martedì 21 ottobre 2014

Beatificazione Paolo VI. Francesco: un testimone umile e profetico dell'amore a Cristo

Due grandi eventi per la Chiesa universale sono stati suggellati dalla Messa celebrata stamane da Papa Francesco in Piazza San Pietro, affollata da 70 mila fedeli di ogni parte del mondo, presente sul sagrato il Papa emerito Benedetto XVI: la conclusione del Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia e la Beatificazione del Servo di Dio, Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini. Per dono dello Spirito Santo - ha detto Francesco nell’omelia - si è lavorato nel Sinodo con “vera libertà e umile creatività”, per “riaccendere la speranza in tanta gente senza speranza”. Poi un grazie ripetuto a Paolo VI, per il suo ministero coraggioso, saggio e lungimirante. All’Angelus il richiamo all’odierna Giornata missionaria mondiale. 
“Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”: con “questa frase ironica e geniale - ha esordito il Papa nell’omelia, ispirato dal  Vangelo domenicale – Gesù risponde “alla provocazione dei farisei che, per cosi dire, volevano fargli l’esame di religione e condurlo in errore"
“È una risposta ad effetto che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio, il loro potere e la loro fama. E questo succede in ogni tempo, da sempre”.
Rendere a Dio quello che è di Dio, “significa - ha spiegato Francesco - riconoscere e professare di fronte a qualunque tipo di potere - che Dio solo è il Signore dell'uomo”, significa “aprirsi alla sua volontà”, e “cooperare al suo Regno di misericordia, di amore, di pace”:
“Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio”.
Dio invece “non ha paura delle novità!” Lui “ci fa ‘nuovi’ continuamente” e “continuamente ci sorprende, aprendoci a vie impensate”:
“Qui sta la nostra vera forza, il fermento che la fa lievitare e il sale che dà sapore ad ogni sforzo umano contro il pessimismo prevalente che ci propone il mondo. Qui sta la nostra speranza perché la speranza in Dio non è quindi una fuga dalla realtà, non è un alibi”:
Anzi “è rispondere, con coraggio, alla innumerevole sfide nuove”, cosi come è stato - ha sottolineato Francesco - durante il Sinodo straordinario dei vescovi, che ha visto “pastori e laici di ogni parte del mondo” portare a Roma “la voce delle loro Chiese particolari per aiutare le famiglie di oggi a camminare sulla via del Vangelo, con lo sguardo fisso su Gesù”:
“È stata una grande esperienza nella quale abbiamo vissuto la sinodalità e la collegialità, e abbiamo sentito la forza dello Spirito Santo che guida e rinnova sempre la Chiesa chiamata, senza indugio, a prendersi cura delle ferite che sanguinano e a riaccendere la speranza per tanta gente senza speranza”.
E lo Spirito Santo, ha invocato il Papa, che ha permesso al Sinodo di “lavorare generosamente con vera libertà e umile creatività”, “accompagni ancora il cammino che, nelle Chiese di tutta la terra”, “prepara al Sinodo ordinario dei vescovi del prossimo ottobre 2015”:
“Abbiamo seminato e continueremo a seminare con pazienza e perseveranza, nella certezza che è il Signore a far crescere quanto abbiamo seminato.”
(Musica)
Quindi l’omaggio a Paolo VI, oggi beatificato, e la memoria delle sue parole con le quali istituiva il Sinodo dei vescovi, il 15 settembre 1965:
“…scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi ... alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società…”
Giovanni Battista Montini, “grande Papa”, “coraggioso cristiano”, “instancabile apostolo”; “davanti a Dio oggi - ha detto Francesco - non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante”:
“Grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa!”
“Grande timoniere” del Concilio Vaticano II, Paolo VI annotava nel suo diario, che forse il Signore lo aveva chiamato a quel compito non tanto perché governasse o salvasse la Chiesa dalle difficoltà allora presenti, perché a Dio spetta di farlo, ma perché lui soffrisse qualche cosa per la Chiesa.
“In questa umiltà risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore”.
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