Specchio della carità, III, 3,4
Dapprima, occorre sudare facendo buone opere, per riposarci poi nella pace della coscienza... Questa è la celebrazione gioiosa del primo sabato, quando ci riposiamo dalle opere servili del mondo... e non trasportiamo più i fardelli delle passioni.
Possiamo però lasciare la stanza intima dove abbiamo celebrato questo primo sabato, per raggiungere la dimora del cuore, dove conviene «rallegrarci con quelli che sono nella gioia, piangere con quelli che sono nel pianto» (Rm 12,15), «essere debole con chi è debole, fremere con chi riceve scandalo» (2 Cor 11,29).
Lì sentiremo la nostra anima unita a quella di tutti i fratelli con il cemento della carità; non vi siamo più turbati dai pungiglioni della gelosia, bruciati dal fuoco dell'ira, colpiti dalle frecce del sospetto; siamo liberati dai morsi divoratori della tristezza.
Se attiriamo tutti gli uomini nel grembo pacificato del nostro spirito, dove tutti sono raccolti, riscaldati da un dolce affetto e dove abbiamo «un cuore solo e un'anima sola» (At 4,32), allora assaporando questa meravigliosa dolcezza, il tumulto delle cupidigie fa subito silenzio, il chiasso delle passioni si placa, e dentro di noi si opera un completo distacco da ogni cosa nociva, un riposo gioioso e calmo nella dolcezza dell'amore fraterno.
Nella pace di questo secondo sabato, la carità fraterna non lascia più sussistere alcun vizio... Pervaso dalla dolcezza pacifica di tale sabato, Davide è scoppiato in un canto di giubilo: «Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme» (Sal 132,1)
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