Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l'altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.
Dopo la moltiplicazione dei pani, i discepoli, come la folla, avevano acclamato Gesù re, ma la loro speranza era stata delusa. Ora scendono al lago e, sconsolati, dirigono la barca verso Cafàrnao per ritornare a casa loro e al loro lavoro. Giovanni sottolinea questa incomprensione dei discepoli con l’immagine della notte e della tenebra (vv. 16-17). Il separarsi da Gesù e il non seguire la sua parola è entrare nella tenebra e nella cecità più profonda. La confusione interiore del loro cuore, simboleggiata dal forte vento che scuote la barca, li induce ad abbandonare il Maestro.
L’annotazione dell’evangelista: "Gesù non era ancora venuto da loro" (v. 17) prepara la sua rivelazione ai discepoli. Lontani dalla spiaggia circa cinque o sei chilometri essi videro Gesù che camminava sulle acque. Egli si presenta come Dio che può camminare sulle grandi acque e sul mare (Sal 77,20; 107,4-30; ecc.). Con le parole: "Sono io, non temete!" Gesù si fa conoscere loro e si rivela come il Signore in cui è presente la potenza di salvezza di Dio. Le forze della natura, anche le più violente, non possono ostacolare l’azione del Figlio di Dio. Egli si rivela ai discepoli non solo come Messia, che sazia la loro fame, ma ancor più come Dio che ancora una volta va loro incontro con amore.
Padre Lino Pedron
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