martedì 13 settembre 2011

573 - Ragazzo, dico a te, alzati!

In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nàin, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Questo fatto raccontato da Luca ci richiama due episodi dell'Antico Testamento: quello di Elia che restituisce la vita al figlio unico della vedova di Sarepta (1Re 17,17-24) e quello di Eliseo che risveglia dalla morte il figlio della Sunammita (2Re 4,32-37). Questo racconto mette in evidenza la potenza di Gesù e la sua misericordia. Egli previene senza richiesta, preghiera o fede chi è totalmente perduto e non è più capace di chiedere, di pregare o di credere.
Apparentemente Gesù è in cammino senza meta. In realtà, arriva inaspettato dove c'è bisogno di lui. La sua misericordia è calamitata dalla nostra miseria. Gesù che vede, si commuove e si accosta alle persone morte o sofferenti è l'immagine del Dio misericordioso, che sente compassione per l'uomo, suo figlio perduto. Solo vedendo questo Dio in Gesù si riesce a passare dalla paura di Dio alla fiducia, dalla morte alla vita, dalla legge al Vangelo.
Dio patisce con noi la stessa pena e condivide con noi la stessa morte, per liberarci dalla pena e dalla morte. La sua parola che ha creato dal nulla tutte le cose, risuscita la vita dalla morte. Vincendo la morte, Gesù ci libera dalla nostra peggiore schiavitù, che è la paura della morte (cfr Eb 2,14-15).
Alla porta della città di Nàin si incontrano due cortei: il corteo di Gesù che dona la vita e il corteo dalla morte. La folla che accompagna questa vedova poteva forse consolarla un po', ma non poteva risolvere il suo problema.
Gesù, invece, sente una compassione che ha la potenza di risolvere i problemi. Egli che aveva detto:" Beati voi che ora piangete, perché riderete" (Lc 6,21), ora porta concretamente la misericordia di Dio a coloro che gemono e piangono. Dio inaugura il suo regno con la misericordia per gli oppressi. La risurrezione di questo ragazzo è la dimostrazione della potenza di Gesù e della sua misericordia. La potenza di Dio è sempre al servizio della sua misericordia, perché è la potenza dell'amore. Dio interviene con amore potente nella vita dei singoli e mostra la sua benevolenza verso il suo popolo. Trova così compimento ciò che Zaccaria aveva profetizzato:" Benedetto il Signore, Dio d'Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi un salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, ... per illuminare (= dare la vita) quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte" (Lc 1, 68-69.79).


Padre Lino Pedron
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