Lc 10,21-24
In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre,
Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io
vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».
Al ritorno dei 72 discepoli, che aveva mandato in missione, Gesù rivela il senso ultimo dell'attività missionaria.
Essa non è soltanto vittoria sul male e ritorno al paradiso terrestre, ma è soprattutto iscrizione nel libro della vita, nell'elenco di coloro che fanno parte della famiglia di Dio, nello stato di famiglia di Dio.
Tutti coloro che accolgono la parola di Dio partecipano al rapporto ineffabile del Figlio di Dio con il Padre. Non solo sono chiamati figli di Dio, ma lo sono realmente (cf 1Gv 3,1). Gesù dice ai suoi discepoli: "Rallegratevi", perché sono entrati insieme con lui nel seno del Padre e possono dire a Dio in tutta verità: "Abbà", papà, babbo.
Questo è il fine ultimo della missione.
L'uomo è fatto per la gioia, perché è fatto per Dio. Diversamente è triste fino a detestare la vita. Ma dove può trovare la gioia vera? I 72 discepoli l'hanno trovata nell'andare in missione, nello sconfiggere il demonio, nel diventare realmente figli di Dio di nome e di fatto.
E noi dove la cerchiamo?
Il cristianesimo riconosce il male che era nell'uomo e che rimane in tutti come possibilità e tentazione. Ma proclama con forza che Dio "ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto" (Col 1,13) e ci ha "liberati dalle mani dei nemici per servirlo senza timore in santità e giustizia" (Lc 1,75).
La fede nella parola di Dio ci sottrae dal potere della menzogna diabolica. L'annuncio del vangelo ci rende liberi e responsabili.
Questa caduta di satana dall'alto ridona all'uomo la possibilità di vedere finalmente il vero volto di Dio. Il maligno si era frapposto tra noi e Dio e aveva cercato di sovrapporre la sua immagine a quella di Dio. Questa menzogna, che presenta Dio con il volto del maligno sta all'origine di ogni peccato. Nella predicazione della parola di Dio, satana cade dal cielo e Dio torna ad apparire all'uomo con il suo vero volto, quello dell'amore (cf 1Gv 4,8.16).
La gioia dei discepoli per il successo della loro missione provoca un sussulto di esultanza anche in Gesù. Non è solo una gioia fisica, ma soprattutto interiore, spirituale. È ridondanza dello Spirito Santo che abita in lui fin dal suo concepimento (Lc 1,35), dal battesimo (Lc 3,22), dall'investitura ricevuta nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,18).
Egli si rivolge a Dio chiamandolo Abbà, termine che nella famiglia ebraica era usato normalmente dai figli più piccoli per chiamare il proprio papà. Gesù lo usa per sottolineare il grado di intimità che lo lega a Dio. Il Papà di Gesù è il Creatore del cielo e della terra, ma nei confronti dell'uomo è un carissimo amico, un familiare, il papà. Anche in questa circostanza Gesù si impegna a liberare l'uomo dal terrore di Dio.
La gioia di Gesù è motivata dal criterio che Dio ha scelto nella manifestazione dei suoi misteri.
Li ha nascosti ai sapienti e agli intelligenti e li ha rivelati ai piccoli. Cristo e il suo messaggio non sono stati accettati da persone colte e istruite come le autorità del popolo giudaico, ma sono stati capiti e accolti dalle persone semplici, povere e umili.
La sapienza di Dio, espressione del suo amore, è stupidità e debolezza di uno che ama fino alla morte di croce (1Cor 1-2). È esattamente il contrario della sapienza umana, manifestazione dell'egoismo, che cerca di salvarsi a tutti i costi dalla morte.
Queste due sapienze si oppongono come menzogna e verità, paura e fiducia, egoismo e amore, possesso e dono, morte e vita. Dio, nel suo sapiente disegno, distrugge la sapienza dei sapienti e annulla l'intelligenza degli intelligenti (cf. 1Cor 1,19-21; Is 29,14).
La rivelazione della paternità di Dio è la salvezza dell'uomo: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Gv 17,3).
Il tutto che il Padre dona al Figlio è la vita eterna. Il mistero del Padre è nel Figlio. Egli ci rivela chi è Dio e chi siamo noi per lui. Ci dona la sua stessa conoscenza del Padre, perché lo amiamo con il suo stesso amore.
I discepoli devono essere pieni di gioia perché vedono Gesù. In lui possono vedere ciò che i profeti, i re e l'intero popolo di Dio hanno desiderato vedere e non hanno visto. Tutto Israele è vissuto nell'attesa di questo giorno, e solo loro, i pochi discepoli di Gesù, possono vedere la realizzazione delle promesse di Dio e ascoltare il vangelo della salvezza.
Padre Lino Pedron
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