giovedì 15 luglio 2010

San Bonaventura

Vescovo e Dottore della Chiesa

Bonaventura, al secolo Giovanni Fidanza, nacque a Civita di Bagnoregio (VT), molto pro­babilmente nel 1217, da Giovanni Fidanza, medico, e da Maria di Ritello.
Portò inizialmente il nome del padre, Giovanni, che cambiò in Bonaventura al momento del suo ingresso nella famiglia francescana. Della sua infanzia si conosce pochissimo. Lui stesso racconta che, ancora fanciul­lo, venne guarito da una pericolosa malattia per l'intercessione di S. Francesco.
Non si sa quando Bonaventura ha lasciato Bagnoregio (forse nel 1235) per studiare a Parigi, né si conosce la parte avuta dai genitori o dai frati nella decisione, ma è facilmente intuibile l'appoggio dei francescani, ben radicati anche in Francia, ad un loro studente, anche se quando è partito, forse, non pensava di farsi frate.

Studiò alla Sorbona di Parigi dove, nel 1243, divenne Dottore di Arti. Avendo poi scelto di seguire Francesco, prese la strada della teologia e nel 1253 diventa magister (cioè "maestro") di teologia e ottiene la licentia docendi (la "licenza d'insegnare").

Il 2 febbraio 1257, nel convento dell'Aracœli a Roma, veniva eletto Ministro Generale dei Francescani anche se si trovava a Parigi dove, il 23 ottobre 1257, poté entrare come professore universitario nel corpo accademico della Sorbona.
Come settimo successore di S. Francesco coprirà la carica di MG per 17 anni. La fama, la dottrina, la mitezza, la chiarezza di idee e la sua energia avevano convinto i padri capitolari presieduti da Pp Alessandro IV (Rinaldo di Jenne) ad eleggerlo. Quello era un momento assai delicato per l'Ordine Francescano e Bonaventura venne giudicato all'altezza. Nonostante il gravoso incarico, continuò a predicare, ad insegnare, a far conferenze, a dirigere le anime e a consigliare Re e Papi.

Nel 1273 venne creato Cardinale e vescovo di Albano e nel 1274 partecipò al Concilio di Lione divenendone anima ed oracolo.
O per l'eccessiva fatica o per la cagio­nevole salute morì nella notte tra il 14 ed il 15 luglio 1274. Pierre de Tarentasie, futuro Pp Innocenzo V, ne celebrò le esequie e Bonaventura venne inumato nella chiesa francescana di Lione; al suo funerale parteciparo­no tutti i padri conciliari.

Bonaventura fu canonizzato il 14 aprile 1482 dal Pp francescano Sisto IV (Francesco della Rovere).

II 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione e della traslazione del corpo del Santo a Lione, venne estratto il braccio destro che, custodito in una preziosa teca d'argento a forma di braccio, venne portato a Bagnoregio l'anno successivo dal Ministro Generale dell'Ordine dei Francescani Francesco Sansone; oggi il braccio è custodito in Cattedrale. Per ricordare questa Traslazione si fa festa oltre che il 15 luglio, anche il 14 marzo.
Nel 1588, un altro francescano, Pp Sisto V (Felice Peretti) lo dichiarò “Dottore della Chiesa”.

Le numerose opere di S. Bonaventura illuminano la mente e riscaldano il cuore tanto che Pp Leone XIII (Gioacchino Pecci, 1878-1903) ebbe a dire: “dalla loro lettura siamo rapiti in estasi e condotti a Dio”. Tra le opere di carattere esegetico, mistico, ascetico, filosofico, teologico ed orato­rio spicca I' “Itinerarium mentis in Deum” (Itinerario della mente verso Dio) che sembra scritto più col cuore che con la penna.
Perfetto seguace di San Francesco ne assimila gli insegnamenti e li trasmette con la vita e la dottrina. Innamorato della Parola di Dio la legge e trascrive tutta più volte fino ad impararla a memoria.
Ma il libro preferito dal santo è il Crocifisso davanti al quale sosta in devota adorazione e meditazione per lunghe ore. Per lui la Croce è la verga che apre le acque verso la libertà e chi non ama la Croce, resta schiavo. Come Francesco, Bonaventura ama le creature nelle quali vede impressa l'orma di Dio tanto che nell'Itinerarium scri­ve: “apri gli occhi, tendi l'orecchio, disserra le tue labbra, eccita il cuore a vedere, inten­dere, lodare, amare, glorificare Dio in tutte le cose, se non vuoi che insorga contro di te tutto l'universo”.
Come sarebbe bello se gli uomini oggi riuscissero a scorgere Dio nelle creature e negli eventi storici sintonizzandosi con il canto degli astri, degli oceani, dei monti, delle valli, dei fiumi, degli uccelli, dei fiori e dei frutti che si leva incessante verso Dio. S. Bonaventura chiede all'uomo di ogni tempo di riconoscere la presenza di Dio nelle realtà terrestri perché solo in questa visuale si possono vincere le suggestioni dell'edo­nismo, della desacralizzazione e del secolarismo. Senza Dio le parole "libertà e progresso" restano puri desideri.

S. Bonaventura come S. Francesco ha capito che l'unico valore è Dio il quale ama le creature ed amandole le crea. A loro volta le creature sono riconoscenti per la vita rice­vuta e così si mette in moto uno scambio di amore che non finirà mai. Più si conosce Dio e più lo si ama. Per questo Bonaventura ha studiato Dio nelle creature, nelle scrit­ture, nel Crocifisso, nella vita di Francesco e nella sua e lo ha fatto non per amore della scienza ma per dare alla propria vita un programma: “Nolo te cognoscere, nisi ut te dìli­gam”: “Ti studierò solo per amarti”.

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Le tre catechesi di Benedetto XVI su S.Bonanventura:
3 marzo 2010, (1)
10 marzo 2010, (2)
17 marzo 2010, (3)
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