mercoledì 11 settembre 2013

Beati i poveri. Guai a voi, ricchi

Lc 6,20-26 
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti. 

In questo testo del vangelo Gesù annuncia l’arrivo della salvezza promessa da Dio. Egli proclama il mondo dei valori di Dio, capovolge la scala dei valori dell’uomo e annuncia il modo con il quale Dio salva. 
Le beatitudini per i poveri e le lamentazioni per i ricchi non vanno lette in chiave moralistica, cioè non dicono che cosa deve fare l’uomo. 
Manifestano invece che cosa fa Dio in Gesù e rivelano come agisce Dio nella storia umana. Nella discesa di Mosè dal monte, Dio, per mezzo dei dieci comandamenti, rivelò all’uomo cosa doveva fare; nella discesa di Gesù dal monte, Dio rivela che cosa fa lui. 
L’intento di questo proclama è di rivelarci il volto di Dio in Cristo. 
In lui vediamo come Dio dona a noi il suo regno. Il verbo al presente della prima beatitudine e della prima lamentazione (v. 20:è, v. 24: avete) significa che il regno di Dio è già ora dei poveri e che già ora i ricchi se ne escludono con un surrogato di consolazione. 
Le beatitudini si possono comprendere solo conoscendo che Dio è amore per tutti. 
Per questo la sua giustizia è togliere a chi ha abusivamente e dare a chi non ha ingiustamente. Il nostro concetto di giustizia «a ciascuno il suo», più che sulla giustizia di Dio che è amore, si fonda sull’ingiustizia umana e ne codifica l’egoismo da cui trae origine. La distinzione poveri-ricchi è di facile attribuzione all’esterno, ma di difficilissima lettura all’interno della coscienza dell’uomo. Solo la parola di Dio che penetra nel profondo dell’uomo ci fa capire se siamo dei poveri-beati o dei ricchi-infelici. 
Gesù proclama felici i poveri non perché sono bravi o hanno dei meriti speciali, ma perché Dio ama ciascuno secondo il suo bisogno, e il povero è colui che ha più bisogno. Il cristiano deve impegnarsi a favore dei poveri per imitare Gesù. 
La storia e la cronaca del mondo attuale, piena di miserie, di fame, di pianto e di ogni genere di mali è lo spazio d’azione del credente, se vuole essere anche credibile. I discepoli sono beati anche perché partecipando al mistero di persecuzione e di morte del Cristo sono associati più profondamente alla sua missione di salvezza. 
In questa circostanza non devono accontentarsi di avere pazienza o di attendere che passi al più presto il momento della prova, ma devono vivere intensamente in sé quanto dice il Maestro:» Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli» (6,23). Le felicitazioni e le congratulazioni per i poveri si fanno lamentazioni e condoglianze per i ricchi. 
Il «guai a voi» non è un grido di vendetta o di minaccia, ma un estremo grido di compianto, di compassione e di lamento che Gesù rivolge ai ricchi perché mettono le cose al posto di Dio e non hanno ancora sperimentato la gioia di colui che vende tutto per acquistare il tesoro che è Cristo (cf. Mt 13,44). 
Il regno di Dio progredisce là dove il male e la miseria di ogni genere regrediscono e scompaiono. La comunità cristiana è sulla strada di Cristo solo quando si prende cura dei poveri, degli affamati, degli afflitti, e lotta contro le persone o le situazioni che sono la causa di questi squilibri. L’ingordigia di alcuni è la causa della miseria di molti. 
E quel che è peggio è che i ricchi hanno sempre ragione. 
Per questo la Chiesa deve stare molto attenta a non «benedire » i tiranni, i malfattori, gli affamatori di popoli..., o a tacere, a fin di bene, lì dove Cristo avrebbe alzato solennemente la sua voce senza paura di andare alla morte di croce. 
Una Chiesa che non è osteggiata e perseguitata dai potenti di questo mondo può essere veramente la Chiesa di Cristo? 
Il messaggio cristiano ha pure una prospettiva oltre la morte: la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. 
Ma prima bisogna giocare tutte le carte che la situazione presente ci fornisce. È vero costruttore del regno di Dio chi si impegna con tutte le sue possibilità a rendere più abitabile la terra. 
La risurrezione non cancella la storia, ma divinizza tutto ciò che noi stiamo umanizzando. 
Padre Lino Pedron
-----

Nessun commento:

Posta un commento