lunedì 4 gennaio 2010

Pensieri 139

Il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui l’uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia di ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Vivificati e radunati nel suo Spirito, come pellegrini andiamo incontro alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno al disegno del suo amore: “Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo e quelle della terra” (Ef 1,10). Dice il Signore stesso: “Ecco, io vengo presto, e porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine” [Ap 22,12-13] (Concilio Vaticano II, Gs, 45).

La fede pasquale non è un’appendice alla fede in Dio e in Gesù Cristo; essa è il compendio e la quintessenza di questa fede (W. Kasper, Gesù il Cristo, Queriniana, Brescia 1989, 198).
Quando il Nuovo Testamento parla della risurrezione di Gesù, la caratterizza ogni volta come azione della potenza di Dio. Risuscitando Gesù dai morti, Dio manifesta se stesso definitivamente Signore della vita e della morte, come colui che ha ogni cosa in sua mano, a cui tutto appartiene, di cui ci si può assolutamente fidare nel vivere e nel morire (Catechismo tedesco, 229).


La risurrezione di Cristo è presentata nei primi discorsi di Pietro come la reazione di Dio all’ingiustizia che gli uomini hanno commesso contro il giusto e l’innocente Gesù. In questo senso la risurrezione è speranza, prima di tutto, per le vittime di questo mondo; ed è speranza liberatoria in quanto avviene in presenza della disperazione che nella storia sia il carnefice a trionfare sulla sua vittima, in presenza della tentazione di rassegnazione e di cinismo (J: Sobrino, “Cristologia sistematica” in I. Ellacuria – J. Sobrino, Mysterium liberationis. I concetti fondamentali della teologia della liberazione, Borla/Cittadella, Roma 1992, 498).


Dio ha risuscitato colui che ha vissuto in quel modo e perciò fu crocifisso. Dio ha risuscitato un innocente e ha reso giustizia a una vittima. La risurrezione di Gesù allora non è soltanto il simbolo dell’onnipotenza di Dio (come se Dio avesse deciso arbitrariamente e senza un nesso con la vita e il destino di Gesù di mostrare la sua onnipotenza e rivelarsi così come Dio), ma è presentata come la difesa che Dio fa della vita del giusto e delle vittime (J. Sobrino, La fede in Gesù Cristo, 148).


La tradizione orientale non ha mai fatto una netta distinzione tra mistica e teologia, tra esperienza personale dei misteri divini e il dogma professato dalla Chiesa. Non ha mai conosciuto né separazione tra la teologia e la spiritualità né devotio moderna. Se l’esperienza mistica vive il contenuto della fede comune, la teologia lo ordina e lo dispone sistematicamente. Così la vita di ogni fedele è formata dall’elemento dogmatico della liturgia, e la dottrina riferisce l’esperienza intima della Verità rivelata e offerta a tutti. La teologia è mistica e la vita mistica è teologica, e quest’ultima è il vertice della teologia, è teologia per eccellenza: contemplazione della Trinità (P. Evdokimos, L’amour fou de Dieu, Seuil, Paris 1973, 4).


L’attuale contesto culturale impone al pastore di anime il dovere di orientare gli sforzi spirituali dei fedeli verso una maggiore autenticità e verso l’essenziale o, come si esprimono alcuni, verso una certa semplicità e povertà nelle espressione esterne… Nel nostro secolo, caratterizzato dalla sobrietà e soprattutto da uno scetticismo corrosivo, è necessario aiutare le anime – specialmente in certe determinate zone culturali – a uscire dalla selva di varie pratiche superficiali, molto periferiche o addirittura superstiziose, per ricondurle al centro vitale e agli stessi fondamenti della pietà cristiana ( F. Kipar, “Lo studio della Teologia Spirituale nella prospettiva pastorale”, in Seminarium 26[1974], 147).


Se sei teologo pregherai veramente, e se tu veramente preghi, sei teologo (Evagrio Pontico, in O. Clement, Alle fonti con i Padri. I mistici cristiani delle origini. Testi e commenti, Città Nuova, Roma 1992, 180).


Nessuno è vero teologo o vero discepolo di Cristo, se la sua fede non si contraddistingue essenzialmente come il vissuto di un incontro personale con Dio (P. Evdokimov, La novità dello Spirito, Ancora, Milano 1980, 9).


La preghiera è l’unico atteggiamento realistico di fronte al Mistero (H.U. von Balthasar, Verbum caro, Morcelliana, Brescia 1970, 227).


Non sono un letterato né uno scienziato. Cerco soltanto di essere un uomo di preghiera. Senza la preghiera avrei perso la ragione. Se non ho perso la pace dell’anima, malgrado le prove, è perché questa pace mi viene dalla preghiera. Si può vivere alcuni giorni senza mangiare, ma non senza pregare. La preghiera è la chiave del mattino e il chiavistello della sera (Gandhi)

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