Mt 19,27-29
Allora Pietro gli rispose: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che
cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito,
quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione
del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il
mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
Il tale di cui parla questo brano del vangelo aveva chiesto a Gesù che cosa doveva «fare» per «avere» la vita eterna (v. 16); nella sua risposta ai discepoli, Gesù rovescia la prospettiva: bisogna «lasciare» per «avere» (v. 29).
Questa impossibilità di farsi piccoli per entrare nel Regno è sottolineata da Gesù (vv. 23-24) e ripresa dai discepoli costernati: «Chi si potrà dunque salvare?» (v. 25).
Gesù insiste: «Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile» (v. 26; cf. Gen 18,14; Gb 42,2; Zc 8,6).
Il Regno non è un bene che si guadagna o si possiede; bisogna riceverlo come dono da Dio.
Siamo nel cuore della Rivelazione del Regno e della scelta che richiede (cf. Mt 16,23): o si muore a sé stessi per ricevere tutto da Dio o si rende impossibile in noi la venuta del Regno dei Cieli.
L’uomo, ricco o povero, non può salvare sé stesso, ma deve accogliere la salvezza come dono di Dio.
Pietro pone la domanda circa la ricompensa riservata a coloro che seguono Cristo. Egli non chiede solo per sé, ma per tutti. La domanda è umanamente comprensibile, ma insensata, perché non tiene conto che la ricompensa divina è sempre grazia.
Il seguire Gesù conduce alla partecipazione della sua gloria in paradiso.
Con la domanda di Pietro, Matteo prepara la parabola che segue (Mt 20,1-16).
Lutero, commentando questo brano in una predica del 1517, diceva: «Senza la rinuncia alle cose, non si ottiene nulla».
Padre Lino Pedron
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