venerdì 6 agosto 2010

La gloria che dovrà essere rivelata in noi

San Leone Magno ( ?-circa 461), papa e dottore della Chiesa
Discorsi, 51, 2-6

Gesù prese con sè Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. Infatti, anche se loro avevano capito che la maestà di Dio risiedeva nella sua persona, non sapevano che il suo corpo, che serviva da velo alla sua divinità, partecipava alla potenza di Dio. Perciò il Signore aveva espressamente promesso, qualche giorno prima, che alcuni tra i discepoli non sarebbero morti finché non avessero visto il Figlio dell'uomo venire nel suo regno (Mt 16, 28), cioè nello splendore della gloria che conveniva specialmente alla natura umana che aveva assunto...

Questa trasfigurazione, senza dubbio, mirava soprattutto a rimuovere dall'animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché l'umiliazione della Passione, volontariamente accettata, non scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata loro la grandezza sublime della dignità nascosta del Cristo. Ma, secondo un disegno non meno previdente, egli dava un fondamento solido alla speranza della santa Chiesa, perché tutto il Corpo di Cristo prendesse coscienza di quale trasformazione sarebbe stato oggetto, e perché anche le membra si ripromettessero la partecipazione a quella gioia, che era brillata nel Capo.

Di questa gloria lo stesso Signore, parlando della maestà della sua seconda venuta, aveva detto : « Allora i giusti splenderanno come il sole nel Regno del Padre loro » (Mt 13, 43). La stessa cosa affermava anche l'apostolo Paolo dicendo : « Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà essere rivelata in noi » (Rm 8, 18). In un'altro passo dice ancora : « Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria » (Col 3, 4)
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