Lc 18,1-8
Diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una
città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c'era
anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: «Fammi giustizia contro il mio avversario». Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: «Anche se non temo Dio e non ho
riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non
venga continuamente a importunarmi»». E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il
giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso
di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio
dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Pregare non è facoltativo, ma obbligatorio: è necessario pregare sempre, senza stancarsi (v. 1). Il pericolo di perdersi d’animo è quasi inevitabile nella preghiera, perché l’interlocutore è invisibile e incontrollabile e non si può mai essere sicuri del suo ascolto e della sua risposta.
A meno che non si creda fermamente che Dio ci ama, nel qual caso tutti i dubbi e i problemi scompaiono.
Si può pregare sempre perché la preghiera non si sovrappone alle nostre azioni, ma le illumina e le indirizza al loro fine.
Il cuore può e deve essere sempre intento in Dio, perché è fatto per lui e perché lo esige il più grande dei comandamenti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente» (Lc 10,27).
La preghiera è importante perché è desiderio di Dio. E Dio-Amore non desidera altro che di essere desiderato e amato.
Il nostro peccato, che è lontananza da Dio, si evidenzia soprattutto nella preghiera. La preghiera può essere il momento della noia o della gioia, del disgusto o dell’appagamento della nostra fame e sete di Dio.
Tutto dipende dal fatto se amiamo o non amiamo Dio.
Per pregare è soprattutto necessario essere umili e sentirsi poveri e bisognosi: «Dio ascolta proprio la preghiera dell’oppresso. Non trascura la supplica dell’orfano né la vedova, quando si sfoga nel lamento.
Le lacrime della vedova non scendono forse sulle sue guance e il suo grido non si
alza contro chi gliele fa versare?
Chi venera Dio sarà accolto con benevolenza, la sua preghiera giungerà fino alle nubi. La preghiera dell’umile penetra le nubi, finché non sia arrivata, non si contenta; non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto, rendendo soddisfazione ai giusti e ristabilendo l’equità» (Sir 35,13-18).
Se un uomo così perverso, come il giudice della parabola, è capace di esaudire le richieste insistenti della vedova, Dio, che è giusto e misericordioso, non esaudirà prontamente le preghiere dei suoi eletti che gridano a lui giorno e notte, ossia «sempre, senza stancarsi» (v. 1)? Certamente! Anzi, l’intervento di Dio, a differenza di quello del giudice, è repentino ed efficace.
Questo brano del vangelo è un invito alla fiducia, all’ottimismo. Dio non ci esaudisce per togliersi dai piedi degli scocciatori, ma perché ci ama.
L’interrogativo con cui si chiude il vangelo di oggi ci chiede una sempre rinnovata presa di posizione nei confronti di Dio.
L’apostolo Paolo attendeva con fiducia la morte e il giudizio, perché aveva conservato la fede (cf. 2Tim 4,7). Questo è anche l’augurio che facciamo a noi e a tutti.
Padre Lino Pedron
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