Omelia per la festa dell'Assunzione
Fratelli, qualunque sia l'età, qualunque sia lo stato in cui la morte ci prenda, essa ci sorprende, ci trova sempre nei disegni che suppongono una lunga vita. La vita, data soltanto perché ci prepariamo al termine al quale essa deve condurre, trascorre tutta intera in un profondo oblio di questo fine. Uno vive come se dovesse vivere sempre. Pensa soltanto a lusignare se stesso con ogni sorta di piaceri, quando la morte viene a fermare improvvisamente il corso di queste folli gioie. L'uomo, saggio ai propri occhi ma stolto agli occhi di Dio, si preoccupa in mille modi di accumulare beni di cui la morte sta per spogliarlo... Tutto dovrebbe avvertirci, e tutto ci diverte... Dalla nostra nascita, sono come cento mondi nuovi che si sono eretti sulle rovine di quello che ci ha visto nascere...
Il cristianesimo invece ci insegna con chiarezza e forza ad aspettare la morte come il compimento delle nostre speranze. Eppure misconosciamo questo come se non fossimo mai stati cristiani. « O amabile Salvatore, che dopo averci insegnato a vivere, ti sei degnato di insegnarci a morire, ti supplichiamo, per i dolori della tua morte, di farci sopportare la nostra con umile pazienza, e di cambiare questa pena, imposta a tutto il genere umano, in un sacrificio pieno di gioia e di zelo. Sì, buon Gesù, sia che viviamo sia che moriamo, siamo tuoi (Rm 14, 8). Ma vivendo, lo siamo, purtroppo, con il triste timore di non esserlo più il momento seguente. Invece, morendo, saremo tuoi per sempre, e anche tu sarai tutto nostro, purché l'ultimo respiro della nostra vita sia un sospiro di amore per te.
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