sabato 9 febbraio 2013

Erano come pecore che non hanno pastore

Mc 6,30-34 
Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.  Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. 

Gesù non si fida dell'entusiasmo: sa che svanisce di fronte alle prime difficoltà (cfr Mc 4,16-17) e che non è segno di fede. 
E' la situazione che viene descritta in questo brano. 
I discepoli sono presi dall'entusiasmo e raccontano a Gesù tutto quello che avevano fatto e insegnato. Il risultato della loro missione è lì sotto gli occhi di tutti, in quella gente che va e viene e non lascia più loro neppure il tempo per mangiare. Risultato strepitoso. Quella gente li fa sentire veramente "pescatori di uomini" (cfr Mc 1,7) realizzati. 
Questo racconto mira a rispecchiare già la futura immagine dell'attività missionaria della Chiesa: fare e insegnare come Gesù. Dopo le guarigioni descritte nel primo capitolo di questo vangelo, Gesù si era ritirato in un luogo deserto a pregare (1,35) e alla provocante espressione: "Tutti ti cercano" (1,37) aveva risposto con un atteggiamento, umanamente parlando, poco intelligente: "Andiamocene altrove!" (1,38). 
Gesù non sfrutta mai le occasioni favorevoli della popolarità e dell'entusiasmo viscerale: ci vuol ben altro per recidere alla radice il peccato del mondo e per immettere la novità di Dio in un'umanità così malandata. In questo brano, l'entusiasmo della folla è per i discepoli oltre che per Gesù. 
In questa cornice, la parola di Gesù: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'" (v. 31) acquista il suo giusto valore. Gesù li vuole sfebbrare (cfr Lc 10,17-20). 
L'entusiasmo è pericoloso: per la folla e per i discepoli. 
L'insegnamento è chiaro: se vogliamo evitare i pericoli della popolarità, non dobbiamo lasciarci travolgere dall'entusiasmo viscerale e acritico che fa perdere il senso del limite e dà i fumi alla testa. 
L'antidoto è la solitudine e la preghiera. 
Gesù ha pietà della folla perché è disorganizzata. Non c'è nessuno che si occupi di essa ed è abbandonata a sé stessa: non forma un popolo, ma un'accozzaglia di gente. 
La pietà di Gesù si traduce in insegnamento. 
Nel vangelo di Marco, quando Gesù si trova con la folla si può stare certi che non perderà l'occasione per istruirla. Il seguito del vangelo ribadirà, con maggiore forza, questo comportamento costante di Gesù: "La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli l'ammaestrava, come era solito fare" (10,1). 
Il legame che Marco instaura tra insegnamento e formazione di un popolo non è artificiale. 
Siamo davanti a un gregge senza pastore: solo la parola di Gesù può radunare e riunire gli smarriti e i dispersi. 
Padre Lino Pedron
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