Mt 7,21-29
Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che
fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: «Signore, Signore,
non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse
scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?». Ma allora
io dichiarerò loro: «Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l'iniquità!
». Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un
uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i
fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era
fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà
simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia,
strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la
sua rovina fu grande». Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.
Gesù ci insegna che la preghiera deve andare in perfetta sintonia con la pratica della vita cristiana. Se non si compie la volontà del Padre celeste, la preghiera non serve a nulla.
La volontà del Padre è il suo disegno di salvezza.
La preghiera richiesta da Gesù deve portare il cristiano a impegnarsi con entusiasmo e fino alla morte nell’opera della salvezza. Dio non sa cosa farsene delle belle parole di preghiera se non sono seguite dalle opere dell’amore.
La dissociazione tra culto e vita è la malattia dei farisei (Mt 23,3-4). L'unico criterio di valutazione nel giudizio finale sarà quello delle opere di misericordia (Mt 25,31-46).
Molto probabilmente Matteo polemizza con certi carismatici che avevano sempre sulle labbra in nome del Signore, ma non facevano mai nulla di utile per il prossimo. Nel giorno del giudizio non saremo giudicati sul folclore religioso o sulle azioni prodigiose; il giudizio verterà unicamente sull'attuazione della volontà del Padre che ha il suo centro nell’amore fattivo per il prossimo (Mt 25,31-46).
Nella parabola (vv. 24-27) viene riassunto il significato di tutto il discorso della montagna. Non basta ascoltare le parole di Gesù, bisogna anche metterle in pratica.
La roccia che dà stabilità al cristiano è Cristo.
La parabola ci indica le due condizioni necessarie perché la vita cristiana risulti solida: deve fondarsi su Cristo e passare dalle parole ai fatti. Non c'è vera adesione a Cristo senza l'impegno morale.
Il fondamento sicuro della vita cristiana è la pratica degli insegnamenti di Gesù. L'ascolto è necessario, ma quel che più conta è l’esecuzione di ciò che è stato ascoltato.
Nei vv. 28-29 Gesù ci viene presentato come il Maestro che nel discorso della montagna ha dato l'interpretazione autorevole e definitiva della volontà di Dio.
L'insegnamento di Gesù si differenzia da quello degli scribi perché egli non ripete ciò che hanno detto i maestri del passato, ma parla in nome proprio: "Avete inteso che fu detto agli antichi... Ma io vi dico" (Mt 5,21-22; ecc.). Egli ha ricevuto dal Padre l'autorità su tutto l'universo (Mt 28,16).
Gesù non è solamente un esegeta della Legge e dei Profeti, ma l’esegesi, il compimento della Legge e dei Profeti.
Coloro che hanno capito che Gesù è l’adempimento definitivo di tutto l'agire di Dio possono discendere con lui dalla montagna e seguirlo.
Padre Lino Pedron
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