Aquila, giudeo originario del Ponto, trasferitosi in un tempo imprecisato a Roma, sposa Priscilla o Prisca. Troviamo i due, per la prima volta a Corinto quando Paolo vi arriva, nel suo 2° viaggio apostolico, nel 51: essi erano venuti da poco nella capitale dell'Acaia, provenienti da Roma, loro abituale dimora, in seguito al decreto dell'imperatore Claudio che ordinava l'espulsione da Roma di tutti i giudei, cristiani o meno.
Aquila e Priscilla erano probabilmente già cristiani, prima di incontrare Paolo a Corinto, come sembra suggerire la familiarità che, subito, nasce tra di loro, benché il Sinassario Costantinopolitano li dica, battezzati da Paolo. L'Apostolo, intuendo le buone qualità dei due sposi e l'utilità che ne poteva trarre, per la sua difficile Missione a Corinto, chiede o accetta di essere loro ospite. Esercitando essi il medesimo mestiere di Paolo (tessitori di tende), danno all'Apostolo di poter lavorare e provvedersi del necessario, senza essere di peso a nessuno. Quando poco dopo, si dice che, Paolo, lasciata la sinagoga, "entrò nella casa di Tizio Giusto, proselita", è impensabile che abbia lasciato la casa di Aquila e Priscilla. L'Apostolo, abbandonata la Sinagoga, per il rifiuto dei giudei a convertirsi, sceglie, come luogo di predicazione e di culto, la casa più vicina alla sinagoga, del proselita Tizio Giusto, pur mantenendo come sua dimora abituale, durante l'anno e mezzo che rimane a Corinto, la casa di Aquila e Priscilla.
Però questa casa non funge da “chiesa domestica” in Corinto, come erano invece quelle di Roma e di Efeso. Quando Paolo, terminata la sua missione, fa ritorno in Siria, ha compagni di viaggio Aquila e Priscilla fino ad Efeso, dove essi si fermano. L'oggetto della loro sosta potrà essere stato commerciale, ma l'averla fatta coincidere con quella di Paolo, indica, oltre alla loro stima ed amore per lui, che essi non erano estranei alle sue preoccupazioni apostoliche.
Infatti, li vediamo premurosi, dopo la partenza dell'Apostolo, nell'istruire "nella via del Signore", cioè nella catechesi cristiana, nientemeno che, Apollo, l'eloquente giudeo-alessandrino, versatissimo nelle Scritture, ma ignaro di qualche verità essenziale della Nuova dottrina, come il Battesimo di Gesù. Aquila e Priscilla, mossi da apostolico zelo, si prendono cura di completare la sua istruzione e quasi certamente di battezzarlo.
Ad Efeso offrono la loro casa al servizio della Comunità per le adunanze cultuali (“Ecclesia domestica”). Paolo sarebbe stato loro ospite anche ad Efeso, come già lo era stato a Corinto. Scrive, infatti, da Efeso (verso il 55) : “Le comunità dell'Asia vi salutano. Vi salutano molto nel Signore Aquila e Prisca con la comunità che si raduna nella loro casa” (1 Cor 16,19).
Ma l'elogio più caldo di Aquila e Priscilla, l'Apostolo lo fa, scrivendo da Corinto ai Romani nel 58, (i due sposi per ragione del loro commercio, intanto, si erano trasferiti a Roma). Delle 25 persone salutate nel cap. 16 della lettera ai Romani, Aquila e Priscilla sono i primi: “Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa, e ad essi non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese dei Gentili; salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa.” (Rm 16,3-5)
In queste parole si sente l'animo grato dell'Apostolo per i suoi insigni benefattori, che, con loro grave pericolo gli hanno salvato la vita, in un'occasione non ben precisata; forse ad Efeso, durante il tumulto degli argentieri capeggiati da Demetrio.
L'ultimo ricordo di Aquila e Priscilla è nell'ultima lettera di Paolo che, prigioniero di Cristo per la seconda volta a Roma, scrive al suo discepolo Timoteo, vescovo di Efeso, incaricandolo di salutare Priscilla e Aquila, che di nuovo si erano recati ad Efeso : “Saluta Prisca e Aquila e la famiglia di Onesìforo.” (2 Tm 4,19).
Niente si può asserire con certezza sul tempo, luogo e genere di morte di Aquila e Priscilla, dato che le uniche fonti su di essi sono le poche notizie bibliche citate.
Dalla catechesi di Papa Benedetto XVI del 7 febbraio 2007
« La tradizione agiografica posteriore ha conferito un rilievo tutto particolare a Priscilla, anche se resta il problema di una sua identificazione con un’altra Priscilla martire. In ogni caso, qui a Roma abbiamo sia una chiesa dedicata a Santa Prisca sull’Aventino sia le Catacombe di Priscilla sulla Via Salaria. In questo modo si perpetua la memoria di una donna, che è stata sicuramente una persona attiva e di molto valore nella storia del cristianesimo romano. Una cosa è certa: insieme alla gratitudine di quelle prime Chiese, di cui parla S. Paolo, ci deve essere anche la nostra, poiché grazie alla fede e all’impegno apostolico di fedeli laici, di famiglie, di sposi come Priscilla e Aquila il cristianesimo è giunto alla nostra generazione. Poteva crescere non solo grazie agli Apostoli che lo annunciavano. Per radicarsi nella terra del popolo, per svilupparsi vivamente, era necessario l'impegno di queste famiglie, di questi sposi, di queste comunità cristiane, di fedeli laici che hanno offerto l'“humus” alla crescita della fede.
E sempre, solo così cresce la Chiesa. In particolare, questa coppia dimostra quanto sia importante l’azione degli sposi cristiani. Quando essi sono sorretti dalla fede e da una forte spiritualità, diventa naturale un loro impegno coraggioso per la Chiesa e nella Chiesa. La quotidiana comunanza della loro vita si prolunga e in qualche modo si sublima nell’assunzione di una comune responsabilità a favore del Corpo mistico di Cristo, foss’anche di una piccola parte di esso. Così era nella prima generazione e così sarà spesso. ».
-------
Nessun commento:
Posta un commento