lunedì 1 febbraio 2010

Pensieri 135

Dio voglia che anche nel futuro riusciamo a diventare quello che speriamo di essere e che l’amore di Dio ci ha preparato! Egli esige poco da noi, però ora e sempre fa grandi doni a quelli che lo amano. E allora, pieni di speranza in lui, soffriamo tutto e sopportiamo tutto lietamente. Abbiamo il coraggio di rendergli grazie sempre e dappertutto, nella gioia e nel dolore. Convinciamoci che le tribolazioni sono strumento di salvezza. E poi non dimentichiamoci di raccomandare al Signore le nostre anime e anche quelle di coloro che ci hanno preceduto nel comune viaggio verso la casa paterna
(San Gregorio Nazianzeno, Discorso 7 per il fratello Cesare, 23-24, PG 35, 786-787).

Non trovo nulla sulla terra che mi renda felice; il mio cuore è troppo grande, nulla di ciò che in questo mondo si chiama felicità può soddisfarlo. Il mio pensiero vola verso l’eternità, il tempo sta per finire. Il mio cuore è calmo come un lago tranquillo o come un cielo sereno; non ho rimpianti per la vita di questo mondo; il mio cuore ha sete delle acque della vita eterna… Ancora un poco e l’anima mia lascerà questa terra, finirà il suo esilio, terminerà il suo combattimento… Salgo al cielo… Tocco la patria, colgo la palma della vittoria!... Fra poco entrerò nel soggiorno degli eletti, contemplerò bellezze che l’occhio dell’uomo non ha veduto mai… Eccomi giunta a quell’ora che ognuna di noi ha tanto bramato! E’ vero, è vero che il Signore sceglie i piccoli per confondere i grandi di questo mondo. Io non faccio assegnamento sulle mie proprie forze, ma sulla forza di Colui che sulla croce ha vinto le potenze dell’inferno. Sono un fiore primaverile che il Giardiniere coglie a suo piacere. Tutti siamo fiori piantati su questa terra e che Dio coglie a suo tempo: un po’ prima un po’ dopo… Io, fiorellino effimero, me ne vado per prima. Un giorno ci ritroveremo in paradiso e godremo della vera felicità

(Teresa di Gesù Bambino, Gli scritti, OCD, Roma 1995, 755).

Temo di avere paura della morte! Ma non ho paura del dopo-morte… Solamente mi domando: che cos’è questa separazione misteriosa dell’anima e del corpo? E’ la prima volta che ho provato questo, ma mi sono subito abbandonata al Signore misericordioso

(Teresa di Gesù Bambino, Gli scritti, OCD, Roma 1995, 370).

Il giorno della sua morte, a metà pomeriggio, si sentì presa da strani dolori in tutte le membra. Posando allora un braccio sulla spalla di Madre Teresa di Gesù, mi diede l’altro da sostenere e rimase così per qualche istante. In quel momento suonarono le tre… e non ci fu possibile sottrarci ad una certa emozione. Che cosa pensava allora? Ci richiamava l’immagine sorprendente di Gesù in croce, e tale coincidenza mi parve piena di misteri… Subito cominciò l’agonia; fu lunga e terribile. La sentivamo ripetere: “Oh! E’ proprio la pura sofferenza, perché non c’è consolazione, no, neppure una! O mio Dio! Tuttavia lo amo il buon Dio!... O mia buona Vergine Santa, vieni a soccorrermi!... Se questa è l’agonia, che cos’è la morte? O madre mia, le assicuro che il calice è colmo fino all’orlo… Sì, Mio Dio, finché tu vorrai…Ma abbi pietà di me! No, non avrei mai creduto che si potesse soffrire tanto, mai, mai! Domani sarà ancora peggio! Ebbene tanto meglio!”. Le parole della povera piccola martire erano rotte e strazianti, ma sempre improntate alla più grande rassegnazione. Allora nostra madre fece chiamare la comunità. Suor Teresa la accolse con un sorriso grazioso; poi, stringendo il suo crocifisso tra le mani, parve abbandonarsi completamente alla sofferenza, ma non parlò più. La sua respirazione era affannosa; un sudore freddo bagnava il suo volto, gli abiti, anche i cuscini ne furono impregnati, tremava… Alcuni istanti dopo, nostra madre credendo che l’agonia potesse prolungarsi, congedò la comunità. L’angelica paziente, volgendosi verso di lei le chiese: “Madre mia, non è forse l’agonia, non sto per morire?”. Avendole nostra madre risposto che poteva ancora prolungarsi. Disse con voce dolce e lamentosa: “Ebbene, andiamo… andiamo… Oh! Non vorrei soffrire di meno!”. Poi guardando il crocifisso: “Oh!... io lo amo!... Mio Dio, io…vi… amo!!”. Furono queste le sue ultime parole! Le aveva appena pronunciate che, con nostra grande sorpresa, ricadde improvvisamente, la testa chinata a destra. Ma subito si drizzò, come chiamata da una voce misteriosa, aprì gli occhi e li fissò splendenti un po’ al di sopra della statua della Vergine Santa; lo sguardo rimase fisso per qualche minuto, il tempo di recitare lentamente un credo. Spesso in seguito ho cercato di analizzare questa estasi, di capire questo sguardo che non era solo uno sguardo di beatitudine. Infatti vi si leggeva un grande stupore e una sicurezza piena di nobiltà. Ho pensato che noi abbiamo assistito al suo giudizio. Da una parte ella – come dice il Vangelo – “era stata trovata degna di comparire davanti al Figlio dell’uomo” (Lc 21,36), e dall’altra vedeva che le munificenze di cui stava per essere colmata superavano infinitamente i suoi immensi desideri. Infatti a questa espressione di indicibile stupore se ne aggiungeva un'altra: sembrava non poter sopportare la vista di tanto amore, come uno che subisce un assalto rinnovato più volte, che vuole lottare e che nella sua debolezza resta vinto con immensa gioia. Era troppo, chiuse gli occhi e rese l’ultimo respiro… Era il giovedì 30 settembre 1897, alle sette di sera

(Ruffinengo, Testimoni di Teresa di Gesù Bambino. Dai processi di Beatificazione e di Canonizzazione, OCD, Roma 2004, 148s).


Preghiera
O Signore, sei tu che hai creato tutte le cose, tu che hai plasmato il mio essere. Tu sei Dio, Padre e guida di tutti gli uomini. Sei il sovrano della vita e della morte. Sei la difesa e la salvezza delle nostre anime. Sei tu che fai tutto. Sei tu che dirigi il progresso di tutte le cose, scegliendo le scadenze più opportune e ubbidendo alla tua infinita sapienza e sempre attraverso la tua parola.
Accogli tra le tue braccia, o Signore, il mio fratello maggiore che ci ha lasciato. A suo tempo accogli anche noi, dopo che ci avrai guidati lungo il pellegrinaggio terreno fino alla meta da te stabilita. Fa’ che ci presentiamo a te ben preparati e sereni, non sconvolti dal timore, non in stato di inimicizia verso di te, almeno nell’ultimo giorno, quello della nostra dipartita. Fa’ che non ci sentiamo come strappati e sradicati per forza dal mondo e dalla vita e non ci mettiamo quindi contro voglia in cammino. Fa’ invece che veniamo sereni e ben disposti, come chi parte per la vita felice che non finisce mai, per quella vita che è in Gesù Cristo, nostro Signore, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
(San Gregorio Nazianzeno, Discorso 7 per il fratello Cesare, 23-24, PG 786-787)

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