lunedì 6 settembre 2010

Passò la notte in orazione

Karol Wojtyla (Giovanni Paolo II)
Ritiro al Vaticano 1979, n° 4

La preghiera di Cristo al Getsèmani è l'incontro della volontà umana di Gesù Cristo con la volontà eterna di Dio, la quale, in questo momento preciso, diviene la volontà del Padre riguardo al Figlio. Il Figlio si è fatto uomo perché succedesse questo incontro della sua volontà umana con quella del Padre. Si è fatto uomo perché questo incontro fosse pieno di verità sulla volontà umana e sul cuore umano, questo cuore che vuole fare scomparire il male, la sofferenza, il giudizio, la flagellazione, la croce e la morte. Si è fatto uomo perché sul fondo di questa verità sulla volontà umana e sul cuore umano, apparisse tutta la grandezza dell'amore, che si esprime nel dono di sè e nel sacrificio : « Si, Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito » (Gv 3, 16). Nell'ora in cui Cristo prega, l'amore eterno deve essere confermato dall'offerta del cuore umano. E viene confermato : il Figlio non rifiuta che il suo cuore diventi l'altare, il luogo dell'elevazione, prima di diventare il luogo della croce.

La preghiera è quindi l'incontro della volontà umana con quella di Dio. Il suo frutto più eccelso è l'ubbidienza del Figlio al Padre : « Padre, sia fatta la tua volontà ». Eppure, l'ubbidienza non significa in primo luogo la rinuncia alla propria volontà, bensì una reale apertura dello sguardo spirituale, dell'udito spirituale, a questo amore che è Dio stesso. Dio è questo amore (1 Gv 4, 16), lui che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (Gv 3, 16). Ecco dunque l'uomo, ecco Gesù Cristo, il Figlio di Dio ; dopo la sua preghiera, ecco che si rialza rafforzato da questa ubbidienza per mezzo della quale ha raggiunto, nuovamente, questo amore, questo dono del Padre al mondo e a tutti gli uomini.
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