sabato 28 maggio 2011

265 - Commento al vangelo del 29/5/2011

Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”.

Anche il vangelo di oggi, come quello della scorsa domenica, è tratto dal primo dei tre discorsi di addio pronunciati da Gesù durante l’ultima cena.
I discepoli hanno capito che Gesù sta per lasciarli, sono tristi e si chiedono come potranno continuare ad essergli uniti e ad amarlo se egli se ne va.
Gesù promette di non lasciarli soli, senza protezione e senza guida; dice che pregherà il Padre ed egli “invierà un altro Paraclito” che rimarrà per sempre con loro (v. 16). È la promessa del dono di quello Spirito che Gesù possiede in pienezza (Lc 4,1.14.18) e che sarà effuso sui discepoli.
Gesù chiarisce (vv. 15.17) che lo Spirito può essere accolto solo da coloro che sono in sintonia con lui, con i suoi progetti, con le sue opere di amore. Il mondo non può riceverlo.
Chi è questo mondo al quale non è destinato lo Spirito? I pagani, i lontani, chi non appartiene al gruppo dei discepoli, i membri di altre religioni?
Per mondo Gesù non intende le persone, ma quella parte del cuore dell’uomo – di ogni uomo – in cui regna la tenebra, il peccato, la morte. Là dove si celano odi, concupiscenze, passioni sregolate... lì è presente ilmondo, con il suo spirito, opposto a quello di Cristo. Lo ricorda Paolo ai corinti che si lasciavano guidare dallasapienza degli uomini: “Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio” (1 Cor 2,12).

Lo Spirito riceve due nomi. È chiamato Consolatore (Paraclito) e Spirito della verità. Sono le due funzioni che egli esercita nei credenti.
Consolatore non è una buona traduzione del grecoparákletos. Paraclito è un termine preso dal linguaggio forense e indica colui che è chiamato accanto.
Anticamente non c’era l’istituzione degli avvocati; ogni imputato doveva difendersi da solo, cercando di portare testimoni che lo scagionassero dalle accuse. Accadeva a volte che qualcuno, pur non essendo colpevole, non riuscisse a provare la propria innocenza oppure che, pur avendo commesso il crimine, meritasse il perdono. Per costui rimaneva un’ultima speranza: che in mezzo all’assemblea ci fosse un uomo onorato da tutti per la sua integrità morale e che questa persona irreprensibile, senza pronunciare alcuna parola, si alzasse e andasse a porsi al suo al fianco. Questo gesto equivaleva ad un’assoluzione. Nessuno più avrebbe osato chiedere la condanna. Questo “difensore” era chiamato... “paraclito”, cioè, “colui che è chiamato a fianco di chi si trova in difficoltà”.
Il senso di questo primo titolo è dunque quello di protettore, soccorritore, difensore.
Gesù promette ai discepoli un altro paraclito, perché ne hanno già uno, egli stesso, come spiega Giovanni nella sua prima lettera: “Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un paraclito presso il Padre: Gesù Cristo giusto” (1 Gv 2,1).
Gesù è paraclito in quanto nostro avvocato presso il Padre, non perché ci difende dalla sua ira, provocata dalle nostre colpe (il Padre sta sempre dalla nostra parte, come Gesù), ma perché ci protegge contro il nostro accusatore, il nostro avversario, il peccato. Il nemico è il peccato e Gesù sa come confutarlo, come ridurlo all’impotenza.
Il secondo paraclito non ha il compito di sostituire il primo, ma di svolgere una nuova missione, infatti è inviato assieme a Gesù che “ritorna” in mezzo ai suoi (v. 18). Gesù non è andato via, ha semplicemente cambiato tipo di presenza, non più quella fisica, ma quella da Risorto. Un modo nuovo il suo di stare a fianco dei discepoli, infinitamente più reale – pur nella sua invisibilità – più duraturo, illimitato rispetto a prima.
Lo Spirito è paraclito perché viene in soccorso dei discepoli nella loro lotta contro il mondo, cioè contro le forze del male (Gv 16,7-11).
Giovanni richiama ai cristiani delle sue comunità questa verità affinché, in mezzo alle difficoltà della vita, non si scoraggino, non disperino, non perdano la serenità, la pace del cuore, la gioia. Il discepolo crede nell’assistenza dello Spirito e non teme, non si abbatte nemmeno quando deve ammettere che in lui esistono ancora tante miserie spirituali, tante debolezze, tante cattive inclinazioni. È convinto della forza del Paraclitoed è sicuro di non uscire sconfitto. Il secondo titolo – che enuncia un’altra funzione del Paraclito – è Spirito della verità.
La sua opera a servizio della verità si esplica in vari modi.
Cominciamo dal più semplice. Tutti sappiamo cosa accade quando una notizia passa di bocca in bocca: è soggetta a deformazioni, si altera a tal punto da divenire irriconoscibile.
Il messaggio di Gesù è destinato a tutti gli uomini, deve essere predicato fino alla fine del mondo. Chi ci assicura che non si corromperà, che non subirà interpretazioni devianti? Umanamente l’impresa appare disperata, ma abbiamo la certezza che tutti potranno attingere alla sorgente pura del vangelo, perché nella Chiesa, incaricata di annunciarlo, è operante la forza dello Spirito della verità, promesso da Gesù.
Il suo servizio alla verità non si limita a questa parte che potremmo chiamare negativa. Egli non impedisce soltanto che si introducano errori nella trasmissione del messaggio di Cristo. Egli svolge un’altra funzione, positiva: introduce i discepoli nella pienezza della verità.
Ci sono verità che Gesù non ha esplicitamente trattato o che non ha sviluppato in tutti i dettagli, perché i discepoli non erano ancora in grado di capirle (Gv 16,12-15). Egli sapeva che, lungo i secoli, sarebbero sorti problemi e interrogativi nuovi. Dove si sarebbero potute trovare le risposte autentiche, conformi al suo pensiero?
Anche a questo livello Gesù promette l’intervento dello Spirito: egli è incaricato di introdurre il discepolo alla scoperta di tutta la verità. Non dirà nulla di nuovo o di contrario rispetto a lui, aiuterà a cogliere fino in fondo, fin nelle ultime conseguenze, il suo messaggio.
Da qui nasce il dovere dei cristiani di rimanere aperti agli impulsi dello Spirito che rivela sempre cose nuove. Egli è, per sua natura, colui che rinnova la faccia della terra (Sal 104,30).
È un peccato contro lo Spirito (e molto grave! Cf. Mt 12,31) opporsi al rinnovamento, rifiutare le innovazioni che favoriscono la vita delle comunità, che avvicinano a Cristo e ai fratelli, che accrescono la gioia e la pace, che aiutano a pregare meglio, che liberano i cuori da inutili paure.
Chi rimane caparbiamente affezionato a tradizioni religiose ormai desuete e logore, chi non si impegna diligentemente nello studio della parola di Dio, chi non accetta l’aggiornamento di riti, formule, gesti liturgici, chi dà risposte vecchie a problemi nuovi, chi non accoglie con gioia le scoperte dell’esegesi biblica, tutti costoro si collocano in opposizione allo Spirito della verità.
Il termine verità ha per l’evangelista Giovanni un significato ancora più profondo: indica Dio stesso che si manifesta in Gesù. Egli è la verità (Gv 14,6) perché in lui si realizza la totale rivelazione di Dio. Menzogna è rifiutare lui, fare una scelta di vita contraria alla sua. Satana, il nemico della verità, il “padre della menzogna” (Gv 8,44), è tutto ciò che allontana da Cristo.
Lo Spirito agisce in modo opposto: introduce nella “verità”, agisce nell’intimo di ogni uomo e fa sì che, liberamente, si inclini a scegliere Cristo, aderisca alla sua proposta. È come un vento che solleva verso l’alto e porta in modo irresistibile alla salvezza.
È difficile immaginare che l’impulso di questo Spirito non riesca a introdurre ogni uomo nella verità. Perché lasciarsi anche soltanto sfiorare dal dubbio che il mondo– che è ancora presente in ognuno noi – sia più forte di quest’impulso divino alla vita?

Fernando Armellini (biblista)

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