevano riconosciuto Gesù come Dio. Il Cristo biasima la loro ricerca affannosa per il cibo che perisce, ossia per il pane che sfama il corpo, e li esorta a cercare il cibo che dura per la vita eterna. Questo cibo dev'essere qualcosa che assomiglia all'acqua viva che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14). Si tratta quindi della rivelazione del Verbo incarnato, assimilata con una vita di fede profondissima che conduce alla vita eterna. In questa prima fase del discorso, il cibo che Gesù darà rimane misterioso. In 6,51 l'evangelista specificherà che si tratta della persona del Figlio di Dio, sacrificata per l'umanità con la passione e la morte, e donata in cibo. L'azione del Padre che pone il suo sigillo indelebile sul Figlio è la consacrazione solenne dell'uomo Cristo Gesù fin dal primo istante della sua incarnazione e nel suo battesimo al Giordano.

"Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?" (v.28). In questa domanda appare chiaramente la mentalità giudaica legata al valore delle opere. Gesù si oppone a questa mentalità e presenta necessaria per il possesso del regno di Dio una sola opera: la fede nella sua persona.
In questo brano sembra riecheggiare la polemica di Paolo contro le opere della legge a favore della fede: con le opere della legge nessun uomo può essere giustificato davanti a Dio (Rm 3,20); infatti si è giustificati non dalle opere, ma dalla fede, indipendentemente dalle opere (Rm 3,27-28; Gal 2,16; 3, 5). L'oggetto di questa fede è colui che Dio ha inviato, Gesù. L'unica opera che l'uomo deve compiere è credere nell'inviato di Dio. La fede di cui parla il vangelo è dono di Dio. L'uomo ha però la sua responsabilità perché può anche rifiutare questo dono. Quindi la fede è anche opera dell'uomo.
Padre Lino Pedron
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Preghiera del mattino del 23/IV/2012

Signore, è con te che inizio questo nuovo giorno. 
Io vedo tutte queste persone che vivono giorno per giorno: senza un solido sostegno, lasciate alle tentazioni della nostra epoca. 
Come devo trattarle? 
Devo essere triste per la loro mancanza di profondità, inquieto sul loro destino?
Signore, io te le affido e ti prego di offrirmi il tuo sguardo per vederle. 

Amen.
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domenica 22 aprile 2012

Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno



Lc 24,35-48

Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore,disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.


"Davvero il Signore è risorto!" è il grido di Pasqua. Il Cristo che fu visto da Simone è quello stesso che noi riconosciamo nell'Eucaristia. Il messaggio della risurrezione avanza attraverso la celebrazione dell'Eucaristia. E' qui che la Chiesa fa esperienza che Cristo è il Vivente. L'annuncio della risurrezione, che si era aperto con diffidenza all'inizio del racconto (v. 23), dopo l'incontro con il Cristo che spiega le Scritture e spezza il Pane si trasmette da una Chiesa all'altra con partecipazione e gioia (v. 35). In questo brano Luca collega direttamente il nostro conoscere il Risorto con l'esperienza di Simone e degli altri con lui. La differenza tra noi e loro sta nel fatto che essi contemplarono e toccarono la sua carne anche fisicamente; noi invece la contempliamo e la tocchiamo solo spiritualmente, attraverso la testimonianza della loro parola e la celebrazione dell'Eucaristia. Luca insiste molto sulla corporeità del Signore risorto. E' una necessità nei confronti dell'ambiente ellenistico, che credeva all'immortalità dell'anima, ma non alla risurrezione dei corpi (cfr At 17,18.32; 26,8.24). Con la risurrezione della carne sta o cade sia la promessa di Dio che la speranza stessa dell'uomo di superare l'ultimo nemico, la morte (cfr 1Cor 15,26). Chiave di lettura e sintesi delle Scritture è il Crocifisso, che offre la visione di un Dio che è amore e misericordia infinita. Ai piedi della croce cessa la nostra paura di Dio e la nostra fuga da lui, perché vediamo che egli è da sempre rivolto a noi e ci perdona. I discepoli saranno testimoni di questo (v.48): faranno conoscere a tutti i fratelli il Signore Gesù come nuovo volto di Dio e salvezza dell'uomo. La forza di questa testimonianza è lo Spirito Santo, la potenza dall'alto (v.49). Come scese su Maria, scenderà su di loro (cfr Lc 1,35; At 1,8; 2,1ss). L'incarnazione di Dio nella storia continua e giunge al suo compimento definitivo. Dio ha reso perfetta la sua solidarietà con l'uomo: al tempo degli antichi fu "davanti a noi" come legge per condurci alla terra promessa; al tempo di Gesù fu "con noi" per aprirci e insegnarci la strada verso il Padre; ora, nel tempo della Chiesa, è "in noi" come vita nuova. Gesù ha terminato la sua missione. Noi la continuiamo nello spazio e nel tempo. In lui e con lui, ci facciamo prossimi a tutti i fratelli, condividendo con loro la Parola e il Pane. Il mistero di Cristo si può presentare solamente attraverso le Scritture. Solo Dio conosce il suo Inviato, il cammino che deve percorrere e la meta che deve raggiungere. I segreti di Dio non si scoprono attraverso la riflessione e la sapienza umana, ma solo attraverso la sua libera comunicazione. Per questo il richiamo alle Scritture non è facoltativo, ma obbligatorio per capire il piano di Dio e il cammino del suo Cristo. La catechesi di Cristo si conclude con la missione degli Undici a tutte le nazioni perché siano i continuatori della sua opera e i testimoni della sua risurrezione. In essa sono racchiusi gli articoli del kerigma apostolico: l'annunzio della morte e risurrezione di Cristo (v. 46), la predicazione della conversione per la remissione dei peccati (v. 47) e la funzione della testimonianza (v. 48). L'annuncio evangelico era cominciato con la predicazione della penitenza e la remissione dei peccati e si chiude con lo stesso tema (v. 47). Gesù ha assolto la sua missione nel costante tentativo di distogliere gli uomini dal male; ora la sua opera deve continuare attraverso i suoi inviati. Annunciando agli uomini il lieto messaggio del perdono dei peccati e della pace piena e perfetta con Dio, essi non saranno dei conquistatori, ma dei benefattori dell'umanità. Ma prima di partire per la missione, la Chiesa dovrà ricevere il dono dello Spirito Santo. Se gli apostoli sono i continuatori e i testimoni di Gesù, devono ricevere la stessa investitura di Gesù. Egli si è mosso dopo aver ricevuto il battesimo nello Spirito (Lc 4,14); la stessa cosa deve compiersi per i suoi apostoli. Questi messaggeri di pace, che si dirameranno da Gerusalemme verso tutte le parti del mondo, saranno corroborati dalla forza dello Spirito. La loro potenza è la forza della fede. L'ascensione è narrata due volte da Luca, come conclusione del Vangelo e come inizio degli Atti. Il Signore non si allontana dai suoi. Sarà sempre in cammino con i pellegrini della storia, come i due discepoli di Emmaus. Ma la sua presenza non sarà fisica, limitata nello spazio e nel tempo. Sarà spirituale, illimitata, ovunque e sempre. Prima era vicino a noi col suo corpo, ora è in noi col suo Spirito. Prima era visibile con il volto di un altro, ora è invisibile e ha preso il nostro volto. Il suo distare non è un andare lontano, ma un elevarsi là dove può racchiudere in sé ogni orizzonte. Raggiunto il cuore del Padre, Gesù è vicino ad ogni fratello, perché ogni uomo è nel cuore di Dio.
Padre Lino Pedron

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