sabato 13 febbraio 2010

Beata Eustochio (Lucrezia) Bellini

Vergine dell’Ordine di S. Benedetto

Nel 1444 a S. Prosdocimo (PD), dove non vigeva ancora la regola della clausura, nacque Lucrezia Bellini, da Giacomo Bellini e da Maddalena Cavalcabò, monaca del monastero di S. Prosdocimo.
All’età di sette anni Lucrezia venne riportata nel monastero e affidata alle monache che gestivano una forma di educandato. La condotta della comunità non era proprio esemplare, ma Lucrezia, agli svaghi mondani, preferiva il ritiro, il lavoro e la preghiera, era molto devota alla Madonna, a S. Girolamo e a S. Luca.

Nel 1460 il vescovo Jacopo Zeno, alla morte della badessa, tentò d’imporre al monastero una maggiore disciplina, ma sia le monache, sia le educande, se ne ritornarono alle proprie case, rimase solo Lucrezia Bellini.
Giunsero allora, in sostituzione, nel monastero, le Benedettine provenienti dal convento di S. Maria della Misericordia, sotto la guida della badessa Giustina da Lazzara. Lucrezia chiese di entrare nel loro Ordine e il 15 gennaio 1461, ebbe il nero abito benedettino, prendendo il nome di Eustochio (Eustochio fu Julia Eustachim, nata a Roma nel 368 d.C. e morta a Betlemme nel 418, discepola prediletta di San Girolamo).

Giovane ed inesperta, priva di affetti, Eustochio seppe rimanere estranea ai mali che la circondavano. Visse, con singolare pazienza e rassegnazione, la sua condizione di figlia illegittima e di monaca indemoniata. Sopportò con serenità le vessazioni del maligno, i maltrattamenti delle monache e le accuse di stregoneria, il tutto accompagnato dall’esercizio di un’ascesi intensa, dalla pratica esemplare delle virtù teologali e cardinali e dalla piena osservanza dei voti religiosi, che la portarono ad annullarsi completamente in Dio e a conquistarsi un posto di riguardo nel cuore dei padovani.

Il 13 febbraio 1469 Eustochio morì, a soli 25 anni, in concetto di santità e venne sepolta nel convento. Subito dopo la sua morte si verificarono numerosi prodigi e segni miracolosi che contribuirono ad aumentarne la fama di santità; uno dei più importanti fu il soave profumo che il suo corpo cominciò ad emanare, profumo che continuò a sentirsi nei pressi del sepolcro per molti anni.

Il 16 novembre 1472, in occasione della ricognizione per la beatificazione ed il trasferimento della salma, il suo sepolcro fu aperto e si scoprì, davanti alle autorità, che il corpo, dopo oltre tre anni di sepoltura senza cassa, era rimasto incorrotto.
Nella circostanza, il corpo venne rivestito con un nuovo abito monacale e deposto, in cassa, in un altro sepolcro da dove, il 14 novembre 1475, fu solennemente trasportato in Chiesa e tumulato in un’arca di marmo vicino all’altare con l’iscrizione “Beatae Eustochio Paduane”.

Nel frattempo, nel luogo della sua prima sepoltura, rimasto aperto, il 6 gennaio 1473 comparve una vena d’acqua limpida ed abbondante che fu ritenuta da tutti miracolosa, sia per il luogo sia perché la natura del terreno non presentava alcuna traccia di umidità, la cui presenza avrebbe invece comportato la corruzione del corpo di Eustochio. Quest’acqua prodigiosa guariva ogni infermità, purché nell’infermo non fossero mancate la fede e la disposizione che si richiedono per ricevere una grazia.

La tradizione popolare racconta che dall’abbondanza o dalla scarsità di quest’acqua si potevano prevedere periodi buoni o meno buoni per i raccolti e per gli avvenimenti storici della città di Padova. L’acqua, sempre secondo la tradizione, cessò di sgorgare nel 1806, qualche tempo prima dello spostamento del corpo della Beata nella chiesa di S. Pietro, sempre in Padova, dove, sopra il marmoreo altare, che contiene il suo corpo, sovrasta la pala dipinta del Guglielmi che rappresenta la beata, mentre calpesta il demonio.

Papa Clemente XIII, già vescovo di Padova, confermò il suo culto nel 1760, prima alla città patavina e poi esteso nel 1767 a tutti gli Stati della Repubblica Veneta.

La sua festa religiosa, ancora oggi officiata in tutta la diocesi di Padova, è al 13 febbraio.

Significato del nome Eustochio : "ricco di spighe" (greco)

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