Lc 21,20-28
Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua
devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro
che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei
giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità
nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in
tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano
compiuti. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia
per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò
che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno
il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad
accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
In casi di assedio, la città era il luogo di difesa più sicuro. Ora no, perché Gerusalemme sarà distrutta. In quei
giorni si verifica la distruzione predetta dai profeti (1Re 9,6ss; Mi 3,12; Dn 9,36). La distruzione di Gerusalemme è
una vendetta dei romani, non di Dio; ma insieme rivela anche la tragica realtà di chi rifiuta la sua visita.
Gesù ha compassione e piange non per sé, ma per la città che uccidendo lui fa del male a sé stessa (cfr Lc
13,34; 19,42; 23,28).
Questo "ahimè" di Gesù è il grido supremo della sua misericordia.
Nella guerra del 66-70 d.C., secondo un calcolo un po’ gonfiato di Giuseppe Flavio, furono uccisi 1.100.000
giudei e furono fatti schiavi 97.000 sopravvissuti.
La fine di Gerusalemme è l’inizio del tempo dei pagani.
L’invito al Regno, rifiutato dagli ebrei, passa ora a tutti i
popoli del mondo. Il rifiuto dei giudei, invece di bloccare la salvezza, la allarga ai pagani (At 13,46). Quando essa
sarà giunta a tutti i popoli della terra, anche Gerusalemme riconoscerà il suo Signore (Rm 11,25-26).
I versetti 25-28 di questo brano non sono descrizioni di cataclismi cosmici, ma modi di dire immaginosi,
iperbolici, irreali a cui gli autori della Bibbia hanno fatto ricorso per annunciare le grandi novità di salvezza e di
liberazione portate dal Messia. La Bibbia abbonda di tali descrizioni per presentare avvenimenti storici come la
caduta di un re, una sconfitta militare o un qualsiasi rivolgimento nazionale (cfr Es 19,18-19; Is 14,12; Ger 4,23-28;
Gl 3,1-5; ecc.).
Prendere alla lettera questi annunci non significa solo fraintendere, ma addirittura stravolgere il loro significato.
Per es. san Pietro presenta la Pentecoste come giorno in cui si avverano queste parole del profeta Gioele: "Farò
prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. Il sole si muterà in tenebra e la
luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, giorno grande e splendido. Allora chiunque invocherà il
nome del Signore sarà salvato" (At 2,19-21). Ma non si vide nulla di simile in quel giorno. Ci furono grandi
avvenimenti, conversioni e rivolgimenti nelle menti e nelle coscienze: questo sì.
Il giorno di Pentecoste si concluse
così: "Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila
persone" (At 2,41).
Questi modi di dire, dunque, non annunciano una rivoluzione nel mondo fisico, ma un grande evento nella storia
della salvezza. Anche nel nostro linguaggio, quando succede qualcosa di imprevisto o di grave, si dice: "Mi sono
sentito cadere il mondo addosso!". Ma, per fortuna il mondo non è ancora caduto addosso a nessuno:
l’espressione vuol dire altro.
Le potenze dei cieli che saranno sconvolte sono le potenze del nemico, che Gesù vide cadere dal cielo come
folgore durante la predicazione dei discepoli (Lc 10,18-19). Se l’uomo ha investito tutto nel mondo presente vede
con terrore il crollo di tutti i suoi beni e di tutte le sue attese. Se ha investito tutto nei beni del cielo vede giungere la
sua felicità eterna.
Il Figlio dell’uomo che viene è il Signore che mi ha amato e ha dato sé stesso per me (cfr Gal 2,20) e che mi ha
amato quando ancora ero peccatore (cfr Rm 5,6 ss). Il suo giudizio sarà il perdono ai crocifissori (cfr Lc 23,34) e
l’offerta del paradiso al malfattore (cfr Lc 23,43). Il nostro giudice infatti è colui che ha detto di amare i nemici, di
non giudicare, di non condannare, di perdonare sempre. È misericordioso come il Padre suo (cfr Lc 6,27-38).
La
venuta di Cristo si identifica con la nostra liberazione e la nostra salvezza.
Padre Lino Pedron
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