Lc 21,25-28.34-36
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in
ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per
l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché
la vostra liberazione è vicina». State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze
e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta
la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto
ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo».
In casi di assedio, la città era il luogo di difesa più sicuro. Ora no, perché Gerusalemme sarà distrutta. In quei
giorni si verifica la distruzione predetta dai profeti (1Re 9,6ss; Mi 3,12; Dn 9,36). La distruzione di Gerusalemme è
una vendetta dei romani, non di Dio; ma insieme rivela anche la tragica realtà di chi rifiuta la sua visita.
Gesù ha compassione e piange non per sé, ma per la città che uccidendo lui fa del male a se stessa (cf. Lc
13,34; 19,42; 23,28). Questo "ahimè" di Gesù è il grido supremo della sua misericordia.
Nella guerra del 66-70 d.C., secondo un calcolo un po' gonfiato di Giuseppe Flavio, furono uccisi 1.100.000 giudei
e furono fatti schiavi 97.000 sopravvissuti.
La fine di Gerusalemme è l'inizio del tempo dei pagani. L'invito al Regno, rifiutato dagli ebrei, passa ora a tutti i
popoli del mondo. Il rifiuto dei giudei, invece di bloccare la salvezza, la allarga ai pagani (At 13,46). Quando essa
sarà giunta a tutti i popoli della terra, anche Gerusalemme riconoscerà il suo Signore (Rm 11,25-26).
I versetti 25-28 di questo brano non sono descrizioni di cataclismi cosmici, ma modi di dire immaginosi, iperbolici,
irreali a cui gli autori della Bibbia hanno fatto ricorso per annunciare le grandi novità di salvezza e di liberazione
portate dal Messia. La Bibbia abbonda di tali descrizioni per presentare avvenimenti storici come la caduta di un re,
una sconfitta militare o un qualsiasi rivolgimento nazionale (cf. Es 19,18-19; Is 14,12; Ger 4,23-28; Gl 3,1-5; ecc.).
Prendere alla lettera questi annunci non significa solo fraintendere, ma addirittura stravolgere il loro significato.
Per es. san Pietro presenta la Pentecoste come giorno in cui si avverano queste parole del profeta Gioele: "Farò
prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. Il sole si muterà in tenebra e la
luna in sangue, prima che venga il giorno del Signore, giorno grande e splendido. Allora chiunque invocherà il nome
del Signore sarà salvato" (At 2,19-21). Ma non si vide nulla di simile in quel giorno. Ci furono grandi avvenimenti,
conversioni e rivolgimenti nelle menti e nelle coscienze: questo sì. Il giorno di Pentecoste si concluse così: "Allora
coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone" (At
2,41).
Questi modi di dire, dunque, non annunciano una rivoluzione nel mondo fisico, ma un grande evento nella storia
della salvezza. Anche nel nostro linguaggio, quando succede qualcosa di imprevisto o di grave, si dice: "Mi sono
sentito cadere il mondo addosso!". Ma, per fortuna il mondo non è ancora caduto addosso a nessuno: l'espressione
vuol dire altro.
Le potenze dei cieli che saranno sconvolte sono le potenze del nemico, che Gesù vide cadere dal cielo come
folgore durante la predicazione dei discepoli (Lc 10,18-19).
Se l'uomo ha investito tutto nel mondo presente vede
con terrore il crollo di tutti i suoi beni e di tutte le sue attese. Se ha investito tutto nei beni del cielo vede giungere la
sua felicità eterna.
Il Figlio dell'uomo che viene è il Signore che mi ha amato e ha dato se stesso per me (cf. Gal 2, 20) e che mi ha
amato quando ancora ero peccatore (cf. Rm 5,6ss). Il suo giudizio sarà il perdono ai crocifissori (cf. Lc 23,34) e l'offerta
del paradiso al malfattore (cf. Lc 23,43). Il nostro giudice infatti è colui che ha detto di amare i nemici, di non
giudicare, di non condannare, di perdonare sempre. E' misericordioso come il Padre suo (cf. Lc 6,27-38). La venuta
di Cristo si identifica con la nostra liberazione e la nostra salvezza.
La nostra vita non deve essere dominata dal terrore del futuro né stordita dalle sollecitudini esagerate per i beni
della terra, diversamente non sappiamo più vedere ciò che ci attende. Chi si interessa solo della vita terrena e dei
suoi piaceri, non ha tempo né volontà per pensare al giorno finale.
Alla sobrietà e all'attenzione bisogna aggiungere la vigilanza e la preghiera. San Paolo ci esorta: "E' ormai tempo
di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è
avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci
onestamente come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non
in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rm
13,11-14).
La vigilanza dev'essere nutrita da una preghiera costante per non cadere nella tentazione finale di perdere la
fede nella fedeltà del Signore. San Paolo scrive: "Voi fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa
sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle
tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri… Dio non ci ha destinati alla sua
collera, ma all'acquisto della salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi" (1Ts 5,4-
10).
La vigilanza cristiana è l'esatto contrario dell'oppio dei popoli, è il contrario del cuore appesantito dalle crapule.
La vigilanza e la preghiera sono il nostro alzare il capo davanti al Signore che viene, non come giudice, ma come
fratello.
E' certo che il Signore verrà. Occorrono serietà e severità di vita, vigilanza e pietà per vivere coerentemente la
vocazione cristiana e trovarsi pronti all'incontro con lui.
Il tempio e il monte degli Olivi sono ormai i due poli della vita di Gesù. Dalla notte di Gesù scaturisce l'aurora
della Chiesa (cf. Lc 6,12-13). Il popolo si alza presto per andare ad ascoltare Gesù nel tempio. Gesù è presentato
come la Sapienza: "La Sapienza è radiosa e indefettibile, facilmente è contemplata da chi l'ama e trovata da chiunque
la cerca. Previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano. Chi si leva per essa di buon mattino non faticherà
(Sap 6,12-14).
Padre Lino Pedron
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