domenica 28 febbraio 2010

Pensieri 123

La prima parola del mistico è Dio, conosciuto ed esperimentato come amore. E l’approdo dell’esperienza mistica cristiana è la conoscenza di Dio come Trinità. È caratteristico dei mistici innalzarsi fino alla Trinità e cantare il mistero di Dio Amore, la natura divina come fuoco incandescente di carità (J. Castellano Cervera, “Mistica e ontologia trinitaria”, in Abitando la Trinità. Per un rinnovamento dell’ontologia, a cura di P. Coda – L. Zák, Città Nuova, Roma 1998, 255-279, qui 261).

Gli studi trinitari sono quelli che hanno prodotto di recente maggiori novità per il pensiero e la vita del cristianesimo. Sono stati fatti notevoli sforzi per rinnovare la teologia trinitaria e per ripensare tutta la teologia alla luce della Trinità. Tuttavia, il fenomeno più rilevante è la forza con la quale si va riscoprendo la imitabilità e la praticabilità della vita trinitaria nella storia. Appare infatti costantemente, nei testi e negli ambienti cristiani, l’affermazione che nella Trinità si trova non soltanto l’origine e il fine, ma anche la radice, lo spazio, il “modello” della società umana (E. Cambón, Trinità modello sociale, Città Nuova, Roma 1999, 16).

Dobbiamo vedere nella Trinità non il Dio astratto della metafisica classica e scolastica, ma il Dio vicino che si compromette con gli uomini, fino ad abbracciare anche fisicamente la loro storia.

Per Gregorio di Nazianzo l’analogia e l’immagine di Dio trino appaiono sulla terra con la cellula originaria familiare costituita da Adamo, Eva e Set. Non dunque l’individuo in sé, ma quella cellula originaria della comunità umana è il corrispondente del Dio trino. Di fatto queste tre persone sono una stessa carne e uno stesso sangue, formano una unica famiglia. Nella originaria comunità umana costituita da uomo, donna e figlio si riconosce il Dio trino. […] Per quanto riguarda l’immagine sulla terra del Dio trino, ne deriva che non è solo l’essere umano nella sua qualità di persona, ma la stessa comunità a dover essere conforme al Dio trino. Dio intende riconoscersi nella comunità autenticamente umana. Quale sarà? Una comunità conforme al Dio trino è quella i cui membri condividono tutto e hanno tutto in comune, con la sola eccezione delle loro qualità personali: “mettevano tutto in comune” e “nessuno tra di loro era indigente” [At 4,32ss] (J. Moltmann, “La potenza riconciliatrice della Trinità”, 37-38).

Il nostro Dio, nel suo mistero più intimo, non è solitudine, ma famiglia (Giovanni Paolo II, papa).

La comunione che si deve costruire fra gli uomini è una comunione che abbraccia l’essere fin nelle sue radici del loro amore e deve manifestarsi in tutta la vita, anche economica, sociale e politica. Prodotta dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, essa è la comunicazione della loro propria comunione trinitaria (L. Boff, “ La Trinità ” in Ellacuria I. – Sobrino J., Mysterium liberationis. Concetti fondamentali della teologia della liberazione, Borla, Roma 1992, 435).

Il mistero trinitario orienta verso forme sociali dove si valorizzano le relazioni tra le persone e le istituzioni, in maniera egualitaria, fraterna e rispettosa delle differenze. Solo così si possono superare le oppressioni e la vita e la libertà potranno trionfare (L. Boff, Trinità: la migliore comunità, Cittadella, Assisi 1990, 106).

Quando leggiamo nella Bibbia che Dio comanda di uccidere tutti i cananei, noi dobbiamo intendere bene questa affermazione; chi ha scritto quelle parole pensava che Dio volesse che gli ebrei facessero fuori i cananei; era una credenza dello scrittore, una sua convinzione profonda (G. Barbaglio, Amore e violenza. Il Dio bifronte, Pazzini, Villa Verrucchio (RN) 2006, 18).

Quando i cristiani dimenticano lo spirito del quale devono vivere, la Chiesa ha la tendenza ad essere il riflesso puro e semplice della cultura dominante e la vecchia opposizione tra i sessi comincia a riapparire. Le donne sono considerate creature inferiori che minacciano l’integrità dell’uomo; eliminarle dalle strutture ecclesiastiche si rivela più comodo di una ricerca onerosa per una comprensione e una collaborazione mutua nel servizio di Dio (E. Gibson, Femmes et ministères dans l’Église, Casterman 1971, 47).

Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di
tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.

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