lunedì 17 febbraio 2014

Perché questa generazione chiede un segno?

Mc 8,11-13 
Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l'altra riva. 

A questo punto la situazione di Gesù è veramente tragica e la sua immagine impressionante. È un uomo addolorato per il rifiuto dei farisei e meravigliato e deluso per il comportamento dei discepoli che ancora non capiscono. I primi sono totalmente chiusi alla fede. Se chiedono a Gesù un segno, un miracolo, non è perché vogliono credere in lui, ma per tendergli un tranello (v. 11). 
Gesù capisce la loro manovra, rifiuta il segno e li abbandona (vv.12–13). È la rottura definitiva. La differenza tra i farisei e i discepoli sta nel fatto che questi ultimi non hanno deciso di farlo morire e non l’abbandonano. E questo non è poco. 
Per il resto sono uguali: il loro atteggiamento di incomprensione nei confronti di Gesù è colpevole. Hanno il cuore indurito perché si ostinano a non capire e non riflettono su ciò che vedono e odono (vv.17–18). Gesù si sforza di farli ragionare; ricorda loro le due moltiplicazioni dei pani, ma deve concludere con una amara constatazione: «E non capite ancora?» (v. 21). Sono ciechi e sordi davanti a Dio che si rivela. 
Gesù ci ha già dato il suo massimo segno donandoci sé stesso nel suo pane. Non bisogna chiedergli altri segni, ma credere nel segno che ci ha dato. Oltre a questo non c’è più niente: è Dio stesso, tutto per noi. Non resta che riconoscere, adorare, gustare e viverne. 
Il discepolo, invece di chiedere segni, chiede la capacità di vedere quelli che Gesù gli ha già dato. 
Padre Lino Pedron
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