sabato 25 giugno 2011

323 - Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe

Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di' soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch'io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: «Va'!», ed egli va; e a un altro: «Vieni!», ed egli viene; e al mio servo: «Fa' questo!», ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». Gesù disse al centurione: «Va', avvenga per te come hai creduto». In quell'istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie.
         
Il centurione era il comandante di una centuria, di un gruppo di cento soldati. Egli non chiede nulla per sé, ma prega Gesù per il suo servo gravemente ammalato. Gesù manifesta tutta la sua disponibilità: «Io verrò e lo curerò» (v. 7). Ma il centurione dichiara di non essere degno di ricevere Gesù in casa propria ed è convinto che non occorre che il Signore vada da lui perché lo ritiene capace di comandare anche a distanza sulle potenze del male. Il centurione è un pagano che crede senza esitazione nel potere della parola di Dio. E la fede nella parola di Dio permette al Signore di agire in noi. Il miracolo è un segno dell’amore di Dio che interviene a nostro favore, perché è infinitamente sensibile al nostro
male. Egli vuole donarci tutto e soprattutto se stesso. Aspetta solo che glielo chiediamo con fede. La grande fede del centurione rende manifesta la mancanza di fede in Israele. La semplice appartenenza anagrafica al popolo di Dio non dà a nessuno la certezza di essere salvato: a tutti è richiesta la fede che si manifesta nelle opere. L’incontro con il centurione offre a Gesù l’occasione per annunciare l’entrata di tutti i popoli nel regno di Dio. I pagani prenderanno posto alla tavola dei patriarchi nel regno dei cieli. La Chiesa è costituita da coloro che credono nella parola di Dio e la mettono in pratica. Nel regno di Dio entreranno solo i figli, ossia quelli che sono stati rigenerati «dalla parola di Dio viva ed eterna» (1Pt 1,23), dalla parola del vangelo. Il futuro eterno lo si prepara giorno per giorno accogliendo o rifiutando la parola di Gesù. La nostra libertà si esprime pienamente nella fede o nella mancanza di fede, nel nostro acconsentire alla comunione con Dio o nel rifiutarla.
Solo con il detto minaccioso del v. 12 la provocazione raggiunge il suo culmine. È colpita la generazione dei giudei contemporanea di Matteo, il giudaismo guidato dai farisei. La causa della sua esclusione è il rifiuto della parola di Gesù, che è decisiva ai fini della salvezza. Le tenebre significano il luogo più lontano da Cristo, che è la luce (cfr. Mt 416) e la salvezza. Il pianto e lo stridore di denti indica il furore smisurato (cfr. Sal 3516; 3712; 112,10).
La frase conclusiva del v. 13 ritorna a parlare del servo malato. La precisazione «in quell’istante» significa che la guarigione è avvenuta nel momento in cui Gesù ha pronunciato la sua parola.
In questo brano compare all’orizzonte il pellegrinaggio di tutti i popoli che affluiranno alla casa del Signore, e l’annuncio finale del vangelo di Matteo: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni» (28,19).
I tre miracoli di guarigione del lebbroso, del servo del centurione e della suocera di Pietro ci devono far capire l’importanza della salute fisica. Gesù non si prende cura solo dell’anima dell’uomo, ma di tutto l’uomo, corpo e anima. Ogni malattia e miseria dell’uomo è così importante da meritare tutta l’attenzione e la premura di Gesù. Tale dev’essere anche l’atteggiamento dei suoi discepoli.
Il racconto della guarigione della suocera di Pietro ci insegna quale dev’essere la reazione di ogni credente quando viene raggiunto dalla forza di salvezza del Cristo: mettersi al suo servizio per sempre. La suocera di Pietro è guarita per servire Gesù. Accanto alle pie donne (Mt 27,55), la suocera di Pietro è il simbolo del vero servo di Cristo. Anche se rimane ad accudire alle faccende casalinghe, ella è alle dipendenze del Signore. Ogni cristiano deve passare dalla guarigione liberazione battesimale al perfetto e pieno servizio di Cristo.
Con un resoconto sommario e una citazione di Isaia, Matteo riassume i tre racconti di miracoli. La citazione di Is 53,4 ha lo scopo di svelarci il significato profondo dei gesti di Gesù. Le guarigioni operate da lui sono il segno che è arrivato il tempo della salvezza: è arrivato il Servo di Jahvè che prende su di sé le nostre infermità e si addossa le nostre malattie.

Padre Lino Pedron
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