

Guardiamo con attenzione: possiamo notare che le figure non hanno le ombre. Questo perché le cose e le figure contenute nell’icona appartengono ad una realtà “trasfigurata”, e non prendono luce dall’esterno ma contengono esse stesse la luce: questo concetto è una eco di quanto si dice nell’Apocalisse: “Gli eletti vedranno la faccia del Signore e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,4-5).Dal punto di vista pittorico questo è evidenziato attraverso particolari molto singolari. Dalle vesti trasparenti escono raggi di luce sempre più intensi fino ai tratti vivi di colore bianco puro, nei punti dove la pelle tocca le parti di tessuto a maggior contatto con il corpo di luce. Questo fenomeno raggiunge la massima intensità nei volti. Il colore della pelle molto scura e i colpi di luce molto intensi, rendono l’idea dell’abbaglio che i nostri occhi hanno davanti ad una sorgente luminosa troppo intensa: se noi guardiamo direttamente il sole abbiamo una esperienza analoga: vediamo il sole nero e tutto attorno scorgiamo un alone luminosissimo. Un maestro russo infatti consigliava di immaginare i volti delle icone come se fossero costruiti su di un scheletro trasparente con una lampadina dentro e ricoperti di pelle, questo esempio può aiutare a capire ancora meglio.
Le figure non hanno alcuni aspetti tipici della pittura come la consideriamo tradizionalmente “noi moderni”: la costruzione dei volumi attraverso il chiaroscuro e la prospettiva. Questo per accentuare il fatto che ci troviamo di fronte a corpi celesti che non seguono la logica rappresentativa naturale. La profondità e il volume vengono raggiunti qui attraverso la sovrapposizione di colori molto leggeri e trasparenti e il movimento verso l’esterno viene sottolineato con lo spostamento dell’asse della figura verso sinistra nel “profilo avanzante”.
Un altro particolare da considerare è quello della “prospettiva rovesciata”. Un aspetto ancora molto discusso fra gli interpreti delle icone antiche. Sappiamo dalla scrittura che Dio disse a Mosè che Egli non può essere mai visto di fronte, perché “vedere Dio di fronte significherebbe morire”, quindi Egli si fa vedere “di spalle”. Probabilmente gli iconografi cercarono di fare delle raffigurazioni con la prospettiva inversa, dove “il punto di fuga” non è dietro le figure ma davanti. Questo significa che noi abbiamo una visione di qualcosa che avremmo potuto vedere solo di spalle. Non è comunque facile capire questo ed è un punto controverso.L’iscrizione: tutte le icone hanno una scritta che designa o il titolo o il nome di un personaggio. Normalmente sono scritte in slavo antico o in greco. Probabilmente sono funzionali alla collocazione. Nelle chiese ortodosse ci sono centinaia di icone e i fedeli dovevano poter capire attraverso l’iscrizione a quale scena o personaggio si riferisse l’icona.
Le icone si dipingono con una emulsione formata da tuorlo di uovo, vino e di essenza di lavanda e sono simboli rispettivamente: della risurrezione di Gesù (anticamente infatti la risurrezione veniva paragonata al pulcino che spezza il guscio ed esce dall’uovo); del sacrificio, dove Gesù offre il vino dicendo che è il suo sangue; del profumo, come ricordo dell’unzione con un balsamo da 300 denari di Maria Maddalena a Betania (segno della dedizione completa dell’uomo al mistero di Dio). I colori sono possibilmente pigmenti naturali, in genere terre e pietre preziose tritate, questo vuole sottolineare che tutto ciò che c’è di più prezioso in natura viene messo a servizio di queste rappresentazioni “trasfigurate” della realtà. A pittura ultimata il dipinto vienericoperto da olio di lino cotto bollente con sali di cobalto che conferisce, una volto essiccato quella particolare patina “vetrosa” e profumata che caratterizza il dipinto iconografico.
Santa giornata a tutti
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