Mt 5,43-48
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45 affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui
giusti e sugli ingiusti.
46 Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Il comandamento dell’amore, esteso indistintamente a tutti, è il supremo completamento della Legge (v. 17). A questa conclusione Gesù è arrivato lentamente dopo aver parlato dell’astensione dall'ira e dell’immediata riconciliazione (vv. 21-26), del rispetto verso la donna (vv. 27-30) e la propria moglie (vv. 31-32), della verità e sincerità nei rapporti interpersonali (vv. 33-37), fino alla rinuncia alla vendetta e alle rivendicazioni (vv. 38-42). Il principio dell’amore del prossimo è illustrato con due esemplificazioni pratiche: prega
re per i nemici e salutare tutti senza discriminazione. La più grande sincerità di amore è chiedere a Dio benedizioni e grazie per il nemico.
Questo vertice dell’ideale evangelico si può comprendere solo al
la luce dell’esempio di Cristo (cfr Lc 23,34) e dei
suoi discepoli (cfr At 7,60). Colui che prega per il suo
nemico viene a congiungersi con lui davanti a Dio. In senso
cristiano la preghiera è la ricompensa che il nemico riceve in cambio del male che ha fatto.
Il precetto della carità non tiene conto delle antipatie pers
onali e dei comportamenti altrui.
Il prossimo di qualsiasi colore, buono o cattivo, benevolo o ingrato dev’essere am
ato. Il nemico è colui che ha maggiormente bisogno di
aiuto: per questo Gesù ci comanda di offrirgli il nostro soccorso.
Il comandamento dell’amore dei nemici rivoluziona i comportamenti tradizionali dell’uomo. La benevolenza cri-
stiana non è filantropia ma partecipazione all’amore di Dio.
La sua universalità si giustifica solo in questa luce: "af-
finché siate figli del Padre vostro (v. 45), e "siate perfetti co
me è perfetto il Padre vostro che è nei cieli" (v 48). Il cri-
stiano esprime nel modo più sicuro e più vero la sua parentela con Dio amando indistintamente tutti.
L’amore del nemico è l’essenza del cristianesimo.
Sant’Agostino ci insegna che
"la misura dell’amore è amare
senza misura"
, ossia infinitamente, come ama Dio.
In quanto figli di Dio i cristiani devono assomigliare al lo
ro Padre nel modo di essere, di sentire e di agire.
L’amore verso i nemici è la via per raggiungere la sua stessa perfezione.
La perfezione di cui parla Matteo è l’imitazione dell’amore mi
sericordioso di Dio verso tutti gli uomini, anche se
ingiusti e malvagi. Il cristiano è una nuova creatura (cfr 2Cor 5,17) e non può più agire secondo i suoi istinti e capricci, ma conformemente alla vita nuova in cui è stato rigenerato.
Gesù pone come termine della perfezione l’agire del Padre, che è un punto inarrivabile. L’imitazione del Padre,
e conseguentemente di Gesù, è l’unica norma dell’agire cristiano, l’unica via per superare la morale farisaica. Essere perfetti come il Padre è in concreto imitare Cristo nella sua piena ed eroica obbedienza alla volontà del Padre, e nella sua dedizione ai fratelli. È perciò diventando perfetti imitatori di Cristo, che si diventa perfetti imitatori del Padre.
Padre Lino Pedron
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