martedì 13 novembre 2012

Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare

Lc 17,7-10 
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». 

La gratuità del ministero apostolico, tema di questo brano, prolunga nel tempo ed estende nello spazio il mistero della misericordia di Dio. 
La gratuità è il segno essenziale dell’amore e il sigillo di appartenenza al Signore. Essa ci fa come lui, schiavi per amore. E’ la massima libertà che ci rende simili a Dio. 
La missione dei cristiani nel mondo è, prima di tutto, testimonianza dell’amore gratuito di Dio. 
Nel suo addio agli anziani della Chiesa di Efeso, Paolo dice: "Non ritengo la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio" (At 20,24). 
Il cristiano è chiamato servo, schiavo di Gesù Cristo perché appartiene totalmente a lui. Questa schiavitù è la più alta realizzazione della libertà di amare perché rende il cristiano simile al suo Signore Gesù che è tutto del Padre e dei fratelli. 
Il lavoro dello schiavo è insieme dovuto e gratuito perché, sia lui che il suo lavoro, appartengono al Signore. La traduzione: "Siamo servi inutili"(v. 10) non è esatta perché lo schiavo che compie il suo lavoro non è inutile e perché Dio non ha creato nulla di inutile. Il termine greco "achreioi" significa inutili o senza utile, cioè senza guadagno. Ciò significa che i cristiani non fanno il loro lavoro apostolico per guadagno, per un utile personale, ma per dovere e gratuitamente: non per vergognoso interesse (cfr 1Pt 5,2), ma spinti dall’amore di Cristo Signore che è morto per tutti (cfr 2Cor 5,14). 
L’apostolato è di sua natura gratuito e rivela la sorgente da cui scaturisce, l’amore gratuito di Dio: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8). Per l’apostolo Paolo la ricompensa più alta è predicare gratuitamente il vangelo: "Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo" (1Cor 9,18). 
L’amore vero rende il discepolo completamente libero da altri interessi e lo fa diventare gioiosamente servo come il suo Signore al quale appartiene totalmente. 
Ciò che Dio dà all'uomo non gli è dovuto in termini contrattuali, ma è grazia. Per quanto l’uomo possa impegnarsi o fare, tutto quello che riceve non è in proporzione con quello che egli ha compiuto: è sempre un’elargizione della bontà e misericordia di Dio. 
Occorre avvicinarsi sempre più a Dio e non preoccuparsi del trattamento che egli usa nei confronti dei suoi servi fedeli. Sarà sempre conforme alla sua bontà infinita, non alle umili prestazioni dell’uomo. 
Padre Lino Pedron 
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