sabato 30 aprile 2011

206 - Che io mai più torni a volare rasoterra!

Signore mio Gesù: fa' che io senta, che assecondi a tal punto la tua grazia da svuotare il mio cuore..., perché lo possa riempire Tu, il mio Amico, il mio Fratello, il mio Re, il mio Dio, il mio Amore! (Forgia, 913)

Mi vedo come un povero uccellino che, abituato a volare soltanto da albero ad albero o, al più, fino al balcone di un terzo piano..., una sola volta ebbe l'ardire di arrivare fino al tetto di una casetta, che non era proprio un grattacielo...
Ma ecco che un'aquila afferra il nostro eroe — lo aveva scambiato per un pulcino della sua razza — e, fra i suoi artigli poderosi, l'uccellino sale, sale molto in alto, oltre le montagne della terra e le vette innevate, oltre le nubi bianche e azzurre e rosa, ancora più su, fino a guardare in faccia il sole... E allora l'aquila, liberando l'uccellino, gli dice: — Forza, vola!
— Signore, che io mai più torni a volare rasoterra! Che sia sempre illuminato dai raggi del Sole divino — Cristo — nell'Eucaristia!, che il mio volo non si interrompa, fino a trovare il riposo del tuo Cuore! (Forgia, 39)

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205 - Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.

L'apparizione del Risorto a Maria di Màgdala è un riassunto dei versetti 11-18 del capitolo 20 di Giovanni. Per caratterizzare la figura della Maddalena, l'autore ricorre al testo di Luca (8,2), dove è detto che Gesù scacciò da lei sette demoni. Da tale notizia non è lecito dedurre che Maria fosse una grande peccatrice, ma piuttosto che era affetta da grave malattia, dalla quale Gesù l'aveva guarita. Particolarmente stringato è il riassunto della storia dei due discepoli in cammino verso Emmaus, tratto dal capitolo 24 di Luca. All'evangelista interessa, anche questa volta, solo il fatto che i discepoli non credettero al racconto dei compagni. Infine l'autore ricorda l'apparizione di Gesù agli Undici, riferendosi chiaramente al racconto di Luca (24,36-43). In questo brano viene denunciata pesantemente la mancanza di fede dei discepoli (vv. 11.13.14). Gli apostoli passano dal dubbio alla fede sotto l'urto delle manifestazioni di Gesù. La fede nella risurrezione non è una scoperta umana, ma il prodotto di un annuncio fatto a noi da Dio mediante angeli o inviati vestiti di bianco (colore delle vesti del paradiso), e attraverso l'incontro diretto, visibile e palpabile con il diretto interessato, il Cristo risorto. La risurrezione di Cristo (e la nostra futura risurrezione) è corporea, come lo fu anche la sua morte. La prova è il sepolcro vuoto, testimoniata da tutti e quattro i vangeli, ma soprattutto l'incontro con il Risorto, che non è un fantasma, ma ha carne e ossa, come hanno potuto constatare i discepoli, e che mangia davanti a loro una porzione di pesce arrostito (cfr Lc 24).
Gesù, il Nazareno crocifisso, è risorto. Questa è la parola fondamentale della fede cristiana. Le ultime parole di Gesù: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura" (v. 15) mettono in risalto l'attività missionaria della Chiesa. Nel regno universale di Cristo, che abbraccia il cielo e la terra, viene sparso il seme della Parola. La missione della Chiesa è necessaria per volontà di Dio, che ha risuscitato Gesù Cristo dai morti.

Padre Lino Pedron


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venerdì 29 aprile 2011

204 - Il giorno del trionfo del Signore

Il giorno del trionfo del Signore, della sua Risurrezione, è definitivo. Dove sono i soldati che le autorità avevano messo di guardia? Dove sono i sigilli che erano stati posti sulla pietra del sepolcro? Dove sono coloro che condannarono il Maestro? Dove sono quelli che crocifissero Gesù?... Di fronte alla sua vittoria, avviene la grande fuga di quei poveri miserabili. Riémpiti di speranza: Gesù Cristo vince sempre. (Forgia, 660)

La sera del sabato Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo, e Salòme comprarono gli aromi per imbalsamare il corpo morto di Gesù.Il giorno dopo, di buon mattino, arrivano al sepolcro quando il sole è già sorto (Mc 16, 1-2).
Entrando, rimangono costernate perché non trovano il corpo del Signore. Un giovane, in bianche vesti, dice loro: Non temete, so che cercate Gesù Nazareno: non est hic, surrexit enim sicut dixit, non è qui, perché è risorto come aveva predetto (Mt 28, 5).
E' risorto! Gesù è risorto: non è più nel sepolcro. La Vita ha sconfitto la morte.E' apparso alla sua Santissima Madre. E' apparso a Maria di Magdala, pazza d'amore. E a Pietro e agli altri apostoli. E a te e a me, che siamo suoi discepoli e più pazzi della Maddalena: quante cose gli abbiamo detto!
Non vogliamo mai più morire a causa del peccato. Che la nostra risurrezione spirituale sia eterna.- E prima di terminare la decina, tu hai baciato e piaghe dei suoi piedi , e io più audace perché più bambino ho posato le mie labbra sul suo costato aperto. (Il santo rosario, Primo mistero glorioso: La Resurrezione del Signore).
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203 - Preghiera di lode

Santo è Dio e Padre di tutti gli esseri.
Santo è Dio, la cui volontà si compie per mezzo delle sue proprie potenze.
Santo è Dio, che vuole essere conosciuto ed è conosciuto dai suoi.
Santo sei tu, che per mezzo del Logos hai costituito tutti gli esseri.
Santo sei tu, di cui tutta la natura è per sua essenza immagine.
Santo sei tu, cui la natura non ha dato forma.
Santo sei tu, più forte di ogni potenza.
Santo sei tu, superiore a ogni eccellenza.
Santo sei tu, migliore di tutte le lodi.
Ricevi puri sacrifici in parole da un’anima e un cuore volti a te;ineffabile, inesprimibile, dal silenzio chiamato per nome.
A te chiedo di non mancare nella conoscenza di noi in quanto essenza: concedimelo e rendimene forte.
Di questa grazia allorarischiarerò quelli della mia stirpe, miei fratelli e tuoi figli,che ancora sono nell’ignoranza.
Ecco, credo e rendo testimonianza:vado incontro alla vita e alla luce.
Benedetto sei tu, Padre,e l’uomo che ti appartiene vuole partecipare all’opera disantificazione, nella misura in cui gliene hai concesso tutto il potere.
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202 - Per coloro che muoiono ogni giorno

Si potrebbero salvare dall'inferno molte anime se mattino e sera si recitasse questa preghiera indulgenziale con tre Ave Maria per coloro che muoiono il giorno stesso.

“O Misericordiosissimo Gesù, che bruciate di un sì ardente amore per le anime, Vi scongiuro, per l'agonia del Vostro Santissimo Cuore e per i dolori della Vostra Madre Immacolata, di purificare con il Vostro Sangue tutti i peccatori della terra che sono in agonia e che devono morire oggi stesso, Cuore agonizzante di Cristo, abbiate pietà dei morenti”

Tre Ave Maria
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201 - Cristo vive

Cristo risorto, glorioso, si è spogliato di tutto ciò che è terreno, affinché noi uomini suoi fratelli pensiamo di che cosa dobbiamo spogliarci. (Forgia, 526).

Cristo vive. Questa è la grande verità che riempie di contenuto la nostra fede. Gesù, che morì sulla Croce, è risorto, ha trionfato sulla morte, sul potere delle tenebre, sul dolore, sull'angoscia.
Non abbiate paura: con questa esortazione un angelo salutò le donne che andavano al sepolcro.
Non abbiate paura!
Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è qui. Haec est dies quam fecit Dominus, exultemus et laetemur in ea; questo è il giorno che fece il Signore, esultiamo.Il tempo pasquale è tempo di gioia, di una gioia che non è limitata a quest'epoca dell'anno liturgico, ma è presente in ogni momento nell'animo del cristiano.
Poiché Cristo vive: Cristo non è un uomo del passato, che visse un tempo e poi se ne andò lasciandoci un ricordo e un esempio meravigliosi. No: Cristo vive. Gesù è l'Emmanuele, Dio con noi. La sua Risurrezione ci rivela che Dio non abbandona mai i suoi. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Questa era la promessa e l'ha mantenuta. Dio si delizia ancora di stare tra degli uomini. (È Gesù che passa, 102)
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200 - Tu..., superbia? —Di che?

Quando l'orgoglio si impadronisce dell'anima, non è strano che, legati l'uno all'altro, gli vengano dietro tutti gli altri vizi: avarizia, intemperanza, invidia, ingiustizia...
Il superbo tenta inutilmente di sbalzare dal suo trono Dio, misericordioso con tutti, e installarsi al suo posto, portando con se tutta la sua crudeltà.Dobbiamo chiedere al Signore che non ci lasci cadere in questa tentazione.
La superbia è il peggiore e il più ridicolo dei peccati. Se riesce a irretire qualcuno con le sue multiformi allucinazioni, la persona soggiogata si riveste di apparenze, si riempie di vuoto, si gonfia come la rana della favola, piena di presunzione, fino a scoppiare.
Anche umanamente la superbia è sgradevole: chi si considera superiore a tutti e a tutto, non fa che contemplare se stesso e disprezzare gli altri, che lo ricambiano burlandosi della sua vanità.(Amici di Dio, 100)
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199 - Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro

Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò
così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù
si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.


Il capitolo 20 del vangelo di Giovanni ha descritto il cammino di fede pasquale dei discepoli a partire dalla tomba vuota fino all'incontro personale con il Risorto che reca i doni pasquali. Il capitolo 21 ci presenta Gesù risorto nella comunità che è in missione tra le ostilità del mondo e che viene invitata a seguire il Maestro, anche se le è riservata la medesima sorte (cfr 21,29).
Il ritorno dei discepoli alla loro terra di Galilea e al loro lavoro di pescatori forse rivela un momento di dispersione e di smarrimento della comunità dopo lo scandalo della croce. Ma l'esperienza con il Risorto, vissuta in una normale giornata di fatica, mette in luce che la fede si può vivere sempre in qualsiasi tempo e circostanza.
Il Signore si rivela loro presso il mare di Tiberiade svelando con gradualità il suo mistero e la loro vocazione.
Pietro è il primo del gruppo ad essere nominato. È lui che prende l'iniziativa della pesca. La sua funzione nella comunità cristiana è già delineata chiaramente.
Il loro numero di "sette" ha un significato: come il numero "dodici" indica la totalità di Israele, il "sette" è la cifra simbolica dell'universalità. Questi sette discepoli sono simbolicamente il primo seme della Chiesa che viene sparso tra le nazioni pagane, perché la parola di Gesù possa generare altri figli di Dio. Ma senza Gesù l'insuccesso è totale e non prendono nulla. Senza la fede nel Risorto, che è la Vita della comunità, è impossibile riuscire nella missione e portare frutti nella Chiesa.
Sul far del giorno, quando i discepoli tornano dal loro lavoro infruttuoso, egli va loro incontro, ma loro non lo riconoscono.
L'"alba" in cui agisce Gesù è l'opposto della notte e delle tenebre in cui hanno agito i discepoli. Nel linguaggio biblico, è il momento dell'intervento straordinario di Dio (cfr Es 24,24; ecc.); essa coincide con la risurrezione di Cristo e con la sua presenza nella comunità ecclesiale.

È spuntato il nuovo giorno e Gesù rivolge la sua parola autoritativa: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete" (v. 6a). Il risultato è una pesca miracolosa e abbondante, tanto che "non riuscivano più a tirare su la rete per la grande quantità di pesci" (v. 6b).
Allora il discepolo che Gesù amava dice a Pietro: "È il Signore!". Pietro non discute minimamente l'intuizione di fede del suo compagno: Tutto proteso verso il Signore si cinge la veste e si getta in mare: è l'uomo della risposta immediata. Anche gli altri credono dopo aver visto, ma il loro modo di agire verso il Signore è diverso: tirano la rete piena di pesci e nel servizio ecclesiale tutti prendono contatto con Gesù.
Per ordine di Gesù, Pietro riprende il suo servizio nel gruppo, sale sulla barca, tira la rete a terra e fa il computo della pesca: centocinquantatré grossi pesci. Dietro a questo numero c'è qualcosa di misterioso. Scrive Strathmann: "L'esegesi della Chiesa antica aveva ragione quando intuiva che dietro a quel numero c'era qualcosa di misterioso; è particolarmente degno di nota quanto dice Gerolamo a proposito di Hes. 47,9-12, che gli antichi zoologi avrebbero conosciuto 153 specie di pesci; inoltre, si poteva considerare il numero 153 come la somma dei numeri da 1 a 17, o
come numero di un triangolo di base 17, cioè come un numero di misteriosa perfezione. Così la pesca apostolica degli uomini è definita universale e misteriosa, nessun popolo ne è escluso (cfr At 2,9-11) e tutti si raccolgono nell'unica rete della Chiesa universale, che può accogliere tutti senza lacerarsi. Ma gli apostoli come pescatori di uomini possono compiere con successo questo lavoro soltanto su comando di Gesù" (Il vangelo secondo Giovanni, Brescia 1973, pag. 435).
La pesca è seguita da un banchetto in cui il Cristo risorto dà da mangiare ai discepoli. Il testo, parlando di pane e di pesce, allude in modo esplicito all'Eucaristia, momento vertice della vita della Chiesa. Il Signore è al centro della sua comunità rinnovata, che egli nutre familiarmente con il pane e il pesce, simbolo dell'Eucaristia, ossia dono della sua vita (cfr Lc 24,30.41-43; At 1,4).
Solo nell'ascolto della parola del Signore e nell'incontro eucaristico con il Risorto la Chiesa rende fruttuoso ogni suo impegno. Sempre e dovunque vale il detto di Gesù: "Senza di me non potete fare nulla" (Gv 15,5).

Padre Lino Pedron

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giovedì 28 aprile 2011

198 - Sapersi nulla davanti a Dio

È cosa molto grande sapersi nulla davanti a Dio, perché è proprio così. (Solco, 260)

Lascia che ti ricordi, tra gli altri, alcuni sintomi evidenti di mancanza di umiltà:
pensare che ciò che fai o dici è fatto o detto meglio di quanto dicano o facciano gli altri; volerla avere sempre vinta; discutere senza ragione o, quando ce l'hai, insistere caparbiamente e in malo modo; dare il tuo parere senza esserne richiesto, e senza che la carità lo esiga; disprezzare il punto di vista degli altri; non ritenere tutti i tuoi doni e le tue qualità come ricevuti in prestito; non riconoscere di essere indegno di qualunque onore e stima, persino della terra che calpesti e delle cose che possiedi; citarti come esempio nelle conversazioni; parlar male di te, perché si formino un buon giudizio su di te o ti contraddicano; scusarti quando ti si riprende; occultare al Direttore qualche mancanza umiliante, perché non perda il buon concetto che ha di te; ascoltare con compiacenza le lodi, o rallegrarti perché hanno parlato bene di te; dolerti che altri siano più stimati di te; rifiutarti di svolgere compiti inferiori; cercare o desiderare di distinguerti; insinuare nelle conversazioni parole di autoelogio o che lascino intendere la tua onestà, il tuo ingegno o la tua abilità, il tuo prestigio professionale...; vergognarti perché manchi di certi beni... (Solco, 263)
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197 - La saggezza è presso gli umili

«Quia respexit humilitatem ancillae suae» perché vide la bassezza della sua schiava... Ogni giorno di più mi persuado che l'umiltà autentica è la base soprannaturale di tutte le virtù! Parla con la Madonna, perché ci addestri a camminare per questo sentiero. (Solco, 289)

Se meditiamo la Sacra Scrittura, vedremo come l'umiltà è il requisito indispensabile per disporsi ad ascoltare Dio. La saggezza è presso gli umili [Pro 11, 2], dice il libro deiProverbi. Umiltà significa vederci come siamo, senza palliativi, secondo verità. Costatando la nostra pochezza, ci apriremo alla grandezza di Dio: è questa la nostra grandezza.
Lo comprendeva bene la Madonna, la Santa Madre di Gesù, la creatura più eccelsa tra quante sono esistite ed esisteranno sulla terra. Maria glorifica il potere di Dio che ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili [Lc 1 , 52]. E aggiunge che in Lei si è realizzata ancora una volta questa divina volontà: Perché ha guardato l'umiltà della sua serva, d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata [Lc 1, 48].
Maria si mostra santamente trasformata, nel suo cuore purissimo, di fronte all'umiltà di Dio:Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio Di Dio [Lc 1, 35]. L'umiltà della Vergine è conseguenza dell'insondabile abisso di grazia che si opera con l'incarnazione della Seconda Persona della Trinità Beatissima nel seno di sua Madre sempre Immacolata. (Amici di Dio, nn. 96)
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196 - Messaggio Medjugorje 25. aprile 2011

Cari figli, come la natura dà i colori più belli dell'anno, così anch'io vi invito a testimoniare con la vostra vita e ad aiutare gli altri ad avvicinarsi al mio Cuore Immacolato perché la fiamma dell'amore verso l'Altissimo germogli nei loro cuori.


Io sono con voi e prego incessantemente per voi perché la vostra vita sia il riflesso del paradiso qui sulla terra.


Grazie per aver risposto alla mia chiamata.
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195 - Chiedi vera umiltà

L'umiltà nasce come frutto della conoscenza di Dio e della conoscenza di sé stesso. (Forgia, 184)

Queste depressioni, perché vedi o perché scoprono i tuoi difetti, non hanno fondamento... Chiedi vera umiltà. (Solco, 262)

Rifuggiamo da quella falsa umiltà che si chiama comodità. (Solco, 265)

Signore, ti chiedo un regalo: Amore..., un Amore che mi conservi puro. — E un altro regalo ancora: la conoscenza di me, per riempirmi di umiltà. (Forgia, 185)

Sono santi coloro che lottano fino alla fine della loro vita: coloro che sanno sempre rialzarsi dopo ogni inciampo, dopo ogni caduta, per proseguire coraggiosamente il cammino con umiltà, con amore, con speranza. (Forgia, 186)

Se i tuoi errori ti rendono più umile, se ti portano a cercare con più forza l'appiglio della mano divina, allora sono cammino di santità: “Felix culpa!” — colpa benedetta!, canta la Chiesa. (Forgia, 187)

L'umiltà porta ogni anima a non scoraggiarsi davanti ai propri errori.
— L'umiltà vera porta... a chiedere perdono! (Forgia, 189)

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194 - Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno

Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello
spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni.


In questo brano Luca collega direttamente il nostro conoscere il Risorto con l'esperienza di Simone e degli altri con lui. La differenza tra noi e loro sta nel fatto che essi contemplarono e toccarono la sua carne anche fisicamente; noi invece la contempliamo e la tocchiamo solo spiritualmente, attraverso la testimonianza della loro parola e la celebrazione dell'Eucaristia.
Luca insiste molto sulla corporeità del Signore risorto. È una necessità nei confronti dell'ambiente ellenistico, che credeva all'immortalità dell'anima, ma non alla risurrezione dei corpi (cfr At 17,18.32; 26,8.24). Con la risurrezione della carne sta o cade sia la promessa di Dio che la speranza stessa dell'uomo di superare l'ultimo nemico, la morte (cfr 1Cor 15, 26).
Chiave di lettura e sintesi delle Scritture è il Crocifisso, che offre la visione di un Dio che è amore e misericordia infinita. Ai piedi della croce cessa la nostra paura di Dio e la nostra fuga da lui, perché vediamo che egli è da sempre rivolto a noi e ci perdona. I discepoli saranno testimoni di questo (v. 48): faranno conoscere a tutti i fratelli il Signore Gesù come nuovo volto di Dio e salvezza dell'uomo.
La forza di questa testimonianza è lo Spirito Santo, la potenza dall'alto (v. 49). Come scese su Maria, scenderà su di loro (cfr Lc 1,35; At 1,8; 2,1ss). L'incarnazione di Dio nella storia continua e giunge al suo compimento definitivo.
Dio ha reso perfetta la sua solidarietà con l'uomo: al tempo degli antichi fu "davanti a noi" come legge per condurci alla terra promessa; al tempo di Gesù fu "con noi" per aprirci e insegnarci la strada verso il Padre; ora, nel tempo della Chiesa, è "in noi" come vita nuova.
Gesù ha terminato la sua missione. Noi la continuiamo nello spazio e nel tempo. In lui e con lui, ci facciamo prossimi a tutti i fratelli, condividendo con loro la Parola e il Pane.
Il mistero di Cristo si può presentare solamente attraverso le Scritture. Solo Dio conosce il suo Inviato, il cammino che deve percorrere e la meta che deve raggiungere. I segreti di Dio non si scoprono attraverso la riflessione e la sapienza umana, ma solo attraverso la sua libera comunicazione. Per questo il richiamo alle Scritture non è facoltativo, ma obbligatorio per capire il piano di Dio e il cammino del suo Cristo.
La catechesi di Cristo si conclude con la missione degli Undici a tutte le nazioni perché siano i continuatori della sua opera e i testimoni della sua risurrezione. In essa sono racchiusi gli articoli del kerigma apostolico: l’annunzio della morte e risurrezione di Cristo (v. 46), la predicazione della conversione per la remissione dei peccati (v. 47) e la funzione della testimonianza (v. 48).
L’annuncio evangelico era cominciato con la predicazione della penitenza e la remissione dei peccati e si chiude con lo stesso tema (v. 47). Gesù ha assolto la sua missione nel costante tentativo di distogliere gli uomini dal male; ora la sua opera deve continuare attraverso i suoi inviati. Annunciando agli uomini il lieto messaggio del perdono dei peccati e della pace piena e perfetta con Dio, essi non saranno dei conquistatori, ma dei benefattori dell’umanità.
Ma prima di partire per la missione, la Chiesa dovrà ricevere il dono dello Spirito Santo. Se gli apostoli sono i continuatori e i testimoni di Gesù, devono ricevere la stessa investitura di Gesù. Egli si è mosso dopo aver ricevuto il battesimo nello Spirito (Lc 4,14); la stessa cosa deve compiersi per i suoi apostoli.
Questi messaggeri di pace, che si dirameranno da Gerusalemme verso tutte le parti del mondo, saranno corroborati dalla forza dello Spirito. La loro potenza è la forza della fede.
L’ascensione è narrata due volte da Luca, come conclusione del Vangelo e come inizio degli Atti. Il Signore non si allontana dai suoi. Sarà sempre in cammino con i pellegrini della storia, come i due discepoli di Emmaus.
Ma la sua presenza non sarà fisica, limitata nello spazio e nel tempo. Sarà spirituale, illimitata, ovunque e sempre.
Prima era vicino a noi col suo corpo, ora è in noi col suo Spirito. Prima era visibile con il volto di un altro, ora è invisibile e ha preso il nostro volto.
Il suo distare non è un andare lontano, ma un elevarsi là dove può racchiudere in sé ogni orizzonte. Raggiunto il cuore del Padre, Gesù è vicino ad ogni fratello, perché ogni uomo è nel cuore di Dio.

Padre Lino Pedron

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venerdì 22 aprile 2011

193 - È risorto e vi precede in Galilea

Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L'angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l'ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».


Matteo presenta una teofania che non può essere separata dal brano della morte di Gesù. Tutto avviene infatti come se il terremoto che aveva seguito l’ultimo respiro del Cristo, riprendesse dopo il sabato: di nuovo si allude ad Ez 37,7. Si tratta infatti di un unico avvenimento. Matteo lo colloca quasi nel pieno della notte, "all’alba, verso il primo giorno della settimana": è la notte della pasqua di cui parla l’Esodo (Es 11,4; 12,12.29) e il libro della Sapienza (Sap 18,14.15). Matteo descrive la discesa dell’"angelo del Signore" per designare la presenza di Dio stesso (Gen 16,17; 22,11; Es 3,2). Dio manifesta la sua vittoria sulla morte di cui la pietra simboleggiava il carattere implacabile e irreversibile; infatti la pietra viene ribaltata e l’angelo vi si siede sopra. Il suo atteggiamento e il suo vestito bianco come la neve richiama l’Antico dei giorni della visione di Daniele (Dn 7,9-10), mentre la folgore ricorda la grande visione di Dan 10. L’apparizione dell’uomo vestito di lino (Dn 10,5-6) e poi dell’angelo che invita per due volte il profeta a non temere (Dan 10,7-8.12.18-19) prima di annunciargli il tempo della collera e quello della risurrezione (Dan 11-12), dà le linee armoniche a questo brano di Matteo. Mentre i santi si svegliano nel momento della morte di Gesù, le guardie sono prese da tremore e diventano come morti (28,4). Coloro che avevano garantito il sepolcro e sigillato la pietra per impedire che la morte restituisse la sua vittima, si ritrovano ora morti di paura, mentre le donne sono prese da timore e gioia grande. Il timore di Dio fulmina (28,4) o dà la gioia (28,8) secondo il cuore in cui abita. La paura delle donne si dissolve alla vista dell’angelo. Il messaggio dell’angelo risuona: "È stato risuscitato (eghérthe)”. La formulazione al passivo (il passivo divino) è una perifrasi dell’azione di Dio, che significa: "È stato risuscitato da Dio". Al messaggio segue subito l’incarico. Le donne sono incaricate di portare la notizia ai discepoli. Il Risorto li precede in Galilea. E mentre il messaggio pasquale è stato comunicato alle donne da un angelo come messaggio proveniente da Dio, i discepoli lo ricevono invece dalla bocca delle donne. Benché Matteo ponga l’accento in maniera marcata sulla tomba vuota, l’annuncio resta tuttavia indispensabile.
Noi crediamo alla risurrezione di Gesù perché ce l’ha detto Dio. Il fattore che determina la fede pasquale non è la tomba vuota, ma il fatto che i discepoli videro Gesù risorto, il fatto che il Risorto si mostrò ai discepoli vivo.
Gesù stesso viene incontro alle donne e dà loro il compito di essere le apostole degli apostoli: "Andate e annunziate ai miei fratelli…" (v. 10). Esse sono inviate dal Risorto e hanno compreso, almeno confusamente, il senso della Pasqua, mentre le guardie vanno a riferire ai sommi sacerdoti l’accaduto, ma ne ignorano il senso.
Padre Lino Pedron


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192 - Triduo Pasquale Giovedì Santo

[mi scuso se questo, che avrebbe dovuto essere il primo, risulta essere l'ultimo, della serie di tre post]


Estratto dalla Catechesi di Papa Benedetto XVI (19 marzo 2008)

Cari fratelli e sorelle,
siamo giunti al Triduo Pasquale. Questi tre giorni vengono comunemente chiamati “santi” perché ci fanno rivivere l’evento centrale della nostra Redenzione; ci riconducono infatti al nucleo essenziale della fede cristiana: la passione, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo. Sono giorni che potremmo considerare come un unico giorno: essi costituiscono il cuore ed il fulcro dell'intero anno liturgico come pure della vita della Chiesa. Al termine dell’itinerario quaresimale, ci apprestiamo anche noi ad entrare nel clima stesso che Gesù visse allora a Gerusalemme. Vogliamo ridestare in noi la viva memoria delle sofferenze che il Signore ha patito per noi e prepararci a celebrare con gioia, domenica prossima, “la vera Pasqua, che il Sangue di Cristo ha coperto di gloria, la Pasqua in cui la Chiesa celebra la Festa che è l’origine di tutte le feste”, come dice il Prefazio per il giorno di Pasqua nel rito ambrosiano.
Cari fratelli e sorelle, in questi giorni singolari orientiamo decisamente la vita verso un'adesione generosa e convinta ai disegni del Padre celeste; rinnoviamo il nostro "sì" alla volontà divina come ha fatto Gesù con il sacrificio della croce. I suggestivi riti del Giovedì Santo, del Venerdì Santo, il silenzio ricco di preghiera del Sabato Santo e la solenne Veglia Pasquale ci offrono l’opportunità di approfondire il senso e il valore della nostra vocazione cristiana, che scaturisce dal Mistero Pasquale e di concretizzarla nella fedele sequela di Cristo in ogni circostanza, come ha fatto Lui, sino al dono generoso della nostra esistenza.
Giovedì Santo : la Chiesa fa memoria dell’Ultima Cena durante la quale il Signore, la vigilia della sua passione e morte, ha istituito il Sacramento dell’Eucaristia e quello del Sacerdozio ministeriale. In quella stessa notte Gesù ci ha lasciato il comandamento nuovo, “mandatum novum”, il comandamento dell’amore fraterno. Prima di entrare nel Triduo Santo, ma già in stretto collegamento con esso, avrà luogo in ogni Comunità diocesana, la Messa Crismale, durante la quale il Vescovo e i sacerdoti del presbiterio diocesano rinnovano le promesse dell’Ordinazione. Vengono anche benedetti gli olii per la celebrazione dei Sacramenti: l’olio dei catecumeni, l’olio dei malati e il sacro crisma. È un momento quanto mai importante per la vita di ogni comunità diocesana che, raccolta attorno al suo Pastore, rinsalda la propria unità e la propria fedeltà a Cristo, unico Sommo ed Eterno Sacerdote.
Alla sera, nella Messa in Cena Domini si fa memoria dell’Ultima Cena quando Cristo si è dato a tutti noi come nutrimento di salvezza, come farmaco di immortalità: è il mistero dell'Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana. In questo Sacramento di salvezza il Signore ha offerto e realizzato per tutti coloro che credono in Lui la più intima unione possibile tra la nostra e la sua vita.
Col gesto umile e quanto mai espressivo della lavanda dei piedi, siamo invitati a ricordare quanto il Signore fece ai suoi Apostoli: lavando i loro piedi proclamò in maniera concreta il primato dell'amore, amore che si fa servizio fino al dono di se stessi, anticipando anche così il sacrificio supremo della sua vita che si consumerà il giorno dopo sul Calvario.
Secondo una bella tradizione, i fedeli chiudono il Giovedì Santo con una veglia di preghiera e di adorazione eucaristica per rivivere più intimamente l’agonia di Gesù al Getsemani. [...]

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191 - Triduo Pasquale Sabato Santo

Estratto dalla Catechesi di Papa Benedetto XVI (19 marzo 2008) :

Cari fratelli e sorelle,
[...]Vogliamo ridestare in noi la viva memoria delle sofferenze che il Signore ha patito per noi e prepararci a celebrare con gioia, domenica prossima, “la vera Pasqua, che il Sangue di Cristo ha coperto di gloria, la Pasqua in cui la Chiesa celebra la Festa che è l’origine di tutte le feste”, come dice il Prefazio per il giorno di Pasqua nel rito ambrosiano
Sabato Santo: il sabato santo è segnato da un profondo silenzio. Le Chiese sono spoglie e non sono previste particolari liturgie. Mentre attendono il grande evento della Risurrezione, i credenti perseverano con Maria nell’attesa pregando e meditando. C’è bisogno in effetti di un giorno di silenzio, per meditare sulla realtà della vita umana, sulle forze del male e sulla grande forza del bene scaturita dalla Passione e dalla Risurrezione del Signore. Grande importanza viene data in questo giorno alla partecipazione al Sacramento della riconciliazione, indispensabile via per purificare il cuore e predisporsi a celebrare intimamente rinnovati la Pasqua. Almeno una volta all’anno abbiamo bisogno di questa purificazione interiore di questo rinnovamento di noi stessi. Questo Sabato di silenzio, di meditazione, di perdono, di riconciliazione sfocia nella Veglia Pasquale, che introduce la domenica più importante della storia, la domenica della Pasqua di Cristo. Veglia la Chiesa accanto al nuovo fuoco benedetto e medita la grande promessa, contenuta nell’Antico e nel Nuovo Testamento, della liberazione definitiva dall’antica schiavitù del peccato e della morte. Nel buio della notte viene acceso dal fuoco nuovo il cero pasquale, simbolo di Cristo che risorge glorioso. Cristo luce dell’umanità disperde le tenebre del cuore e dello spirito ed illumina ogni uomo che viene nel mondo. Accanto al cero pasquale risuona nella Chiesa il grande annuncio pasquale: Cristo è veramente risorto, la morte non ha più alcun potere su di Lui. Con la sua morte Egli ha sconfitto il male per sempre ed ha fatto dono a tutti gli uomini della vita stessa di Dio. Per antica tradizione, durante la Veglia Pasquale, i catecumeni ricevono il Battesimo, per sottolineare la partecipazione dei cristiani al mistero della morte e della risurrezione di Cristo. Dalla splendente notte di Pasqua, la gioia, la luce e la pace di Cristo si espandono nella vita dei fedeli di ogni comunità cristiana e raggiungono ogni punto dello spazio e del tempo [...]
L’amore è più forte dell’odio, ha vinto e dobbiamo associarci a questa vittoria dell’amore. Dobbiamo quindi ripartire da Cristo e lavorare in comunione con Lui per un mondo fondato sulla pace, sulla giustizia e sull’amore. In quest’impegno, che tutti ci coinvolge, lasciamoci guidare da Maria, che ha accompagnato il Figlio divino sulla via della passione e della croce e ha partecipato, con la forza della fede, all'attuarsi del suo disegno salvifico. Con questi sentimenti, formulo fin d’ora i più cordiali auguri di lieta e santa Pasqua a tutti voi, ai vostri cari e alle vostre Comunità.

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190 - Triduo Pasquale Venerdì Santo

Estratto dalla Catechesi di Papa Benedetto XVI (19 marzo 2008) :

Cari fratelli e sorelle,
[...] Al termine dell’itinerario quaresimale, ci apprestiamo anche noi ad entrare nel clima stesso che Gesù visse allora a Gerusalemme. Vogliamo ridestare in noi la viva memoria delle sofferenze che il Signore ha patito per noi e prepararci a celebrare con gioia, domenica prossima, “la vera Pasqua, che il Sangue di Cristo ha coperto di gloria, la Pasqua in cui la Chiesa celebra la Festa che è l’origine di tutte le feste”, come dice il Prefazio per il giorno di Pasqua nel rito ambrosiano. [...]
Venerdì Santo: è la giornata che fa memoria della passione, crocifissione e morte di Gesù. In questo giorno la liturgia della Chiesa non prevede la celebrazione della Santa Messa, ma l’assemblea cristiana si raccoglie per meditare sul grande mistero del male e del peccato che opprimono l’umanità, per ripercorrere, alla luce della Parola di Dio e aiutata da commoventi gesti liturgici, le sofferenze del Signore che espiano questo male.
Dopo aver ascoltato il racconto della passione di Cristo, la comunità prega per tutte le necessità della Chiesa e del mondo, adora la Croce e si accosta all’Eucaristia, consumando le specie conservate dalla Messa in Cena Domini del giorno precedente.
Come ulteriore invito a meditare sulla passione e morte del Redentore e per esprimere l’amore e la partecipazione dei fedeli alle sofferenze di Cristo, la tradizione cristiana ha dato vita a varie manifestazioni di pietà popolare, processioni e sacre rappresentazioni, che mirano ad imprimere sempre più profondamente nell’animo dei fedeli sentimenti di vera partecipazione al sacrificio redentivo di Cristo.
Fra queste spicca la Via Crucis, pio esercizio che nel corso degli anni si è arricchito di molteplici espressioni spirituali ed artistiche legate alla sensibilità delle diverse culture.
Sono così sorti in molti Paesi santuari con il nome di “Calvaria”, ai quali si giunge attraverso un’erta salita che richiama il cammino doloroso della Passione, consentendo ai fedeli di partecipare all’ascesa del Signore verso il Monte della Croce, il Monte dell’Amore spinto fino alla fine. [...]
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189 - Tutto è compiuto

Ammira la fortezza della Madonna: ai piedi della Croce, con il più grande dei dolori umani —non c'è dolore come il suo dolore— piena di fortezza. —Chiedile questo vigore, per saper stare anche tu presso la Croce (Cammino, 508).

In alto, sulla Croce, e' scritta la causa della condanna: Gesù Nazareno Re del giudei (Gv19, 19). E tutti i passanti lo ingiuriano e si burlano di Lui.
— Se è il re di Israele, scenda ora dalla Croce (Mt 27, 42).

Uno dei due malfattori interviene in difesa:
— Costui non ha fatto alcun male... (Lc 23, 41).

Quindi rivolge a Gesù un'umile richiesta, piena di fede:
— Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno (Lc 23, 42).
— In verità ti dico, Oggi sarai con me nel paradiso (Lc 23, 42).

Accanto alla Croce vi è sua Madre, Maria, con altre sante donne. Gesù la guarda, poi guarda il discepolo amato, e dice alla Madre:
— Donna, ecco tuo figlio.

Poi dice al discepolo:
— Ecco tua madre (Gv 19, 26-27).

Si spengono gli astri del cielo, e la terra resta sommersa nelle tenebre. Sono quasi le tre, quando Gesù esclama:
— Elí, Elí, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?(Mt 27, 46).

Poi, sapendo che ogni cosa era sul punto di concludersi, per dare compimento alla Scrittura dice:
— Ho sete (Gv 19, 28).

I soldati imbevono di aceto una spugna e, dopo averla messa su una canna di issòpo, gliela avvicinano alla bocca. Gesù assapora l'aceto, ed esclama:

Tutto è compiuto (Gv 19, 30). il velo del tempio si squarcia nel mezzo e la terra trema quando il Signore grida a gran voce:
— Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito (Lc 23, 46).

E spira.
Ama il sacrificio, che è fonte di vita interiore. Ama la Croce, che è altare del sacrificio. Ama il dolore, fino a bere, come Cristo, la feccia del calice. (Via Crucis, XII stazione)
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giovedì 21 aprile 2011

188 - Il mistero del Giovedì Santo

Dobbiamo far nostre, per assimilazione, queste parole di Gesù: “Desiderio desideravi hoc Pascha manducare vobiscum” — ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi. In nessun altro modo potremo esprimere meglio il nostro massimo interesse e amore per il Santo Sacrificio, se non rispettando accuratamente anche la più piccola delle cerimonie prescritte dalla sapienza della Chiesa. E, oltre all'Amore, deve sollecitarci la “necessità” di somigliare a Gesù Cristo, non solo interiormente, ma anche esternamente, nel muoverci — negli ampi spazi dell'altare cristiano — con il ritmo e l'armonia della santità obbediente, che si identifica con la Volontà della Sposa di Cristo, e cioè con la Volontà di Cristo stesso. (Forgia, 833)

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Questo versetto di san Giovanni annunzia al lettore del suo Vangelo che qualcosa di grande avverrà in questo giorno. È un esordio teneramente affettuoso, parallelo a quello che san Luca riporta nel suo racconto: Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione.
Cominciamo fin da ora a chiedere allo Spirito Santo di prepararci a comprendere ogni gesto e ogni parola di Gesù: perché vogliamo vivere di vita soprannaturale, perché il Signore ci ha manifestato la sua volontà di darsi a noi come alimento dell'anima, e perché riconosciamo che Lui solo ha parole di vita eterna.
La fede ci fa proclamare con Simon Pietro: Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Ed è proprio questa fede, unita alla nostra devozione, che in momenti così importanti ci spinge a imitare l'audacia di Giovanni: accostarci a Gesù e adagiare il capo sul petto del Maestro, di colui che amava ardentemente i suoi e — lo abbiamo appena udito — li avrebbe amati sino alla fine.
Tutti i modi di dire si rivelano insufficienti per spiegare, sia pure lontanamente, il mistero del Giovedì Santo. Ma non è difficile immaginare almeno in parte i sentimenti del cuore di Gesù Cristo quella sera, l'ultima che trascorreva con i suoi, prima del sacrificio del Calvario (È Gesù che passa, 83).

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187 - Gesù lava i piedi ai discepoli

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.

Giovanni apre il racconto della passione e morte di Gesù presentando il gesto profetico della lavanda dei piedi con il quale è simboleggiata la donazione d'amore del Figlio di Dio con il servizio della sua vita, mediante l'umiliazione suprema della croce.
La lavanda dei piedi raffigura la passione e la morte di Gesù, l'estremo atto d'amore di Gesù per i suoi. Questo servizio del lavare i piedi, che poteva essere preteso solo dagli schiavi non ebrei, preannuncia l'annientamento della croce, supplizio riservato agli schiavi. Questa fase finale della manifestazione del Cristo inizia poco prima della festa di Pasqua.
L'ora di Gesù è il passaggio dalla terra al cielo, il ritorno al Padre dal quale era uscito (v. 3). Con la sua morte Gesù va al Padre (cfr Gv 17,13). Il Cristo è stato inviato nel mondo dall'amore del Padre per salvare l'umanità peccatrice (cfr Gv 3,16-17; 12,47) e per illuminare le tenebre del male (cfr Gv 3,19; 12,46): ora, adempiuta la sua missione, egli lascia il mondo e va dal Padre (cfr Gv 16,28).
Questo passaggio di Gesù, attraverso la passione e la morte, rappresenta la suprema prova del suo amore per i suoi discepoli (v. 1): l'espressione più alta dell'amore è costituita dal sacrificio della vita per i propri amici (cfr Gv 15,13). Gesù, buon pastore, ha dato la vita per le sue pecore (cfr Gv 10,11.15). Questo significa «amare sino alla fine» (v. 1).
Sulla croce è stato consumato il sacrificio dell'amore del Figlio di Dio; per questo Gesù, prima di chinare il capo e di consegnare lo Spirito, esclamò: «È compiuto!» (Gv 19,30). Questo verbo (in greco: tetélestai) richiama l'espressione «sino alla fine» (in greco: eis télos) di Gv 13,1 e forma una grande inclusione dei capitoli 13-19 del vangelo di Giovanni.
Gli eventi finali della rivelazione suprema dell'amore di Gesù per la sua comunità devono essere visti in questa luce della perfezione dell'amore del Figlio di Dio per i suoi. La lavanda dei piedi preannuncia simbolicamente questo servizio supremo di amore del Cristo per la sua Chiesa.
Questo gesto profetico avviene durante l'ultima cena. Paolo e gli altri vangeli ci raccontano che in questa occasione Gesù ha istituito l'eucaristia (cfr 1Cor 11,23ss; Mc 14,22ss e par.). Giovanni, nel contesto dell'ultima cena, non fa neppure un cenno a tale avvenimento. Il tema dell'eucaristia l'aveva già trattato ampiamente nel capitolo 6.
La lavanda dei piedi simboleggia l'ora del Cristo, cioè il dono supremo della sua vita a favore dei suoi amici con la morte umiliante sulla croce. Il «deporre le vesti» (v. 4) richiama il «deporre l'anima» (cfr Gv 10,11.15.17): il buon Pastore dona la vita a favore delle sue pecore.
Simone Pietro rifiuta di ricevere da Gesù il servizio della lavanda dei piedi. Tra gli ebrei questo servizio era riservato agli schiavi pagani; il padrone non poteva esigerlo da una schiavo circonciso. In tale contesto sociale si capisce pienamente l'obiezione di Pietro: è inaudito che il Signore compia un servizio così umiliante.
La risposta misteriosa di Gesù: «Quello che io faccio… lo capirai in seguito» (v. 7) non è di facile comprensione.
Difatti Pietro non si accontenta della risposta di Gesù e si ostina nel suo rifiuto. Gesù gli risponde che tale rifiuto lo esclude dalla partecipazione alla sua vita.
L'espressione «avere parte» indica l'eredità della terra promessa (cfr Dt 12,12; 14, 27.29) e la vita di comunione con il Signore (cfr Dt 10,9). In questo contesto esprime la vita di amicizia profonda del discepolo con il Figlio di Dio.
Gesù fa presente a Pietro che, rifiutando il suo umile servizio, si separa dal suo Signore, perché non accetta il suo sacrificio redentore, simboleggiato dalla lavanda dei piedi.
Davanti a questa prospettiva Pietro si ricrede prontamente e si dichiara disposto a farsi lavare anche le altre parti del corpo. Gesù gli risponde che non è necessario il bagno per chi è puro. La risposta di Gesù indica la mondezza del cuore dall'incredulità e dal peccato. In Gv 15,3 la purificazione dei discepoli è presentata in rapporto con la parola rivelata dal Cristo e accolta da essi, quindi fa capire che tale mondezza spirituale è frutto della fede. Questa spiegazione è suggerita dal riferimento al tradimento di Giuda: non tutti gli apostoli sono puri, perché tra loro c'è un incredulo, il traditore (vv.10-11).
Gesù, al termine della lavanda dei piedi, può esortare, con la forza dell'esempio, i discepoli al servizio vicendevole nella comunità cristiana. Egli fa leva sulla sua condizione divina di Signore e Maestro per invitare i discepoli a imitare il suo esempio di umile servitore dei fratelli (v. 14).
Se il Figlio di Dio si è abbassato tanto per amore dei discepoli, a maggior ragione questi devono servirsi reciprocamente.
Gesù ha dato l'esempio che i suoi discepoli devono imitare: essi devono amarsi come Gesù li ha amati (Gv 13,34; 15,12) e devono prestarsi i più umili servizi a imitazione di Cristo che è venuto per servire (cfr Mc 10,41-45; Lc 22,24-27).

Padre Lino Pedron
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martedì 19 aprile 2011

186 - Martedì santo: “La Croce sulle tue spalle, con un sorriso”

Quanto più sarai di Cristo, più grazia avrai per la tua efficacia sulla terra e per la felicità eterna. Ma devi deciderti a seguire la via della dedizione: la Croce sulle tue spalle, con un sorriso sulle labbra, con una luce nell'anima.. (Via Crucis, II. n. 3)

Senti dentro di te: “Come pesa il giogo che hai assunto liberamente!”... E la voce del diavolo; il fardello... della tua superbia.
Chiedi umiltà al Signore, e anche tu capirai quelle parole di Gesù: Iugum enim meum suave est, et onus meum leve (Mt 11, 30), che mi piace tradurre liberamente così: il mio, giogo è la libertà, il mio giogo è l'amore, il mio giogo è l'unità, il mio giogo è la vita, il mio giogo è l'efficacia. (Via Crucis, II. n. 4)

Nell'ambiente c'è una specie di paura della Croce, della Croce del Signore. Il fatto è che hanno incominciato a chi amare croci tutte le cose sgradevoli che accadono nella vita, e non sanno sopportarle con senso di figli di Dio, con visione soprannaturale. Tolgono persino le croci piantate dal nostri avi lungo le strade!
Nella Passione, la Croce ha cessato di essere simbolo di castigo, per divenire segno di vittoria. La Croce è l'emblema del Redentore: in quo est salus, vita et resurrectio nostra: lì è la nostra salvezza, la nostra vita, la nostra risurrezione. (Via Crucis, II. n. 5)

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185 - Uno di voi mi tradirà…

Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Simon Pietro gli disse: «Signore, dove vai?». Gli rispose Gesù: «Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi». Pietro disse: «Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!». Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m'abbia rinnegato tre volte.

Gesù aveva già parlato in modo enigmatico dell'amico intimo che lo avrebbe tradito (cfr Gv 13,18), ma ora che denuncia chiaramente il traditore è preso da un turbamento profondo. Questa denuncia così chiara del traditore provoca grande costernazione nel gruppo dei discepoli: essi ignorano di chi stia parlando Gesù.
Il discepolo, "quello che Gesù amava" (v. 23) si trovava a mensa a fianco del Signore. Secondo l'usanza grecoromana, diffusa anche in Palestina, i commensali stavano adagiati sui divani, poggiandosi sopra il gomito sinistro, mentre con il braccio destro prendevano i cibi e le bevande.
In questo brano appare per la prima volta sulla scena questo discepolo innominato, del quale si parlerà anche nel seguito del vangelo: nel brano della morte di Gesù (19, 26ss), nella scoperta della tomba vuota (20,2ss) e nel brano della pesca miracolosa (21,7).
Gesù accoglie la richiesta del discepolo e indica il traditore. Satana entrò nel cuore di Giuda dopo che questi ha mangiato il boccone offerto da Gesù. Il nemico di Dio si impossessa del traditore, immergendolo nelle tenebre dell'incredulità e dell'odio, fino alla consumazione del delitto più grande: l'uccisione del Figlio di Dio (19,11).
Con l'ingresso di satana nel cuore di Giuda, gli eventi precipitano; per questo Gesù esorta il traditore ad affrettarsi nell'attuare il suo disegno criminoso. Il traditore esce dalla luce, abbandona il Cristo luce del mondo (8,12) e si immerge nelle tenebre della notte (v. 30). Nel cuore di Giuda si è spenta la luce della fede; in lui regnano le tenebre dell'incredulità e dell'odio. È notte!
Appena il traditore è uscito, Gesù apre il cuore ai suoi amici che lo circondano. Egli è consapevole di essere giunto alla vigilia della sua morte e per questo si premura di spiegare loro il vero significato della sua partenza da questo mondo. La sua morte in croce non è la sua sconfitta, ma il suo trionfo, la sua glorificazione e il suo ritorno al Padre. Con la sua passione e morte Gesù esegue con obbedienza eroica il piano di salvezza voluto dal Padre e dimostra fino a che punto ama Dio e gli uomini.
Attraverso la glorificazione di Gesù si compie anche la glorificazione del Padre. Dio è glorificato per mezzo di Gesù e in Gesù. Il Padre è glorificato dal Figlio con l'esaltazione di Gesù sul trono regale della croce. Da questo trono Gesù manifesta in pienezza la sua divinità (8, 28) e attira tutti a sé (12,32).
L'appellativo "figlioli" (v. 33), usato da Gesù, esprime tutto l'amore e la confidenza per i suoi discepoli. Gesù avverte i suoi amici che sta per lasciarli. In questo momento essi non possono seguirlo; lo raggiungeranno più tardi.
Il ritorno di Gesù al Padre non è un viaggio di piacere, ma di dolore: egli allude alla sua passione e morte. Pietro al momento presente non è in grado di imitare Gesù, nonostante la sua protesta di fedeltà fino al sacrificio della vita; egli lo seguirà con la prigionia e la morte, ma in seguito.
Data l'insistenza di Pietro nell'affermare la sua fedeltà a Gesù fino al sacrificio della vita. Il Signore gli predice l'imminente rinnegamento. Il riferimento al canto del gallo vuole indicare con chiarezza che Pietro rinnegherà tre volte Gesù proprio in quella stessa notte.

Padre Lino Pedron

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lunedì 18 aprile 2011

184 - Richiesta di preghiere 19/2011

45) Louise, dal Camerun, ci chiede di pregare per l'intercessione della Vergine in suo favore, in particolare per i suoi peccati e per la sua salute.

Je viens déposer au pied de la croix de Jésus Christ, mes angoisses, mes peurs, ma maladie afin que la Vierge Marie intercède en ma faveur pour le pardon de mes péchés et la protection contre mes détracteurs visibles ou invisibles.

46) Jean Francois dalla Francia, ci chiede di continuare a pregare per la salute di sua madre Maria (è affetta da diverse patologie invalidanti).

merci de transmettre cette intention de priere a toute personnes de bien, soeurs, frere, pretre, qui pourra prier pour la guerison de ma mere madame brancourt greco mariama mere souffre au niveau de ses yeux, merci de prier pour que dieu guerisse ses yeuxet qu elle puisse ouvrir grand les yeux, et avoir des yeux qui fonctionnent normalement.
merci egalement de prier pour qu elle puisse avoir la chance d avoir de bons medecins gastro enterologue qui pourrait faire le bon diagnostique et pourrait la guerir pour son probleme de colon irritable, colopathie, douleur de ventre chronique qui lui font vivre un vrai enfer au quotidien.et aussi qu elle puisse avoir de tres bon medecins rhumatologue car elle souffre de douleur chronique intercostaleet c 'est vraiment tres tres dur pour elle de supporter les problemes d yeux, de ventre, de cotes, en plus elle a aussi des problemes dentaires tres lourds.voila pour toutes ces raisons j espere que dieu la haut, ou les saints vont guidés ma mere, la proteger et aussi lui donner les meilleurs medecins, tres gentil et competant qui vont la soulager et l aider vers la guerison.
ma mere est tres tres tres fatiguée a cause des problemes de santédonc merci de lui envoyer de l energie positive de guerison et de bien etre.que dieu vous benisse
son fils
jean francois *****nord de la france
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183 - Lunedì santo: “lo sono la luce del mondo”

I nostri peccati sono stati la causa della Passione: della tortura che deformava la fisionomia amabilissima di Gesù, perfectus Deus, perfectus homo. E sono ancora le nostre miserie a impedirci ora di contemplare il Signore, presentandoci opaca e contraffatta la sua figura. Quando la vista ci si intorbidisce, quando gli occhi si annebbiano, dobbiamo rivolgerci alla luce. E Cristo ha detto: Ego sum lux mundi! (Gv 8, 12) lo sono la luce del mondo. E aggiunge: chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Via Crucis, VI, n.1).

Questa settimana, tradizionalmente chiamata santa dal popolo cristiano, ci offre ancora una volta l'occasione di considerare — di rivivere — i momenti conclusivi della vita di Gesù. Tutti gli avvenimenti che le diverse espressioni della pietà richiamano in questi giorni alla memoria hanno come traguardo la Risurrezione che è il fondamento della nostra fede, come scrive san Paolo. Tuttavia non dobbiamo dirigerci troppo in fretta verso questa mèta; non dimentichiamo una verità elementare, ma che tanto spesso ci sfugge: noi non potremo partecipare alla Risurrezione del Signore se non ci uniamo alla sua Passione e alla sua Morte. Per essere con Cristo nella sua gloria, bisogna che prima aderiamo al suo olocausto per sentirci una sola cosa con Lui, morto sul Calvario (...).
Meditiamo su questo Signore, coperto di ferite per amor nostro. Usando un'espressione che si avvicina alla realtà, anche se non arriva a dire tutto, potremmo ripetere con un autore antico: « Il corpo di Gesù è un grande quadro di dolori ». La scena che ci presenta questo Cristo ridotto a uno straccio, un corpo martoriato e inerte deposto dalla croce e affidato a sua Madre, è come il ritratto di una disfatta. Dove sono le folle che lo seguivano? Dov'è il Regno di cui annunciava l'avvento? Ma non è una sconfitta; è una vittoria: ora Egli è più che mai vicino al momento della Risurrezione, della manifestazione della gloria che ha conquistato con la sua obbedienza. (È Gesù che passa, 95).

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182 - Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell'aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

In questo brano è accentrato il contrasto tra la generosa dimostrazione d'amore di Maria e la gretta irritazione di Giuda Iscariota. Gesù era stato a Betània qualche giorno prima per risuscitare Lazzaro e se ne era allontanato dopo la decisione del sinedrio di ucciderlo. Ora la famiglia degli amici fa una cena un onore di Gesù. Maria, ungendo i piedi di Gesù, fa un gesto di squisita cortesia, secondo l'usanza giudaica, come segno di omaggio all'ospite. Una libbra corrisponde a 330 grammi e il prezzo di trecento denari allo stipendio di trecento giornate lavorative.
L'intervento di Giuda mette in risalto la fede e l'amore di Maria per il Signore. Questa donna, in uno slancio di generosità, si è prodigata in un gesto di tenerezza senza badare a spese; al contrario Giuda Iscariota; con la sua contestazione, manifesta la grettezza del suo cuore. Egli non era preoccupato delle necessità dei poveri, ma desiderava che quella somma finisse nella cassa comune della comunità di Gesù, di cui era amministratore, per rubarla (v. 6).
"Lasciatela fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura" (v. 7) Con questa frase Gesù vuole spiegare che il gesto della donna ha un significato profetico, perché preannuncia l'unzione del suo corpo prima della sepoltura. "I poveri li avete sempre con voi". Con queste parole Gesù non vuole scoraggiare l'assistenza e il soccorso ai poveri, ma vuole ricordare il primato che si deve riservare a Dio in tutte le circostanza della vita.
Con la frase "non sempre avete me" (v. 8) evidentemente Gesù parla della sua vita terrena che avrà termine tra qualche giorno. La sua presenza come risorto, invisibile ma reale, non cesserà mai (cfr Gv 14,16; Mt 28,20). Dinanzi al comportamento del popolo che crede in Gesù, la reazione dei sommi sacerdoti rasenta la follia, perché decretano di uccidere anche Lazzaro per far scomparire questa testimonianza così eloquente a favore della divinità di Gesù. L'ostinazione dei capi nel male raggiunge il parossismo.
Padre Lino Pedron

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domenica 17 aprile 2011

181 - Domenica delle Palme: "Benedetto colui che viene!"

Con opere di servizio, possiamo preparare al Signore un trionfo più grande di quello del suo ingresso in Gerusalemme... Perché non si ripeteranno né le scene di Giuda, né quella dell'Orto degli Ulivi, né quella notte buia... Otterremo che il mondo arda nelle fiamme del fuoco che Egli è venuto a portare sulla terra!... E la luce della Verità — il nostro Gesù — illuminerà le intelligenze in un giorno senza fine. (Forgia, 947).

Nella meravigliosa unità della Liturgia della Santa Chiesa Cattolica, che ricapitola il vecchio e il nuovo, noi leggiamo oggi parole di profonda gioia: Le folle degli Ebrei, portando rami d'ulivo, andavano incontro al Signore e acclamavano a gran voce: « Osanna all'Altissimo Dio». L'acclamazione a Gesù rievoca nel nostro spirito quella che ne salutò la nascita a Betlemme.
Via via che egli avanzava — narra san Luca — stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: « Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli! (...)
In questa domenica delle Palme, nel commemorare il giorno in cui il Signore dà inizio alla settimana decisiva per la nostra salvezza, mettiamo da parte le considerazioni superficiali, andiamo all'essenza, a ciò che è veramente importante. Ebbene, la nostra aspirazione è andare in Cielo. Altrimenti non c'è nulla che valga la pena. Per andare in Cielo è indispensabile la fedeltà alla dottrina di Cristo. Per essere fedeli è indispensabile insistere con costanza nella lotta contro gli ostacoli che si oppongono alla nostra felicità eterna. (...) (È Gesù che passa, nn. 72-83)

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sabato 16 aprile 2011

180 - Forza, vola!

Mi vedo come un povero uccellino che, abituato a volare soltanto da albero ad albero o, al più, fino al balcone di un terzo piano..., una sola volta ebbe l'ardire di arrivare fino al tetto di una casetta, che non era proprio un grattacielo... Ma ecco che un'aquila afferra il nostro eroe — lo aveva scambiato per un pulcino della sua razza — e, fra i suoi artigli poderosi, l'uccellino sale, sale molto in alto, oltre le montagne della terra e le vette innevate, oltre le nubi bianche e azzurre e rosa, ancora più su, fino a guardare in faccia il sole... E allora l'aquila, liberando l'uccellino, gli dice: — Forza, vola! — Signore, che io mai più torni a volare rasoterra! Che sia sempre illuminato dai raggi del Sole divino — Cristo — nell'Eucaristia!, che il mio volo non si interrompa, fino a trovare il riposo del tuo Cuore! (Forgia, 39)

Il cuore sente il bisogno, allora, di distinguere le Persone divine e di adorarle a una a una. In un certo senso, questa scoperta che l'anima fa nella vita soprannaturale è simile a quella di un infante che apre gli occhi all'esistenza. L'anima si intrattiene amorosamente con il Padre, con il Figlio, con lo Spirito Santo; e si sottomette agevolmente all'attività del Paraclito vivificante, che ci viene dato senza nostro merito: i doni e le virtù soprannaturali!
Abbiamo corso come il cervo, che anela le fonti delle acque [Sal 41,2]; assetati, con la bocca riarsa, come inariditi. Vogliamo bere a questa sorgente di acqua viva. Senza fare cose strane, nelle nostre giornate ci lasciamo portare da questa corrente generosa e chiara di fresche acque che zampillano nella vita eterna [Cfr Gv 4, 14]. Le parole vengono meno, la lingua non riesce ad esprimersi; anche l'intelletto si acquieta. Non si discorre, si ammira. E l'anima erompe ancora una volta in un cantico nuovo, perché si sente e si sa ricambiata dallo sguardo amoroso di Dio, in ogni istante della giornata.
Non alludo a situazioni straordinarie. Sono, possono benissimo essere fenomeni ordinari della nostra anima: come una pazzia di amore che, senza spettacolo, senza stravaganze, ci insegna a soffrire e a vivere, perché Dio ci concede la Sapienza. Incamminati sullo stretto sentiero che conduce alla vita [Mt 7, 14], quanta serenità, allora, e quanta pace! (Amici di Dio, nn. 306-307)

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179 - Per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Questo brano illustra la reazione opposta al segno della risurrezione di Lazzaro: molti spettatori del miracolo credono in Gesù, i capi del popolo decretano la sua morte, ostinandosi nella loro cecità volontaria. Gv 11,45-57 prepara la passione e la crocifissione del Cristo. Questo brano ha un profondo significato teologico. Non solo determina che Gesù deve morire, ma stabilisce anche lo scopo e l'effetto di questa morte: egli muore "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (v. 52).
Questo è uno dei pochi brani del vangelo di Giovanni che parla del valore salvifico della morte di Gesù.
Il prodigio della risurrezione di Lazzaro ha favorito la fede di molti giudei venuti da Maria. I segni operati da Gesù devono favorire la fede (cfr Gv 20,30-31). Bisogna credere nel Figlio di Dio almeno per i segni eccezionali da lui operati (cfr Gv 14,11). Tuttavia la fede profonda deve prescindere dal vedere, per cui Gesù proclama beati i discepoli che credono senza aver visto (cfr Gv 20,29).
Non tutti i giudei presenti a Betània hanno creduto, anzi alcuni andarono subito ad informare i sommi sacerdoti e i farisei i quali prendono occasione da questa notizia per radunare d'urgenza il consiglio supremo.
I sommi sacerdoti e i farisei mostrano la loro preoccupazione per il comportamento di Gesù e implicitamente riconoscono la loro impotenza dinanzi ai segni operati da lui. L'ammissione che Gesù compie molti prodigi non stimola i giudei a credere, ma al contrario li spinge a prendere misure repressive nei suoi confronti. La preoccupazione maggiore dei capi religiosi degli ebrei è di carattere politico: essi temono di perdere il potere.
Quando Giovanni scriveva il suo vangelo, la deportazione degli ebrei e la distruzione di Gerusalemme operata dai romani era un fatto compiuto. I capi del popolo che temevano dei disastri sociali a motivo della fede in Cristo, non previdero che questi mali sarebbero stati una conseguenza della loro incredulità, un castigo per aver rifiutati il loro Messia (cfr Lc 19,41-44).
Caifa nel suo intervento dichiara che è conveniente sacrificare un uomo per evitare la rovina dell'intera nazione. Per l'evangelista queste espressioni di Caifa acquistano un significato molto profondo. Gesù muore a favore dell'intera umanità, per donare la vita al mondo (cfr Gv 6,51), per salvare il gregge di Dio (cfr Gv 10,11.15), per santificare i discepoli nella verità (cfr Gv 17,19).
I figli di Dio sono i discepoli di Gesù, generati da Dio (cfr Gv 1,12-13). Il loro distintivo è la fede e l'amore. Questo popolo che è stato acquistato dal Signore (cfr 1Pt 1,19) è la Chiesa, la sposa santa e immacolata di Cristo (cfr Ef 5,25-27). La morte di Cristo ha una finalità salvifica perché raduna in unità i dispersi figli di Dio. Il peccato è divisione, la salvezza è vita in unità con Dio e con i fratelli.
La morte di Gesù realizza l'oracolo di Ezechiele 34,12-13 che prediceva la riunione delle pecore del Signore, radunandole da tutte le regioni nelle quali erano state disperse, per formare un solo gregge condotto da un solo pastore.
Dopo la decisione del sinedrio Gesù si ritira ai margini del deserto di Giuda. Questi avvenimenti si verificarono a pochi giorni dalla Pasqua. I giudei che abitavano in campagna salivano qualche giorno prima della solennità per purificarsi secondo le prescrizioni della legge, sottoponendosi ai riti di aspersione con il sangue degli agnelli (cfr 2Cr 30,15 ss). Questi pellegrini cercano Gesù. La loro ricerca era sincera. Questi pii campagnoli osanneranno Gesù in occasione del suo ingresso trionfale in Gerusalemme (cfr Gv 12,12).

Padre Lino Pedron

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venerdì 15 aprile 2011

178 - Richiesta di preghiere 18/2011

44) Sergio : Cari fratelli e sorelle in Cristo e nel Cuore Immacolato di Maria, vi prego di elevare preghiere di intercessione per Sara e Iris, due bambine di 3 e 1 anno, non ancora battezzate, perché i loro genitori affermano che quando saranno grandi decideranno loro. E con quale insegnamento? E' un segno del decadimento morale della nostra società, con sciagurati genitori che si allineano alla moda materialista. Che il Signore li perdoni e li faccia ravvedere per il bene delle famiglie.
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177 - Confessione

In vista della Confessione pasquale vi invio un piccolo aiuto per fare l'esame di coscienza:

I dieci comandamenti
Io sono il Signore Dio tuo:
1. Non avrai altro Dio fuori di me
2. Non nominare il nome di Dio invano
3. Ricordati di santificare le feste
4. Onora tuo padre e tua madre
5. Non uccidere
6. Non commettere atti impuri
7. Non rubare
8. Non dire il falso
9. Non desiderare la donna d’altri
10. Non desiderare la roba d’altri

I sette vizi capitali
1. Superbia
2. Avarizia
3. Lussuria
4. Ira
5. Gola
6. Invidia
7. Accidia

Il peccati che gridano al Cielo.
1. Omicidio volontario
2. Peccato impuro contro natura
3. Oppressione dei poveri
4. Defraudare la mercede a chi lavora

Gli ammonimenti della Parola di Dio
“ Dal di dentro, dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l’uomo” ( Marco, 7, 21-23).
“ Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maledicenti, né rapaci, erediteranno il regno di Dio” ( 1 Cor. 6. 9-10).

Cari amici, Dio vi conceda la grazia di una santa Confessione Pasquale.
Vostro Padre Livio

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176 - Cercavano di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani

Di nuovo i Giudei raccolsero delle pietre per lapidarlo. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dèi? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio - e la Scrittura non può essere annullata -, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: «Tu bestemmi», perché ho detto: «Sono Figlio di Dio»? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.

Il dialogo con i giudei, riportato nei capitoli 7 e 8 aveva avuto come epilogo il tentativo di uccidere Gesù a sassate. Qui tentano ancora una volta di lapidarlo. Le parole di Gesù di essere una cosa sola con Dio si rivelano scandalose agli orecchi degli increduli giudei.
Gesù dimostra di essere il Figlio di Dio con una duplice argomentazione, quella della Scrittura e quella delle opere straordinarie compiute nel nome del Padre. Gesù reagisce in modo pacato al gesto violento dei suoi avversari: "Vi ho mostrato molte opere buone da parte del Padre; per quale di queste opere mi lapidate?" (v. 32). I giudei replicano che lo vogliono lapidare per la bestemmia pronunciata, perché si proclama Dio. Gesù argomenta dal Sal 81, di valore incontestabile per i giudei, che se dei semplici uomini sono chiamati dei e figli dell'Altissimo, quanto più è Figlio di Dio colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo per essere il rivelatore definitivo e il salvatore universale.
La seconda argomentazione di Gesù a prova della sua divinità è costituita dalle opere eccezionali compiute nel nome del Padre (cfr Gv 10,37-38). È il Padre che, nel Figlio, compie le sue opere (cfr Gv 14,10-11).
I giudei sarebbero senza colpa se Gesù non avesse compiuto opere che nessun altro al mondo ha mai fatto; ma ora non sono scusabili per questo peccato (cfr Gv 15,23-25). Le opere eccezionali compiute da Gesù hanno una finalità ben precisa: favorire la fede nella sua divinità: "Credete alle opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io sono nel Padre (Gv 10,38).
Gesù si ritira a Betània, non il villaggio di Lazzaro, ma una località situata sulla sinistra del Giordano dove il Battista aveva svolto il suo primo ministero (cfr Gv 1,28). Questo ritorno di Gesù nel luogo dove aveva avuto inizio la sua rivelazione pubblica forma un'inclusione solenne tra Gv 1,28ss e 10,40ss. Forse l'evangelista vuole insinuare che la sua manifestazione davanti al mondo iniziata a Betània si conclude, dopo essersi infranta contro il muro dell'incredulità dei giudei.
Queste persone che vanno da Gesù (v. 41) indicano il movimento della fede. I nuovi discepoli constatano che le cose dette da Giovanni Battista sul conto di Gesù erano vere. Queste persone che credono esistenzialmente nel Figlio di Dio si rivelano come pecore di Cristo: ascoltano la sua voce e lo seguono (cfr Gv 10,27).
Padre Lino Pedron

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giovedì 14 aprile 2011

175 - Novena alla Divina Misericordia

La Novena alla Divina Misericordia insegnata da Gesù ha inizio il Venerdì Santo e si conclude il sabato in Albis.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
Primo giorno (Venerdì Santo)
Meditare su Gesù Crocifisso e sul valore delle anime (costano tutto il sangue di Gesù....)

Parole di nostro Signore: "Oggi portami l’umanità intera, specialmente tutti i peccatori, ed immergili nell’oceano della mia Misericordia. Così tu addolcirai la mia amarezza per la perdita delle anime".

Chiediamo misericordia per l’umanità intera.

Misericordioso Gesù, poiché tua prerogativa è d’aver compassione di noi e di perdonarci, non guardare i nostri peccati, ma alla fiducia che nutriamo nella tua infinita bontà. Ricevi tutti nel tuo Cuore compassionevole e non respingere mai nessuno. Te lo chiediamo per l’amore che ti unisce al Padre ed allo Spirito santo.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, volgi il tuo sguardo di Misericordia sull’umanità intera, specialmente sui peccatori, la cui unica speranza è il Cuore pietoso di tuo Figlio. Per la sua dolorosa Passione, dimostra la tua Misericordia, affinché noi possiamo insieme eternamente lodare la tua potenza. Amen.

Secondo giorno (Sabato Santo)
Meditare su Gesù-Verbo e Gesù-Carne e sull’intima unione di amore tra noi e Dio.
Parole di nostro Signore: "Oggi portami le anime dei sacerdoti e dei consacrati ed immergile nella mia imperscrutabile Misericordia. Esse mi hanno dato la forza di sopportare la mia dolorosa Passione. Per mezzo di queste anime, come attraverso dei canali, la mia Misericordia si riversa sull’umanità".

Preghiamo per il clero e per i consacrati.

Misericordiosissimo Gesù, fonte di ogni bene, moltiplica sui consacrati la grazia, affinché con la parola e l’esempio compiano degnamente le opere di misericordia, in modo che tutti coloro che li vedono glorifichino il Padre che è nei cieli.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, dà uno sguardo compassionevole agli eletti della tua vigna, i sacerdoti ed i religiosi, colmandoli della pienezza della tua benedizione. Per i sentimenti del Cuore di tuo Figlio concedi loro luce e forza, affinché possano condurre gli uomini sulla via della salvezza e glorificare per sempre con loro la tua Misericordia infinita. Amen.

Terzo giorno (Domenica di Pasqua)
Meditare sulla grande manifestazione della Divina Misericordia: il dono pasquale del

Sacramento della Penitenza che, nell’azione liberatrice dello Spirito Santo, reca risurrezione e pace ai nostri spiriti.

Parole di nostro Signore: "Oggi portami tutte le anime fedeli e pie; immergile nell’oceano della mia Misericordia. Queste anime mi hanno confortato sulla via del Calvario; esse erano una goccia di consolazione in mezzo ad un oceano di amarezze".

Preghiamo per tutti i cristiani fedeli.

Misericordiosissimo Gesù, che concedi abbondantemente le tue grazie a tutti gli uomini, accogli nel tuo Cuore infinitamente buono tutti i cristiani fedeli e non permettere che ne escano mai più. Te lo chiediamo per il tuo profondo amore verso il Padre Celeste.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, volgi uno sguardo compassionevole alle anime fedeli, eredità del Figlio tuo; per i meriti della sua dolorosa Passione, concedi loro la tua benedizione e proteggile sempre, affinché non perdano l’amore e il tesoro della santa fede, ma lodino con tutta la schiera degli Angeli e dei Santi per l’eternità la tua infinita Misericordia. Amen.

Quarto giorno (Lunedì in Albis)
Meditare sulla Paternità di Dio, sulla confidenza ed il pieno abbandono che dobbiamo avere in Lui sempre e dovunque.

Parole di nostro Signore: "Oggi portami quelli che non mi conoscono ancora. Anche ad essi ho pensato nella mia amara Passione e il loro futuro zelo confortava il mio Cuore. Immergili ora nell’oceano della mia Misericordia".

Preghiamo per i pagani e gli increduli

Misericordiosissimo Gesù, tu che sei la luce del mondo, accogli nella dimora del tuo Cuore pietoso le anime di coloro che non ti hanno ancora conosciuto; siano illuminati dai raggi della tua grazia, affinché glorifichino con noi i prodigi della tua Misericordia.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, dà uno sguardo compassionevole alle anime dei pagani e degli increduli, perché Gesù tiene anch’essi nel suo Cuore. Portale alla luce del Vangelo: che capiscano quanto grande è la felicita di amarti; fa’ che tutte glorifichino eternamente la generosità della tua Misericordia. Amen

Quinto giorno (Martedì in Albis)
Meditare sulle parabole del buon Pastore e dei pastori infedeli (cfr. Gv. 10,11-16; Ez 34,4.16), mettendo in risalto la responsabilità che tutti abbiamo verso il prossimo vicino e lontano; in più soffermarsi a considerare attentamente gli episodi del rinnegamento e della conversione di S. Pietro (cfr. Mt 26,6975; Lc 22,31-32), dell’adultera (cfr. Gv 8,111) e della peccatrice (cfr. Lc 7,30-50).

Parole di nostro Signore: "Oggi portami le anime dei fratelli separati, immergile nell’oceano della mia Misericordia. Sono quelle che nella mia amara agonia laceravano il mio Corpo ed il mio Cuore, cioè la Chiesa. Quando si riconcilieranno con la mia Chiesa, si rimargineranno le mie ferite e avrò sollievo nella mia Passione".

Preghiamo per quelli che s’ingannano nella fede

Misericordiosissimo Gesù, che sei la Bontà stessa e non rifiuti mai la tua luce a chi la chiede, accogli nella dimora del tuo Cuore pietoso le anime dei nostri fratelli separati. Attirale con il tuo splendore all’unità della Chiesa e non permettere che ne escano mai più, ma adorino anch’esse la generosità della tua Misericordia.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, dà uno sguardo compassionevole alle anime degli eretici e degli apostati che, perseverando ostinatamente nei loro errori, hanno sprecato i tuoi doni ed abusato della tua grazia. Non guardare la loro cattiveria, ma l’amore di tuo Figlio e i dolori della Passione che Egli accettò per loro. Fa’ si che ritrovino al più presto l’unità e che, insieme a noi, esaltino la tua Misericordia. Amen.

Sesto giorno (Mercoledì in Albis)
Meditare su Gesù bambino e sulle virtù della mitezza e dell’umiltà di cuore (cfr. Mt 11,29), sulla dolcezza di Gesù (cfr. Mt 12,1521) e sull’episodio dei figli di Zaccheo (cfr. Mt 20,20-28; 18,1-15; Lc 9,46-48).

Parole di nostro Signore: "Oggi portami le anime miti ed umili e quelle dei fanciulli: immergile nell’oceano della mia Misericordia. Somigliano di più al mio Cuore, e sono esse che mi davano forza nella mia dolorosa agonia. Le ho viste allora come degli angeli terrestri, vigilanti sui miei altari. Sopra di loro verso i fiumi delle mie grazie, poiché soltanto un’anima umile, in cui metto tutta la mia fiducia, è capace di accettare i miei doni".

Preghiamo per i fanciulli e le anime umili

Misericordiosissimo Gesù, che hai detto: "Imparate da me, che sono mite ed umile di Cuore" (Mt 11,29), ricevi nella dimora del tuo Cuore pietoso le anime miti ed umili e quelle dei fanciulli. Poiché danno gioia al Cielo, esse sono fatte segno dell’affetto speciale del Padre Celeste: sono un mazzo di fiori profumati davanti al trono divino, dove Dio si compiace del profumo delle loro virtù. Concedi loro la grazia di lodare perennemente l’Amore e la Misericordia di Dio

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, dà uno sguardo compassionevole alle anime miti ed umili e a quelle dei fanciulli che sono particolarmente care al Cuore del Figlio tuo. Nessuna anima assomiglia più di loro a Gesù; il loro profumo si alza dalla terra per giungere al tuo trono. Padre di Misericordia e di Bontà, per l’amore che porti a queste anime e per la gioia che provi nel guardarle, ti supplichiamo di benedire il mondo intero, affinché noi possiamo glorificare eternamente la tua Misericordia. Amen.

Settimo giorno (Giovedì in Albis)
Meditare sul S. Cuore di Gesù e sull’immagine di Gesù Misericordioso, sui due fasci di luce bianca e rossa, simbolo di purificazione, di perdono e di sollievo spirituale.

Inoltre riflettere attentamente sulla tipica caratteristica messianica di Cristo: la Divina Misericordia (cfr. Lc 4,16-21; 7,18-23; Is 42,1-7; 61,1-6.10), soffermandoci sulle opere di misericordia spirituale e corporale ed in particolare sullo spirito di disponibilità verso il prossimo comunque bisognoso.

Parole di nostro Signore: "Oggi portami le anime che onorano e glorificano particolarmente la mia Misericordia. Sono anime che più di ogni altra hanno partecipato alla mia Passione e penetrano più profondamente nel mio Spirito, trasformandosi in copie viventi del mio Cuore Misericordioso.

Esse splenderanno nella vita futura di un particolare fulgore, e nessuna di loro cadrà nel fuoco dell’inferno; ciascuna avrà la mia assistenza all’ora della morte".

Preghiamo per quelli che venerano la Divina Misericordia e diffondono la sua devozione.

Misericordiosissimo Gesù, il tuo Cuore è Amore; accogli in esso le anime che onorano e diffondono in modo speciale la grandezza della tua Misericordia. Dotate della potenza stessa di Dio, sempre fiduciose nella tua imperscrutabile Misericordia e abbandonate alla santa volontà di Dio, esse portano sulle loro spalle l’intera umanità, ottenendo continuamente per essa dal Padre Celeste perdono e grazie. Che esse perseverino fino alla fine nel loro zelo iniziale; nell’ora della morte non venire loro incontro da Giudice, ma da Redentore Misericordioso.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, volgi uno sguardo di benevolenza sulle anime che adorano e glorificano specialmente il tuo principale attributo: l’infinita Misericordia. Rinchiuse nel Cuore Misericordioso di tuo Figlio, queste anime sono come un Vangelo vivo: le loro mani sono piene di atti di misericordia e la loro anima esultante canta l’inno della tua gloria. Noi ti preghiamo, Dio benigno, di manifestare loro la tua Misericordia secondo la speranza e la fiducia che hanno riposto in te, affinché così si adempia la promessa di Gesù, cioè che proteggerà durante la vita e nell’ora della morte chiunque adorerà e propagherà il mistero della tua Misericordia". Amen.

Ottavo giorno (Venerdì in Albis)
Meditare sulle parabole della Divina Misericordia (cfr. Lc 10,29-37;15,11-32;15,1-10) puntualizzando sia il sollievo della sofferenza verso i vivi e i defunti, come anche la promozione integrale dell’uomo e la necessità di avvicinare i lontani.

Parole di nostro Signore: "Oggi portami le anime che si trovano nel Purgatorio ed immergile nell’abisso della mia Misericordia, affinché gli zampilli del mio sangue ristorino la loro arsura. Tutte queste povere anime sono da me immensamente amate; esse soddisfano la Giustizia Divina. È in tuo potere portar loro sollievo offrendo tutte le indulgenze e le offerte espiatorie prese dal tesoro della mia Chiesa. Se tu conoscessi il loro tormento, non smetteresti di offrire l’elemosina delle tue preghiere e di pagare i debiti che esse hanno contratto con la mia Giustizia".

Preghiamo per le anime del Purgatorio.

Misericordiosissimo Gesù, che hai detto: "Misericordia io voglio" (Mt 9,13), accogli, ti preghiamo, nella dimora del tuo Cuore infinitamente pietoso le anime del Purgatorio, che ti sono molto care, ma che devono tuttavia soddisfare alla Giustizia Divina. I torrenti di sangue e di acqua, che sgorgano dal tuo Cuore, spengano le fiamme del fuoco del Purgatorio, affinché anche là si manifesti la potenza della tua Misericordia.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, dà uno sguardo compassionevole alle anime che soffrono nel Purgatorio. Per i meriti della dolorosa Passione di tuo Figlio e per l’amarezza che riempì il suo Cuore sacratissimo abbi pietà di quanti si trovano sotto lo sguardo della tua Giustizia.

Ti chiediamo di guardare queste anime solo attraverso le Piaghe del tuo Figlio prediletto, perché siamo convinti che la tua Bontà e Misericordia non hanno limiti. Amen.

Nono giorno (Sabato in Albis)
Meditare sulla Madonna ed in particolare sull’Ecce, Fiat, Magnificat e Adveniat, caratteristiche indispensabili per vivere un’autentica vita sacerdotale, tutta amore verso Dio e prestazione misericordiosa verso il prossimo, comunque bisognoso.

Parole di nostro Signore: "Oggi portami le anime tiepide e immergile nell’oceano della mia Misericordia. Sono esse che feriscono il mio Cuore nella maniera più dolorosa. Nell’Orto degli ulivi la mia anima provo verso di loro una grande avversione. Fu per causa loro che pronunciai quelle parole: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42). Il ricorso alla mia Misericordia resta per loro l’ultima ancora di salvezza".

Preghiamo per le anime tiepide

Misericordiosissimo Gesù, che sei la Bontà stessa, accogli nella dimora del tuo Cuore le anime tiepide. Fa’ che si riscaldino al fuoco del tuo puro Amore queste anime gelide, che sono simili a cadaveri e ti ispirano tanta avversione. Gesù pietosissimo usa l’onnipotenza della tua Misericordia e attirale nelle fiamme più ardenti del tuo Amore, affinché, accese di nuovo zelo, siano esse pure al tuo servizio.

Pater... Ave... Gloria...

Eterno Padre, guarda con occhio pietoso le anime tiepide che sono oggetto d’amore del Cuore di tuo Figlio. Padre di Misericordia, per i meriti della dolorosa Passione di tuo Figlio e delle tre ore di agonia sulla Croce, permetti che, accese d’amore, esse glorifichino di nuovo la grandezza della tua Misericordia. Amen.

Preghiamo: O Dio, infinitamente pietoso, moltiplica in noi l’azione della tua Misericordia, affinché nelle prove della vita non disperiamo, ma ci conformiamo con una fiducia sempre più grande alla tua santa Volontà e al tuo Amore. Per nostro Signore Gesù Cristo, Re di Misericordia nei secoli. Amen
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