Gv 14,15-16.23-26
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà
e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le
mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito
Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto
ciò che io vi ho detto.
Nel brano precedente Gesù ha parlato dell'amore in prospettiva orizzontale: i cristiani devono amarsi vicendevolmente come Cristo li ha amati.
Ora Gesù riprende l'argomento dell'amore, soprattutto in prospettiva verticale.
Le tre persone della santissima Trinità abiteranno stabilmente nei credenti, i quali diverranno il tempio vivente di Dio. Perciò Gesù non sarà più visto con gli occhi del corpo, ma sarà presente in un modo più intimo nel profondo del cuore dei suoi discepoli, assieme al Padre e allo Spirito Santo.
L'argomento dei vv. 15-16 è l'amore per Gesù dimostrato con la pratica dei suoi comandamenti. Questo tema è sviluppato ampiamente nella Prima Lettera di Giovanni, nella quale si insegna che non può amare Dio chi non ama il fratello e che bisogna amare non a parole, ma con i fatti (1Gv 3,16-18). Come l'amore del Padre ci è stato dimostrato nel dono del Figlio unigenito, così i cristiani devono amarsi concretamente (1Gv 4,7-21).
I comandamenti di Cristo da osservare sono le sue parole (vv. 23-24). La parola di Gesù è la verità (Gv 17,17), quindi l'osservanza dei precetti del Cristo indica l'assimilazione della rivelazione del Figlio di Dio, caratterizzata dall'amore eccezionale del Padre per il mondo (Gv 3,16) e di Gesù per i suoi (Gv 13,1).
Per questo osserva i comandamenti del Cristo chi si impegna a imitare la sua carità eroica fino al dono della vita per i fratelli. Se uno ama il Cristo metterà in pratica la sua parola: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato" (Gv 13,34).
Questo amore così forte, esigente e concreto non è possibile alla natura umana; per tale impegno eroico è necessario l'intervento dello Spirito di Dio.
Per questo Gesù chiederà al Padre di donare ai suoi discepoli lo Spirito della verità, affinché sia sempre con loro (vv. 16-17).
Lo Spirito Santo ha la missione di far penetrare nel cuore dei discepoli la parola di Gesù, la verità, rendendoli capaci di osservare i comandamenti del Signore e in modo speciale il comandamento nuovo dell'amore.
Il passaggio dal v. 15 al v. 16 che, a prima vista può sembrare senza nesso, in questa prospettiva appare logico e naturale. Per l'evangelista Giovanni, lo Spirito Santo, oltre ad essere l'avvocato difensore del Cristo nel grande processo intentato dal mondo incredulo contro Gesù, svolge anche la funzione specifica di far penetrare nel cuore dei discepoli la verità, cioè la parola, la rivelazione del Signore; per questo è chiamato "Spirito della verità" (Gv 14,17; 15,26; 16,13).
Lo Spirito Santo ha la missione di far vivere dal discepolo la rivelazione del Cristo, che è la manifestazione dell'amore di Dio: egli deve instradare i cristiani verso tutta la verità (Gv 16,13), ossia deve introdurli nella rivelazione completa del Signore.
Il linguaggio misterioso di Gesù provoca l'intervento di Giuda, non l'Iscariota, il quale chiede spiegazioni (v.22: "22Gli disse Giuda, non l'Iscariota: "Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?".). Egli rivela la mentalità dei giudei in merito alla manifestazione del Messia. Gli ebrei, infatti, attendevano il profeta escatologico che doveva fare la sua comparsa in modo spettacolare per manifestarsi davanti a tutti come il re d'Israele, il quale avrebbe guidato la riscossa nazionale contro i dominatori pagani e instaurato definitivamente il regno di Dio.
La risposta di Gesù del v. 23 a prima vista sembra ignorare la domanda di Giuda, ma in realtà è la risposta più profonda alla domanda dell'apostolo. Gesù chiarisce ai suoi amici che la sua manifestazione ai discepoli non avverrà in modo spettacolare, ma si realizzerà nell'intimo delle coscienze, con la sua venuta insieme al Padre nel cuore dei credenti (v. 23). Il regno di Cristo infatti non è di carattere politico, non è di questo mondo, ma si instaura
con l'assimilazione della verità (Gv 18,36-37), osservando la sua parola (v. 23).
Con questa interiorizzazione della rivelazione di Cristo, i discepoli sono resi tempio di Dio, ospiteranno le persone del Padre e del Figlio. Gesù si manifesterà realmente ai suoi amici che lo amano concretamente, perché tornerà da loro e abiterà per sempre nel loro cuore (Gv 14, 20), assieme al Padre (v. 23) e allo Spirito della verità (Gv 14,17).
Nel v. 24 Gesù ribadisce una verità già annunciata precedentemente (v. 10): la sua parola, ascoltata dai discepoli, in realtà è del Padre che l'ha mandato.
Gesù mette in rapporto la sua rivelazione con l'azione dello Spirito Santo. Il Maestro, dimorando presso i suoi discepoli, ha rivelato la parola di Dio (v. 25). Ma essi non hanno capito né fatto penetrare nel cuore la verità: di qui la necessità dell'intervento dello Spirito.
Quindi non solo Gesù, ma anche lo Spirito Santo è maestro di fede: egli insegnerà ogni cosa ai credenti.
Lo Spirito Santo non eserciterà una funzione didattica prescindendo dalla rivelazione di Gesù, ma ricorderà ai discepoli le parole del Maestro (v. 26) e li introdurrà nella verità tutta intera (Gv 16,13).
Padre Lino Pedron
-----
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento