Se Dio è in noi e se Dio è amore, è inevitabile che noi siamo fratelli: perciò il nostro amore del prossimo è la misura del nostro amore a Dio.
L’amore naturale si volge verso questa o quella persona che ci sta vicina per legami di sangue, di parentela, di carattere o di comune interesse. Gli altri sono «estranei», che a uno non importano e a un altro son perfino antipatici per il loro modo di fare; e così si cerca di tenerseli lontani il più possibile. Per il cristiano nessun uomo è «estraneo», ogni uomo è sempre il «prossimo» che ci troviamo davanti e che di noi ha estremamente bisogno.
Non importa se parente o no, se antipatico o no, se «moralmente degno» di aiuto o no. L’amore di Cristo non conosce limiti, non finisce mai, non si ritrae davanti a bruttezza e sporcizia. Egli è venuto per i peccatori e non per i giusti, e se l’amore di Cristo vive in noi, dobbiamo fare come lui e metterci alla ricerca della pecorella smarrita.
L’amore naturale tende ad avere per sé la persona amata e possibilmente senza condividerla con altri. Cristo è venuto per riportare al Padre la perduta umanità e chi ama con l’amore del Padre vuole che gli uomini siano di Dio e non suoi. Naturalmente questo è anche il mezzo più sicuro per possederli in eterno.
Se noi abbiamo recuperato a Dio un uomo, siamo una cosa sola con lui in Dio, mentre la ricerca della conquista spesso, anzi sempre, presto o tardi porta sicuramente alla perdita. Ciò che vale per l’anima degli altri, vale anche per la propria anima e per ogni bene esteriore: chi è tutto proteso a conqui-stare e conservare, perde; chi dona a Dio, conquista.
Santa Teresa Benedetta della Croce, vergine e martire
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venerdì 7 settembre 2012
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