sabato 6 agosto 2011

443 - Il suo volto brillò come il sole

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo. E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».

Questa prima parte del capitolo 17 presenta una teofania, una manifestazione di Dio, annunciata alla fine del capitolo precedente: "In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno" (Mt 16,28).
L’espressione "dopo sei giorni" che introduce il brano pare riferirsi a Es 24,16, dove "dopo sei giorni", cioè il settimo giorno, "Dio chiamò Mosè dalla nube, sulla montagna del Sinai". Anche qui è su una montagna elevata e in disparte che Gesù, nuovo Mosè che libera il suo popolo, conduce i tre discepoli. Elia è considerato, come Mosè, il prototipo e il precursore del Messia: è sulla montagna di Dio che egli trovò e rafforzò le radici del suo profetismo (1Re 19,8). Queste due grandi figure dell’Antico Testamento sono presenti presso Gesù trasfigurato non solo come simboli della
Legge e dei Profeti, ma come estremi mediatori dell’alleanza. Rappresentano così l’inizio e la fine della storia che si adempie in Gesù.
Pietro, con il suo intervento, vorrebbe fissare questa storia in un luogo preciso (v.4). La voce e la nube glielo impediscono: alle tende costruite da mano d’uomo si sostituisce la presenza autentica di Dio, simboleggiata dalla nube, segno della dimora di Dio o shekinah (cfr Es 40,34-35; 1Re 8,10-12; Ez 10,3-4; Sal 18,12) e la voce dei discepoli lascia il posto a una voce che viene dai cieli. Il sole e la luce di cui Gesù è rivestito manifestano che la realtà del cielo è presente in lui. Le parole proferite dalla voce riprendono alla lettera quelle della visione del battesimo di Gesù: "Questi è il mio Figlio, il prediletto, nel quale mi sono compiaciuto" che sono l’amalgama di tre citazioni dell’Antico Testamento (Sal 2,7; Gen 22,2; Is 42,1). Matteo qui aggiunge: "Ascoltatelo!", e questo evoca probabilmente il profeta "simile a Mosè" che Dio avrebbe suscitato: "Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto" (Dt 18,15). Alla fine il racconto si concentra su Gesù "solo", perché egli è l’adempimento dell’Antico Testamento, che in lui assume la sua consistenza e la realtà unica, partecipando alla quale tutta la storia umana prende senso e valore. Perché i discepoli possano scoprire questo centro unico che è Gesù, è necessario che egli venga presso di loro e li tocchi per conferire loro la salvezza. La trasfigurazione è avvenuta affinché i tre discepoli che ritroveremo nel Getsemani (Mt 26,37) facessero l’esperienza della regalità escatologica di Gesù attraverso la sua sofferenza. Dio concede loro, per un istante, di anticipare la Pasqua. Ma si tratta di un anticipo fugace e provvisorio: la strada da percorrere è ancora quella della croce. Gesù chiede ai discepoli di non parlare di questa visione perché la sua vera identità messianica può essere capita solo dopo la sua risurrezione.
Comprendendo chi è Gesù, i discepoli comprendono anche chi è Giovanni Battista, chi è Mosè, chi è Elia: è nel confronto con il Cristo che tutto e tutti trovano la loro giusta dimensione e la loro esatta collocazione.
Il racconto della trasfigurazione va lasciato nel suo contesto. Il contesto parla della morte di Gesù, di una morte violenta (Mt 16,21-25; 17,12). Così anche la scena della trasfigurazione tratta della morte, "del fatto che si deve disprezzare la morte e considerarla soltanto come un passaggio da questa abitazione di lavoro e di servizio alla gloria di una vita migliore" (Lutero). L’imperativo "ascoltatelo!" ci mette in guardia dal fraintendimento del racconto: "Ascoltatelo, anche se verrà crocifisso". Anche il vangelo secondo Luca ha questo significato di morte e di risurrezione: "Mosè ed Elia parlavano del suo prossimo esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme"
(9,31).


Padre Lino Pedron
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