venerdì 22 aprile 2011

193 - È risorto e vi precede in Galilea

Dopo il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare la tomba. Ed ecco, vi fu un gran terremoto. Un angelo del Signore, infatti, sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve. Per lo spavento che ebbero di lui, le guardie furono scosse e rimasero come morte. L'angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: «È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Ecco, io ve l'ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».


Matteo presenta una teofania che non può essere separata dal brano della morte di Gesù. Tutto avviene infatti come se il terremoto che aveva seguito l’ultimo respiro del Cristo, riprendesse dopo il sabato: di nuovo si allude ad Ez 37,7. Si tratta infatti di un unico avvenimento. Matteo lo colloca quasi nel pieno della notte, "all’alba, verso il primo giorno della settimana": è la notte della pasqua di cui parla l’Esodo (Es 11,4; 12,12.29) e il libro della Sapienza (Sap 18,14.15). Matteo descrive la discesa dell’"angelo del Signore" per designare la presenza di Dio stesso (Gen 16,17; 22,11; Es 3,2). Dio manifesta la sua vittoria sulla morte di cui la pietra simboleggiava il carattere implacabile e irreversibile; infatti la pietra viene ribaltata e l’angelo vi si siede sopra. Il suo atteggiamento e il suo vestito bianco come la neve richiama l’Antico dei giorni della visione di Daniele (Dn 7,9-10), mentre la folgore ricorda la grande visione di Dan 10. L’apparizione dell’uomo vestito di lino (Dn 10,5-6) e poi dell’angelo che invita per due volte il profeta a non temere (Dan 10,7-8.12.18-19) prima di annunciargli il tempo della collera e quello della risurrezione (Dan 11-12), dà le linee armoniche a questo brano di Matteo. Mentre i santi si svegliano nel momento della morte di Gesù, le guardie sono prese da tremore e diventano come morti (28,4). Coloro che avevano garantito il sepolcro e sigillato la pietra per impedire che la morte restituisse la sua vittima, si ritrovano ora morti di paura, mentre le donne sono prese da timore e gioia grande. Il timore di Dio fulmina (28,4) o dà la gioia (28,8) secondo il cuore in cui abita. La paura delle donne si dissolve alla vista dell’angelo. Il messaggio dell’angelo risuona: "È stato risuscitato (eghérthe)”. La formulazione al passivo (il passivo divino) è una perifrasi dell’azione di Dio, che significa: "È stato risuscitato da Dio". Al messaggio segue subito l’incarico. Le donne sono incaricate di portare la notizia ai discepoli. Il Risorto li precede in Galilea. E mentre il messaggio pasquale è stato comunicato alle donne da un angelo come messaggio proveniente da Dio, i discepoli lo ricevono invece dalla bocca delle donne. Benché Matteo ponga l’accento in maniera marcata sulla tomba vuota, l’annuncio resta tuttavia indispensabile.
Noi crediamo alla risurrezione di Gesù perché ce l’ha detto Dio. Il fattore che determina la fede pasquale non è la tomba vuota, ma il fatto che i discepoli videro Gesù risorto, il fatto che il Risorto si mostrò ai discepoli vivo.
Gesù stesso viene incontro alle donne e dà loro il compito di essere le apostole degli apostoli: "Andate e annunziate ai miei fratelli…" (v. 10). Esse sono inviate dal Risorto e hanno compreso, almeno confusamente, il senso della Pasqua, mentre le guardie vanno a riferire ai sommi sacerdoti l’accaduto, ma ne ignorano il senso.
Padre Lino Pedron


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