domenica 25 maggio 2014

Dalla terra al Cielo

Il 23 maggio 2014, alle ore 22,14 circa, una mia cara amica ha fatto ritorno alla Casa del Padre, lasciandoci tutti increduli per la sua acerba dipartita. La sua nascita al cielo mi ha fatto riflettere per l'ennesima volta sulla parola "morte". Per noi cristiani la morte non dovrebbe significare "fine, sconfitta,buio", ma "nuovo inizio,vittoria,luce". Con Francesca (questo è il nome della mia amica) tante volte ho affrontato il tema della morte : lei mi ha sempre detto che la morte in realtà non esiste e Dio non tronca la vita delle creature che Lui stesso ha creato, ma le colloca in un'altra dimensione, fatta di pace e di amore. Ed io la penso esattamente come lei... ho sempre sostenuto che non si muore ma si chiudono semplicemente gli occhi al mondo per poi aprirli al Cielo. Molte volte mi è capitato di ascoltare con dolore persone che dicevano: "Dio perché ci fa morire?" A queste persone rispondo che Dio è amore e non crea per distruggere. Egli è la Vita ed ha destinato l'uomo all'eternità . La morte è il passaggio tra la vita della carne e quella dello spirito : non è la fine, ma un nuovo inizio. Nel Vangelo (Giov. 5,28-29) Gesù afferma solennemente: «Verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri ( tutti i morti), udranno la sua voce (la voce imperativa di Gesù) e ne usciranno fuori: quanti fecero il bene, per una resurrezione di vita, e quanti fecero il male, per una resurrezione di condanna". 
La morte toglie l'uomo dall'esilio terreno per collocarlo eternamente nella patria celeste, nella patria della pace, della gioia, dell'amore, della felicità eterna. Per questo i Santi guardavano alla morte non solo con accettazione, ma con desiderio e trasporto. «I fedeli che sono rattristati dalla certezza di dover morire, sono però consolati dalla promessa della futura immortalità. Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata: e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un'abitazione eterna nel Cielo». Non ci è vietato di piangere né sulla nostra morte, né sulla morte dei nostri cari. Ci è vietato invece di disperarci e di ribellarci. Piangere è della natura, ma essa è sublimata dalla grazia, la quale ci fa rassegnati e speranti. 
La morte dovrebbe servire a far riflettere tanta gente che vive e si comporta come se non dovesse mai morire, e che spesso si accapiglia per accumulare beni labilissimi, perché li considera qualche cosa di assoluto, mentre il Signore ci dice (Mat. 8,36 e 16,26): « Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde l'anima?». Con queste parole Gesù ci spinge a un orientamento corretto della vita terrena, per non correre il rischio di perdere la vita eternamente beata. 
"Se il chicco di grano non muore, non produce frutto". Dalla morte il Signore sa trarre la vita... Grazie Francesca per essere passata nella mia vita, grazie perché mi hai fatto capire che la terra è soltanto un trampolino, che il Cielo è la nostra dimora eterna.
Maria M.
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