Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «E' un fantasma» e si misero a gridare dalla paura. Ma subto Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!».
Il versetto introduttivo richiama il clima che doveva essersi creato nei discepoli e nella folla dopo il miracolo dei pani. L’intervento energico di Gesù sui discepoli e sulla folla lascia comprendere quale piega avesse preso la situazione. Gli apostoli, trovatisi improvvisamente al centro di una inaudita vicenda, cominciano a ricoprirsi di una facile gloria e di un’euforia difficilmente controllabile L’evangelista Giovanni ricorda che la gente che aveva mangiato i pani volevano rapire Gesù per farlo re (Gv 6,14-15) Davanti a questa situazione Gesù fa imbarcare gli apostoli, manda a casa la gente e sale sul monte a pregare (v.23; Gv 6,15).
Il monte è il luogo dell’incontro con Dio. Gesù è il Figlio e quindi ha un’esigenza infinita di stare col Padre. Gesù è uomo e nel confronto con il Padre trova costantemente la chiarezza e il coraggio per compiere la sua missione. In questo testo si possono cogliere alcune reminiscenze del cantico di Mosè dopo il passaggio del mare dei giunchi: il mare che fa affondare, le onde che si innalzano, la mano tesa, il timore e il turbamento (Es 15). Queste annotazioni ci inducono a leggere questo brano come una teofania rivolta a "quelli della barca", cioè alla Chiesa del Risorto. Il Dio salvatore dell’Esodo salva nuovamente il suo popolo. L’episodio è un simbolo della comunità cristiana perseguitata: essa non deve temere, perché il Signore è presente.
Una riflessione particolare merita l’episodio di Pietro. La sua possibilità di camminare sulle acque dipende unicamente dalla parola del Signore: "vieni!", e la sua forza sta tutta nella fede in Gesù. Con la fede ogni discepolo può ripetere gli stessi miracoli del suo Signore. Ma se la fede viene a mancare, il discepolo torna ad essere facile preda delle forze del male (rappresentate nella Bibbia dalle acque impetuose).
Il vento rappresenta il momento della prova (Mt 7, 25.27) e il mare indica le forze del caos (cfr Gb 7, 12; Sal 89, 10-11; ecc.) sulle quali Dio esercita il suo potere (Sal 107, 25-30) sia nella creazione (Gen 1,7), sia nell’esperienza della liberazione (Es 14, 15-31).Gesù si rivela alla comunità dei suoi discepoli in mezzo alle difficoltà di un mare agitato e ne conferma la fede, liberandoli dalla paura e dal dubbio. L’episodio di Pietro è una specie di catechesi sulla realtà del discepolo invitato ad affidarsi totalmente al suo Signore anche nelle situazioni che mettono in crisi la sua adesione incrollabile di fede. In questo racconto c’è certamente un anticipo del rinnegamento e della conversione di Pietro nella burrascosa notte della settimana di passione (Mt 26,69-75), ma egli è ormai per sempre riabilitato e la sua fede è diventata esemplare come lo è stata la sua diffidenza. Solo alla fine la comunità dei discepoli, educata nella fede in mezzo alle sue prove, fa la professione esplicita di fede in Gesù: "Tu sei veramente il Figlio di Dio". Il tema centrale del brano è, dunque, la fede. La situazione di Pietro dimostra chiaramente che la fede in Gesù non è esclusivamente ragionevolezza o avvedutezza razionale. Credere è osare. Chi osa credere è sorretto da colui nel quale crede. La fede è obbedienza (vv. 28-29). Chi pratica l’obbedienza della fede ottiene di partecipare all’essere, ai poteri di Cristo.
Padre Lino Pedron
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