lunedì 3 settembre 2012

Si è fatto cibo, si è fatto Pane

Il pazzo più grande che ci sia mai stato e che mai ci sarà è Lui. C'è pazzia più grande di darsi come e a chi Egli si dà? Perché sarebbe già stata pazzia il farsi e restare Bambino indifeso; però, in tal caso, anche molti cattivi si sarebbero inteneriti, e non avrebbero osato maltrattarlo. Gli parve poco: volle annichilirsi di più e darsi di più. E si è fatto cibo, si è fatto Pane. — Divino Pazzo! Come ti trattano gli uomini?... E io stesso? (Forgia, 824) 

Pensate all'esperienza così umana del commiato di due persone che si vogliono bene. Vorrebbero stare sempre insieme, però il dovere — un qualunque dovere — li costringe a dividersi. Sognerebbero di restare uniti, ma non possono. E così l'amore umano, che per quanto grande è sempre limitato, ricorre a un simbolo: le due persone, prima di lasciarsi, si scambiano un ricordo, forse una fotografia, con una dedica così accesa, che quasi potrebbe bruciare la carta. Non possono fare di più, perché il potere delle creature non è all'altezza del loro volere. 
Ma ciò che noi non possiamo fare, lo può fare il Signore. Gesù Cristo, perfetto Dio e perfetto Uomo, non ci lascia un simbolo, ma la realtà: ci lascia se stesso. Ritornerà al Padre, e allo stesso tempo rimarrà con gli uomini. Non ci lascerà solamente un regalo, che ci richiami alla mente il ricordo di Lui, un'immagine destinata a svanire col tempo, come la fotografia che ben presto rimane sbiadita, ingiallita e priva di significato per coloro che non furono protagonisti di quel momento d'affetto. Sotto le specie del pane e del vino c'è Lui, realmente presente: con il suo Corpo, il suo Sangue, la sua Anima e la sua Divinità. (E' Gesù che passa, 83)
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