martedì 23 marzo 2010

Ascolta, Signore, il gemito del misero

21 Di nuovo Gesù disse loro: «Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire». 22 Dicevano allora i Giudei: «Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?». 23 E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. 24 Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati». 25 Gli dissero allora: «Tu chi sei?». Gesù disse loro: «Proprio ciò che vi dico. 26 Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui». 27 Non capirono che egli parlava loro del Padre. 28 Disse allora Gesù: «Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo. 29 Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo, perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite». 30 A queste sue parole, molti credettero in lui.

Gesù, per stimolare i suoi avversari a cambiare atteggiamento nei suoi confronti, diventa polemico e fa balenare la minaccia della morte nel peccato. Egli sta per tornare da Dio: con la sua passione e risurrezione passa da questo mondo al Padre (cfr Gv 13,1); i suoi nemici non potranno raggiungerlo nella gloria eterna; anzi, con la morte nel peccato di incredulità, si separeranno eternamente da lui.
La reazione dei giudei è molto più sarcastica che in 7,35. Lì i suoi avversari ipotizzavano il suo trasferimento in terra pagana, qui parlano di suicidio. L’idea che la fonte della vita e della luce possa suicidarsi è possibile solo ai figli del diavolo. In nessun altro passo del vangelo troviamo espressioni più sarcastiche e blasfeme contro il Figlio di Dio.
La risposta di Gesù all’insulto satanico dei giudei è tagliente e aspra: voi siete dal basso, dal mondo tenebroso del maligno, io sono dall’alto, di origine divina. In Gv 8, 44 Gesù espliciterà maggiormente l’origine satanica dei suoi avversari: il loro padre è il diavolo, l’omicida fin dal principio. Scrive Loisy: "I giudei pensano di deridere il Cristo; ma sono loro tragicamente ridicoli".
Se i giudei si ostinano a non aprirsi alla luce, che è Cristo, la loro sorte è segnata: essi moriranno nei loro peccati. L’ostinazione nel rifiuto della luce (cfr Gv 9,41), cioè l’opposizione fondamentale contro il Figlio di Dio, conduce alla morte eterna (cfr 1Gv 5,16-17). Questo è il peccato specifico del mondo tenebroso (cfr Gv 16,8-9).
La risurrezione e la vita si trovano in Gesù; per non morire bisogna credere alla sua divinità (cfr Gv 11,25-26). Le parole "Io sono" indicano con chiarezza la divinità di Cristo. "Io sono" è la traduzione del nome ebraico di Jahvè, quindi esprime la divinità della persona di Gesù.
Gli interlocutori di Gesù non hanno ancora afferrato la sua dichiarazione, davvero inaudita, di essere Dio. La comprensione piena dell’"Io sono" è riservata alla scena finale (vv. 58-59). Per questo i giudei chiedono a Gesù: "Tu chi sei?". L’interrogativo: "Chi è Gesù" è fondamentale nel vangelo di Giovanni. La risposta di Gesù appare molto enigmatica. Fin dal principio il Logos è ciò che dice, ossia la parola di Dio (Gv 1,1), la manifestazione della vita e dell’amore del Padre.
Il Logos incarnato non manifesta solo il mistero di Dio, ma conosce bene anche l’uomo; quindi può parlare dei suoi interlocutori senza sbagliarsi. Gesù rivela al mondo ciò che ha udito dal Padre che lo ha mandato. L’evangelista annota: i giudei non capirono che parlava loro del Padre.
La divinità di Gesù sarà riconosciuta quando sarà innalzato sulla croce. Anche i giudei per avere la vita dovranno credere nel Logos incarnato esaltato sulla croce. Con l’esaltazione dell’uomo Gesù sulla croce non avverrà solo il riconoscimento della sua divinità, ma anche quello della sua funzione di rivelatore definitivo, in piena e perfetta dipendenza dal Padre.
Il Padre e il Figlio vivono sempre intimamente uniti e formano una cosa sola per cui il Logos incarnato non può mai essere abbandonato da Dio. Questa unità perfetta tra Gesù e il Padre ha come conseguenza il perfetto compimento della volontà del Padre. Nella Trinità esiste una sola volontà divina.
La pausa descrittiva sulla fede di molte persone in ascolto serve come passaggio a un’altra scena nella quale è svolta una nuova tematica teologica, quella della vera libertà dei figli di Abramo. Anche qui sembra trattarsi di una fede superficiale, come quella di Nicodemo e degli altri abitanti di Gerusalemme.
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